Le Cirque du Royaume Perdu, [21/08/07] Prova sul Mondo del Circo

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hoshiyo
view post Posted on 1/9/2007, 16:49




-Rating: rosso
-Genere: triste, malinconico, drammatico
-Avvertimenti: non per stomaci delicati
-Tema: follia
-Introduzione alla storia: 1942: nella Francia messa in ginocchio dalla Seconda Guerra Mondiale, una compagnia circense viaggia di paese in paese, per portare un po' di luce e allegria. Antoinette, una degli artisti, trova un giovane soldato tedesco ferito e lo porta in salvo...





“Le cirque du Royaume Perdu”

-Il circo del Regno Perduto-





Che cos’era Antoinette?





Avanti.

Indietro.

Avanti e indietro, sempre più veloce.

Il mondo da lassù sembrava piccolo e insignificante.

Quanti avrebbero potuto fare ciò che faceva lei?

Dondolare su di un trapezio a più di quaranta metri d’altezza, stretta in un tutù di seta e piume colorate, come se fosse stata un uccello esotico.

Sì, un uccello che si librava nell’aria, senza paura di cadere giù, danzava aggrappata –no, non aggrappata, delicatamente appoggiata- sulla sbarra di ferro, sopra il pubblico imbambolato a bocca e occhi spalancati, stupito, ammaliato.





Che cos’era Antoinette?





Un fiore colorato e fresco in mezzo alla palude; un divertimento, una distrazione, una porta verso un mondo lontano, sconosciuto a guerre mondiali e a massacri di poveri innocenti.

Quando la gente entrava sotto il tendone del “Cinque du Royaume Perdu”, dimenticava gli attacchi dei Nazisti, le case distrutte, i morti, i vicini di casa con la stella gialla sul braccio che venivano condotti via su furgoni militari.

Talvolta massacrati in mezzo alla strada.

No, sotto il tendono rosso e giallo non c’era la guerra, ma solo il divertimento e l’allegria.

E soprattutto, la magia.

Gli artisti del “Cinque du Royame Perdu” erano i più abili di tutta la Francia, forse di tutto il mondo, a fare giochi di prestigio.

Nessuno capiva mai dove stava il trucco, e come potessero far sparire un labrador (l’unico animale utilizzato nello spettacolo) dietro al mantello del mago Jean Pierre, o come facessero le ballerine a stare sospese in aria per così tanto tempo.

E come aveva fatto a sopravvivere, Antoinette, quella volta che aveva mancato il trapezio ed era caduta a terra?

Certo, i colleghi l’avevano portata via, ma lei, nonostante si fosse lasciata trasportare, sembrava non aver riportato alcun danno, nemmeno una botta.

Come lei, anche le contorsioniste Lucille e Urielle sembravano fatte di gomma.

Il sollevatore di pesi Akhilleus era incredibilmente forte, riusciva ad alzare un’automobile senza il minimo sforzo.

E le gemelle siamesi Chau e Linh? Come facevano a sopravvive in due in un solo corpo? Era raccapricciante vedere due teste in cima ad un solo, largo e goffo busto, ma allo stesso tempo affascinante.

Era questo che rendeva speciale il Cinque du Royaume Perdu, la magia e i suoi artisti dalle straordinarie caratteristiche e le capacità fuori dal comune.

A volte non sembravano neppure umani.

Beati loro, sempre a girare per il mondo con le loro colorate carovane, potevano sfuggire la guerra, scappare lontano, vedere mille posti nuovi ogni settimana!





***





Non era esattamente così.

«Non è pericoloso spostarci al di fuori del governo di Vichy?»

Una sera, nella carovana del Capo Pagliaccio, Barnabas, si discuteva delle prossime tappe della tournée del circo, ed erano tutti presenti, perché si decideva sempre insieme.

Akhilleus aspirò una boccata di fumo dal suo sigaro e poi lasciò uscire dalla bocca, lentamente, delle nuvolette grigie, che si dispersero verso l’alto lasciando all’interno dell’ambiente un odore acre e per alcuni fastidioso.

