Un semplice ricordo, di bambi_88, Romantico

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hoshiyo
view post Posted on 10/6/2007, 12:42




Serie: originale
Rating: PG
Genere: romantico



Entro nella sala e quell’odore incredibilmente acre mi trapassa le narici.
Il buio mi avvolge…poche luci intermittenti mi fanno scorgere tra la folla accalcata il suo volto.
Una musica assordante e insistente…una discoteca.
Perché mi trovo qui?
Cosa mi è successo? Io odio la confusione…io detesto trovarmi tra la gente…io provo un immenso disagio a ballare.
…e poi…cosa c’entra una ragazza, che usa vocaboli come “ trovarsi a disagio” anche fuori dalle quattro mura scolastiche, con questi ragazzi sovraeccitati e scalmanati?
Mi sento tanto sola.
Si volta.
Trattengo il fiato…
È bellissimo.
Come è potuto succedere?
Pochi giorni fa stringevo Enrico all’aeroporto promettendogli di tornare presto e di…non smettere mai di pensare a lui.
E ora…desidero che un altro abbracci…mi stringa a sé…
Lui.
Occhi tanto chiari che la prima volta che lo vidi mi sembrarono spaventosi.
Capelli tanto sottili che gli avvolgono il capo come una lucente aurea.
Fisico tanto snello da assomigliare agli esili modelli dei negozi del centro…così diversi da Enrico.
Enrico.
Occhi scuri…pece nella quale rischi di affondare pericolosamente.
Capelli corti…troppo corti. Eccessivamente corti.
Spalle enormi, avvolgenti…un gigante mitologico…come loro colpevole…
Ma ora Enrico è solo un vago ricordo.
Sento le mie mani accarezzargli lentamente la schiena.
Mi ha afferrato…una mano mi tiene legata al suo bacino, l’altra mi tiene sollevato il mento.
Il suo respiro si diffonde tra i miei capelli…
Sto iniziando a sudare…
Maledizione! Mi detesto… lo sento…sto arrossendo…
Abbasso immediatamente le braccia…ricordo come un incubo le prese in giro dei miei amici…
Non voglio ricordare…non voglio sentirmi un mostro anche questa sera.
Non la sera in cui è un angelo il mio cavaliere.
Baciami.
Ma cosa penso?
Se mi abbandonassi a lui tutto sarebbe perso.
Non posso amarlo.
Non posso più amarlo.
-mi dispiace Giacomo…devo andare…-




Mi sveglio nella sua stanza.
Il peggiore dei miei incubi.
Ho sognato di nuovo Giacomo.
Mi trovo di nuovo nel letto di Enrico.
Lo vedo dormire scomposto accanto al mio corpo…come un orco delle favole più terrificanti ha il viso reclinato spaventosamente, il corpo irto di peli, le braccia troppo lunghe…
Nonostante il forte disgusto io gli dico a fior di labbra di amarlo.
Continua il suo abominevole sonno.
Giacomo.
Un ricordo così lontano oramai.
Mi alzo dal letto facendo attenzione a non fare rumore…indosso le enormi ciabatte di Enrico e attraverso al buio il corridoio.
Le parole di mia madre mi risuonano nella testa come un’ossessione…
- vedrai piccola… ti divertirai…c’è anche Giacomo…-
ho odiato mortalmente la decisione dei miei di sbattermi in quella specie di carcere estivo…e farmi seguire, per giunta…
- mamma! Non voglio partire!-… penso di aver urlato fino a farmi male…di aver pianto tanto da sentire lo stomaco rivoltarsi per il dolore.
Eppure… lo facevano solo per salvarmi.
Da cosa? Da chi?
Sono arrivata in bagno…
Ora comprendo che cosa mia madre temeva.
Una donna mi fissa.
Una donna sporca, stanca, triste…si passa una mano tra i capelli luridi.
Quella donna sono io.
Maledizione ho 18 anni!
Io potrei…dovrei…
Ma cosa diavolo mi viene in mente.
Sono brutta.
Non merito amore.
Controllo l’ora affacciandomi dalla porta socchiusa…devo tornare a casa…è quasi ora di cena…
Guardo il grasso che sembra ricoprirmi come una disgustosa coltre.
Vorrei scoppiare a piangere.
Come quella sera…
La sera prima della discoteca.







