Il Destino: nostra catena e nostro tramezzo, Amore, passione intenso, malinconia. In una parola, Destino. [Avviso - Shoujo Ai]

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Sorella_Erba
view post Posted on 27/6/2007, 15:52




Titolo: Il Destino: nostra catena e nostro tramezzo
Raiting: R
Advises: Shoujo Ai
Genere: Sentimentale, romantico, malinconico, introspettivo.



1.

Questa è una di quelle giornate in cui sembrano presentarsi avvenimenti inaspettati, casuali, come se fosse il Destino stesso a mandarteli. Una giornata che tu definiresti ciclonica, in principio pacata e serena. Non ti aspetteresti mai e poi mai che qualcosa di sconvolgente ti cambierà la vita da qui a pochi attimi; ma tutti sanno che la calma prospetta tempesta.
Era esattamente così il giorno in cui ti vidi per la prima volta.
Lo ricordo, sì. Non avrei la forza né il coraggio di rimuoverlo dalle mie memorie. Il perché, lo sai.
Era una mattina assolata, fresca, che sapeva di primavera. Le nuvole bianche navigavano come velieri nel loro mare azzurro, che è il cielo. Gli uccelli ritornavano a volteggiare sulle nostre teste, pervenuti da chissà quali luoghi caldi e tropicali in cui avevano trascorso il periodo invernale.
Stavo comodamente seduta sullo schienale di una panchina in ferro battuto, all’ombra dei folti alberi che le stavano dietro, con una cicca in bocca e in compagnia di alcuni ragazzi. I miei capelli corti venivano leggermente accarezzati da un venticello tiepido, spostandomi così alcune ciocche viola scuro, facendole ricadere davanti ai miei occhi distratti. Le mie labbra erano colorate da un rosso fuoco, leggermente sbavato a causa dei voraci baci scambiati poco prima con uno di quei giovani che mi stavano attorno, che adesso era ridente e allegro, totalmente incurante della mia presenza. E io della sua. Lo sai, sono fatta così. Esprimo quello che sento come e quando voglio. Anche se prima mi aveva molto affascinata, tanto da spingermi a divorarlo quasi, ora non mi provocava alcuna emozione. Preferivo il tocco aspro della sigaretta che quello saporito delle sue labbra.
- Ehi, Manuela. Sei fra noi? –
Voltai i miei occhi scuri, appesantiti dal nero della matita, verso Alessandro. Il mio migliore amico. Ricordo che eri rimasta parecchio sorpresa quando ti dissi quanto fossimo molto legati io e questo amabile ragazzo. Troppo diversi, già, lo affermasti anche tu. Lui, perfetto studente e figlio di ricca famiglia; io, alunna indisciplinata, bocciata al terzo anno delle superiori, e con una famiglia non certo molto rispettabile. Eppure io e Alessandro andiamo d’amore e d’accordo; perché l’amicizia non critica nel momento della difficoltà, non conferma con fredda ragionevolezza: “ Se tu avessi fatto così o così ”. Apre semplicemente le braccia e dice: “ Non voglio sapere nulla, non giudico niente. Qui c’è un cuore dove puoi riposare ”. E ringrazio Alessandro per tutto quello che mi da ancor oggi.
È strano sentirmi pronunciare le parole ti voglio bene o ti amo. Le uniche persone a cui le ho riservate siete stati voi due.
- Sì, certo. – affermai in un mormorio. Ma non ero né molto convinta né tanto meno allegra. Semplicemente distaccata, al mio solito.
- Come sei annoiata. – ghignò Alessandro, sedendosi al mio fianco ed osservando la strada con gli occhi cinerei.
- Come vuoi che debba essere? – sbottai irritata.
- Calma. –
Mi girai verso di lui con sguardo penetrante, ammansendomi poco dopo. Una delle poche persone che riusciva a calmarmi era proprio Alessandro. Questo prima di conoscere te. Ogni tuo sguardo, ogni tuo sorriso, ogni tuo gesto riescono ancora oggi a togliermi d’ansia, anche se sono soltanto ricordi sbiaditi conservati con cura.
- Scusami. – sussurrai, abbassando gli occhi. – Ma è uno scazzo restare qui. Non ho nulla da fare. -
- Eppure poco prima avevi un lussurioso passatempo… -
Touché, Alessandro. Bravissimo.
- Mmm. – mugugnai, non sapendo cosa rispondere.
- Tonio è un bravo baciatore? –
- Ah, è così che si chiama? –
Alessandro scoppiò in una risata limpida, cristallina, allegra. Un suono dolce al mio orecchio. Perciò mi unii anche io alla sua ilarità.
- Dai, so io cosa ti ci vuole. – affermò con allegria Alessandro, guardandomi giocoso.
- E cosa? – chiesi io di rimando.
- Una birra, semplice. Che ne dici? –
- Ho mai rifiutato? –
Il mio migliore amico sorrise complice e si allontanò per prendere il suo giubbotto, annunciando alla compagnia il nostro allontanamento momentaneo.
- Andate a prendervi da bere, Alex? – domandò una bella giovane mora, alta e magra. Sembrava una modella. Alzai un sopracciglio, perplessa.
