Mostarda!, Teen Titans - cartoon

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Namida
view post Posted on 4/10/2007, 20:20




I personaggi dei Teen Titans appartengono alla Dc Comics. Non ho scritto questo racconto a scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.


Nomi nell'originale - Nomi nella versione italiana
Raven - Corvina
Starfire - Stella
BeastBoy (abbreviato BB) - Bibi




Avvertenza: Non ho nulla contro Starfire.
Anzi, io la adoro. E' un personaggio stupendo. Ma avevo bisogno di una vittima. Se siete suoi fan, un consiglio: non leggete.
Se non vi piace che la parte più crudele dei vostri personaggi favoriti venga a galla, non leggete. Questa fanfiction è una gran bastardata. Un consiglio generale? Non leggetela.



Per chi non conosce i Teen Titans:
Sono un gruppo di super - eroi adolescenti che hanno deciso di proteggere Jump City, senza avere un'identità segreta (vanno a mangiare la pizza ecc.. vestiti da super eroi XD praticamente non vanno mai in vacanza, questo secondo me ogni tanto li rende un tantino mentalmente instabili XDD). Il loro leader è il famoso Robin (di Batman&Robin), credo che il nome si presenti da solo XD
Poi c'è Starfire, principessa aliena che proviene da Tamaran
Raven, una mezzo demone, Cyborg un cyborg (metà umano metà robot) e infine Beast Boy è un ragazzo completamente verde che può trasformarsi in qualsiasi animale (però sempre verde... tipo una tigre verde, un gorilla verde, ecc...).





Fanfiction ispirata al racconto del Maestro E. A. Poe:
Il Barile di Amontillado.




---



Dedicata a una certa persona che ama snobbare Starfire e Cyborg.

MOSTARDA!



Le miriade di offese di Fortunato le avevo sopportate come meglio avevo potuto, ma quando arrivò all’oltraggio giurai di vendicarmi. Voi, che ben conoscete la natura della mia anima, non supporete che io mi sfogassi in minacce. [...] Un torto non può essere risarcito se il prezzo pagato ricade su chi si vendica. Del pari non è riparato quando il vendicatore manca di manifestarsi come tale a colui che ha fatto il torto.


Il barile di Amontillado – E. A. Poe



<< ... mostarda? >>

<< Sì. Anche la mostarda. >>

<< Mostarda! >> urlò allegramente Starfire. Beh, infondo lei lo era sempre, allegra, gentile, zuccherosa, socievole, innocente, contenta e felice. Sempre. Sempre. Sempre. Una ragazza con scritto sulla fronte, a caratteri cubitali, Oh-Mio-Dio-Quanto-Sono-Dolce-E-Carina. E io mi ero semplicemente rotta le palle di avere intorno quell’essere ripugnante, patetico e snob, capace solo di fare la gatta morta con il mio Robin.
Non fraintendetemi, le ho voluto bene, bene sul serio, ed è stata un’amica preziosa. Però certe offese una come me non le può sopportare. Le confessai di essermi innamorata del nostro leader. Mi rispose, senza sbattere ciglio: << Mi dispiace, amica Raven, però Robin non nutre alcun interesse nei tuoi confronti. E risaputo. Ha mostrato più e più volte di preferire me. >> e aggiungendo: << Hai Beast Boy, tu. >>
L’avrei uccisa. Strangolata. Così, su due piedi. Giuro che lo avrei fatto, ma per mia fortuna una voce, nella mia mente, mi ha fermata. Non così, ha detto questa voce, devi uscirne pulita. Ed essere più crudele. Puoi fare di meglio, Rae.

Ed è vero.

Poco prima che iniziasse il suo programma preferito, mi ero seduta sul divano davanti alla televisione, fingendo di leggere un libro. Come sapevo, l’aliena arrivò in perfetto orario e si sedette al mio fianco, guardando la televisione. Era l’anniversario del nostro incontro con Terra, sapevo che Beast Boy avrebbe passato l’intera giornata con quella ragazza che – diceva – le assomigliava da morire. Robin approfittava sempre di quell’orario, quando Starfire finalmente gli si staccava di dosso, per poter continuare le sue indagini. Cyborg stava modificando la T-car in garage, con modifiche che io stessa gli avevo suggerito.

Insomma, eravamo sole.

Alla fine del documentario che tanto amava, mi chiese – come speravo – incuriosita dalla copertina stranamente colorata del libro: << L’amica Raven non sta leggendo le solite poesie, vero? >>

Scossi la testa senza alzare gli occhi. << Questo è un libro di magia culinaria, Star. >>

<< Mh? >>

Sospirai seccata, senza neanche bisogni di fingere. Posai un attimo il libro sulle mie ginocchia e presi a guardarla.

<< Serve per creare dal nulla, o con pochi elementi base, cibo. O pietanze. >>

Sbattè qualche volta le palpebre, in quel modo da “Non Ho Capito Niente Ma Non Importa Perché Sono Bella Da Morire”.

<< Anche… anche le salse? >>

Alzai le spalle, con fare indifferente.

