Deathhearts: Demon’s flower
"...I miei occhi, carichi di rimpianti, incontrano i tuoi occhi, freddi e malvagi....
Perfino ora che ho visto la tua vera faccia, credo che ci sia qualcosa di umano dentro di te..."
Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assoluta,mente casuale.
Note e Ringraziamenti
Premetto che questa è la mia prima storia portata a termine e,se sono riuscito a finirla,è tutto merito di una, al massimo due, persone che ringrazierò.
La trama è contorta, azzarderei dire che la storia è contorta, probabilmente perché è frutto di un’idea contorta. Ma anche per l’ispirazione devo ringraziare molta gente. L’unica cosa che devo ancora dire, è che sono contentissimo di ciò che ho creato, e sono felice di essere sopravvissuto al mio computer che mi correggeva e alla tastiera che ha il tasto della “T” semi-bloccato (stesso vale per la “R”)
Siccome non ho la più pallida idea di cosa dire, passo ad i ringraziamenti.
Ringrazio soprattutto:
La “Sensee” Sakurakid,che mi ha insegnato a migliorare il mio stile di scrittura, che ha letto la mia prima storia ( che non ho mai finito ^^) e mi ha aiutato anche leggendo la seconda ( Deathhearts), fornendomi supporto, è solo grazie hai suoi commenti se ho trovato la voglia ( e la forza) di finirla;
Espeon’93, che mi ha dato fiducia fino alla fine;
Antonella “ Miyu” e Cristina “Sarah”, poiché l’idea contorta che mi ha portato a scrivere questa storia è nata ripensando a cose successe l’estate di circa due anni fa insieme a loro;
E, infine, (sembrerà banale) ringrazio le persone cui voglio bene, ma soprattutto, quelle che me ne vogliono, perché, anche se erano all’oscuro di tutto fino a poco tempo fa, mi hanno dato supporto nel finire la storia;
Vi auguro buona lettura^^
Romanzo parte 1“Il male esiste”
“ Un anno fa ad una persona a me cara accadde una disgrazia. Fu colpa mia, fu perché mi tirai indietro quando non potevo permettermelo, fu perché il destino aveva scelto così.
Per me fu un duro colpo, ma il peso maggiore ricadde sulla sorella. Furono giorni bui, giorni di veglia.
Ma al male non basta uccidere e far soffrire le persone, doveva fare di peggio, doveva fare qualcosa per portare le persone alla disperazione"
Canto di morte di una triste notte di sangueU
n ragazzo correva affannosamente attraverso i saloni e le scalinate della torre.
Nel profondo del suo cuore c’era una fiamma che non si sarebbe mai spenta, una fiamma che bruciava, una fiamma che era nata alcune notti prima.
La torre era una costruzione che vantava di almeno una cinquantina di piani, neri, maestosi e decorati con gargoyle minacciosi. Era nata in una notte, una splendida notte, gli inferi l’avevano inviata sulla terra, e dalla terra sorse come un trapano che perfora un muro, in alto sempre più in alto. Il male che aveva portato con se non era paragonabile al male provocato dagli uomini.
Lui la stava percorrendo tutta, dall’interno, una serie di scalinate e saloni, simile ad un labirinto irto di demoni e bestie.
Solo con le sue forze era riuscito ad arrivare molto vicino alla vetta, mancavano pochi piani.
Un ultimo salone, un’ultima scalinata e avrebbe visto la cima, una piattaforma piana circondata da una ringhiera nera e appuntita, e mal ridotta, dal pavimento di pietra nera, resa scivolosa dalla pioggia insistente, e lugubre a causa di colei che stava lì ad aspettarlo.
Aveva la spada nel fodero, una spada di fattura giapponese (ma non una katana), lama lunga circa quanto un braccio. Il fodero e l'elsa sono di un rosso accesso, sulla lama sono incisi dei kanji.
Ad un’estremità dell'elsa si trovano due fili rossi che terminano con dei fronzoli, che svolazzavano al vento.
