Fuochi di Mezzanotte, [10/10/07]Morte

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Fantafree
view post Posted on 4/12/2007, 22:56




Autore: Fanta
Raiting: Arancione
Tipologia: One-shot
Avvertimenti: Nessuno.
Genere: Fantasy, Gotico.
Note: La frase che ho scelto è quella di Anton Cechov, tolta dal suo contesto storico e filosofico (essendo la storia un fantasy) e trasformata nell'affermazione di un personaggio.
La storia è una One-shot a episodio, che lascia solo intuire ciò che è successo prima dell’avvenimento narrato e ciò che avverrà dopo. Quindi, libera interpretazione. Altra noticina: una frase, come è accennato anche nel testo, è ispirata alle ultime parole di Didone, nell'Eneide.
Ho anche utilizzato (o tentato di utilizzare) un linguaggio adeguato all’atmosfera gotica del racconto, spero che non risulti troppo pesante e di non essermi impappinata con la grammatica :unsure: ^_^’.



Fuochi di Mezzanotte


<<la morte è spaventosa, ma ancor più spaventosa sarebbe la coscienza di vivere in eterno e di non poter morire mai.>>



Le persone che ha intorno...sono estranei. Se ne rende conto solo adesso, entrare a far parte del loro mondo chiuso non è servito a niente. Sono troppo diversi da lei, sono diversi dentro.
Non li capisce. Perché le sputano addosso, perché le urlano contro, perché la trattano come un mostro? Non ha fatto niente di male. L’amore non è male, le hanno insegnato le sue sorelle, nei suoi cari boschi, nelle valli, lontano dai loro castelli e strade, re e regine…eppure ha amato anche il loro mondo come fosse il proprio. Appartiene a una razza diversa dalla loro, così dicono, anche se le somigliano tanto. Parlano e respirano, hanno gambe e braccia, occhi e bocche come lei.
Il collare di pietra che le blocca il collo è veramente pesante. Si volta verso il suo adorato, che viene trascinato lungo la strada insieme lei.
No, lui non è trascinato da nessuno. Non si dimena, anzi cammina inesorabile. Non si piega e non si abbassa al destino, ma neanche gli si oppone. Quel suo modo di essere...l’avrebbe reso infelice tutta la vita, preservando il suo volto più bello che mai, nella dolcezza del tormento. Come lo ama, se solo potesse giacere con lui ancora una volta, sfiorargli le labbra, sentirlo muoversi dentro di lei.
Lo chiama, lo chiama amore, ma non le risponde, continua a camminare, fissa la pietra bagnata del terreno.
-Amore, mi odiate?- Chiede senza pudore. Cos’è il pudore per quella gente? Non santificano forse l’amore, nelle loro chiese? Perché la condannano per aver amato?
E lui non le risponderà, lo sa.
Poche ore prima, il loro carnefice, maledetto re, principe di guerrieri, sovrano del niente, gli aveva dato la possibilità di salvarsi.
Uccidi lei, aveva detto, senza alcuna pietà per la povera fiammella tremolante del loro amore, se mai c’era stato. Uccidila tu, e avrai salva la vita.
E con quanto onore il suo adorato aveva lasciato cadere la spada consegnatagli per ucciderla. Sul mio onore di uomo, prima che su quello di guerriero, aveva risposto, i begli occhi limpidi diventati più scuri che mai, non sarà uno solo a pagare uno sbaglio commesso in due.
Si era liberata dalle guardie che la trattenevano, gli era corsa incontro, lo amava davvero!
E nulla di quello che adesso le avrebbero fatto poteva ferirla più dello schiaffo con il quale egli l'aveva respinta a terra.
Stammi lontano, creatura senza ritegno, le aveva detto, con un’espressione d’odio che non gli aveva mai visto prima.
Sia maledetto il giorno in cui ti ho incontrato.
Sarebbero state dunque queste le ultime parole che le avrebbe rivolto? No, mai!
Non lo avrebbe lasciato morire con tanta amarezza…
-Vi amo! Vi perdono le cose che avete detto...anche se le pensate...- Lacrime le colano giù lungo il collo bianco, macchiando lo straccio nel quale è avvolto il bel corpo. Tentare di ricordare il sapore della pelle di un uomo che nemmeno la guarda, per il quale ha cessato di esistere...è impossibile, ma ci prova lo stesso. E’ sempre meglio di quello che la folla urlante le sta tirando addosso insieme agli sputi.
Il male sta tutto lì, ma non riesce a vederlo. Le sembra tutto così futile. Vi amo, gli ha detto, ed è vero. Quale condanna l’aspetta per tale delitto?
Poi vede. Capisce. Urla e grida e si dimena, senza la dignità del suo amore, che si lascia legare a quel paletto con la solennità di un principe, un triste principe valoroso che accetta il suo destino, pur odiandolo.
Ma lei no, se lo fanno per dio (o per Dio) non può esisterne uno tanto crudele da condannare l’amore, no! Le gambe affondano nella paglia pungente fino a mezza coscia, gli steli ne graffiano la pelle sensibile. I polsi legati al palo di legno le impediscono di cambiare posizione.