<< Sì, anche le salse. >>

<< ... mostarda? >>

<< Sì. Anche la mostarda. >>

<< Mostarda! >>

Gli occhi s’illuminarono di colpo, e così il viso, tutta sorridente e gioiosa chiese: << L’amicaRavenpuòcrearelamostardadalnulla? >>


<< Non proprio dal nulla… ma sì… >> replicai.

Emise un gridolino di gioia e applaudì a chissà cosa. << Per favore! >> mi pregò, << Puoi farlo? Adesso? >>

Sbuffai. << Ho bisogno di un luogo molto molto umido per fare la mostarda, Star. >>

Si portò l’indice sul labbro inferiore, guardando per terra, come alla ricerca di una qualche risposta nonostante fosse così ovvia.

<< Ed esiste questo luogo? >>

<< Sì, in cantina, ma… >>

Velocemente afferrò il mio polso, e mi trascinò (me e il libro) in giro per la torre, diretta in cantina.



<< Che bello, che bello! >> rise tutta felice, mentre stavamo scendendo le scale che portavano alla stanza più umida e meno utilizzata di tutta la T-Torre. Appena arrivata accese la luce, ovvero una fioca lampadina che oscillava come un impiccato. Più larga che lunga, la stanza era provvista soltanto di un mobile con dentro cianfrusaglie varie – roba che ci siamo dimenticati di buttare – una sedia e una scrivania di basso costo. L’umidità e il fatto che non ci fossero finestre rendeva l’aria pesante, quasi irrespirabile. Ci trovavamo sotto la superficie del mare. Una goccia cadde dal soffitto pieno di macchie, ed evaporò a pochi centimetri dal mio naso. La mia temperatura corporea era aumentata molto, perché potessi utilizzare al meglio il mio potere demoniaco.

<< L’amica Raven vuole iniziare? >>

Con i miei poteri telecinetici spostai la sedia. << Ci vorrà molto. >> le spiegai, e quindi inizia a lavorare. Si trattava di riempire la camera di simboli, partii quindi dal vicino alla porta, per poter terminare sempre vicino ad essa. Dopo nemmeno mezz’ora, quando non ero nemmeno a metà del lavoro, Starfire si lamentò. << Amica Raven, come posso passare il tempo? >>

<< Scrivi la lettera D’Addio. >> le suggerii, continuando imperterrita a incidere le figure con un piccolo coltellino.

<< Cosa sarebbe? >>

<< La lettera che scriveresti se vorresti scappare. >>

<< Ma non voglio scappare! >> protestò.

<< E per questo che poi và bruciata. Sai, è un usanza umana. Si scrive la lettera d’Addio e poi la si brucia, così non c’è modo di riscriverla, non uguale almeno. >>
Lei annuì, tornò di sopra per prendere carta e penna, senza metterci molto (quindi non aveva incontrato nessuno, di questo ne ero certa) e – concentrata nel suo lavoro, non badò più a quanto tempo ci mettessi per finire il mio.

Quando mancava solo un simbolo, sorrisi.

<< Finito! >> sorrise lei, sventolando la lettera. Che ragazza ingenua…

<< Anch’io. >> rimisi il coltello dentro una tasca nel mantello, guardando la mia opera.

<< Oh… ora apparirà la mostarda? >>

<< Sì, colerà dal soffit… ah. Abbiamo dimenticato i contenitori. >>

<< Vai tu. So che a voi umani non piace mangiare la mostarda senza niente. >>

Annuì leggermente. << Mi dai la lettera? >> chiesi, distratta.

<< Perché? >> se la portò al cuore, in modo protettivo.

<< Porta male restare soli con la propria lettera d’Addio. >> spiegai, e subito mi porse il foglio, come se avesse preso a bruciare.

Uscii dalla stanza, chiusi la porta, mi morsi il dito, disegnai un triangolo con il mio sangue, la porta scomparve. Adesso niente poteva entrare o uscire da lì, nemmeno un rumore, un odore, niente, mai più.

Sorrisi.

Trasformandomi in energia nera entrai nella camera di Starfire, diedi un’occhiata alla lettera (senza toccarla con il dito ferito, ovviamente), era sgrammaticata e c’erano tanti cuoricini spezzati, una cosa patetica, che risultava perfetta. La posai sul comò, e tornai in camera mia. Mi gettai sul letto, e inizia a ridere ferocemente.

Come ben – credo – sappiate, la penso come Poe. Una vendetta non è tale se non ci si manifesta come vendicatori. Per questo dentro il libro lasciato in cantina, c’è il racconto di Poe, più una mia piccola spiegazione, che sono certa, Starfire non mancherà di notare.

Non vedo l’ora che qualcuno trovi la lettera d’addio.

Così potrò consolare Robin. O – per meglio dire - festeggiare con lui.

Forse un umano non potrebbe mai vivere con la consapevolezza che, sotto i suoi piedi, c’è un altro essere vivente praticamente sepolto vivo, il quale morirà solo dopo aver passato le pene dell’Inferno.

Ma è proprio questo il bello di me.

Non sono umana.






Fine.








 
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