Shut Down, [30/09/07] Song fics su Dragonball

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sonsimo
view post Posted on 21/11/2007, 14:34




Titolo: Shut Down
Autrice: sonsimo
Pairing: Crilin/C18
Rating: Giallo
Genere: Romantico, Triste
Avvisi: One-shot, Song-fiction
Credits: la canzone utilizzata per questa song-fic è “My last breath” degli Evanescence, che ovviamente non mi appartiene.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi di Dragon Ball non mi appartengono e questa storia è scritta per divertimento e non a scopo di lucro.
Introduzione: Lo “Shut down” è lo spegnimento di un motore, di una macchina. Il perché di questa scelta sarà chiaro leggendo la storia. Cronologicamente da collocare post Dragon Ball GT, in questo racconto Crilin è ormai vecchio, ammalato, e sta per morire. C18 dal canto suo, essendo un cyborg, non può invecchiare e morire di morte naturale come un normale essere umano. Ma non può nemmeno vivere per sempre senza il suo uomo, questo è certo.



Shut Down



Immobili, madre e figlia si guardavano negli occhi. Sembrava quasi che stessero silenziosamente combattendo l’una contro l’altra, entrambe pronte ad approfittare del primo, appena percettibile momento di debolezza dell’avversaria. Le due donne si somigliavano, ma non troppo. Avevano gli stessi capelli biondi e lucenti, ma gli occhi erano totalmente diversi, la luce che emanavano non era nemmeno paragonabile. Gli occhi della figlia erano lucidi di lacrime che minacciavano di sgorgare da un momento all’altro, erano determinati ma pure imploranti, mentre gli occhi della madre… difficile definirli. Erano profondi, certo, e molto belli, di un azzurro talmente intenso da far sfigurare il cielo dell’estate, ma non v’era nemmeno la parvenza del calore che irradiava da quelli della giovane che scrutavano in silenzio. Ci si poteva perdere in essi, ma non nel modo piacevole in cui ci si perde in un bel paio di occhi azzurri, nella contemplazione delle mille sfumature cangianti al ritmo delle emozioni della proprietaria di quegli occhi. Ci si poteva perdere nella loro glaciale, completa e totale indifferenza. Quegli occhi non esprimevano alcuna emozione, apparivano distanti anni luce dall’osservatore, facendolo dubitare seriamente che in quel corpo dalla pelle così candida e perfetta ci fosse vita. E la verità era che l’osservatore avrebbe fatto davvero bene a porsi questa domanda. Bastava fare un confronto tra le due donne per rendersi conto che c’era qualcosa di strano. La figlia era evidentemente adulta, una donna sulla trentina, senza dubbio, era molto graziosa, ma un occhio attento sarebbe riuscito ad intravedere qualche piccola ruga sottile sotto i suoi occhi.
La madre, d’altro canto… lasciava senza parole. A giudicare dall’età della figlia avrebbe dovuto essere perlomeno una donna di mezz’età, per quanto potesse mantenersi giovane avrebbe dovuto portare qualche segno del tempo sul proprio corpo. Invece non era affatto così. La sua pelle candida era liscia e perfetta, non una sola ruga solcava il suo volto. Sembrava una ragazzina, appena ventenne. Era davvero stupefacente, ma soltanto per chi non era a conoscenza della verità. Solo chi pensava che quella fosse una comunissima terrestre avrebbe potuto stupirsi di fronte all’ostentazione di tanta giovanile perfezione.
Ma chi la conosceva, sapeva perché C18 non poteva invecchiare.
La figlia, Marron, mosse un passo incerto verso la madre, spezzando l’immobilità del momento. Nella casa silenziosa, in cui l’unico rumore era l’infrangersi delle onde sulle coste della piccola isoletta su cui si ergeva quella modesta abitazione, la voce tremante della giovane suonò quasi dolorosa alle orecchie di C18, anche se i suoi occhi, come di consueto, non tradirono alcuna emozione.
“Mamma, dimmi la verità. Che cosa vuoi fare? Perché vuoi che ti lasci da sola nella camera di papà? Perché non posso entrare anch’io? Sta morendo, ho tutto il diritto di stargli accanto!”.
C18 chiuse gli occhi per qualche istante. Il suo pensiero corse all’uomo dai capelli grigi che giaceva immobile e privo di conoscenza nella camera alle spalle di Marron.