«Perché? Anche lì c’è gente che vuole divertirsi» rispose infine.

«Là si sta combattendo, è rischioso per noi» replicò Jean Pierre.

«Ma io voglio vedere Parigi!» piagnucolò Chau, e Linh le lanciò un’occhiataccia, ma voltandosi verso la sorella si scontrò contro il suo naso.

«La vedremo, la vedremo» assicurò deciso Akhilleus, con il suo solito dispotico modo di fare.

«Mettiamo la decisione ai voti: chi vuole uscire dal governo di Vichy?»

Erano in quindici, e dieci votarono a favore.

Il giorno dopo smontarono il tendono e partirono per il territorio di guerra.





***





Un villaggio abbandonato.

Grigio, cupo, taciturno.

Le carovane lo attraversarono lentamente, squarciando con il rumore delle ruote di legno il macabro silenzio che vi regnava.

Di alcune case non rimaneva niente, erano andate a fuoco: non avevano più il tetto, restava solo uno scheletro annerito.

Qualche magra e deperita capra vagabondava per le stradine, in cerca di qualcosa da mangiare: gli artisti decisero di adottarne due e le chiamarono Adelaide e Marinella.

Giunti presso un pozzo, decisero di fermarsi per una pausa, sperando che ci fosse dell’acqua da raccogliere.

Antoinette si allontanò un po’ dal gruppo per curiosare in giro: forse, in una delle case diroccate, avrebbe trovato qualche oggetto utile o interessante.

Entrò in una vecchia catapecchia, e arricciò il naso quando venne investita da un forte e pungente odore di sangue.

Fu tentata di uscire immediatamente, ma all’improvviso sentì un gemito proveniente dalla piccola stalla adiacente alla casetta.

Cauta, sbirciò all’interno e intravide una gamba leggermente piegata, fasciata da uno stivale di cuoio nero.

Entrò cercando di non far rumore e lo vide: un soldato con la divisa tedesca, sporca di sangue e aperta sul petto, steso sul fieno secco con gli occhi socchiusi, sofferente.

Quello che colpì immediatamente Antoinette non fu solo la macchia di sangue che gli ricopriva il fianco destro, bensì la bellezza di quell’uomo: sembrava un angelo, ma con lineamenti decisi e virili.

Aveva i capelli biondi come il sole, e un ciuffo gli ricadeva sulla fronte ampia, fino a sfiorare un sopracciglio chiaro e accigliato per il forte dolore che doveva provare.

La ragazza, senza farsi troppi scrupoli sulla nazionalità e il sesso del ferito, gli si avvicinò, rendendogli nota la sua presenza, si inginocchiò accanto a lui.

«Sta tranquillo, voglio aiutarti» gli disse in tono rassicurante. «Riesci ad alzarti?»

«Nein» rispose flebilmente l’uomo, di età attorno ai trent’anni. «Hilf mir… Aiutami!»

«Sì, ora vado a chiamare aiuto, non ti preoccupare. Torno subito, promesso.»

Antoinette corse verso le carovane sollevando la lunga gonna, e quando raggiunse i suoi compagni aveva il fiato corto:

«C’è un uomo ferito… dobbiamo aiutarlo!»

Akhilleus, Barnabas; Antti e Jakko, gli addetti al montaggio del tendone, la seguirono velocemente ma quando, arrivati alla stalla, video il tedesco, si bloccarono incerti.

«E’ un nazista» sputò con disprezzo il muscoloso greco. «Lasciamolo qui.»

«E’ un soldato» ribatté Antoinette. «Dobbiamo aiutarlo, è solo e indifeso.»

«Ha ragione la piccola Nenè» le venne in sostegno Barnabas, che per lei aveva una particolare predilezione. «Noi non siamo in guerra con nessuno. Questa guerra non ci riguarda. Portiamolo con noi, la vecchia Khadijah saprà come curarlo.»