- Sì, Betta. Siamo al bar di Armando. – chiarì Alessandro, sorridendo cortese.
Poi il ragazzo mi si avvicinò, sotto lo sguardo cupo della presunta Betta.
- Alex? – feci sarcastica e con una mezza risata.
Lui alzò le spalle con resa.
- Le ho ripetuto mille e una volta che non mi piacciono questi nomignoli, ma… -
- Sembra interessata a tutt’altra cosa. – finii io per lui, che rise, annuendo.
- Per la precisione. –
Gettai il mozzicone di sigaretta per terra e con un colpo di punta lo spensi del tutto.
Alessandro è sempre stato un ragazzo semplice e alla mano, contro gli eccessi. Non si sarebbe mai filato una ragazzetta come quella.
Ci incamminammo insieme verso il bar di Armando, il Lust. Il viale alberato non era molto gremito: c’erano soltanto alcuni anziani seduti sui sedili in ferro battuto e poche coppiette intente a scambiarsi amorose effusioni. Mi girai infastidita da un’altra parte. Odio tutte queste dimostrazioni d’affetto in pubblico, sono squallide. Mi ritrovai poi a sorridere con amarezza. Un altro mio difetto: l’incoerenza.
- Cos’hai? –
- Nulla, Alessandro. –
Lo sentii mugolare sommesso, come se non mi credesse.
- Sei molto malinconica, in questo periodo. -
- Sono sempre molto malinconica. – corressi, alzando gli occhi al cielo.
Ennesimo difetto, forse, ma se non fosse stato per la mestizia non avrei neppure immaginato di essere capace di perdere la testa per qualcuno.
Ci ritrovammo poco dopo davanti alla porta a specchio del Lust. Che dire, un locale sempre tanto affollato, frequentato perfino da gente con eccezionale carisma. Dopotutto anche Armando è un uomo dalla personalità straordinaria: azzarderei unico nel suo genere.
Alessandro si portò avanti, dopo aver aperto il battente lucido, in direzione della cassa.
- Ma non mi dire. – ridacchiò Armando, appoggiato al banco con i gomiti, mentre anch’io mi appressavo verso lui e Alessandro, che l’aveva raggiunto. – Non avrei mai e poi mai pensato di rivedervi qui dopo… mh… nemmeno un giorno? -
- È difficile starti lontano. – gli sussurrai in tono seducente, avvicinandomi pericolosamente al suo viso. Armando non si scompose e allargò ancor di più il suo ghigno, con sfida, mentre un ciuffo corvino gli ricadeva sugli occhi.
- In molte mi dicono così. –
- Non ci credo. – risi, spostandogli il ciuffo dallo sguardo scuro.
- Provare per credere. – sbottò lui in un sospiro, e io il mio migliore amico ridemmo più forte. – Allora, cosa vi porto? –
- Due birre. – iniziai, guardando in giro per il bar con espressione distratta.
- Una. – precisò Alessandro, guardandomi storto. – Sai che non mi piace bere pesante. –
- Ma la birra non è mica pesante! – esclamai con occhi innocenti, avanzando verso l’altra stanza del locale, in cui erano sistemati i tavoli. Cercai con gli occhi e trovai il divanetto blu libero su cui spesse volte io e Alessandro ci sediamo, avanzando verso di esso con aria spavalda, attirando sguardi curiosi, ma anche critici. Sono sempre stata etichettata come una ragazza che la da facile, una meretrice insomma, a causa della mia sicurezza e della mia lingua lunga. Forse anche per il modo di vestire e portarmi. Penso di aver dato anche a te quest’impressione, inizialmente. Ma, come quelle persone, ancora non mi conoscevi bene… Sai che non sono così.
- Tieni la birra. – asserì Armando, giungendo presso il divano a due posti e poggiando la bottiglia sul tavolino. Poi piegò le ginocchia e rimase a guardarmi poggiare le labbra al recipiente per berne il contenuto. Il tutto con un sorrisetto malizioso sulla bocca. Al suo solito. Ah, Armando…
- Chi sono quelle? Non le ho mai viste. – fece Alessandro, alzando gli occhi su due figure femminili appena entrate nel locale.
Armando si voltò nella direzione indicata dal mio amico, aguzzando la vista.
- Boh. – mugugnò dopo alcuni secondi. – Non conosco mica tutte le persone che arrivano qui… Però una è particolarmente… Be’, vado a servirle! – esclamò infine allegro.
Alessandro scoppiò ancora una volta a ridere, mentre io facevo l’occhiolino ad Armando. Il barista si avvicinò ad una delle due ragazze, la mora, e io… rimasi fulminata.
Sì, il nostro primo incontro, amore mio. La prima volta che incrociai i miei occhi con i tuoi.
Un mare in tempesta, un uragano che distrugge ogni cosa, un’onda che si abbatte sugli scogli, un lampo improvviso che illumina il cielo notturno.
Un cataclisma.
Le mani iniziarono a tremarmi piano, mentre spalancai leggermente le labbra turgide alla tua vista.
Bella.