-Ridatele questo, che bruci con lei!- Qualcosa di nero le viene lanciato addosso, scivola sul cumulo.
Lo riconosce, è il domino nero con il quale ha fatto ingresso in città. Christabel glie lo diede, la più amata e solitaria fra le sorelle che ormai l’hanno abbandonata. Anche loro.
Ha sentito i loro canti, a notte fonda, canti d’addio, eppure di scherno.
Non faranno niente per aiutarla.
Un uomo che indossa qualcosa di molto simile al suo domino si prepara a leggere la loro sentenza, mentre fa il suo ingresso il re, zittendo tutti i presenti. A quest’esecuzione ha voluto assistere.
Ne fissa il viso e gli occhi neri mortalmente belli, più di quelli del suo adorato, eppure le suscitano tanto odio da dimenticare il dolore di ciò che sta succedendo.
Si accorge che l’uomo in nero ha già cominciato a leggere la loro sentenza, e lei neppure se ne è accorta.
-...di aver mancato al vostro giuramento alla chiesa, e di aver sedotto un uomo già legato in matrimonio con...- Lo ignora, ma teme il momento in cui leggerà una simile sentenza al suo adorato.
Almeno toccherà a me per prima, pensa, guardando i cartocci che la gente le ha tirato ai piedi del cumulo di stoppia, togliendoli dai loro caminetti. Privandosi del calore delle loro case per alimentare un falò ben diverso. Pensando da egoista, non vedrò morire il mio amore. E se poi non mi ama, non sarà un tale strazio per lui, vedere me bruciare...
Un grido in mezzo alla folla. Qualcun altro lo sta chiamando, anche quella voce lo chiama con la sua stessa devozione, e a quella lui si gira, un vago stupore gli si diffonde sul volto.
Una donna lo guarda, tiene in braccio un bambino, lo alza più in alto, perché lui lo possa vedere. Il piccolo è già grandicello, ma piange lo stesso. Troppa confusione, l’aria sa troppo di morte perché un bambino piccolo la possa respirare.
Lacrime sofferenti rigano il volto della donna. E’ più vecchia di lei, come lo è il suo adorato.
-Portalo via- Le ordina lui, spaventato per il figlio. E a chi può rivolgersi con un tono tanto confidenziale se non alla donna che lo ha messo al mondo? Se non a sua moglie?
-Portalo via da qui...- Mormora mentre la folla inghiotte il bimbo e la madre piangente.
Perché io non lo merito il vostro amore? Ho forse fatto del male a loro, per questo mi odiate?, si chiede piangendo.
-Perdonatemi!- Il signore vestito di nero con in mano una torcia si avvicina all'uomo, che tace e tiene la testa bassa , lo sguardo vuoto.
-Perdonatemi...- Ma non la perdona, mentre le fiamme mordono all’istante gli steli secchi, divorandoli fino alla cima. Non la guarda nemmeno.
Quando anche i maledetti cartocci che le sfiorano i ginocchi prendono fuoco e il calore si diffonde tutto intorno a lei, l’aria è già pregna dell’odore di carne bruciata, la mezzanotte ormai illuminata da un falò gigantesco. Non si distingue più alcuna forma fra le fiamme scarlatte di fronte al suo. Una scintilla è arrivata fino a lei, le ha bruciato una spalla, ma lo accetta come l'ultimo, triste contatto che avrà con il suo adorato, valoroso guerriero. Con tutto il cuore che ancora le batte in petto, si augura che il fumo gli abbia tolto il respiro prima che il fuoco ne divorasse la bellezza, la vita. Non ha altri desideri.
Le scintille dell’odio illuminano anche il volto statico dell’uomo che meno inveisce contro di lei, e che pure la odia più di tutti. Re Logont del regno Roanca, il sovrano guerriero. Lo sguardo di morte, la figura imponente che gli ricorda qualcosa e qualcuno, ma che non significa nulla.
Ci sono esistenze che sono legate, predestinate. Tu credi che solo l’amore e l’odio siano capaci di intrecciare la vita delle persone, mia piccola ingenua, le aveva detto un tempo Christabel, l’indovina, sua amata sorella.
Ma al destino non importa che tu creda o no in lui. Non ti farà scegliere contro chi lottare, e al fianco di chi morire.
Ricorda gli occhi rosati e i bianchi capelli di Christabel, Christabel l’albina, Christabel la stregona, l’indovina.
A volte le maledizioni sopravvivono a chi le lancia. Non lasciare che una maledizione ti sopravviva.
Mentre il fuoco le scotta già la pelle, spinge il corpo in avanti, sporgendosi attraverso le fiamme.
-RE LOGONT, SOVRANO DEL NULLA...- Lo chiama, la voce roca e inasprita dal fumo, ma non ancora privata della sua armoniosità, che ora l'ha resa più terribile che mai, zittendo la folla.
-...CHE TU SIA MALEDETTO- Sul volto dell’uomo compare un sorriso crudele, sarcastico, appena visibile.
Il calore diventa insopportabile, ferisce la carne, gli occhi e il viso, tramutato in quello di una lupa affamata e furente.
-...Maledetto il tuo sangue, e che maledetti siano tutti coloro che lo erediteranno! Che paghi per sempre il tuo regno di bestie!- Gorgoglia, mentre le fiamme le avviluppano la gola.


