Una Ricerca per Celebrían, [27/09/’07] Trio Fantasy

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Lotiel
view post Posted on 18/2/2008, 21:38




Fandom: Il Signore degli Anelli.
Rating: Verde
Personaggi/Pairing: Elladan ed Elrohir, più personaggi primari
Tipologia: Long Fiction
Lunghezza: 7.249, 12 pagine, 4 capitoli + Prolog ed Epilogo
Avvertimenti: Original Character
Genere: Fantasy
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di J.R.R. Tolkien che ne detiene/detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Il signore degli Anelli, appartengono solo a me.
Credits:
Note dell'Autore: Nel corso della storia incontrerete, oltre il prologo e l'epilogo, scritte in corsivo che siggnificheranno frasi prese dal libro.
Introduzione alla Fan's Fiction:La storia di Elladan ed Elrohir raccontat come secondo me è andata. La ricerca affidata dalla madre e un'amiciazia che non vogliono perdere. Il tutto si svolge nella Terza Era e inizio Quarta.


Prologo

2509, Terza Era

Il valico del Caradhras era tranquillo, il che era strano per il monte che crudele si ergeva sulle teste dei viandanti. I loro passi sembravano non avere presa sulla neve perenne, leggeri e tranquilli avanzavano attraverso il valico che li avrebbe portati a LothLórien.
I due figli di Elrond, Elladan ed Elrohir, e la loro madre Celebrían, percorrevano insieme con una scorta di alcuni elfi quel luogo per raggiungere al più presto il bosco della Dama Galadriel.
La donna avrebbe voluto rivedere sua madre e suo padre ed era da molto che non vedeva i luoghi dove era cresciuta.
Avvolti in mantelli grigi avanzavano, sembravano insensibili al freddo che permeava nel luogo e osservavano i posti che dopo tanto tempo, attraversavano nuovamente.
I due gemelli, dagli occhi grigi e dai capelli corvini, tenevano in mano l’arco forgiato apposta per loro come se si preparassero ad un attacco. Ormai non potevano stare al sicuro da nulla.
Improvvisamente delle grida attraversarono l’aria, feroci e violente giunsero alle orecchie dei viandanti che voltarono il capo nella direzione da cui provenivano.
Un gruppo scomposto di orchi li raggiunsero e una battaglia infuriò per alcuni minuti in cui videro Celebrían catturata. I due gemelli gridarono il nome della madre, mentre la battaglia infuriava, costretti a non poter intervenire per salvarla.
Gli orchi la portarono con loro verso Mordor, mentre i due gemelli finivano degli orchetti tanto stupidi da averli sfidati. La madre era stata rapita, ma dovevano salvarla altrimenti loro sarebbero morti con lei.
Riuscirono a riprenderla dopo vari giorni di inseguimenti ed estenuanti marce, la vita per loro era stata spezzata nel momento in cui videro la madre riversa a terra moribonda. Aveva subito torture e ferite di vario genere, tra cui quella con una freccia avvelenata.
Un solo orchetto sfuggì alla loro vendetta, tornarono indietro versando lacrime amare per ciò che Celebrían aveva subito.


2510, Terza Era

Ritornati ad Imladris, posero lei alle cure del padre che riuscì a guarirla, ma Celebrían aveva perso tutta la gioia e la voglia di vivere in quelle terre devastate. Raggiunse così la consapevolezza di dover partire per Aman, dove poter riavere la vita che le era stata rubata da quegli esseri immondi.
Invano fu il tentativo dei gemelli di farla rimanere, ma giunti a Mithlond, la madre volse loro parole che avrebbero guidato i loro passi negli anni avvenire contro la razza ignobile.
-Figli miei, una cosa a me cara è stata sottratta quel giorno. Vi chiedo solo di recuperarla e custodirla finche il Fato non vorrà nuovamente un nostro incontro.
Detto questo salì sulla barca che l’avrebbe condotta oltre il mare, nelle Terre Immortali, senza voltarsi indietro. Elladan pose una mano sul braccio di Elrohir che annuì, avrebbero rivisto la madre e riportato a lei ciò che le era caro.


