Ignoring Him, Ignoring Her, 23/07/07 Draco/Ginny

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Vulcania
view post Posted on 10/9/2007, 14:33




Titolo: Ignoring Him, Ignoring Her

Genere: Commedia

Rating: Verde

Personaggi: L’ordine della fenice, Draco Malfoy, Ginny Weasley

Avvertimenti e note dell'autrice:
-I nomi delle persone e delle case di Hogwarts sono in inglese. Non mi chiedete il perché… forse perché mi rifiutavo di utilizzare Lumacorno, invece di un semplice Slughorn. Potrebbe essere un motivo.
-Linguaggio colorito. Mi sembrava più da Draco.
-One- shot con prologo.
-Lo so che faccio ancora un po’ schifo nella grafica, ma l’immagine originale era in bianco e nero, della Kelvin Klein. Quando l’ho vista, mi ha subito ricordato Draco e Ginny, così l’ho modificata^_^

Riassunto: “Che ne parlino bene, che ne parlino male… l’importante è che ne parlino.”
Questo il motto di Draco Malfoy.
E visto che i motti, si sa, non son tali se non si applicano alla vita, Draco ce la mette tutta per farsi notare da quei pochi temerari che lo ignorano.
Ma le cose si complicano quando si mette in testa di attirare l’attenzione di una certa personcina dalle efelidi ribelli ed un caratterino ancor più ribelle…


- PROLOGUE -



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C’
era una cosa che Draco Malfoy non poteva proprio soffrire.

Poteva sopportare che si parlasse spudoratamente male di lui quando il sottoscritto era a due passi dal cicaleccio.

Poteva stringere i denti mentre qualcuno gli dimostrava una compassione degna di Helga Hufflepuff, intenerito dalla sua degenere storia aggravata dalla sua ancor più degenere famiglia.

Poteva finanche soffrire che si parlasse bene di lui tra le fila di quegli spocchiosi ragazzini del primo anno Gryffindor.

Ma una cosa che non riusciva proprio a mandare giù era quando qualcuno lo ignorava. Draco Lucius Malfoy, unico ed incontrastato erede delle due famiglie di maghi più pure di sangue e più sporche di religione di tutta l’Inghilterra, doveva per forza di cose essere notato.

Era una questione di logica, una conseguenza ovvia, una sicurezza che il suddetto ostentava come un distintivo e avanzava così, tra la marmaglia e il ciarpame di Hogwarts, che ormai più che una scuola pareva un rifugio per poveri sanguesporco dilettanti e sudici marmocchi babbanofili.

Campava, per così dire, con quella rassicurazione pensando che gli sarebbe bastato mostrare la sua bella faccia per esigere un po’ di rispetto e molti favoritismi.

Non per niente era rimasto a dir poco oltraggiato quando il professor Slughorn lo aveva deliberatamente ignorato preferendo accanto a sé gentaccia come la So- tutto- io Granger o finanche Blaise, soltanto perché aveva una madre che era uno schianto. Per inciso, anche sua madre era uno schianto, ma a quanto pareva la dubbia reputazione in cui si era imbellettato il padre sembrava bastare per allontanarlo dal club dei prediletti.

Per non parlare poi dell’altro splendido acquisto, che aveva decisamente fatto luce sulla vera natura mollacciona di Horace Slughorn e che aveva, ancor più decisamente, fatto incazzare Draco. E come poteva mancare quell’odiosa, mocciosa, raccapricciante piattola della Weasley?

La regina degli idioti, l’eterna leccapiedi di Potter, giusto per completare il club. Entrata nella cerchia, tra l’altro, per una stupida Fattura Orcovolante. Certo, era maledettamente allenata a fare quella fattura, visto che l’aveva sperimentata su di lui quando era al suo quarto anno, e Draco solo sapeva quanto avrebbe voluto fargliela pagare- ma per Salazar, era solo una fattura.

La sua spina nel fianco.

Una spina che, spinosamente parlando, ultimamente era diventata davvero fastidiosa. Gli si era conficcata sempre più a fondo nella pelle, impercettibile e dolorosa, come solo una spina poteva essere.