Le creature partorite dalle tenebre erano terminate e l’unica cosa che gli rendeva difficile la salita era la stanchezza. La vide, una flebile luce, uno spiraglio nelle tenebre, la luce di una luna bellissima come mai lo era stata prima d’ora. Salì gli ultimi gradini con nuovo vigore e si ritrovò all’aperto, sentì la brezza della notte che gli passava tra i capelli. La vide, era di spalle, là, in piedi vicino alla ringhiera. Si voltò, il volto era coperto dalla penombra, inoltre lei aveva il capo chino. Si vedevano i suoi lunghi capelli mossi castani, che venivano scossi dal vento, e bagnati dalla pioggia. La corazza di cotta di maglia, la pelliccia marrone sulla spalla destra, e sulla sinistra la spalletta di metallo scuro con due punte oblique. La veste lunga e aperta davanti con un mantello che sventolava a ritmo con i capelli, i guanti neri e i gambali di metallo del medesimo colore, tutto rifinito con disegni di diavoli e piccole punte affilate.
Del suo volto si vedeva il mento e la bocca, il resto era nell’ombra dei capelli e della notte.
Isaac stava ansimando per la stanchezza della strada appena percorsa, si era piegato e guardava la terra sotto i suoi piedi.
Alzò lo sguardo e incrociò il suo, le lacrime incominciarono in quel momento a scendere.
<< Elena …>> le parole pronunciate dal ragazzo con voce ferma e decisa ruppero il silenzio della torre.
La figura dalla parte opposta del tetto fece un sobbalzo per la sorpresa, quel nome …
Fece un paio di passi in avanti e chiese con un tono molto freddo ma dolce:
<< Come fai a conoscere quel nome?>>
Il ragazzo sorrise.
<<il nome, io conosco anche molte altre cose su di te…
Non ti ricordi, Anele?>>
La figura femminile, Anele, sembrò capire…
<< tu sei Isaac>>
<< e tu non sei più te stessa>>
<< Io sono sempre stata io, sei solo tu che non mi hai conosciuto a fondo…>>
<< non mentire, demone, io non parlavo con te, ma con lei>>
La ragazza sogghignò, << io sono lei>>
Isaac strinse la spada e la mise orizzontale davanti a se, la mano sinistra sul fodero e la destra sull’impugnatura, ed incominciò ad estrarla lentamente.
Quando la lama fu libera, con la mano sinistra gettò il fodero alle sue spalle: cadde e rimbalzò più volte sul pavimento bagnato, fino a che non si fermò dopo una breve scivolata.
Isaac strinse di più la spada con la mano destra, con l’altra si asciugava le lacrime.
La sua voce fu sottile ed affilata, fu fonte di una verità e base di una bugia raccontata a se stesso:
<< tu potrai anche essere come lei…
… ma LEI NON POTRÀ MAI ESSERE COME TE!>>
Anele fece qualche passo all’indietro, come se colpita da uno shock, sgranò gli occhi e si chinò un attimo, giusto il tempo di poggiare una mano a terra per poi levarla. Si rialzò, e il punto che lei aveva sfiorato iniziò a diventare nero, viola e liquido.
Dal pavimento venne fuori una sostanza strana, fanghiglia scura, forse pece.
Isaac non sapeva come descriverla. Dalla sostanza iniziò a sbucare qualcosa, come se fosse creata da lei, come se nascesse. Era di forma allungata ma fin dall’inizio, il ragazzo, capì cos’era: una scimitarra estremamente lunga. Quando la spada aveva finito di uscire dalla sostanza, quest’ultima scomparve, lasciando il pavimento libero, e Anele poté finalmente impugnarla.
Con una sola mano iniziò a muovere la spada per provarne le capacità e, dopo un po’ di volteggi, se la posò su una spalla.
<< vieni ora, tu sei l’ultimo legame che mi tiene in questa terra>> disse lei con una voce maligna.
<< che significa?>> chiese lui.
<< davvero non ti sei chiesto perché io sia rimasta in questa fogna di città, una città distrutta e deserta, davvero non lo sai? Bene, prima che io assorbissi la sua anima lei impresse dentro di me alcune volontà, e dopo averla assorbita acquisii ogni suo ricordo e capacità e quelle volontà mi tormentarono a lungo, e lo fanno tuttora, sono la sua maledizione per averla posseduta e poi per averle divorato l’anima, ma soprattutto sono la sua maledizione per avervi fatto del male>>
Isaac era sorpreso, era all’oscuro di tutto, in quelle notti non si era mai fatto una domanda del genere….
<< allora cosa ti tormenta?>>
la ragazza sorrise malignamente: << Tu… tu, su cui lei ha rivolto ogni sia speranza, solo tu, sei ciò che mi tiene legata qui, appena morirai io sarò libera di impossessarmi del resto del mondo>>
Isaac non perse la sua fermezza anche se le lacrime continuavano a cadere.