Crilin si stava spegnendo. Aveva una certa età, ormai, e pur essendo stato, un tempo, il più forte terrestre presente sul pianeta, anche se non in assoluto il più forte del pianeta, adesso era soltanto un uomo debole e incapace di resistere oltre alla malattia che lo aveva colpito e che in ogni istante gli strappava un pezzetto di quella vita che tante volte la misericordia di una potente e antica magia gli aveva restituito. Questa volta, però, niente avrebbe trattenuto il miglior amico di Goku sulla Terra. Nessuna magia lo avrebbe sottratto all’abbraccio della morte. Marron riprese a parlare, incapace di attendere oltre una risposta da parte della madre.
“Dobbiamo avvisare gli altri, mamma. Vorranno… vorranno dirgli addio”.
Al singhiozzo che si sovrappose all’ultima parola della ragazza, C18 aprì gli occhi. Marron aveva smesso di trattenersi, e adesso piangeva nella maniera più composta possibile, con una mano davanti alla bocca. C18 piegò leggermente le labbra e una sottilissima ombra passò davanti alle sue iridi azzurre. Non aveva alcuna intenzione di rinunciare a fare quello che si era ripromessa da tempo, ma non voleva nemmeno essere la causa di ulteriore dolore per la ragazza. Se la giovane sentiva il bisogno di avere accanto a sé i suoi amici, glielo avrebbe concesso, ma a patto che Marron rispettasse la sua volontà riguardo alla risoluzione che aveva preso.
“Va bene. Chiamali pure, se vuoi. Falli venire qui. Ma devi promettermi, Marron, che quando te lo chiederò uscirai dalla camera di tuo padre senza fare storie, senza lamentarti. Voglio dirgli addio a modo mio, e voglio farlo da sola. Hai capito?”.
Se possibile, gli occhi di Marron divennero ancora più tristi. Per un momento C18 fu tentata di afferrarla per le spalle, scuoterla e pretendere di sapere come diavolo faceva ad intuire che dietro quella che apparentemente era soltanto la richiesta di una donna innamorata si celava qualcosa di ben più profondo e temibile. Forse perché Marron sapeva che sua madre non era una donna innamorata qualsiasi.
Eppure la compagna di Crilin non riusciva a spiegarsi quell’innato intuito, quella capacità che Marron, come il padre, aveva di comprendere le persone che amava. Forse perché lei non aveva mai posseduto niente del genere, almeno dacché conservava memoria.
Ma non poteva lasciarsi commuovere, pur se di commuoversi fosse stata capace. Si preparò ad un altro scontro verbale e con la voce più calma che riuscì a tirar fuori si rivolse di nuovo a Marron:
“Me lo prometti? Mi prometti che farai quello che ti ho chiesto?”.
La figlia di Crilin fissò in silenzio la madre per qualche istante, con le guance bagnate di lacrime, prima che la sua espressione disperata lasciasse il posto a quella stessa risolutezza che vedeva nei lineamenti e negli occhi della donna di fronte a sé. Lasciò che il suo volto rispecchiasse la forza e la determinazione della madre, impose al suo cuore di tacere, perché dentro di sé sapeva che quella era la cosa più giusta da fare, che la sua mamma aveva tutto il diritto di decidere, e che se non voleva rivelarle come avrebbe fatto a portare a termine ciò che Marron aveva intuito volesse fare, glielo avrebbe concesso. Anche se avrebbe preferito urlare. In cuor suo, aveva sempre saputo che un giorno sarebbe finita così, e che per quel giorno sua madre avrebbe progettato tutto nei minimi dettagli, lasciando a lei l’unico compito di farsi da parte e permettere che la sua volontà giungesse a compimento. Marron non aveva alcun dubbio, aveva compreso senza esitazione che quel momento era arrivato. L’aveva letto in fondo a quegli occhi, freddi e immobili per chiunque altro, privi di espressione e gelidi per gli altri abitanti del pianeta Terra. Non era così per lei, tuttavia. Quegli occhi comunicavano direttamente col suo spirito, così come con quello di suo padre. E non avrebbe mai potuto ignorare la loro tacita preghiera.
“Te lo prometto, mamma”.
Stupita, C18 si limitò ad inclinare il capo, osservando la ragazza che si voltava e raggiungeva il telefono per avvisare gli altri delle condizioni del padre.
Non si sarebbe aspettata di trovare tanta comprensione, se Marron avesse avuto sentore di quello che voleva fare. E invece la figlia l’aveva stupita. Ma del resto, si disse C18, c’era ben poco di che stupirsi. Dopotutto si trattava della figlia di Crilin.
Senza aggiungere altro, C18 andò a sedersi al capezzale del marito. Portò una mano in tasca e strinse l’oggetto rettangolare e metallico che ormai da un po’ di tempo teneva sempre con sé.