Già, perché Ginny Weasley era, guarda i casi della vita, una di quelle persone che lo ignoravano. Completamente.

Harry Potter non poteva fare a meno di nominarlo almeno una volta al giorno, per scoprire quali insidiosi piani albergavano nella sua mente, senza parlare di un anno prima quando lo aveva seguito persino al cesso.

Ronald Weasley davanti a lui non riusciva a mantenere la benché minima calma, e la cosa non era una così grande sorpresa, visto che ne possedeva un deposito esiguo quasi più se possibile di quello dell’intelligenza.

Hermione Granger ai suoi insulti se ne usciva con la sua preziosa aria di superiorità, senza però riuscire a contenere un’espressione mortalmente offesa.

Ma lei no. La Weasley lo nominava quel tanto che bastava perché un discorso potesse andare avanti, e si limitava a passargli davanti senza neanche degnarlo di uno sguardo. Gli insulti le scivolavano addosso, la sua presenza non era neanche notata. Bellamente ignorato.

E mentre con le offese che rivolgeva ai suoi amichetti se ne tornava sui suoi passi tutto tronfio, felice di aver colto nel segno, con la Weasley l’unico pensiero che gli passava per la mente appena finito d’insultarla era un insoddisfacente “ne sei uscito indenne”, e non era certo una cosa di cui poteva vantarsi.

Anche in quel periodo, in cui erano costretti per giorni interi ad una convivenza forzata, non incontrava mai i suoi occhi e se capitava per un caso fortuito li distoglieva immediatamente.

Ed era già abbastanza umiliante per Draco accettare di essere accolto e protetto da una massa di persone che disprezzava dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi, con l’unica compagnia della madre e della dimora dei Black- che perlomeno sembrava riconoscere la superiorità e la purezza del loro sangue e si ribellava come meglio poteva agli intrusi- senza che ci si mettesse anche la Weasley.

Non avrebbe mai fatto come sua madre Narcissa, che adesso celava il suo disappunto per pura educazione, e finanche collaborava con quegli idioti, abbassandosi al loro avvilente livello.

No, lui li ignorava. Perché ignorarli era l’unico modo che aveva per contrastarli. Per non rimanere influenzato dai loro assurdi ideali. Ma ciò non implicava che loro potessero fare altrettanto.

Loro non avevano il diritto d’ignorarlo. Ginny Weasley non aveva il diritto d’ignorarlo.


- IGNORING HIM, IGNORING HER -



“Draco, non è salutare per te stare in questo posto senza spiccicare parola con nessuno al di fuori di me. Potrei anche non esserci da un momento all’altro e… allora tu cosa farai?”

Draco alzò il viso dal piatto che Narcissa gli aveva portato in camera; gli occhi ridotti a capocchie di spillo. “Se è per questo, non parlo neanche con te.”

Dalla finestra socchiusa penetrò una scheggia di luce che per un istante raggelò l’espressione tesa di Narcissa. Negli occhi Draco vi lesse autentica sofferenza. Qualcosa che, ad ogni modo, lo lasciò completamente indifferente, mentre con fare annoiato si accingeva a portarsi alla bocca l’ennesimo cucchiaio di quell’intruglio disgustoso.

Narcissa continuava a cucinargli degli intrugli simili a quello, intestardita a preparare il cibo lei per suo figlio, quando dalla cucina provenivano effluvi svenevoli marca Weasley. Il punto era che sua madre non sapeva affatto cucinare, abituata com’era agli elfi domestici.

Per un momento- solo il riverbero di un istante- si chiese come sarebbe stato se avesse avuto per madre Molly Weasley. Una brutta, grassa, tarchiata signora che cucinava da Dio e sfornava più figli che dolci.

Si chiese cosa si provava ad essere tenuti tra quelle accoglienti braccia invece di quelle a cui era abituato, la perfetta durezza del ghiaccio.

Sussultò non appena si accorse della piega che aveva preso il suo flusso di pensieri e si giustificò tra sé considerando il fatto che a stare a contatto con degli idioti prima o poi si finisce per fare elucubrazioni altrettanto idiote.