<< e Sarah, è sua sorella, anche lei la tiene legata a questa terra, no?>>
<< no, anche se Elena aveva delle volontà su di lei, io non la ritengo un pericolo, tu invece si…>>
<< che onore…>>
<< ma smettila… sei patetico, chi vuoi impressionare con quella faccia da duro, si vede che piangi, è inutile che trattieni i tuoi sentimenti, loro verranno lo stesso allo scoperto…
Tu non sei qui per uccidermi, tu non lo fai per salvare il mondo, lo fai per te e per i tuoi sensi di colpa, d'altronde è colpa tua no?>>
Isaac si alterò, perse la calma e impugnando stretta la spada si scagliò contro Anele.
<< come osi ancora parlare? Demone!>>.
I colpi si susseguivano frenetici, quelli carichi di ricordi e di rimpianti di Isaac e quelli privi di ogni emozione di Anele. Avevano lo stesso potere, lo stesso vigore, le forze si equiparavano.
Isaac si distrasse un attimo, e in quel secondo lei sfoderò un poderoso colpo, Lui riuscì a pararlo, ma perse l’equilibrio e cadde a terra. Anele gli era abbastanza vicino da sferrarli un colpo mortale ma non lo fece, fu distratta a sua volta.
Dalle scalinate apparve un’altra figura, Sarah, con due pistole e sparava all’impazzata contro la sorella, non pensava, ma se l’avesse fatto avrebbe smesso di sparare, come si può sparare alla propria sorella?
Anele divenne una specie di gas viola e in un attimo si materializzò avanti alla ragazza.
Sarah rimase imbambolata, aveva l’opportunità di sparare ma non lo fece, aveva davanti agli occhi il volto indemoniato della sorella.
Come poteva sparare?
Anele non si pose tutte queste domande e piantò un pugno a palmo aperto nello stomaco di Sarah, sprigionando un’onda d’urto che la fece volare giù dalla torre.
Isaac nel frattempo si era rialzato e correva verso Anele. Altri colpi, altri ricordi e sguardi di pietra, il ragazzo perse la concentrazione, smise di colpire ma si limitò a parare e indietreggiare:
A forza di passi all’indietro finì per ritrovarsi di nuovo al centro del terrazzo. Ricominciarono i colpi, i ricordi e gli sguardi di pietra. Si distrasse ancora, un’ultima volta, ma questa volta non riuscì a recuperare.
Quando si rese conto dello sbaglio percepì un gran dolore.
Aveva la scimitarra d’Anele che gli attraversava il petto dalla parte opposta al cuore.
Il polmone destro, attraversato da una parte all’altra. La lama insanguinata che usciva dalla schiena.
Ricordi e sguardi di pietra ma non più colpi, quelli erano finiti.
Si godette tutti i ricordi e quello sguardo che si allontanava perché lui stava cascando.
Mentre lui cadeva la spada rimaneva stretta nella mano della ragazza e uscì velocemente dal corpo del ragazzo, che percepì di nuovo un forte dolore.
Si vide a terra con il sangue che usciva.
<< è finita>> sussurrò lei mentre gli voltava le spalle e si avviava verso la scalinata che faceva raggiungere il tetto.
Isaac non si era arreso, provò a rialzarsi, con le braccia, ma sentiva di non farcela, allora disse:
<< non credere che così ti libererai di me, io ti tormenterò ancora, fino a che tu non sarai sparita…>> il sangue iniziò a uscirli anche dalla bocca << quando tornerò tu morirai>> poi iniziò a ridere come un folle, sputando sangue…
Anele si voltò adirata, furiosa, fece uno scatto e tornò sui suoi passi ed infilò la spada per una seconda volta nel petto d’Isaac, nello stesso punto di prima.
Lui esalò un respiro forzato e lei sorrise con cattiveria urlando: << Non tornerai perché tu sei morto!>>
Lei poi gli diede una seconda volta le spalle e arrivata all’imbocco delle scalinate sparì divenendo fumo, lasciandolo lì a morire.
Dalla città ormai deserta era partito un canto solenne e corale, triste e nostalgico. I morti della città lo dedicavano a lui……
Con quelle voci soavi e malinconiche, lui chiuse gli occhi e le lacrime finirono.
Edited by Hakkai 4Ever - 10/6/2007, 15:22