***


E come qualcuno aveva già fatto in passato, essa effuse nel sangue quell’ultima voce.
Mentre il falò bruciava, sotto un cielo nero, nel quale le poche stelle apparivano grottesche come i punti di sutura d’una ferita, la folla finalmente placò i suoi impulsi bestiali. Troppo tardi per aver pietà d'un animo forse contorto, che innocente non era, ma certo non meritava una simile fine.
Re Logont ancora guardava il corpo avvolto fra le fiamme, il volto assorto illuminato dalla loro luce aranciata.
Un’alta e magra figura, come apparsa dal nulla, si fece largo fra la folla, che si scostò per farla passare, intimidita.
Anche questa indossava un mantello nero simile ad un abito talare, e quando ne fece scivolare all’indietro il cappuccio, il grido di una fanciulla risuonò nel silenzio. Ma fu l’unico.
La donna dagli occhi rosati, quasi rossi nel bagliore del fuoco, avanzò verso il rogo, i lunghi capelli bianchi agitati da un vento leggero e morente, forse generato dal falò stesso. I suoi passi erano solenni, enfatici, il volto immobile.
-Signore del niente, adesso avete la vostra maledizione- Mormorò, portandosi al fianco del guerriero.
Egli parlò per la prima volta, l’espressione non meno atona della donna.
-Pronuncia pure la tua sentenza, indovina- Le disse, senza forme di cortesia come si addirebbe a un sovrano. Lei lo guardò, lo sguardo riservato a una persona che si è già incontrata, da qualche parte, in qualche altra epoca.
-Non è mia, la maledizione, ma di colei a cui è sopravvissuta- L’uomo sorrise.
-Si è scelta una condanna peggiore della mia- Christabel annuì, mentre la gente riprendeva ad agitarsi, cosciente del respiro di morte che pareva abbracciarli tutti. La pelle bianchissima della donna, quasi al pari dei capelli, faceva da specchio ai bagliori impietosi della pira.
-La morte è spaventosa, ma ancor più spaventosa sarebbe la coscienza di vivere in eterno e di non poter morire mai- Per qualche oscura ragione, quelle parole portarono dolore negli occhi di un re più vecchio di quanto si potesse pensare.
-Aye, dite il vero, guerriero. E’ una condanna la sua quanto la vostra e la mia- Ma non sembrava amareggiata dalla propria, mentre preannunciava in solitudine quello che sarebbe diventato leggenda, mentre adesso era cenere.
-Finché scorrerà nel mondo il sangue di un guerriero, lei non morirà, vivrà attraverso esso...e il sangue delle Lisce, le creature che noi siamo, le donne che l’hanno abbandonata, non si estinguerà, noi e solo noi continueremo a vivere senza poter morire...- All’improvviso le grida aumentarono, vicino ai portali del regno qualcuno gridava e gridava.
Mentre l'albina apriva la bocca per parlare, un latrato atroce, lontano dall’essere umano, anticipò l’orrore della sua ultima profezia.
-...e i guerrieri caduti non avranno mai pace, né conosceranno l’aldilà. I loro spiriti daranno vita alle Bestie...- Rumori di combattimento, grida d’orrore. La folla si disperdeva, solo la chiromante e il guerriero rimasero immobili, fra i due roghi puzzolenti di morte che ancora non accennavano a spegnersi, mentre occhi gialli s’aprivano nel buio, intorno a loro, e mentre i lupi del Nord ululavano in lontananza.
-...così il sangue maledetto continuerà a scorrere e ad essere versato, e l’aquila ed il lupo continueranno a combattere per sempre, al di là di ogni cosa...- Una lacrima scese sul volto cereo, così fuori luogo rispetto all’espressione neutrale, al tono incolore.
-...perché morta è ormai la persona da cui lei avrebbe voluto farsi perdonare, e di lei non esiste più qualcosa capace di perdonare...-
-Piangete per noi? O per voi? O per quella che chiamate sorella?- Le chiese l'altro, rivolgendolesi con più formalità, continuando ad ignorare le urla del suo popolo, i ruggiti sempre più vicini.
-Conoscete i legami che mi legano alle mie consorelle...non basta la morte a spezzarli. Non sono io a piangere- Il volto del re si fece estatico, disteso, come se finalmente stesse assistendo a un avvenimento degno d’umano interesse.
-Cosa vedete?- I lineamenti dell’albina mutarono, diventando quasi quelli di un’altra donna.
Nel volto bianco dallo sguardo inumano, odio e amore si annullavano a vicenda.
L’infinito si poteva toccare, la vita e il tempo erano solo un ricordo.
-Buio. Per tutti-



Fine


Ndfanta: o la va' o la spacca, in bocca al lupo a tutti ^^
 
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