Si azzardò a dare un’occhiata nervosa a sua madre sperando vivamente che non avesse interpretato l’espressione di profonda delusione che doveva aver avuto in volto per quei pochi, inconcepibili attimi. Ma Narcissa non lo stava più guardando, o almeno non direttamente. Lo osservava attraverso lo specchio, assorta nei suoi pensieri, mentre si passava la spazzola sui suoi lunghi capelli setosi.

“Potresti smetterla di fissarmi come se fossi un numero del circo?” chiese non riuscendo a celare una nota d’irritazione.

La voce di Narcissa suonò come velata da un’insolita stanchezza, il viso una maschera d’angoscia. “Mi preoccupi, Draco. Sul serio.”

“Ma io sto bene!” ci tenne a precisare Draco, che adesso non tentava più di celare il suo fastidio, e anzi lo dichiarava apertamente.

“No che non stai bene! Passi ore ed ore in queste quattro pareti senza scendere a mangiare, stai continuamente zitto e in disparte, chiuso nei tuoi pensieri… tu non stai bene!”

Draco si rese conto soltanto con una parte della mente che quella conversazione si stava svolgendo ad un livello di voce decisamente alto, e ad ogni modo era troppo occupato ad essere arrabbiato per preoccuparsene.

“Da che pulpito viene la predica… e poi se sono così è solo colpa tua e di mio padre! Non dovrei stare rinchiuso qui tra queste quattro pareti se voi due aveste fatto il vostro dovere… ma siete due incapaci, ed è tutta colpa vostra… quindi non venire a dirmi che ora sei preoccupata per me!”

“Non fare l’egoista, Draco.” Narcissa si torturò le mani, in difficoltà. Sembrava un usignolo in trappola, che non riusciva più a cantare le sue belle note, e dimenava le ali imprigionandosi sempre più.

Belle parole. Parole, parole e ancora parole. Oh, quanto era stanco di quelle parole.
“Ah, io sarei l’egoista? Certo, scarichiamoci le colpe su tuo figlio, bravissima.”

“Non ti permetto di rivolgerti a me così-” la sentì dire, e poi solo un brusio indistinto, un ciarlare confuso ed irritante, attutito dalla porta che aveva celermente frapposto tra lui e sua madre.

La collera gli induriva l’espressione in una smorfia dolorosa, le tempie pulsavano ad un ritmo insostenibile. Allungò le mani che fino a quel momento aveva tenuto serrate a pugno, si sentì invadere dalla spossatezza. Strisciò giù per la parete, fino a lasciarsi crollare per terra, la schiena poggiata al muro gelido.

Fu un attimo.

Alzò distrattamente lo sguardo davanti a sé, e la vide. Vide due occhi azzurri osservarlo da dietro una porta. Spaventata, sorpresa, aveva sbattuto le palpebre un paio di volte, prima di chiudere lo spiraglio con uno scatto.

Draco Malfoy avvertì qualcosa come un macigno depositarsi giù per lo stomaco, impedendogli il respiro.


***



A quanto pareva, era successo qualcosa di molto importante.

Draco lo dedusse quella sera, quando raggiunse con non poca fatica la Sala da Pranzo. Nel farlo, era passato davanti all’atrio della casa, buio e tetro, con le teste degli elfi domestici appesi macabramente alle pareti e il dipinto di Walburga Black coperto dalle tende, pronto ad esplodere al primo rumore. Si sentiva molto come quell’atrio, se il paragone non era troppo azzardato.

Era sceso lì solo perché non aveva nessuna intenzione di passare ulteriore tempo con sua madre, che aveva deciso d’installarsi nella loro camera, privandolo così del suo rifugio preferito- nonché unico luogo dove aveva passato la settimana più brutta della sua vita.

E, naturalmente, era sceso lì perché aveva una faccenda in sospeso con Ginevra Weasley.

Si era trascinato vagamente a disagio dentro la stanza, strascicando letteralmente i piedi. E uno zoo di parole, bisbigli, vocii concitati, strilletti esuberanti si era premuto, nonostante tutto, contro le sue orecchie.

Sembravano tutti troppo allegri per un periodo di guerra.