Capitolo Primo: La Verità

Imladris, 2951 della Terza Era

Elrohir teneva un libro in mano nell’intento di leggerlo tranquillamente. Era seduto su una sedia, sotto il gazebo appena fuori la sua dimora, il viso rilassato e gli occhi attenti che scorrevano sulle pagine. Occhi grigi e capelli scuri, uguali al fratello, avevano un viso ovale e delicato, anche se mezz’elfo conservava tutta la bellezza degli elfi da cui discendeva. Gli abiti argentati risaltavano la carnagione chiara e i lunghi capelli erano raccolti in un particolare intreccio. Portava una coroncina sul capo, simbolo della sua regalità.
-Elrohir, possibile che tu stia sempre qui a leggere?
Elladan interruppe la lettura del fratello che alzò gli occhi per osservarlo. Pochi potevano riconoscere i tratti che li distinguevano, i loro lineamenti erano uguali e il viso non conosceva differenze; anche Elladan portava una coroncina sul capo come il fratello.
Si avvicinò al gazebo e sorrise verso Elrohir che si era alzato, riponendo il libro sul tavolo poco distante.
-E tu sei sempre qui a disturbarmi.
Disse scherzando accostandosi ad Elladan e abbracciandolo calorosamente. Erano uniti da molti sentimenti fraterni che ben pochi potevano vantare; ricambiò l’abbraccio sorridendo.
Dopo molti anni le loro ricerche erano state nulle e i loro animi erano stati temprati ancor di più dal sapere che cosa, l’orco, aveva rubato alla madre. Erano stati spinti dalla loro determinazione e dalla consapevolezza che un giorno avrebbero adempiuto a quel compito.
-Come va fratello? Hai notizie nuove?
Elladan scosse il capo in segno di diniego e chinò il capo.
-Purtroppo le ricerche sono state vane e in questo modo non potremo mai riportare nulla a nostra madre.
Elrohir pose una mano sulla spalla di Elladan e fletté il capo verso sinistra, mostrando un sorriso rassicurante, non disse nulla, ma rincuorò il fratello.
Il loro atteggiamento a volte poteva sembrare contraddittorio, ma era quella causa che l’animava fino allo sfinimento. Avevano a cuore tutto quel che circondava il loro regno e in particolar modo la Terra di Mezzo, ecco perché non riuscivano a stare tranquilli, quando un nuovo attacco di quelle ignobili creature arrivava alle loro orecchie.
Elrohir prese sottobraccio il fratello che accondiscese a quel gesto, mossero qualche passo verso il giardino che gli stava di fronte, mentre dietro di loro il rumore della cascata che caratterizzava Imladris scrosciava come sempre, imperterrita ed eterna.
Elladan sbuffò, quando furono disturbati da un elfo dai capelli chiari, giunto nella loro casa per informarli della decisione del padre, una decisione a cui loro non avevano mai preso posizione per non condizionare il destino di colui che ne faceva parte.
I due fratelli si guardarono per interminabili secondi prima di rispondere affermativamente all’elfo che se ne andò di gran fretta, Elladan prese il fratello per le spalle e sgranò gli occhi.
-Pensi davvero che nostro padre dirà ad Estel la verità?
Elrohir rimase interdetto da quella domanda e i suoi occhi si velarono di preoccupazione a quella domanda che oramai stava assumendo riscontri reali.
-Aveva affermato che presto avrebbe comunicato tutto il passato ad Estel, e poi è cresciuto, deve sapere delle sue origini.
-Ma questo lo turberà sicuramente.
Disse Elladan scuotendo appena le spalle del fratello. Era turbato più di lui e non dava modo di nasconderlo, eppure solo con lui dava vita a quelle preoccupazioni che lo attanagliavano.
-Estel molto probabilmente partirà.
-Allora cosa decidi, fratello mio? Tenteremo ancora e ancora?
Disse ripensando alla promessa che non riuscivano a mantenere verso la madre che attendeva nelle Terre Immortali; non erano ancora riusciti a darsi pace per quella mancanza che aveva caratterizzato l’abbandono di Celebrían e leggere lacrime percorsero il viso di Elladan, che sembrava il più fragile tra i due. Rimaneva distante e freddo davanti agli altri, ma davanti al fratello non sapeva mentire, una maschera che sopportavano entrambi nello strano silenzio ovattato che percorreva le loro vite.
Sapevano bene cosa avrebbe significato la verità su Estel.
-Andiamo adesso.
Elrohir abbracciò forte il fratello che tentava di reprimere la tristezza e la malinconia, riuscendo in pochi istanti a sorridere ad Elrohir.
Estel era stato il loro piccolo allievo nell’arte della guerra come nello studio, anche se a volte mostrava quella predilezione sulla spada, lo studio in fondo non gli era mai piaciuto. Ascoltava con interesse le storie antiche narrate nelle notti serene, quando gli elfi cantavano le loro odi di persone che ormai dimoravano solo nei loro cuori.
I due fratelli si avviarono consapevoli di ciò che quella scelta avrebbe portato al cuore di Estel, infine erano stati loro a vedere suo padre morire a causa di quelle creature.