 
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Sorella_Erba
view post Posted on 30/6/2007, 10:56




2.


- Manuela? –
Graziosi piedini calzati da scarpe a bambolina rosse e nere.
- Mmm… -
Le gambe fasciate da jeans stretti e scuri, che mettevano in risalto l’avvenenza e la morbidezza delle curve dei tuoi fianchi e dell’interno cosce.
- Oggi sei totalmente tra le nuvole. -
Pancia piatta avvolta da una maglia aderente nera, che glorificava il tuo tondo e piccolo seno.
Foulard rosso che fasciava il collo candido, che richiamava di essere sfiorato da mani e labbra esperte.
Il mio cuore perse un battito e il mio stomaco fece un buffo balzo. Non so se prima d’allora avessi provato qualcosa di simile. No, credo di no. Tu sei unica, e da tale meriti rarità, sensazioni mai verificatesi, nuove e fresche.
Il tuo visetto sottile e rotondo si girò nella mia direzione, forse incuriosito dalle mie occhiate eccessivamente prolungate. Le tue labbra, rosse come un bocciolo di rosa in primavera, si schiusero appena appena. Forse ti avevo dato una cattiva impressione, stando all’espressione che ostentavi.
- Mi hai sentito, Manuela? -
L’insistenza di Alessandro mi costrinse a voltarmi, infastidita, nuovamente verso di lui.
- Cosa diavolo vuoi? – sbottai collerica, stringendo la bottiglia di birra più forte.
- Non essere così scontrosa. – ribatté lui, guardandomi con severità. – Di grazia, è possibile sapere cos’è che ti sta distraendo in tal modo? –
- Chi, vorrai dire. – ghignai.
Il suo sguardo da severo divenne interrogativo.
- Come? -
Non risposi apertamente alla sua domanda: dapprima ampliai il mio sorriso, osservando Alessandro con malizia, poi feci un cenno con il capo in tuo indirizzo. Alessandro, curioso, strinse gli occhi grigi e seguì il mio sguardo scuro, nuovamente puntato su di te, donna meravigliosa.
- Ah. – proferì atono, squadrandoti con apprezzamento. Risi della sua aria compiaciuta; ti guardava avido, ma so che stava soltanto scherzando.
- Guarda che l’ho vista prima io. –
Alessandro mi osservò con giocondità. Sa che mi dilettano non solo gli uomini, ma anche le donne. L’ha capito sin dalla prima volta in cui incrociammo le nostre iridi. Tra me e lui non c’è mai stato bisogno di parole. Un solo sguardo bastava e avanzava, anche più di mille vocaboli.
- Oh, non allarmarti. Ho altri interessi, per il momento. -
- Ah. – dissi, smorzando una risatina. – Tipo? –
- Se fossi in te, eviterei le domande indiscrete su cose che non ti riguardano - ribatté ghignando il mio migliore amico, - e mi fionderei dritto alla cassa. Armando ha tutta l’aria di essere interessato alla tua preda, piccola. –
Con uno scatto, mi voltai al banco, sorridendo vagamente: Armando vi stava appoggiato con un gomito e chiacchierava rapito con te e la tua compagna.
Mi alzai dal soffice divano e con falcate eleganti mi diressi alla cassa. Mi avvicinai ad Armando, che si era appena accomodato dietro al mobile. Puntò gli occhi su di me e io, di rimando, su di lui. In un lampo, Armando comprese e mi sorrise malizioso.
- Sofia e Maria, permettetemi di presentarvi una mia cara amica, Manuela. -
Spostai finalmente il mio sguardo dal bastardo barista per rivolgerlo a te e alla tua amica Maria; ma soprattutto su di te, Sofia.
Quanto ti rispecchia questo nome, amor mio. Tanto bella quanto acuta. Mi hai subito intesa.