I compagni del passato arrivarono molto presto, e poco per volta presero a sfilare al capezzale dell’amico morente, che non poteva vederli, immerso profondamente nel sonno. C18, accoccolata su una poltrona accanto al letto di Crilin, osservava il cielo tingersi lentamente di rosa e poi di scarlatto, mentre il sole scompariva dietro la linea dell’orizzonte. Cercava deliberatamente di ignorare le parole di conforto di tutti gli amici del marito, che in quel momento le apparivano soltanto come degli intrusi fuori posto, desiderava solo che se ne andassero. Era lei che aveva condiviso lunghi anni con l’uomo che adesso giaceva su quel letto, era suo diritto godere di quegli ultimi momenti.
Prima che fosse tutto finito, che tutto si spegnesse, una volta per tutte.
L’ultimo sgradito ospite si ritirò in salotto, e la testa bionda di Marron fece capolino dalla porta della camera da letto. C18 vide le guance rigate di lacrime, ma finse di non accorgersene.
“Devi mantenere la tua promessa, adesso. Lasciami sola con lui”.
La ragazza si avvicinò al letto e annuì, in silenzio. La madre riprese:
“Salutalo, Marron. Se ne sta andando”.
Incapace di trattenere i singhiozzi, Marron abbracciò suo padre, che lentamente stava riprendendo conoscenza. Accortosi della presenza della figlia, Crilin sollevò debolmente una mano e le accarezzò i capelli, salutandola con voce flebile. La ragazza lo baciò sulle guance, sorrise tra le lacrime e si staccò da lui.
C18, che nel frattempo si era alzata dalla sua poltrona, la fissò intensamente. Voleva cogliere, ancora una volta e per l’ultima volta, ogni minuscolo particolare di quel volto che tanto aveva amato. Marron la abbracciò di getto e le sussurrò all’orecchio:
“Non è facile per me mamma, ma capisco la tua scelta. Ho sempre saputo che prima o poi avrei dovuto lasciarti fare”.
Strinse la madre con tutte le sue forze, prima di scostarsi da lei e guardarla negli occhi.
C18 ricambiò lo sguardo, ed in fondo al gelo impenetrabile di quei profondi occhi azzurri Marron vide con chiarezza l’amore di sua madre per lei. Lo sentì attorno a sé, lasciò che la scaldasse per qualche secondo, prima di baciare anche lei sulla guancia e ritirarsi, chiudendosi la porta alle spalle. Era dura, terribilmente dura, ma doveva rispettare la volontà di sua madre, e lo avrebbe fatto ad ogni costo.

C18 si chinò verso Crilin, che la fissava con occhi semiaperti, la debolezza evidente in ogni tratto del suo volto. La voce dell’uomo era tremante e instabile:
“Cosa… cosa voleva dire Marron?”.
La compagna si sedette sul bordo del letto accanto a lui, ma non rispose. Si limitò a fissarlo carezzandogli leggermente una guancia col dorso della mano, lasciando trasparire un po’ di quella dolcezza che da qualche parte nel suo animo si era da tempo assopita, e che di tanto in tanto riaffiorava in superficie, brevemente, alla presenza del marito o della figlia. Crilin aprì la bocca per parlare nuovamente, ma venne assalito da un tremendo colpo di tosse che lo lasciò ansimante e ricoperto di sudore, tra le braccia della moglie che lo stringeva nel tentativo di soffocare quel dolore, di spingerlo via.

