Senza via di fuga, [15/11/07] HP - Pairings & Charms

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PaigeSanchez
view post Posted on 5/1/2008, 01:39





Senza via di fuga
[15/11/07] HP - Pairings & Charms


Autrice: CrazyBulma
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Narcissa Black, Lucius Malfoy
Rating: Giallo
Genere: Romantico, Suspence
Disclaimer: Lucius Malfoy non è mio, anche se lo vorrei tanto. Tutti i personaggi e gli incantesimi descritti in questa storia sono nati dalla geniale mente di J.K. Rowling, e a lei appartengono. Storia scritta non a scopo di lucro.
Tipologia: One-shot
Introduzione alla Fanfiction: La giovane Narcissa Black decide di andare alla ricerca di sua sorella Bellatrix, scomparsa misteriosamente da giorni. Per ottenere delle informazioni si vede costretta però ad affrontare pericoli che non aveva previsto. Nessuno può sfuggire al proprio destino, e quello di Narcissa riserva ben più di una sorpresa.



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L’eco di piccoli passi che battevano sulla strada pietrosa di Knockturn Alley fece sì che molti sguardi si posassero su di lei, una figura ammantata che si muoveva lentamente tra gli stretti cunicoli bui. Era notte fonda, il momento ideale per gli oscuri stregoni che volevano sbrigare i loro loschi affari, ma la giovane Narcissa Black si trovava in quelle vie per ben altri motivi. Strinse ancor più il suo mantello al corpo, mentre guardava con ansia un’umida nebbia salire dalle ripidi pareti di roccia dei negozi fino a lambire le mura e i torrioni di vecchi castelli disabitati e ululanti.
Una sola domanda nella sua mente: dov’era finita Bellatrix?
Molti giorni erano trascorsi dall’ultima volta in cui le due sorelle si erano ritrovate assieme, e Narcissa sentiva per intuito che doveva essere accaduto qualcosa di terribile. Aveva già perso una sorella (quella sciocca Andromeda, scappata di casa per sposare un Mezzosangue indegno), e Narcissa non avrebbe per nessun motivo abbandonato quella che le è rimasta. L’unica traccia, l’unico indizio che Bellatrix le aveva lasciato era un nome. Un nome di mago. Un nome che le dava i brividi.


Attraversando la strada, raggiunse una taverna in cui, lei ne era convinta, avrebbe potuto ottenere importanti informazioni.
Ma capì di aver commesso un grave errore nel momento stesso in cui varcò la soglia. Il locale era molto più grande di quanto le era sembrato dall’esterno, ed era affollato da soli uomini. Uno dopo l’altro, quelli smisero di ridere e parlare, per voltarsi a guardarla con curiosità e brama.
Il calore e l’odore dell’alcool colpirono Narcissa in pieno viso. Purtroppo era ormai troppo tardi per fare marcia indietro, e l'unica cosa che le venne in mente di fare fu di infilare la mano dentro la tasca interna del mantello, in modo da afferrare la sua bacchetta.
Immediatamente alzò il mento con fierezza, come se il tocco all’impugnatura della bacchetta le avesse dato nuovo coraggio, e si fece strada fra i tavoli ignorando le mani tese che avrebbero voluto stringerla, toccarla, violare la sua innocenza.
Con passo fermo raggiunse il bancone del locale, dove un individuo dall’aspetto trasandato stava asciugando dei bicchieri.
“Buonasera”.
“Buonasera a lei, signorina!” esclamò qualcuno alle sue spalle, con voce impastata dall’alcool. “Ha l’aria di aver bisogno di un piccolo servizio”.
Le risate sguaiate che seguirono quelle parole la spaventarono, ma Narcissa era intenzionata a non lasciar trasparire la sua paura. “Sto cercando un tale Lord Voldemort. Sapete dove posso trovarlo?” chiese, con tutta la calma di cui era capace.
L’oste la squadrò da capo a piedi, con insolenza. “Nessuno dovrebbe pronunciare il suo nome, lo sai, ragazzina?”
“Lui è qui?” insistette Narcissa.
“Forse” fu la laconica risposta dell’oste, che le sorrise in modo lascivo.
“Se è qui vorrei vederlo, per favore”.
“Vieni, tesoruccio” si intromise un uomo anziano dal volto arrossato. “Che ne dici di vedere me, invece?”
Narcissa sollevò di scatto la bacchetta per puntarla sulla fronte di quello spudorato, ma immediatamente lui reagì e con un colpo secco del braccio le fece volare via l’arma dalle mani. La bacchetta cadde rumorosamente sul pavimento.
Narcissa tentò di dire qualcosa, ed un attimo prima che l’uomo potesse metterle le mani addosso, un corpo si interpose tra lei e l’avventore.
“Penso che dovreste lasciare questo posto, signorina”.
Narcissa sollevò piano lo sguardo. Quello che i suoi occhi incontrarono era in assoluto il volto più bello che avesse mai visto. Doveva avere solo qualche anno più di lei, e possedeva tratti regolari e ben proporzionati, induriti solo da piccole rughe che si diramavano agli angoli di una bocca… creata per essere baciata.
Sconvolta da quei pensieri indecenti, Narcissa scosse la testa per ricordare a se stessa dove si trovava ed il motivo per il quale era lì.
“Sto cercando Lord Voldemort” ribadì, raddrizzando le spalle.
Il suo salvatore l’afferrò per un braccio esercitando una ferma, per quanto gentile, pressione. “Vi suggerisco di tornare in un altro momento. Lui è troppo impegnato per ricevervi”. Lo sconosciuto la fece voltare verso la porta d’uscita, alzando un gomito giusto in tempo per colpire volutamente un altro uomo che si stava avvicinando alla ragazza.
“No! Devo vederlo!” protestò Narcissa, tentando di svincolarsi. Con lo sguardo cercò la sua bacchetta sul pavimento della taverna, invano. Poi si rivolse nuovamente al giovane uomo. “E’ importante per me. Aiutatemi”.
Lui sembrò rifletterci a lungo, soppesando la bella Narcissa con gli occhi.
“Bene" disse infine. "Seguitemi, allora”.
Immediatamente si sollevò un coro di disapprovazione dai tavoli, ma lo sconosciuto ignorò la folla di uomini accaldati e ubriachi per condurre la ragazza verso un’ampia porta sul retro.