Non ricordo con precisione quanti altri giorni trascorsero da quell’episodio, ma non me ne importa.
Lo benedico e lo maledico allo stesso tempo.
Mi hai fatto del male, tanto male; mi hai uccisa, mi hai mutilata, mi hai totalmente distrutta. Sono stata umiliata, quando mi sono promessa che mai nessuno avrebbe dovuto farlo.
Hai presente un fazzoletto? Lo rinvieni in una delle tasche dei jeans, lo aprì e pulisci gli angoli della bocca, lasciandovi tracce indelebili del tuo sapore. Ecco, io mi sento esattamente così. Usata, amareggiata e gettata via.
La mia ingenuità ha voluto prendere il sopravvento, per quanto incredibile possa apparire. La tua perfetta visione mi ha resa innocente, bisognosa d’amore e passione e troppo avventata, incauta.
Ricordi quella sera? La nostra sera?
Dimmi solo come potrei dimenticarla. È stato uno dei momenti più belli, più magici, più sensuali. Più. Quei momenti che ti rimarranno dentro al cuore per sempre, ricordi indelebili dei quali è difficile fare a meno, perché pezzi importanti del tuo essere. Ti hanno segnata e ti hanno fatta diventare quello che sei, ti hanno forgiata.
Era quasi mezzanotte. Non avevo voglio di rincasare e quindi andai al Lust.
La vita notturna è un’esistenza tutta da assaporare.
Lì, al bar, avrei trovato persone come me, con cui parlare e bere. Ma non mi aspettavo di trovare te.
Mi accorsi della tua minuta figura solo dopo aver ordinato e bevuto un Martini con ghiaccio al bancone. Stavi seduta ricurva ad un tavolino in ferro battuto sulla veranda del locale; la frescura notturna ti accarezzava il volto sottile, allontanando le ciocche castane e portandole dietro le bianche spalle.
Mi morsi un labbro, mentre rimanevo a contemplarti.
Decisi di avvicinarmi; tu finalmente ti voltasti in mia direzione, avendo udito il suono dei miei passi farsi sempre più prossimo.
- Ciao. -
Mi rivolgesti un sorriso.
Ma non era radioso come al suo solito, no. Rimembro la malinconia che aleggiava intorno alla tua presenza, i tuoi occhi verdi illuminati dalla mestizia e le tue labbra piegate così amaramente all’insù. Sorridevi forzatamente.
Feci una movenza elegante con una mano per rispondere al tuo saluto, mi sedetti su una delle tre sedie accostate al tavolo e mi voltai a guardarti.
Non spiccicai una parola; preferivo ammirarti, come fa un appassionato di arte con le sue opere predilette.
Tu ricambiavi le mie occhiate intense con sguardi fugaci, quasi timorosi. Le tue iridi smeraldini si alzavano per incrociare le mie in un istante, così infinitamente lungo, e velocemente si calavano. Stavi celando un dolore straziante dentro.
Come adesso faccio io.
Avevi bisogno di appoggio, amore, cura. Avevi bisogno di me, lo sentivo. La tua voglia di ripararti era palpabile tanto quanto lo era la mia di stringerti.
- Vuoi fare due passi in mia compagnia? – ti domandai improvvisamente. Tu sussultasti all’udire la mia voce bassa; non ti eri aspettata un mio invito.
Mi alzai dalla sedia e ti porsi una mano; dopo aver osservato il suo candore senza lasciar trasparire alcunché, l’afferrasti e ti sollevasti dal tuo posto.
Passeggiammo tanto, quella notte.
Ho ascoltato i tuoi sfoghi come fossero delle soavi melodie; ho raccolto le tue lacrime amare come fossero acqua del cielo.
Ho accarezzato il tuo corpo come fosse un delicato fiore proibito, un dono mandato da Dio.
Tu sei stata l’omaggio che il Destino mi ha riservato.
Sei stata mia per una notte, una stupefacente, magnifica ed indimenticabile notte.
È bastata a rovinarmi la vita, però.
Anche se ce ne sono state molte altre, la nostra prima volta è stata proprio quella che mi ha legata irrimediabilmente a te. Sei diventata la mia droga, ed io sono diventata opprimente.
- Manuela. -
Finalmente avevi risposto ad una delle mie ininterrotte chiamate.
- Sofia… - sussurrai.
- Ti prego, basta. –
- Ma Sofia… -
- No. – contestasti con forza. – Adesso non posso parlarti. –
- Perché? –
- C’è Lorenzo qui, a casa. Non chiamarmi; poi ti telefonerò io più tardi, ok? –
Lorenzo.
Quel figlio di puttana che l’aveva fatta soffrire.
Quel bastardo adesso era a casa sua, nel suo letto, in quel letto in cui avevamo suggellato il nostro amore.
- Di nuovo lui? – scoppiai come una bomba, tanta era la rabbia che quel nome mi aveva provocato.
- Manuela, tu non puoi capire. –
Capire. Cosa c’era da capire? L’aveva pugnalata al cuore, l’aveva tradita con un’altra.
- Capire… - replicai al telefono. Alzai la testa in direzione del soffitto e risi istericamente. Delle grida gorgogliavano nella mia gola dolorante e chiedevano di essere espulse.
- Manuela, devi comprendermi… - dicesti poco dopo. - È finita. Sto con Lorenzo. –
- Anche quando scopavi con me stavi con Lorenzo! Anche quando dicevi di amarmi stavi con Lorenzo! Anche quando lo cornificavi con gran piacere stavi con quel lurido idiota! –
Terminai la chiamata subito dopo aver detto quelle velenose parole. Avevo cercato di iniettarvi tutta la mia ira, la mia gelosia e la cattiveria di cui ero capace. Volevo lasciarti un segno, un marchio di fuoco nella tua mente, che risaltasse dinanzi ai tuoi occhi verdi, chiusi o aperti che fossero; qualcosa che non avresti scordato.
Penso di aver fallito.
Credevo che avresti fatto dietrofront, che avresti abbandonato Lorenzo e che mi avresti aperto le braccia come ho fatto io con te.
Stupida illusione, ingenua congettura irrealizzabile.
Ti ho persa, lo so.