Hold on to me love

“Tutto bene?”
A dispetto dei suoi gesti amorevoli, la voce del cyborg si ostinava a rimanere fredda, apparentemente insensibile a ciò che stava accadendo. Ma Crilin, così come Marron, non si lasciava ingannare da quell’atteggiamento, non l’aveva mai fatto. Fin da quel primo bacetto sulla guancia che gli aveva fatto completamente perdere la testa, quando ancora quegli occhi azzurri che tanto amava erano gli occhi di un nemico, aveva imparato a non fermarsi alle apparenze, ad andare più a fondo con lei, a scavare dentro quello sguardo per leggervi ben più di quanto gli altri potessero scorgere. Crilin non parlò comunque, decise di approfittare di quell’abbraccio, dato che ad ogni modo era piuttosto raro che C18 si lasciasse andare a gesti affettuosi come quello. In realtà era piuttosto stupito di quel comportamento. Si scostò leggemente da lei, la guardò negli occhi e vi scorse un leggerissimo, sottile velo di paura. Lei aveva capito che stava per morire, che quelli erano gli ultimi istanti concessi dal fato alla loro bizzarra, e per certi versi assurda, storia d’amore.

You know I can’t stay long

Crilin aveva familiarità con la morte. Più volte si era ritrovato tra le sue braccia. Eppure, la sensazione che lo pervadeva adesso era sconosciuta. Ciò che conosceva era la morte violenta, che fulminea e spietata lo strappava alla vita, non sapeva niente di quel freddo che adesso, lentamente, risaliva dalle sue gambe e si impossessava di ogni centimetro del suo corpo.
Non aveva paura di morire, non era questo a preoccuparlo, ma ugualmente vi era paura dentro di lui.
Non voleva lasciare la donna che adesso, mascherata di distacco e freddezza, lo stringeva tra le braccia.

All I wanted to say was I love you and I’m not afraid

Irrazionalmente, si sentiva un po’ un egoista ad andarsene in quel modo, sapendo di doverla abbandonare al suo destino, alla sua eterna condanna.
Perché C18, la sua amata, non poteva morire, non come tutti gli esseri umani.
Non le era concesso di ammalarsi, di invecchiare, di vedere diventare bianchi i propri capelli, era intrappolata all’interno di quel corpo perennemente giovane, guidato da circuiti che ne garantivano la perfezione tecnologica.
Crilin aveva impiegato un po’ di tempo per rendersene conto, non aveva previsto una cosa del genere. Ma poi, poco per volta, col passare degli anni, aveva capito. Marron cresceva, lui sfioriva a poco a poco e i suoi capelli si ingrigivano, e C18 era sempre più distante da loro, nell’immutabilità della sua condizione di essere non completamente umano. Inizialmente Crilin si era un po’ indispettito, oltre che preoccupato. Aveva sempre nutrito, dentro di sé, il timore di non essere all’altezza di quella donna dalla strabiliante bellezza, di non meritare una compagna del genere, e quando aveva scoperto che la donna sarebbe rimasta perfetta e giovane per sempre, aveva seriamente avuto paura di essere abbandonato. Ma non aveva mai davvero dubitato di lei, della sua fedeltà. Il dubbio non era riuscito ad insinuarsi davvero in lui, era stato immediatamente cacciato via alla vista della reazione della moglie a quella scoperta. Triste impotenza nei suoi pugni stretti, di fronte allo specchio.
Crilin circondò a sua volta C18 con le braccia e sussurrò:
“Tutto bene. Resta qui accanto a me”.

Can you hear me?
Can you feel me in your arms?