Draco cercò invano di strappare qualche brano di conversazione per capirci qualcosa, perché mai e poi mai avrebbe fatto domande a loro, ma in quella giungla di parole riuscì a comprenderne una sola: Horcrux.

Bene, allora era di quello che si trattava. Avevano trovato un horcrux e a lui e a sua madre non avevano detto nulla. Draco tossicchiò, stizzito.

Soltanto una voce sovrastò d’un tratto le altre, stridula: “Ma guarda un po’ chi c’è stasera a cena… suppongo ci sia bisogno di un altro posto.” La signora Weasley gli venne incontro; con la bacchetta richiamò una sedia.

Draco avanzò nella stanza senza badare a nessuno, anche se poteva avvertire gli occhi di tutti che lo perforavano da parte a parte, lo sguardo un misto tra incredulità e disprezzo.

Il brusio che aveva invaso la Sala da Pranzo fino a poco prima, pareva essersi dissolto e adesso albergava un silenzio teso. “Serviti pure, caro.” Molly Weasley sembrava l’unica a non sembrare turbata dalla sua presenza.

Il silenzio regnò ancora per qualche attimo, finché la Signora Weasley non disse qualcosa a proposito della Vigilia di Natale. Tutti allora si entusiasmarono dell’argomento e- chi parlava di preparativi vari, chi di regali, chi di invitati- Draco poté finalmente servirsi il pollo e le patate.

Il sapore delizioso di quel semplice piatto gli fece rimuginare sul fatto che per un’intera settimana aveva ingollato di forza la cucina a dir poco disgustosa di sua madre. Un coraggio da leoni, non c’era di che dire. Quasi si meravigliò di essere finito a Slytherin, quando poteva vantare quel coraggio degno di un Gryffindor.

Il tempo passò- un po’ lentamente, a dire il vero- quando si accorse di una figuretta che si alzava dal tavolo, sbadigliando.

Qualche secondo dopo, Draco lasciò la stanza.


***




Ginny si sentiva triste.

Non le andava proprio di stare al tavolo con gli altri, allegri e speranzosi, quando lei si sentiva tutto meno che allegra e speranzosa.

Era più forte di lei, come un male insito, qualcosa d’incurabile e d’inevitabile; quando anche si sforzava di distrarsi, ecco che la sua immagine ritornava impetuosa, sfocando le altre.

Lui, lui, lui. Sempre e solo lui. Con prepotenza Harry era entrato nella sua vita, con prepotenza ne era uscito.

Era una tortura, ogni giorno, trovarlo lì indifferente davanti a lei: lui che mangiava, lui che parlava, lui che pensava… immagini fisse che le si imprimevano nella memoria, senza che Ginny se ne accorgesse. Lo osservava sempre, continuamente.

Lui la non la osservava mai.
D’altronde, come dargli torto? Aveva cose più importanti a cui pensare, lui.

Le scale stridettero sotto il suo passo. Un’ombra che non era la sua apparve sul pavimento; qualcuno la trattenne dal polso.

Era una presa sgarbata, ruvida. “Se l’hai detto a qualcuno ti ammazzo.”

Ginny si girò di profilo, quel tanto che bastava per associare quella voce melliflua ad un viso affilato ed ostile.

“Cosa vai blaterando, Malfoy?”

“Lo sai benissimo a cosa mi sto riferendo. Ti ho vista oggi, e mi hai visto anche tu.” Draco Malfoy strinse inavvertitamente la presa- anche se Ginny fu certa che il gesto fosse del tutto involontario, a dispetto dell’espressione minacciosa. “Origliavi, eh? Andiamo, a quanti tuoi amichetti ti sei divertita a raccontarlo?”

“Non essere ridicolo, io non ho-” Ma Draco non seppe cosa Ginny non aveva, perché in quel momento si sentì soffocare.

Una mano piuttosto robusta gli si era piantata con inaudita violenza alla gola; Draco non riusciva a respirare.

Ginny aveva spalancato gli occhi allibita. Draco era sbiancato di colpo e dalla bocca aperta non usciva un singolo suono. “Lascialo andare, Fred!”

L’incriminato sembrava sorpreso. George, dietro di lui, aveva la medesima espressione. “E perché mai? E’ un lurido figlio di Mangiamorte, e ti stava toccando!”