Così, portarono il soldato nella carovana della chiaroveggente che leggeva mani e foglie di tè.

Gli tolsero il proiettile che ancora era conficcato nel suo fianco destro, gli pulirono le ferite, lo bendarono e lo misero a letto.

Poi ripresero il viaggio fino a Fontainebleu, dove si sarebbero esibiti nonostante le proteste dei parroci locali, secondo i quali non era il momento adatto per ridere e divertirsi, mentre la gente moriva.

Antoinette chiedeva spesso notizie del soldato tedesco, ma lui dormì per quasi due giorni interi.

Quando si svegliò trovò proprio la ragazza nella carovana in cui dormiva, insieme alla possente nigeriana che l’aveva curato con i suoi rimedi africani.

Come la ragazza aveva immaginato, lui aveva gli occhi azzurri.

«Danke... mi hai salvato la vita» le disse guardandola con riconoscenza.

«Chiunque l’avrebbe fatto» sorrise imbarazzata la ragazza.

«No» ribatté il tedesco. «Siamo in guerra, e io sono un vostro nemico. Altri mi avrebbero lasciato morire, o mi avrebbero ucciso con le proprie mani.»

«Noi non siamo francesi» spiegò Antoinette. «Noi non abbiamo alcuna nazionalità, e non siamo nemici di nessuno. Ma tu sei in pericolo, se qualcuno scopre che sei un tedesco ti uccideranno. E’ rischioso per te uscire dal nostro accampamento, dovrai restare con noi per un bel po’.»

«Non che mi dispiaccia. Ma saprò come ricompensarvi per la vostra generosità.»

«Io mi chiamo Antoinette, e questa è Khadijah, la donna che ti ha curato. Qual è il tuo nome?»

«Richard Kaufmann, e sono lieto di conoscere finalmente il nome delle mie salvatrici.»





***





Richard e Antoinette iniziarono a trascorrere molto tempo insieme: lei si allenava al trapezio e lui, dal basso, la osservava incantato; poi, quando lei faceva una pausa, si sedeva accanto a lui e si mettevano a parlare.

Antoinette si fece raccontare come era stato ferito, e perché era lì in quel villaggio tutto solo.

Richard spiegò che la sua divisione non doveva fermarsi in quel paese, ma i suoi compagni, come al solito, avevano voluto “divertirsi”: presero ad andare di casa in casa, saccheggiando, picchiando e uccidendo gli uomini e violentando le donne.

Lui era contrario a tutto questo, ma non poteva farci niente e perciò si sentiva un codardo, ma quando vide uno dei suoi compagni buttarsi su di un’innocente ragazzina, che non poteva avere più di undici anni, non ci aveva più visto e l’aveva aggredito.

Questi, tuttavia, era stato svelto e aveva afferrato la pistola, sparandogli un colpo al fianco.

Aveva fatto i suoi comodi con la povera ragazzina, davanti ai suoi occhi, poi l’aveva uccisa e se n’era andato lasciandolo lì.

«E’ terribile» commentò commossa Antoinette.

«Già» sospirò amaramente il tedesco. «A volte mi vergogno di essere un tedesco.»

«Non devi» lo contraddisse la ragazza, «tu hai fatto ciò che era giusto, hai cercato di difendere una bimba indifesa. Io ti ammiro molto per questo. Ma ora non puoi ritornare in guerra: perché non resti con noi? Ti troveremo qualcosa da fare.»

«Non posso, io ho fatto giuramento di fedeltà alla mia Nazione, nel bene e nel male» rispose Richard. «Sono in debito con la Germania, per molte cose, e amo il mio Paese.»

«Ma ti uccideranno se ritorni nell’esercito!» cercò di convincerlo la Antoinette.

«Lo so, mi accuseranno di diserzione, ma almeno morirò come un uomo d’onore.»

«Non ti capisco, ma ti chiedo una cosa: resta con noi almeno un mese, e poi deciderai se andartene o no.»

Lui le prese delicatamente la mano mentre acconsentiva alla proposta.