Il freddo diveniva più intenso di minuto in minuto, per Crilin respirare era sempre più faticoso. Tenere le braccia attorno al corpo della moglie era ormai impossibile, non riusciva più a reggerne il peso, così le lasciò scivolare sulle lenzuola. C18 aggiustò la propria posizione, adagiando il capo sul petto di Crilin, ascoltando il battito del suo cuore. Il profumo dei capelli di lei infuse tranquillità all’uomo morente, che socchiuse gli occhi concentrandosi solo sul respiro della moglie sul suo collo, su tutte le immagini di C18 nella sua mente e sul proprio, tremulo respiro, che lentamente andava affievolendosi.

Holding my last breath,
safe inside myself
are all my thoughts of you,
sweet raptured light, it ends here tonight.


Doveva lasciarla, abbandonarla a quel destino beffardo che l’avrebbe costretta a veder morire sua figlia, i suoi nipoti, tutti coloro che aveva conosciuto. Crilin ancora una volta si rese conto che era stato davvero un idiota ad invidiare, anche se solo per un attimo, la condizione di cyborg di C18, comprendeva perfettamente adesso che si trattava soltanto di una terribile condanna priva di qualsiasi misericordia. Lui non avrebbe mai voluto vivere per sempre. Si era preso gioco della morte fin troppe volte grazie al potere delle Sfere, adesso era giunto il momento di chiudere gli occhi e lasciarsi andare, anche se il suo cuore doleva terribilmente al pensiero di lasciarla indietro, di non avere nemmeno la speranza di poterla un giorno incontrare nell’Aldilà.
Non sarebbe stato Paradiso senza di lei.

I'll miss the winter,
a world of fragile things
look for me in the white forest
hiding in a hollow tree
(come find me)


“Mi dispiace”.
C18 sollevò il capo nell’udire quelle scuse provenire dalle labbra del marito in punto di morte, ma ne comprese immediatamente la ragione. Strinse leggermente gli occhi, osservandolo attentamente, e tirò fuori l’oggetto rettangolare che fino a quel momento aveva tenuto gelosamente nascosto in tasca. Crilin osservò il piccolo aggeggio metallico e lo riconobbe immediatamente. E come avrebbe potuto non farlo? Era del tutto identico a quello che lui, tanti anni prima, aveva tenuto tra le mani di fronte agli occhi, per la prima volta impauriti, di quel cyborg che sembrava non temere nulla al mondo, che invece per pochi istanti aveva temuto proprio lui. Era esattamente uguale al telecomando che lui avrebbe dovuto utilizzare, che invece aveva distrutto, con un unico gesto di cui a lungo andare non si era pentito. Aveva un unico pulsante rosso al centro, un solo scopo.
Spegnere la luce che animava quegli occhi azzurri.
Il corpo di C18 non poteva invecchiare e quindi morire di morte naturale. Poteva venire distrutto, o spento, appunto. Disattivato.
“Come… come hai fatto?”
“Bulma. Ci ho messo un po’ a convincerla, ma alla fine ha capito”.
“No… non voglio, non puoi farlo. Non puoi”.
C18 non parlò, si limitò a piegare le labbra in una smorfia beffarda, un lampo di sfida negli occhi. La sua espressione comunicava chiaramente, non erano necessarie parole.
La decisione non spetta a te. Non puoi fermarmi.
Gli occhi di Crilin, da spaventati che erano, divennero gradualmente tristi, quindi rassegnati. Capì che non avrebbe potuto fare niente per farla desistere, che C18 aveva fatto la sua scelta. E nonostante il profondo amore che da anni li legava, sapeva di non avere il diritto di impedirle di decidere come e quando porre fine alla propria esistenza. Una lacrima scivolò su una guancia pallida dell’uomo.
C18 vide il terrore negli occhi dell’amato lasciare il posto a quella comprensione che amava così tanto, costante presenza nella sua vita. La smorfia beffarda si tramutò in un sorriso più sincero, mentre si chinava a raccogliere con le labbra la lacrima di chi mai, nemmeno per una volta nella vita, l’aveva delusa o non era riuscito a comprenderla completamente. Fino in fondo.

I know you hear me,
I can taste it in your tears.