Narcissa si ritrovò in una stanza molto più grande ed accogliente della precedente, ma rimase comunque rigida di rabbia e freddo.
“Avrei potuto cavarmela anche da sola. Non intendo ringraziarvi!" sbottò.
“Non mi sognerei mai di pretenderlo, signorina”.
“Sono entrata solo per vedere una persona” continuò Narcissa, vergognandosi per il fatto che sentiva il bisogno di giustificarsi.
“Ritengo che stavate per vedere fin troppo per una giovane signora” replicò lui, senza scomporsi.
A dispetto dell’umiliazione e della rabbia, la voce di qual tizio la intrigava, con quella sua pronuncia perfetta e quelle sue maniere da aristocratico. Chi diamine era? Non che avesse poi tanta importanza, si disse. Lo avrebbe scoperto in un altro momento. Tutto ciò che ora le stava a cuore era parlare con quel famigerato Voldemort e capire cosa fosse successo a sua sorella.
“Allora? Lui dov’è?” domandò con impazienza, guardandosi attorno.
D'improvviso il ragazzo sollevò la bacchetta verso la porta, pronunciando una sola, breve parola. Un incantesimo di condanna.
“Colloportus!”
Narcissa non realizzò immediatamente ciò che era appena accaduto. Guardò prima la bacchetta, poi la porta, ed infine l’uomo. Nei suoi occhi di ghiaccio lesse qualcosa di indefinito, che le fece gelare le ossa. Poi, finalmente, capì.
Girò i tacchi e si avventò sulla maniglia della porta, cercando disperatamente di aprirla. “NO!” urlò esasperata quando si accorse che i suoi sforzi erano del tutto vani. “Perché lo avete fatto? Lasciatemi uscire da qui!”
Possibile che l’uomo che un attimo prima l’aveva salvata fosse in realtà il peggiore dei farabutti? Dietro i suoi modi educati aveva forse celato una personalità meschina e priva di scrupoli?
“Vi ho riconosciuta” sussurrò piano lui, avvicinandosi di un passo. “Voi siete la piccola Narcissa Black, sorella di Bellatrix”.
Ancora aggrappata alla maniglia e con gli occhi sgranati di paura, Narcissa annuì.
“E’ per lei che siete venuta fin qui? Bèh, sprecate il vostro tempo. Bellatrix è partita in missione per l’Oscuro Signore, e non tornerà tanto presto. O forse, non tornerà affatto”.
“In missione?” ripeté Narcissa, spalancando la bocca per lo stupore. Che genere di attività svolgeva sua sorella, lontana da casa? Non era tanto sicura di volerlo sapere, e comunque l’unica cosa che le premeva era fuggire da quella stanza, da quel locale, da quel quartiere. Fuggire il più lontano possibile da lui.
Ancora una volta fece pressione sulla maniglia, convinta che da un momento all’altro l’incantesimo sarebbe svanito. Ah, se solo avesse avuto con sé la sua bacchetta!
L’uomo le si avvicinò ulteriormente e Narcissa avvertì la minaccia del suo passo. Era così alto, così sicuro di sé, con quei lunghi capelli pettinati all’indietro che brillavano di riflessi argentei.
“Lasciatemi andare”.
“Dopo. Dopo forse vi lascerò andare, mia cara” mormorò suadente. “La pazienza è una virtù fondamentale”.
Le diede un tenero buffetto sotto il mento. Le sue dita erano calde e ruvide, ed un brivido di strano piacere attraversò le vene di Narcissa, mescolandosi alla sua rabbia. Stava perdendo il controllo della situazione, e quello era un fatto insolito per una come lei. Tutto ciò che riusciva a fare era starsene lì ad arrossire come una sposina, incapace di comprendere perché un lieve, semplice tocco risvegliasse in lei sensazioni così intense.