La notte prima della discoteca.
…quel posto era un vero carcere.
Casolari bassi e cupi, tende abbassate dietro le grandi vetrate… che sembravano ferite nel profilo delle costruzioni.
Pioveva…come nelle migliori tradizioni.
Sono timida, una secchiona timida. Non potevo sopportare ancora di essere sbattuta tra quei ragazzi... lo sapevo che Giacomo lo stava facendo per me.. ma…cominciai a singhiozzare.
Stupida. Stupida come sempre.
Cosa credo di fare?
Voglio l’umana Compassione?
Cosa voglio dagli altri?
Perché me ne sto sotto la pioggia?
Eppure non riesco a non aver paura di loro.
Se ridono.. io ho paura che lo stiano facendo di me…
Se mi guardano…lo so cosa pensano…
Non voglio soffrire così tanto…voglio tornare a casa…voglio tornare da Enrico…
Corro a perdifiato verso l’unica cabina telefonica.
Maledetti ragazzini.
C’è una fila interminabile…
Bagnata e stanca mi siedo su una panchina e aspetto il mio turno.
Singhiozzo ancora…
Gli altri, passandomi accanto, mi rivolgono un’occhiata distratta e curiosa.
Ascolto le loro lingue…così diverse…riconosco i saluti…provo a comprendere i loro discorsi…
Quattro anni di liceo linguistico…e riesco solo a capire che ad uno spagnolo manca il suo adorato cagnolino e che un francese ha acquistato l’ultimo cd degli U2 ad un prezzo d’occasione…
Forse essere “secchione” non vuol dire nulla il realtà.
Sento il francese porgere un triste saluto ed agganciare la cornetta.
Qualche risata.
Mi passa accanto ed alzandomi lo urto.
Che figura!...mancava solo questa…lo sento dire qualche parola furiosamente…oddio…
Afferro la cornetta e ficco la mano in tasca…
Pochi pound… basteranno…
Il numero di Enrico lo conosco a memoria…
Qualche secondo di attesa…la sua voce stanca.
- ti ho svegliato?-
- no-
vorrei dirgli di quanto sto male, di quanto mi manchi disperatamente, di quanto mi senta profondamente sola.
Ma non ci riesco.
Cominciamo a parlare del suo lavoro estivo… non vuoi davvero più tornare a scuola Enrico?...bene capisco…si hai ragione…cosa vai a fare a scuola?...si hai ragione tu…
Senti Enrico io…
Inutile.
Deve andare.
I suoi amici sono passati per andare in centro.
Bene…non ti trattengo…
Ciao.
Rimango ad ascoltare il silenzio per molto tempo.
Intorno a me ragazzi si accalcano, qualcuno ride, qualcuno si lamenta per l’attesa.
Vado via. Non aggancio il ricevitore. Lo lascio li a penzolare inerte.
Da chi andare ora?
Con chi sfogarsi adesso?





Mi vesto velocemente. Lascio ad Enrico un bigliettino con scritto che ci rivedremo il giorno dopo.
Ho orientamento domani…bene…facoltà di Archivista bibliotecaria…
Posso anche evitarmela…
Scendo in strada. Il cielo è sereno. L’autobus sta passando…merda!
Devo correre!...ma, lo so, sono lenta!
Stupido cibo…ti adoro troppo…e ora, per colpa tua, devo aspettare un altro bus...
Spero di arrivare presto da mia madre…è da ore che non la vedo…
Mamma…
Quanto ti ho cercato quella sera.
Mi rituffo, senza neanche accorgermi, nel mio passato…

Dove devo andare?
Il mio appartamentino è occupato.
La mia compagna di stanza, Giulia, mi ha “ gentilmente” invitato a togliermi dalle palle dato che lei ha compagnia questa sera.
Prima di uscire ho visto un ragazzo aspettare dietro il vicolo.
Alto, moro, occhi chiari…un tipo da copertina per una ragazza da copertina.
Giulia.
Alta, appariscente, frivola…
Ripensandoci, il ragazzo lo conosco… era una di quelli che la sera prima era in camera di Giacomo a bere…dovrebbe chiamarsi…ecco…non ricordo…ah si! Luca.
Devono essersi incontrati lì…ma in fondo chi se ne frega!
Sono solo il mio, più urgente, problema.
Sono in uno stupido college…sola, senza Enrico, senza il conforto di mia madre…senza le certezze di casa mia.
Cammino ancora sotto la pioggia. Mi specchio in una finestra.
Sono incredibilmente buffa…
I miei capelli, solitamente indomabili e arruffati, mi ricadono sulla faccia come rozzi fili di canapa… la mia maglia bianca è mi si è appiccicata addosso…oddio…si vede pure il reggiseno con le papere che ho comprato con Enrico al mercato!...che vergogna…
Mi copro istintivamente con la mano il petto…
Alzo lo sguardo…avverto un suono impercettibile…
Mi accorgo di un’ombra alle mie spalle…
È buio intorno a me…vorrei scappare ma ho troppa paura..
Cerco con lo sguardo le porte degli appartamenti…sono tutte sbarrate…e il mio è troppo lontano…
L’ombra si avvicina minacciosa…
Sento le sue mani che mi afferrano…
- Eccoti finalmente…-

La voce di Giacomo.
Mi volto e lui è lì.
Stretto nella sua giacchetta di jeans…con i capelli perfettamente ingelatinati…e un sorriso rassicurante stampato sulla faccia abbronzata.
- ti ho visto qui…sola…che vuoi fare prenderti un accidente e perderti la nostra vacanza?-
perché sei sempre così Giacomo?...è questo che vorrei chiederti mentre ti sfili la giacca e me la poggi sulle spalle
- vieni dai, impiastro…- mi prendi la mano.
Sotto il tuo ombrello camminiamo in silenzio.
Tu sorridi. Continui imperterrito a sorridere mentre io scoppio a piangere.


L’autobus è appena arrivato…mi accorgo di aver dimenticato l’abbonamento a casa di Enrico…
Fottuta distrazione…
Salgo attenta…ci sono poche persone…ognuna presa nei suoi affari…
C’è un ambulante con lo zaino pieno di cd masterizzati, una signora con la borsa della spesa carica, un gruppo di ragazzine delle medie che parlano fitto tra loro ridendo sguaiatamente…
Ci sono io.
Una diciottenne che dimostra quaranta anni.
Mi siedo nel posto più vicino all’uscita…pregando che non passi il controllore…
Mi infilo le cuffiette del mio lettore mp3…
Il viaggio fino a casa sarà lungo.
 
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