| Dopo che gli dei furono sconfitti nella gran battaglia d’Estasia, nel mondo conosciuto, gli eserciti divennero inutili. Dopo che pochi uomini scelti, con incredibili poteri, sfidarono apertamente gli onnipotenti, le strategie di guerra cambiarono. Gli eserciti furono messi da parte, rimpiazzati da un paio d’individui, con grandi potenzialità. Erano uomini che avevano ricevuto la benedizione di qualche strano spirito o che possedevano chissà quale abilità. Ad un nobile, bastava averne tre o quattro al proprio fianco per imporre il dominio su un’intera regione. Ognuno di questi valeva come cento soldati ben addestrati. La guerra era cambiata: i metodi di combattimento pure, si assoldavano questi “mercenari”, così erano chiamati, per combattere Molti di questi erano montati o dei grandi idioti, ma alcuni erano davvero capaci, basti pensare che in giro circolavano ancora i “figli degli dei” coloro che avevano ereditato i poteri proprio da questi, e che successivamente li avevano traditi portando la salvezza degli uomini, ma che ora non si sapeva più da che parte stessero.
Prologo: Ritorno al mondo
Un gruppo d’uomini coperti da mantelli era inginocchiato a formare un circolo in una stanza poco illuminata. Quel poco che si vedeva erano i residui di un santuario, forse un antico tempio caduto in rovina, probabilmente fuori era notte: la notte, infatti, era il momento adatto per fare certe cose. Le figure stavano con un ginocchio a terra, una mano appoggiata su questo, e l’altro alzato, inoltre avevano uno strano cappuccio che ne copriva completamente il volto mentre tenevano la testa abbassata. Loro formavano un mezzo cerchio, e davanti a loro un individuo alzato che parlava con superbia. Tra quell’alzato, e loro chini, c’era una gran vasca di sangue che sembrava ribollire alle parole come se ascoltasse.. << vi ho riunito, fratelli, poiché è giunto il momento di riportare ciò che è stato…>> I presenti non alzarono la testa, anzi, sembrarono piegarsi ancora. << uno solo non ha risposto all’appello, un vostro compagno…uno di quelli che conoscevate piuttosto bene…>> Anche se coperti da cappucci, si sentivano gli sguardi che ondeggiavano a destra e a sinistra, intenti a scoprire chi mancasse. << manca il prediletto, colui che serviva gli dei ed i suoi figli nel migliore dei modi… a che si deve questo tradimento?>> parlava come se l’assente potesse sentirlo. << Luna tagliata… povero, manderò qualcuno ad avere tue notizie…>> la sua voce risuonava nel salone. Quello in piedi guardò le teste chine dei suoi ascoltatori e decide. << scorpione danzante, vai nelle terre ad ovest, forse nell’Estesa contrada di Vorg, probabilmente lo troverai lì, insieme al suo animale da compagnia…>> Tutti lo conoscevano ormai con il nome di Scorpione “l’incapace” danzante, poiché nell’ultima guerra, dieci anni prima, si era fatto sconfiggere dal minore dei figli degli Dei. Questa era la sua occasione di riscattarsi. I suoi modi erano poco gentili anche se lo sembravano, non per nulla, si chiamava: scorpione.
*****
Due uomini stavano attraversando un gran ponte di pietra, che dal fianco della montagna, portava alla valle. Uno aveva le spalle larghe ed il corpo ben allenato. I capelli molto corti chiari, e degli occhi non troppo grandi, di un verde intenso. Camminava davanti con uno sguardo fiero e temerario. L’altro sembrava più sottomesso: stava dietro, e camminava guardandosi attorno. I capelli neri abbastanza lunghi e gli occhi blu scuro. Il fisico magro, nascosto sotto la mantella.
La neve era appena caduta, e tutto si era coperto di un manto bianco innocente, le colline della piccola valle scavata dal fiume n’erano sommerse. Le mura grigie del borgo risaltavano rendendosi ben visibili. In fondo valle, invece, il frutteto che di primavera arricchisce i mercanti con i suoi regali sembrava sparito. L’imponente fiume, che sembrava buttar giù il ponte da un momento all’altro, era sempre attivo in tutta la sua potenza.
<< quando credi arrivino?>> domandò l’uomo. IL ragazzo alzò la testa guardando il panorama mostrato dai fianchi innevati delle montagne. << se non è oggi, sarà domani…>> << e chi manderanno?>> Il ragazzo si fermò appena ebbe superato il ponte. Premette un poco il piede nella neve scavando una profonda impronta, Poi continuò a fare segni con il piede destro. << probabilmente un mio fratello…non so di preciso…>> Il suo volto divenne triste. << chiunque arrivi, cambierà l’aspetto di questo posto…>> I due ripresero la strada verso la città sull’altopiano. Arrivarono alle porte in una mezz’oretta, si guardarono negli occhi appena imboccarono la via principale. L’uomo si strinse al ragazzo con fare protettivo. << chi sono i portanti della città?>> << corvo nero e Lycos il lupo…>> rispose lui. << non li conosco… probabilmente…>> Il ragazzo lo anticipò con le parole: <<… moriranno… lo so non sono validi contro i negromanti, ma è un altro il motivo che mi ha spinto qui…>> Fecero qualche passo nella via affollata. << quale?>> Il ragazzo si fermò, vedendo spiccare la gran torre vedetta maestosa ed imponente. << qui, sembra sia rifugiato Aaron…>> Lo sguardo dell’uomo sembrò turbato. Aaron terzogenito degli Dei: aveva l’aspetto di un ragazzo castano dagli occhi azzurri. Lui sembrava il più forte di tutti i figli, il suo elemento era la nebbia. I suoi poteri sembravano infiniti: era capace di far sparire e riapparire il suo corpo ovunque tramutandolo in nebbia, poteva, tramite questa, creare ogni tipo di oggetto, struttura, perfino creatura, che rendeva reale grazie alla magia di cui disponeva e faceva tornare nebbia a suo comando. Fu grazie al suo tradimento se gli dei furono resi insicuri e traballanti e poi sconfitti. Nessun negromante avrebbe agito contro di lui, sempre che fosse davvero in quella zona.
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