“Siete bellissima. Molto più di vostra sorella” si complimentò lui. I suoi occhi attenti la osservarono con ammirazione, e quell’apprezzamento procurò alla ragazza una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Era davvero così bella come lui la stava facendo sentire in quel momento? Per tutta la vita Narcissa si era sentita dire mille complimenti, gli uomini non facevano altro che ripeterle quanto fosse graziosa. Per lei però la sua bellezza non era che un fardello. Si diceva che se il suo aspetto fosse stato dimesso, allora la gente attorno a lei l'avrebbe considerata per la sua intelligenza, il suo carattere, il suo potere... Eppure, ora, al tocco gentile di lui, non le dispiaceva affatto sentirsi quasi perfetta.
L'uomo si era fatto così vicino che lei riuscì a percepire il suo respiro caldo, e un lungo brivido la percorse.
“Siete stata sciocca a venire fin qui, signorina Black” bisbigliò.
Lei si sentiva la gola così stretta da riuscire a stento a respirare. “Smettetela!” riuscì finalmente a protestare.
“Di fare cosa?”
“Di parlarmi e guardarmi in questo modo”. Incrociò le braccia, per prendere le distanze, e col viso pallido e indurito in un'espressione decisa alzò il mento e lo guardò dritto negli occhi.
“Vi parlo e vi guardo come se vi desiderassi, Narcissa”.
Lei chiuse gli occhi per un attimo, cercando di riacquistare il proprio equilibrio. Era certa che lui la stesse solo prendendo in giro, divertendosi con lei in un gioco nel quale era molto più esperto.
"Chi siete?" domandò, col volto in fiamme.
"Mi chiamo Lucius Malfoy" rispose lui, semplicemente.
Narcissa aveva già sentito quel nome, ma non ricordava esattamente dove o quando.
"Sì, immagino abbiate già udito parlare di me". Il suo tono era divertito, e l'espressione del suo volto tradiva una grande soddisfazione.
Arrossendo, d'un tratto qualcosa ritornò alla mente di Narcissa: Malfoy era il cognome di una famiglia purosangue, e probabilmente lei aveva sentito il nome di Lucius dai suoi genitori, che negli ultimi mesi stavano valutando a chi prometterla in moglie.
"Dunque siete uno dei pretendenti alla mia mano..."
"Alla vostra mano, e a tutto il resto" commentò Lucius, inumidendosi le labbra. Poi rise, divertito dalla faccia scandalizzata della giovane.
"Bèh, vi annuncio che avrete ben poche chance con me. Riferirò a mio padre ciò che mi avete fatto... che mi avete rinchiusa qui dentro contro la mia volontà! E parlerò male di voi in tutti i modi possibili".
Lo vide stringere le mani a pugno e per la prima volta le parve di intravedere un lampo d'ira nei suoi occhi chiari. La realizzazione di averlo fatto arrabbiare le procurò un piacere perverso. Dunque c'era un uomo passionale sotto quella maschera di buone maniere! Narcissa voleva che lui fosse furioso almeno quanto lo era lei in quel momento. "Vi disprezzo, Malfoy. Aprite questa porta, o tutto quello che avrete di me sarà solo il ricordo". Alla fine dovette congratularsi con se stessa per il tono freddo che era riuscita a mantenere.
"Ne siete così sicura?" replicò lui, in tono ancora più gelido. "Io credo invece che questo incontro sia stato un segno del destino. Un destino che inevitabilmente ci vedrà insieme, amore mio".
Narcissa rimase immobile, inebetita da quelle due parole che lui aveva pronunciato. Amore mio... Amore mio!
Il silenzio che seguì fu così profondo che poté sentire il battito accelerato del proprio cuore, mentre lui la teneva alle strette contro quella dannata porta chiusa. Con audacia, Lucius la toccò, lasciando scorrere le dita su e giù per il suo braccio, e fu contento di sentirla trattenere il respiro. Dunque non le era tanto indifferente come cercava di fargli credere!