Adesso sto camminando per il lungomare, sola, immersa nelle memorie, nei ricordi belli e brutti. Non li cancellerò, fanno parte di me.
Alessandro non è qui al mio fianco, per ora. Sai, mi è stato sempre vicino in quest’ultimo, orrendo periodo. Ha cercato di sorreggermi, di aiutarmi. Mi sono ripresa e il merito va tutto a lui.
Non vado con nessuno, né uomo né donna, da tanto. Non riesco, ho un blocco orribile. Temo di soffrire ancora, per questo non voglio innamorarmi di nuovo.
Mi chiedo come potrei farlo, comunque. Sei stata l’unica, Sofia. La sola che è riuscita a ridurre il mio cuore a brandelli; ma alla fine ci hai sputato sopra.
Continuo a camminare lungo questo sentiero asfaltato, calciando a volte le piccole pietruzze scure con la punta degli stivali. Tengo il capo chino; dopo lo rialzo per poter rimirare il cupo mare.
È mosso.
I cavalloni si rincorrono gli uni con gli altri, fino ad abbattersi sugli scogli alti e neri del promontorio.
Il mio unico desidero è perdermi fra loro. Bramo il dolore fisico, è ben più preferibile a quello etico.
Non provo più nulla, se non sofferenza, angoscia, afflizione.
Voglio morire.
Adesso che sono sola. Adesso che te ne sei andata. Adesso che Alessandro non vede. Adesso che il Destino se ne frega altamente della mia miserevole esistenza.
Voglio morire.