“Lo stai soffocando!” Ginny cercò di allentare, inutilmente, la presa del fratello.

Un flash.

Ginny aveva tirato fuori la bacchetta e l’aveva scagliata contro Fred, schiantandolo a terra.“Ginny!” George la fissò sconvolto, prima di avvicinarsi al gemello. Anche Draco la fissò sconvolto.

“Scusa, Fred.” Sussurrò Ginny, dispiaciuta. Tuttavia, replicò in modo alquanto acidulo: “Siete due idioti. Malfoy non mi stava facendo proprio nulla.”

Draco, intanto, sentiva un assoluto bisogno di dire qualcosa di sarcastico e tagliente, ma sapeva fare un semplice calcolo, e il risultato dell’equazione era due bestioni contro un ragazzo minuto quale era lui. Non era propriamente vantaggioso. Perciò aveva preferito asserire, mentre si massaggiava la parte offesa con le mani, che lì erano tutti pazzi e che non stava facendo niente di male.

Dopodichè aveva alzato le spalle, indignato, ed era salito su per le scale. Ginny, dopo qualche secondo, lo aveva seguito.

Sul pianerottolo Fred e George, confusi e increduli, tenevano lo sguardo fisso sulla scala dove i due erano spariti.


***




Appena arrivato al primo piano, Draco si fermò a meditare sui fatti accaduti. Ginny Weasley era davvero la sua spina nel fianco. Non solo lo aveva salvato da uno strangolamento sicuro, ma lo aveva finanche difeso, quando quello che lui stava facendo era minacciarla.

No, era troppo. Era troppo dover anche essere riconoscente a gentaglia come quella.

Dei passi anticiparono l’arrivo della Weasley sul pianerottolo. Draco non fece in tempo a nascondersi da qualche parte, che già l’aveva dietro le spalle.

Poteva sentire il suo respiro soffice sulla camicia perfettamente inamidata.

Era come averla davanti, pensò. Ne ricordava i tratti in modo preciso e sconvolgente, la ricreò dietro di sé e fu sicuro che se si fosse girato l’avrebbe trovata ad un passo da lui, con le gambe sbilenche e le braccia al petto, gli occhi ansiosi e le labbra corrucciate.

“Sai? Sei un tipo davvero esagerato. Io ci litigo continuamente con mia madre, ma non penso che questo faccia di noi lo scandalo del giorno.” La voce era misurata, regolare, come se non avesse saputo quale tono avrebbe dovuto usare con lui. “Non volevo origliare, davvero. Mi dispiace.”

Draco si sentì leggermente ridicolo. Anzi, pesantemente ridicolo. Aveva minacciato una ragazza perché aveva ascoltato una normalissima lite tra madre e figlio; una ragazza a cui, per inciso, non importava quando o per cosa litigasse con Narcissa. Perché lei lo aveva sempre ignorato.

Soltanto- quello che non capiva Draco- era che in quell’istante Ginny non lo stava affatto ignorando.

Draco sentì l’esigenza di gridarle in faccia che non aveva il diritto di farlo sentire ridicolo. Ma quando si fu deciso a voltarsi, lei era già andata via.


***




Ginny Weasley adorava il periodo natalizio.

Era quella sensazione di poter rifuggire da tutto, stando comodamente adagiata su una poltrona ad osservare il cielo plumbeo fuori dalla finestra, screziato da stracci di nubi argentee. Il camino in un angolo che emanava il suo abbraccio infuocato e la vigilia di Natale che si avvicinava sempre più, col suo fresco odore di novità.

Ad Hogwarts non c’era quel cielo, non c’era quell’atmosfera briosa. I suoi occhi non assumevano quelle sfumature azzurrognole, non s’illuminavano più, diventavano anche loro cupi, bigi, opachi.

Per questo Ginny adorava il periodo natalizio.

Anche se quell’anno imperversava la guerra sotto quel bellissimo cielo. Anche se Harry la ignorava e preferiva guardare ai suoi progetti di morte. Anche se lei dentro si sentiva vuota.