"Mr. Malfoy" riprese lei, con voce malferma. "Che cosa volete ancora da me? Non vi siete già divertito abbastanza?"
Lui non rispose, e avvicinò le labbra alle sue... Narcissa era certa che Lucius l'avrebbe baciata. Invece lui la sorprese, scostandosi e posando un semplice, rapido bacio sulla punta del suo naso.
“L’incantesimo è svanito. La porta è aperta” dichiarò all’improvviso.
L'intensa emozione di pochi attimi prima stava evaporando in fretta, lasciando in Narcissa un vuoto freddo e umiliante.
“Potete andare, ora. E non preoccupatevi per vostra sorella. Non appena la vedrò, le riferirò che l'avete cercata".
Narcissa aprì la bocca per lo stupore, ma era completamente ammutolita. Quando calcò sulla maniglia della porta, quella si aprì. La via per la salvezza! Allora perché muovere le gambe le sembrava uno sforzo così grande?
Lui si accorse immediatamente dello sguardo di sorpresa, di confusione, di delusione e desiderio negli occhi della giovane e, con eleganza, le ritornò vicino non resistendo all'impulso di sfiorarle le labbra. Due volte, leggermente, quasi come se volesse saggiare la sua reazione.
Che razza di magia era quella? si disse Narcissa. Ora che poteva, non voleva più andarsene. Desiderava solo essere baciata, toccata, stargli il più vicina possibile.
Con un gemito di resa, socchiuse le labbra e lasciò che Lucius approfondisse il bacio. Nella nebbia che avvolgeva la sua mente riuscì solo a pensare che era impazzita ma, fiduciosa, si aggrappò a lui rispondendo alla sensazione della sue mani intorno alla vita e al modo perfetto in cui i loro corpi aderivano. Lucius cercò le sue labbra, la gola, le spalle, poi di nuovo le labbra.
“Avete la bocca più dolce che io abbia mai assaggiato” rivelò, staccandosi leggermente.
“Ah, sì?” sussurrò lei. “E quante ne avete provate?”
“Abbastanza per sapere che la vostra è la più dolce”. Le sorrise e le diede un altro buffetto sul mento, come si fa con una bambina piccola. “Ed ora andate. Andate via di qui, più in fretta che potete” disse, dandole le spalle. "Questo non è il posto più adatto per la mia signora".
Narcissa era sconvolta dalla sua arroganza: si conoscevano da così poco tempo e già lui la trattava come se fosse una sua proprietà! "Io non sono la tua signora" disse in un soffio.
"Non ancora. Ma lo sarai" replicò lui, riprendendola tra le sue braccia e avvicinando la bocca al suo orecchio. "Puoi sfuggirmi, ora, attraversando quella porta aperta. Ma non potrai sfuggire al destino che è già stato scritto". Il calore del suo respiro contro la sua pelle, combinato alla promessa di un futuro insieme, provocarono in lei un brivido di desiderio.
"Penso che i miei genitori saranno entusiasti di te. Mia madre sa riconoscere il buon sangue, e sono certo che se ti vedesse mi ordinerebbe di cominciare a riprodurmi all'istante" le confessò, con un sorriso che le incendiò il sangue. In un lampo, Narcissa immaginò come sarebbe stato portare in grembo il figlio di Lucius Malfoy, e quel pensiero la riempì di un'ansia mista ad una gioia di intensità sconvolgente.
Poi si ricordò di Bellatrix, di Lord Voldemort, della macabra percezione di qualcosa di oscuro nell'aria e, senza dire un'altra parola, corse fuori dalla porta per ritornare a cercare la propria bacchetta. Si chiese quando avrebbe rivisto Malfoy, ma se era vero che il destino era già stato deciso non aveva molto senso preoccuparsi.

"Io ottengo sempre ciò che voglio. Ed ho deciso che voglio te, Narcissa Black" sussurrò Lucius.
Ma oramai si rivolgeva ad una porta chiusa.



 
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