***





La prima volta che Richard assistette allo spettacolo del circo, scoprì anche di essersi innamorato di Antoinette: doveva averla a tutti i costi.

Guardarla danzare e muoversi così agilmente sul trapezio, ammaliando il pubblico, gli annebbiò i sensi.

Sì, era perdutamente innamorato della sua salvatrice, e non sarebbe ritornato nell’esercito fino a quando non avrebbe esternato il suo amore per lei.

Ma temeva di spaventarla, così cercò prima di avvicinarla a lui e capire se Antoinette provava gli stessi sentimenti.

Lei apprezzava la sua compagnia, era un ragazzo così gentile ed educato, e doveva aver sofferto molto durante la guerra.

A volte si sfogava con lei, raccontandole tutte le cose orribili che aveva visto fare dai suoi commilitoni alla povera gente e agli ebrei, poi si rendeva conto di quanto suonassero cruente le sue parole e si scusava con la ragazza, temendo di averla fatta star male.

«No, non ti preoccupare» gli aveva risposto Antoinette con dolcezza, come sempre. «Con me puoi parlare, ti fa bene sfogarti.»

Dopo qualche giorno Richard iniziò ad apprezzare la vita vagabonda che faceva la compagnia: un giorno in un piccolo paese, il seguente in una grande città, il giorno dopo ancora chissà dove…

Ma capì anche che quel gruppo di artisti aveva qualcosa di particolare e misterioso.

Forse era una caratteristica tipica di tutte le compagnie circensi, forse erano tutti così strani, ma a Richard sembravano veramente diversi dagli altri, anche se non capiva in cosa.

Erano la loro straordinaria abilità nel fare qualsiasi cosa? La grazia dei movimenti che accomunava ognuno di loro, dalla bella Antoinette al possente Akhilleus?

Qualcosa doveva essere.

Sembravano tutti diversi tra di loro: nazionalità, età, capacità artistiche, eppure c’era qualcosa che li rendeva tutti uguali, allo stesso tempo.

Richard era curioso di sapere cosa fosse, ma prima di ciò, era curioso di conoscere i sentimenti di Antoinette nei suoi confronti.

Le fece una corte gentile ma serrata.

Tutti i giorni, mentre lei si allenava, le portava da bere e la intratteneva a volte parlandole della sua casa in Germania, altre chiedendole delle sue origini, della sua famiglia.

Ma lei non si sbottonava mai più di tanto, era riservata e non amava parlare di sé.

Disse solo che i suoi genitori erano morti durante la guerra.

«La Prima?» le chiese Richard.

«Hmm… sì» la sua risposta fu vaga, e lui la interpretò come il segno che la ferita era ancora aperta e che lei soffriva molto per la perdita dei suoi genitori.

«E come hai iniziato a fare la trapezista? Almeno questo me lo vuoi dire?» le chiese dolcemente sollevandole il mento con un dito, in modo che Antoinette lo guardasse negli occhi.

Lei arrossì.

«Così, sono sempre stata brava a… dondolarmi! Un giorno la compagnia è passata per il mio villaggio e ho deciso di partire con loro. Sono diventati la mia famiglia.»

Antoinette faticava a guardarlo senza sentirsi in imbarazzo: lui assomigliava così tanto a…

Sì, era così bello, con gli occhi dello stesso colore, e i capelli sembravano avere la stessa morbidezza.

Ma non doveva pensarci.

Aveva iniziato una nuova vita, Antoinette, e anche se non era andato tutto come previsto, anche se la sua nuova vita era stata oscurata dalle cupe nuvole della guerra, un’altra guerra, era decisa a godersi quella nuova libertà, quel vagabondare che forse le avrebbe permesso di trovare la vera felicità e la pace con se stessa.

La compagnia le aveva portato fin dall’inizio un po’ di gioia, e anche Richard, a modo suo: incontrarlo era stata una piacevole novità.

E poi lui era sempre così dolce e gentile con lei… non era abituata a ricevere così tante attenzioni, e un po’ si sentiva in debito; non credeva di meritare tanto solo per averlo portato in salvo.