Giunti nella sala dove il padre li aveva chiamati si fermarono ricordando l’episodio che si era consumato dentro di esso, quando Celebrían aveva detto addio alle terre che le avevano portato dolore. Elrohir sospirò ed Elladan pose una mano sulla sua spalla come per infondergli coraggio, un coraggio che per un momento gli era parso lontano. Entrarono senza esitazione che prima sembrava così palese, assumendo un’aria tutt’altro che preoccupata, una maschera che riuscivano a portare benissimo.
Chinarono il capo di fronte al padre che ora appariva solo come il loro sovrano, negli occhi di Elladan si poteva scorgere però un piccolo barlume di esitazione a cui fortunatamente solo il fratello parve farci caso. Estel era lì, di fronte ad Elrond con il capo chino e la spada legata in vita, era appena entrato nell’età matura, ma il suo viso già dimostrava una saggezza inconsueta. I capelli castani erano arruffati, come se non avesse avuto il tempo di pettinarsi e il viso stanco e provato dimostrava una notte passata insonne; come sentitosi osservato dai due gemelli si voltò e gli sorrise come faceva sempre.
Elrond stava di fronte a loro in piedi, sul viso severo erano segnati gli anni passati, la fronte era leggermente corrucciata e gli occhi puntati sul giovane Estel, lo sguardo era impassibile e le mani tenute compostamente incrociate tra loro, non dimostravano nessun segno di nervosismo.
Elladan ed Elrohir somigliavano molto al padre di cui avevano preso la fermezza e il colore dei capelli, anche loro stavano ritti, ma Elladan era attraversato da una strana scossa di nervosismo, impercettibile per gli altri, ma che per il padre fu lampante. Elladan sentì gli occhi del padre puntati su di sé il che gli fece abbassare lo sguardo, neanche il gesto di conforto di Elrohir riuscì a calmarlo. Si sentiva nervoso, ma il perché non riusciva a spiegarlo, dopo tutto quello che avevano fatto per nascondere il futuro re degli uomini, ora veniva rivelata a lui tutta la sua storia e la sua discendenza, forse era per questo, non volevano perdere il loro allievo più caro.
Elladan rimase lì fermo fin quando non lesse lo stupore del momento sul viso di Estel, aveva saputo ed ora Elrond gli stava consegnando ciò che rivelava la sua appartenenza alla casa reale. Elrohir pensava che fosse ancora troppo piccolo per scoprire tutto questo, ma dopotutto aveva raggiunto l’età matura già da tempo e quindi era plausibile che prima o poi Elrond gli avrebbe rivelato tutto.
-Tu sei Aragorn, figlio di Arathorn e legittimo erede al trono di Gondor.
Così aveva tuonato il re di Imladris di fronte a quel ragazzo ora consapevole del suo destino, i due gemelli lo osservarono andarsene, non riuscivano a capire bene il sentimento che lo animava stringendo le reliquie dei suoi avi, ma erano sicuri che una strana luce brillasse nei suoi occhi, non si sentivano però di parlargli ancora e forse quelli più scossi erano loro.
Presero per andarsene, chinando prima il capo verso il padre e la sua voce li fermò.
-Rimanete qui.
Aveva mosso qualche passo verso di loro, lo sguardo immoto perdurava sul figlio Elladan che con rispetto chinò il capo in segno di saluto verso, non suo padre, ma verso il re quale era.
Elrond si manteneva con lo sguardo su Elladan, avrebbe voluto che lui avesse avuto la stessa capacità di mascherare i sentimenti, proprio come faceva Elrohir.
- Padre - intervenne Elrohir, vedendo il fratello già in pesante difficoltà –vi chiedo il permesso di partire.
Una rivelazione che ad Elrond suscitò gran tormento, i suoi figli erano stati impegnati tanto con Estel che pensava avessero desistito dall’intendo di ricercare quell’oggetto per Celebrían. Le mani del re si mossero impercettibilmente, nessun all’infuori di lui se ne era accorto, ma sapeva i tempi bui che precorrevano e allontanare i figli, dargli il permesso di partire nuovamente, avrebbe fatto si che il suo cuore ne fosse stato scosso ancora una volta.
Elladan alzò il capo sfiorando con lo sguardo Elrond, non ne riusciva a sostenere quella fermezza che vedeva nei suoi occhi, ma la sua voce risultò ferma e tranquilla.
-Un ultimo tentativo per guadagnare la gioia di nostra madre, non ti chiediamo altro.
Elrond si voltò verso il trono e fece qualche passo, proprio il tempo di pensare ad una possibile risposta, sapeva che i due fratelli non avrebbero desistito da quell’intendo perché abili guerrieri e dediti alla loro terra, ma sentiva il peso di quel che sarebbe successo ad uno dei due se solo li avesse fatti partire.
Li fissò negli occhi e un'ombra calò nei suoi, scomparve subito ma se ne sentì il peso troppo forte, un peso schiacciante che non gli fece, ancora una volta, rifiutare la richiesta che tanto speravano fosse avverata.
-Ebbene figli miei, andate.
Disse soltanto per poi voltarsi verso l’uscita posta alla destra del trono. Elladan sconvolto da ciò che aveva visto negli occhi del padre mosse qualche passo in sua direzione, ma Elrohir lo fermò prendendolo da braccio che strinse appena. Scosse il capo in segno di diniego e desisté, sapeva che quando il padre si comportava così, nulla e nessuno avrebbe potuto consolarlo.