Ripensò all’insolito incontro di battute che aveva scambiato con Malfoy. Tra loro c’erano sempre state poche parole, e perlopiù si trattava di insulti e frasi beffarde. Ma poco prima c’era stato qualcosa di diverso.

Sorrise allo strano comportamento di Draco Malfoy. Era un ragazzo che l’aveva sempre incuriosita molto. Ma in un certo senso quella curiosità era stata dettata dal disprezzo che aveva provato per lui a scuola e dal timore che le aveva suscitato con soli sguardi da quando abitavano sotto lo stesso tetto.

Tuttavia, adesso sentiva un nuovo tipo di curiosità. Già da quando aveva ascoltato per puro caso la lite che Malfoy aveva avuto con sua madre, era nato in lei quell’interesse.

Chi era davvero Draco Malfoy?

Si era sempre limitata a disprezzare, ma soprattutto a disdegnare, le persone che le sembravano superficiali, viziate, e che si prendevano il lusso di sentirsi superiori agli altri.

Ma ascoltando quella lite si era chiesta se tutto ciò che Malfoy faceva vedere di sé non fosse stato magari una maschera buia, in cui lui si rifugiava per non sembrare debole. Si era chiesta se tenere quella maschera non fosse stato difficile per lui, se aveva sofferto e si era sentito solo.

Era forse, più semplicemente, un ragazzo che era stato costretto a crescere troppo in fretta. Forse un ragazzo a cui erano stati bendati gli occhi per cibarlo di cose oscure e malefiche, che ad un tratto si era tolto la benda e si era accorto dell’orrore che lo circondava.

Oh, non l’aveva ignorato.

Lo aveva capito.

E adesso tutto quello che Ginny sentiva era di volergli offrire le sue braccia e di tenerlo stretto a sé per rassicurarlo. Per non farlo sentire solo.

Perché quella era la cosa che più adorava del periodo natalizio. Rendeva tutti più buoni.


***




Draco non riusciva a dormire.

Il che non sarebbe sembrato così strano se si pensava che, pur di non stare nella stessa stanza con sua madre, aveva deciso di dormire con quell’animale immondo.

Draco era davvero seccato del fatto che avessero nascosto lì l’ippogrifo che qualche anno prima suo padre aveva dato l’ordine di far fuori.

Fierobecco sembrava averlo sfortunatamente riconosciuto quando era entrato nella stanza, e aveva dimenato le ali e graffiato gli artigli per terra, in modo da allontanarlo. Cosicché adesso Draco si trovava con la schiena poggiata alla porta, in mezzo a topi morti e altre schifezze non ben identificate, a rimpiangere di non aver fatto pace con sua madre.

Verso le tre del mattino, aveva preso in seria considerazione l’idea di suicidarsi. Dopodichè, più saggiamente, aveva lasciato la stanza.

Nella casa, il silenzio era quasi palpabile. Draco non era particolarmente forte di cuore, specie se doveva brancolare nel buio più totale senza una particolare meta.

Iniziò ad agitarsi, le mani fredde, e una voglia matta di svenire in quell’istante per poi risvegliarsi al mattino. Ma niente di tutto ciò stava avvenendo.

Uno stridio di una porta che si apriva.

Draco prese ad agitare le braccia come due eliche; la paura che gli ghiacciava il sangue nelle vene. Faceva freddo, realizzò. D’altronde, aveva dormito con una camicia addosso. Rimpianse il pigiama, sua madre, la stanza accogliente.

Rumore di passi. Draco mosse le eliche a velocità supersonica, tanto da poter sentire il fruscio delle braccia a contatto con la stoffa.

Sempre più vicino. Più vicino. La fronte aveva preso a sudargli freddo.

Un colpo ai suoi gioielli di famiglia. Draco mugolò dal dolore, realizzando con una parte della mente di trovarsi completamente disteso a terra, con qualcosa di sospetto sotto di lui. Quel qualcosa gemette e cercò di spingerlo da parte. “Chiunque tu sia, mi stai rendendo sterile.”

Draco sentì il sangue fluirgli alle guance rapidamente e ringraziò di trovarsi al buio. Il qualcosa era Ginny Weasley.