***





Un sera, dopo lo spettacolo pomeridiano, Richard invitò Antoinette a fare un pic-nic sulle sponde di un laghetto che si trovava in quella zona.

Era una giornata tiepida e leggermente ventilata, perfetta per una passeggiata nella campagna francese.

Antoinette non si era mai allontana dall’accampamento più di tanto, prima d’ora, o almeno, non senza uno dei componenti della compagnia.

«Posso andare?» chiese a Barnabas.

«Non hai bisogno di chiedermi il permesso, Nenè!» rispose il Capo Clown, ridendo. «Richard sembra un bravo ragazzo, se ti fidi di lui puoi andare. Ma se torni tardi, ti verremo a cercare.»

C’era qualcosa di strano nell’atteggiamento del soldato tedesco, quel giorno: aveva una luce particolare negli occhi, di eccitazione ed entusiasmo.

Fu quando erano già arrivati al laghetto che Antoinette cominciò ad inquietarsi, anche se non ne sapeva il motivo: sentiva nell’aria un’atmosfera cupa, e udire attorno a sé nient’altro che i suoni della natura, e nessuna voce umana oltre a quella di Richard, la spaventò.

Cercò di non pensarci, di convincersi che non c’era nulla che non andava e che era da sciocche avere quei pensieri in una giornata così bella, accanto ad un ragazzo così simpatico e cortese.

Ma non riusciva a distrarsi, e le parole di Richard risuonavano lontane mille miglia.

Si ridestò dai suoi pensieri quando lui le prese la mano, più saldamente del solito: lo guardò negli occhi, che erano spalancati e lucidi.



Supplicanti.



Inquietanti.



Antoinette non aveva ascoltato una parola di quello che aveva detto, e per questo non capì perché lui d’improvviso si fece così vicino al suo volto, non capì perché lui premmette le sue labbra contro le sue, cercando di insinuarsi nella sua bocca con la lingua.

Lo respinse bruscamente.

«Richard!» esclamò sorpresa e spaventata. «Che cosa fai?»

Lui sembrò altrettanto sorpreso.

«Cosa? Non mi vuoi?»

«Io… no!»

Lui si alzò in piedi di scatto.

«Perché? Io ti amo!»

«Ma io no! Perdonami, Richard, sei un caro ragazzo, ma io… non posso. Non voglio. Mi dispiace, ma non sono innamorata di te.»

«E tutto quello che c’è stato tra noi?» il tedesco sembrava infuriato.

In lui era sparita ogni traccia di gentilezza e dolcezza.

«Tra di noi non c’è stato niente» si giustificò la ragazza. «Una bella amicizia, ma… nient’altro. Cerca di capirmi, io non posso proprio…»

Venne interrotta da un sonoro schiaffo, che la spinse all’indietro e la stordì tanto fu forte e violento.

«Ingrata!» le sputò addosso con rabbia il soldato. «Ho fatto di tutto per compiacerti! Ma tu no, sei troppo esigente! Credi di potermi rifiutare così?»

Antoinette aveva la vista offuscata dalle lacrime, causate dal forte bruciore alla guancia, e non riuscì a spostarsi in tempo, quando Richard si gettò su di lei schiacciandola sotto il suo peso.

«No!» gridò disperata la ragazza. «Ti prego! Non fare come i tuoi commilitoni!»

Pensò che quella frase lo avrebbe fermato, che lui si sarebbe ripreso da quel raptus di follia, ma il giovane invece si mise a ridere forte.

«I miei subordinati, vorrai dire? L’unica cosa che gli rimprovero è di avermi dimenticato in quel villaggio, dopo che il padre di quella sgualdrina mi ha sparato!»

A quel punto la ragazza capì tutto.

«Mi hai mentito… sei stato tu a violentare quella bambina!»