Sistemò le proprie gambe, stendendosi completamente accanto al marito. Poggiò la testa sul cuscino accanto alla sua, ne circondò il torace con un braccio, il telecomando sempre stretto tra le dita, fredde come se presagissero ciò che di lì a poco sarebbe avvenuto.
Non aveva alcun rimpianto. Marron era adulta e aveva accettato, pur soffrendo, la sua scelta, aveva capito che senza di lui, che era stato per lei l’unico per tutta la sua seconda vita, la sua vita da cyborg, non voleva vivere un solo istante. La sua mente corse al giorno in cui aveva realizzato, per la prima volta, che quella era l’unica soluzione, al momento in cui finalmente una riluttante Bulma le aveva consegnato l’oggetto che adesso stringeva. Ripensò a quando lo aveva visto per la prima volta, proprio in mano a Crilin, quando aveva temuto che succedesse ciò che adesso avrebbe provocato proprio lei. Lasciò vagare la mente tra i ricordi di quella vita che il suo uomo le aveva donato, ascoltando il respiro del corpo steso accanto a lei, sempre più debole.

Holding my last breath,
safe inside myself
are all my thoughts of you,
sweet raptured light, it ends here tonight.


Voleva riuscire a premere quel pulsante nel momento esatto, non voleva vivere un solo istante senza di lui. Avrebbe chiuso gli occhi, non voleva che la figlia la vedesse con lo sguardo fisso e vuoto, non poteva farle sopportare anche questo. Nonostante la risolutezza, un’improvvisa onda di tristezza la avvolse. Le accadeva raramente, perché non faceva parte del suo carattere rattristarsi per ciò che non poteva avere. In quel momento non potè però farne a meno, sentì addosso il peso della propria condizione.
Umana, sì. Ma non del tutto. Non quando contava davvero.
Crilin non avrebbe voluto sapere che la pensava così. Detestava quando gli dicevano che C18 non era un vero essere umano.
E’ una donna a tutti gli effetti, ha solo dei circuiti al posto del cervello.
C18 strinse con più forza il telecomando. Non era vero, non era mai stato così. Certo, era stata felice grazie a lui, ma non era mai stata una donna a tutti gli effetti. La barriera che la separava dai veri esseri umani non era mai crollata del tutto, nel corso degli anni. E più volte si era sentita da sola, e si era disprezzata per la sua debolezza inconfessabile.

Closing your eyes to disappear,
you pray your dreams will leave you here
but still you wake and know the truth,
no one's there.


Perciò aveva deciso di andarsene via, una volta che lui se ne fosse andato. Lui e soltanto lui aveva dato un senso a quella mezza vita, e con la morte si sarebbe portato via quel senso. Marron doveva vivere, lo meritava, non poteva per tutta la vita soffrire per una donna a metà, dal cuore di ghiaccio, che non era capace di amarla completamente e senza riserve, o perlomeno che non era capace di dimostrarlo. Lei ce l’avrebbe fatta, niente le impediva di vivere davvero, fino in fondo, ogni singolo giorno della propria vita.
Sentì il respiro di Crilin farsi più pesante, un tremito pervadere il suo corpo. Freddo, ma anche un po’ di paura, inevitabile nel momento estremo, anche per il più coraggioso degli uomini.
“C18…”
Un bisbiglio appena udibile, che spense la tristezza e rasserenò l’animo della donna. Era così bello sentirsi chiamare da lui, da quella voce gentile. Forse non era stata molto fortunata durante la sua vita, aveva sofferto molto, ma in quel momento C18 capì che era così, con quella voce nelle orecchie, che voleva che finisse, con la consapevolezza di essere diventata davvero importante per qualcuno, tanto che il suo nome veniva invocato in punto di morte.

Say goodnight,
don't be afraid,
calling me, calling me as you fade to black.

Holding my last breath,
safe inside myself
are all my thoughts of you


L’ultimo rantolo da parte di Crilin e l’ultimo sussurro di C18.
“Grazie. Ho vissuto solo accanto a te”.
Gli occhi bruni e quelli azzurri si chiusero, un dito si poggiò sul pulsante rosso, esitò un istante, e spinse.

Sweet raptured light, it ends here tonight.


FINE

 
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