Questo significava che lui si era quasi preso un collasso per… Ginny Weasley.

Si spostò di malavoglia, e cercò di darle la mano perché si alzasse. Un gesto del tutto involontario di cui non ebbe il tempo per pentirsene, poiché lei l’aveva già afferrata.

“Cavolo, non trovo la bacchetta. Puoi fare luce?” la sentì dire.

Draco, che si era incantato tenendole ancora la mano, si ridestò di colpo mentre il sangue gli defluiva in ben altre parti che le guance. Perlomeno funzionano ancora, si ritrovò a pensare.

“Lumos.” Sussurrò, e un bagliore di luce illuminò la scena. Ginny Weasley era adesso davanti a lui, con i capelli scarmigliati, la bocca sorprendentemente rossa e un vestitino davvero troppo corto.

“Ah, sei tu.” Disse, fissandolo imbarazzata.

Un rumore alle spalle di Draco li avvertì di una serratura che si stava aprendo. Ginny afferrò improvvisamente Draco dal polso e lo spinse nel bagno accanto a loro, chiudendo poi la porta.

“Ma che cazzo fai?” le chiese, contrariato.

“Pensa se ci vedeva mio padre… avrebbe pensato che stavamo facendo qualcosa di male.”

“Benissimo! Ho passato la peggiore nottata della mia vita, e per di più sono chiuso in un bagno con una babbanofila. Davvero meraviglioso.” Commentò velenoso.

Ginny si morse il labbro. “E’ la seconda volta che ti salvo la vita dai miei parenti in un giorno… potresti almeno essere cortese.”

“E’ colpa dei tuoi parenti, non certo mia.”

Ginny lo ignorò deliberatamente. “Cos’è questa puzza orribile?” chiese invece.

Draco camminò fino al lavello e prese a sbottonarsi la camicia.“Ma- ma che fai?” Ginny era diventata rossa quasi come i suoi capelli.

“La puzza.” Spiegò Draco, come se fosse stata la cosa più normale del mondo. “Anch’io ti sto salvando la vita da un soffocamento sicuro. Stanotte ho dormito nella stanza dell’ippogrifo.”

Ginny rise sfacciatamente. “Stai scherzando? Che schifo!”

“No, purtroppo. Questo è il prezzo da pagare se litighi con Narcissa Black.”

Ginny spalancò gli occhi. “Vuoi dire che… che ti ci ha mandato lei a dormire lì?!?”

“Certo che no.” Draco sembrava divertito dall’equivoco. “Non avevo nessuna intenzione di dargliela vinta.”

Ginny si sentì quasi sollevata. Per un attimo aveva creduto che Narcissa fosse capace anche di quello. “In pratica, è come se gliel’hai data vinta ugualmente. Sei tu che hai dormito tra i topi morti, non lei.”

“In effetti, vista così la cosa. Ma uno come me non cederà mai davanti a queste inezie.”

“Orgoglio maschile, puah.” Ginny rise a fior di labbra, poi si accorse che lo stava osservando. Gli era sempre sembrato mingherlino e ossuto. Invece ora che poteva vederlo a petto nudo si rese conto che il Quidditch gli aveva modellato i muscoli delle braccia, e poteva vantare dei discreti pettorali. Si chiese cosa si provava a sentirli sotto le dita.

“Puoi anche smetterla di divorarmi con gli occhi, piccola ninfomane.” Draco sorrise attraverso lo specchio.

Ginny arrossì fino alla radice dei capelli. Poi avanzò verso il lavello. Draco tenne la bocca socchiusa, e la osservò mentre gli si avvicinava. I suoi muscoli si tesero al massimo mentre Ginny lo sfiorava. Rimase per qualche secondo come inebetito.

Lei lo osservò maliziosa. Poi, quando si accorse di aver ottenuto l’effetto voluto, avvicinò una mano al rubinetto e lo schizzò, scappando dall’altra parte della stanza. “Ci sei cascato in pieno, eh?”

La sua risata risuonò cristallina tra le pareti.

Draco sentì l’imbarazzo farsi spazio dentro di lui. “La metti così? E allora… beccati questa!” Ginny non riuscì a scostarsi e fu presa in pieno.