«Certo che ti ho mentito! Ma neppure tu sei stata sincera con me: mi hai raccontato che i tuoi genitori sono morti nella Prima Guerra, quando tu hai solo diciannove anni! Ora ti insegno cosa succede a prendere in giro un colonnello del glorioso esercito nazista!»

Il dolce ragazzo dalle fattezze d’angelo si era trasformato in un mostro senza pietà, e come aveva abusato di una ragazzina di undici anni, violentò anche Antoinette, che gli aveva dato tutta la sua fiducia.

Antoinette, che lo aveva salvato.

Antoinette, che si era presa cura di lui.

Antoinette, che era talmente bella da non sembrare umana.





Che cos’era Antoinette?





Non era umana, e se era tanto forte da superare una caduta da quaranta metri, non lo era abbastanza da sopportare la ferocia di un ingrato e vile umano.

Ma lui non si fermò quando vide sgorgare sangue dalle sue morbide labbra, continuò imperterrito e ansimante a colpirla nella sua intimità.

Non si fermò nemmeno quando lei chiuse gli occhi e smise di respirare.

Si fermò solo quando ebbe scaricato il suo piacere assassino.





***





Per Barnabas, Antoinette era come una figlia.

Gli era stata affidata dal suo promesso sposo, Seda, che ora combatteva al fronte.

Lui e Antoinette si amavano profondamente e vederli insieme faceva tenerezza: si tenevano sempre per mano, sussurravano, si guardavano dolcemente.

Non aveva mai visto una coppia così felice.

Per questo non si era preoccupato quando Antoinette aveva fatto amicizia con il giovane tedesco; che nascesse qualcosa di più tra loro due, era impossibile.

Non erano compatibili.

E poi Richard sembrava un bravo ragazzo, chissà perché Nenè si era preoccupata tanto, quel pomeriggio.

Gliel’aveva promesso, che avrebbe mandato qualcuno a cercarla, se avessero fatto tardi.

E Akhilleus era la persona migliore.

Forse si erano solo attardati a chiacchierare, e la presenza del sollevatore di pesi avrebbe messo in guardia Richard dal farlo di nuovo.

Ma lui e Antoinette non stavano chiacchierando.

Quando Akhilleus apparve sulla sponda del lago, facendosi strada tra i folti cespugli, vide il soldato disteso sopra la ragazza inerme.

Sbiancò e, per la prima volta in vita sua, provò una gelida sensazione di terrore puro.

«CHE COSA LE HAI FATTO??» ruggì con tutto il fiato che aveva in gola, scagliandosi contro il tedesco.

Lo gettò a terra e lo intrappolò in una presa mortale, stringendogli le mani al collo, ma non abbastanza da soffocarlo.

Avrebbe avuto una gran voglia di ucciderlo lì, subito, facendogli sbattere la testa su qualche roccia, ma la ragione si fece largo per prendere una decisione molto più saggia.

E crudele.

Poi rivolse lo sguardo verso il cadavere di Antoinette, e gli venne da piangere.

Aveva la gonna sollevata fino ai fianchi e la bocca sporca di sangue, in forte contrasto con il pallore mortale della pelle.

Quando era arrivato, lei era già morta, eppure il bastardo stava ancora…

«Non hai avuto rispetto per il suo corpo, neppure dopo che l’avevi ammazzata!»

Senza mollare la presa, si avvicinò al corpo senza vita, e la coprì.

La piccola Nenè…

Fece alzare Richard e lo condusse all’accampamento.







Un urlo di disperazione si sollevò dal gruppo di carovane.









«Lasciatemi andare! Ve lo ordino!»

Richard era legato su di una sedia, al centro della pista rotonda, sotto il tendono del circo.

Erano tutti riuniti lì, ed erano appena andati a recuperare il corpo di Antoinette, che giaceva per terra avvolto in una coperta.

«Cosa ne facciamo di lui?» chiese Jean Pierre.

«Non possiamo certo lasciarlo libero, ma nemmeno consegnarlo alle autorità» dissero le gemelle siamesi, parlando contemporaneamente. «Verrebbero a fare delle domande, ci scoprirebbero.»