- Fine -
 
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Aslinn
view post Posted on 4/3/2009, 18:09




CITAZIONE
- Manuela? –
Graziosi piedini calzati da scarpe a bambolina rosse e nere.
- Mmm… -
Le gambe fasciate da jeans stretti e scuri, che mettevano in risalto l’avvenenza e la morbidezza delle curve dei tuoi fianchi e dell’interno cosce.
- Oggi sei totalmente tra le nuvole. -
Pancia piatta avvolta da una maglia aderente nera, che glorificava il tuo tondo e piccolo seno.
Foulard rosso che fasciava il collo candido, che richiamava di essere sfiorato da mani e labbra esperte.
Il mio cuore perse un battito e il mio stomaco fece un buffo balzo. Non so se prima d’allora avessi provato qualcosa di simile. No, credo di no. Tu sei unica, e da tale meriti rarità, sensazioni mai verificatesi, nuove e fresche.
Il tuo visetto sottile e rotondo si girò nella mia direzione, forse incuriosito dalle mie occhiate eccessivamente prolungate. Le tue labbra, rosse come un bocciolo di rosa in primavera, si schiusero appena appena. Forse ti avevo dato una cattiva impressione, stando all’espressione che ostentavi.
- Mi hai sentito, Manuela? -

Questa parte mi è piaciuta particolarmente, soprattutto come intervalli la descrizione della ragazza e la conversazione con Alessandro. Si avverte il senso di estatica osservazione, così che il pezzo non sembra solo un catalogo di attributi fisici.

Nel complesso è una storia carina, un po' "classica", ma ben resa. Anche se ti consiglio di ampliarla, perché il lettore fa appena in tempo ad immergersi nella storia che già è terminata e così non riesce bene a capatare la sofferenza della separazione. Ma questa è solo una mia personale impressione^_^
Complimenti=)
 
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Sorella_Erba
view post Posted on 27/4/2009, 16:27





Mi fa strano leggere nuovamente questa storia :lol: E' una delle mie primissime, Dio >_< Non riconosco quasi nemmeno il mio vecchio stile :lol:
Ti ringrazio comunque, sia per le dritte, sia per i complimenti ^^
 
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Aslinn
view post Posted on 27/4/2009, 18:23




CITAZIONE
Ti ringrazio comunque, sia per le dritte, sia per i complimenti ^^

Figurati! ^_^
In effetti fa sempre uno strano effetto leggere qualcosa di vecchio, soprattutto se nel frattempo siamo maturate. Ma alla fine è anche bello. Non ti puoi immaginare la mia faccia quando ho riletto un mio scritto delle medie o.O
 
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4 replies since 27/6/2007, 15:52   186 views
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