Dopo una decina di minuti, inutile dirlo, Draco e Ginny non avevano una sola parte asciutta e il bagno era diventato più che altro una piscina.

“Basta! Ti supplico, non ce la faccio più!” Ginny si appoggiò alla parete, ansimando.

Draco la osservò divertito. Gli era quasi passato per la mente chi fosse. Non aveva pensato a lei come ad una Weasley, come alla sorella di quel Ronald, come l’adoratrice di Potter, come l’amichetta della Granger.

Lei era semplicemente quella ragazza dalle efelidi ribelli e dal carattere ancor più ribelle che fino ad allora lo aveva ignorato.

Ma adesso non lo stava ignorando. No.

Lo stava fissando con docile curiosità, e un pizzico di timidezza. Lo sguardo cedevole su di lui, una carezza soffiata a mezza voce.

Gli occhi che si chiudevano, mentre lui le soffiava sul collo. Il vestitino corto, leggero, bagnato che la rivestiva come una seconda corteccia mettendone in risalto il corpo sinuoso ed esile, tanto fragile da dare l’idea che sarebbe bastato sfiorarla con la punta delle dita perché si sgretolasse; il suo colorito chiaro che sembrava emanare un soffio di luce evanescente, impalpabile; le sue ciglia chiare scese a far compagnia alle palpebre chiuse; le guance arrossate e bollenti; le braccia abbandonate lungo i fianchi, invitanti; le labbra lievemente dischiuse che attendevano ignare la sua bocca per sigillarsi.

Era un angelo.

L’accarezzò con lo sguardo mentre le sue mani esitavano, intimorite dal gesto che avrebbero potuto fare.

Non.
Si chinò verso di lei lambendo con le mani tremanti le ciocche dei suoi capelli fulvi, grondanti acqua, e riavviandoglieli dietro le orecchie.

Poteva.

Trattenne il fiato per paura di svegliare quel sogno e di vederla abbozzare un cipiglio altero, stranita da quei gesti.

Essere.

Era bella? Oh, sì. Lei lo attendeva. Era una comprensione che gli baluginò per la testa tra un respiro soffocato e l’altro, mentre quelle labbra rosse, e socchiuse, e turgide, lo facevano lentamente impazzire.

Altrimenti.

Lei lo attendeva.

Non poteva essere altrimenti.

E Draco finalmente la baciò.


***




Il Natale arrivò.

Ginny era intenta a scartare privatamente i suoi regali. Qualcuno di sopra stava cantando all’ippogrifo Tu scendi dalle stelle, oh Fierobecco, in onore- evidentemente- di Sirius. Dal pianterreno, invece, proveniva un effluvio svenevole di leccornie e altre prelibatezze- cosa che fece decidere a Ginny di scartare i regali in fretta e furia.

Aveva ricevuto un profumo, dei dolci, il solito maglione marca Weasley e tanti altri piccoli oggetti.
Il lato buono di avere l’Ordine della Fenice sparso per la casa era di ricevere il triplo dei doni che otteneva di solito.

Sorrise, poi si soffermò con lo sguardo sull’ultimo pacco. Non c’era nessun biglietto. La carta era verde, i nastri argento. Solo questo particolare la illuminò su chi poteva esserne l’artefice, ma le sembrava davvero assurdo che le avesse fatto un regalo.

Incuriosita ed emozionata, prese a strappare la carta. Una scatola.

E dentro la scatola c’era… una camicia perfettamente inamidata.

Ginny iniziò a ridere sguaiatamente, pensando che il regalo che lei aveva fatto a lui era decisamente peggiore.


***



“Dove diamine sei stato stanotte?”
“Da nessuna parte.”
“E perché hai la voce rauca?”
“Non ho la voce rauca.”
“Sì che ce l’hai. E hai anche delle occhiaie spaventose.”
“Ma no, non ho le occhiaie.”
“Mi prendi in giro, Draco?”
“Ti voglio bene, mamma.”
“Stai forse cercando di distrarmi?”
“Nooo! Non farei mai una cosa del genere…”
“Draco! Chi ti ha regalato questo vestitino scandaloso?!?”


The End

 
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