«Che avete da nascondere, eh?» sbraitò istericamente il tedesco, ma nessuno gli diede retta.

«Chaulinh ha ragione» convenne debolmente Barnabas. Era ancora scioccato, non riusciva a credere che quel corpo senza vita fosse veramente la sua piccola Nenè…

Non si meritava una cosa del genere, lei era una brava ragazza.

Non se lo meritava.

Come l’avrebbe detto a Seda?

«Chaulinh?» ripeté Richard. «E’ una sola?! Cristo, ma chi siete, figli di Satana?»

«Oh no, vile umano» balzò in piedi Akhilleus, a stento trattenendo la sua rabbia. «Noi non conosciamo le vostre divinità, non abbiamo nulla a che fare con questo sporco mondo! Noi veniamo da un regno dove regnava la pace, fino a quando non sono arrivate persone come te, crudeli e meschine!»

«Calmati» lo pregò Khadijah. «Ormai quel mondo non c’è più, è andato perduto per sempre.»

«Non per sempre, se riusciamo a sconfiggere quelli come lui!»

«Non divaghiamo» li pregò Barnabas. «Siamo già abbastanza provati da quello che è successo oggi. Dobbiamo pensare a quale punizione merita Richard.»

«La morte» convenne in coro metà della compagnia, e il tedesco sussultò.

«No!» si oppose Lucille. «Non vorrete che ci abbassiamo allo stesso livello dei Flagellanti? Sapete cosa hanno fatto alle nostre famiglie, alcuni l’hanno visto con i propri occhi. Non vorrete veramente fare quello che penso?»

«Sì invece» ribatté Akhilleus. «Noi non abbiamo fatto male a nessuno, ed Antoinette era la persona più dolce che abbia mai conosciuto. Non meritava ciò che le è stato fatto: se tu avessi visto, come ho visto io, quello che questo verme le ha fatto… allora saresti d’accordo con me.»

«Anche se non siete d’accordo, dobbiamo farlo sparire» spiegò Jean Pierre. «Se semplicemente lo impicchiamo o gli spariamo, qualcuno troverà il corpo e inizierà a fare domande. Noi dobbiamo continuare a vivere in pace in questo mondo, finchè la Guerra del Mondo di Utophya non sarà terminata. Dobbiamo farlo.»

Richard non capiva di cosa stessero parlando, sapeva solo che era finito nelle mani di mostri e che avrebbe fatto una brutta fine.

E tutto solo per una scopata con una ragazza.

Avrebbe dovuto farlo subito, senza aspettare troppo, e scappare, e invece aveva voluto godersi le “ferie” e divertirsi a prendersi gioco di Antoinette, vederla crollare sotto le sue avances e poi concedersi di sua volontà…

Ora tremava di paura.

«Se i miei compagni vi scoprono, vi manderanno tutti nei campi di concentramento!»

Nessuno lo ascoltava, per loro non era altro che carne da macello.

«Io… è tanto che non lo faccio» disse Chaulinh.

Carne morbida.

«Solo stavolta, poi non lo faremo mai più» assicurò Jean Pierre. «Noi non siamo come i Flagellanti, lo facciamo solo perché dobbiamo punirlo. Ha ucciso la nostra Nenè.»

Carne commestibile.







Barnabas non partecipò al banchetto.

Assistette soltanto, per non sporcarsi l’abito buono che gli sarebbe servito per lo spettacolo serale.

Pensò ad Antoinette, mentre in tutto il tendone risuonavano le urla isteriche e agghiaccianti del tedesco.

La ragazza avrebbe voluto tornare al più presto ad Utophya, per sposare Seda.

Un giorno gli aveva detto che Richard le ricordava il suo amato.

Lo osservò, ora con il volto deformato dal dolore: no, non gli assomigliava per niente.













Quanto era bella, Nenè.

La più bella fata carnivora che avesse mai conosciuto.




Fine

Edited by hoshiyo - 4/9/2007, 22:20
 
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