Capitolo Secondo: Addio!

Continuava a rigirarsi nel letto, non sapeva bene cosa il destino gli aveva riservato. Estel era stato fermo, gli occhi che guardavano dritti di fronte a sé nel momento in cui Elrond gli aveva rivelato tutta la sua vita. Sua madre Gilraen aveva abbandonato le terre di Imladris solo da poco tempo, ma già lui ne sentiva la tremenda mancanza. Si chiedeva perché mai sua madre gli aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo la sua vera identità, forse con il tempo l’avrebbe capito.
Si alzò di scatto e si mise a sedere, teneva una mano premuta contro la testa, gli doleva ogni qual volta pensava a sua madre, non sapeva spiegarselo. Forse lei si era stancata di aspettarlo, dopotutto Estel partiva sempre per strane avventure e Gilraen era partita con la sola consapevolezza che ormai non avrebbe potuto più far nulla per il figlio.
Scese dal letto, infilò i calzoni e la camicia leggera ed uscì nella notte, seguito solo dal pallido fulgore lunare. I passi risuonavano nel palazzo elfico, ma sembrava non farci caso, sapeva bene di essere un uomo e come tutti sembrava che i pensieri gravassero molto di più che sugli elfi. Teneva il capo chino, passava davanti alle guardie, incurante dei loro occhi puntati addosso, si stava dirigendo verso il giardino e, inconsapevolmente, verso le stanze di Elladan.
Per lui, Elladan, rappresentava una sorta di confidente a differenza di ciò che pensava del gemello, aveva instaurato una certa sicurezza con lui, lo faceva sentire tranquillo, quando ci parlava e dopotutto era l’unico che riusciva a capirlo.
Inconsapevolmente urtò contro qualcuno, fece qualche passo indietro prima di alzare il capo cercando di abbozzare delle parole per scusarsi.
-Estel?! Cosa ci fai in giro?
La voce di Elrohir risuonò lieve, sembrava non volersi far sentire da qualcuno, erano vicini le stanze di Elladan e ciò lo sorprese, anche se tentava di evitarlo giungeva sempre dall’unico in grado di capirlo.
Alzò il capo in direzione dell’elfo e un sorriso di circostanza comparve sul viso scuro.
-Non riuscivo a dormire.
Elrohir chinò il capo di lato e alcune ciocche di capelli scivolarono sulla spalla, incrociò le mani sul bacino e si chinò appena, dato che Estel era di poco più basso di lui.
-Capisco, ti consiglierei comunque di salutare Elladan.
Sorrise facendogli capire che forse sarebbe stata l’ultima occasione per vedere l’amico, riprese l’andare verso il corridoio di fronte a lui lasciando un Estel turbato e sorpreso. L’uomo di voltò verso Elrohir capendo ciò che voleva dirgli.
-Buon viaggio, amico mio.
Elrohir non si voltò continuando il suo cammino, ma ciò che Estel non vide erano le lacrime che gli rigavano il volto. Stava abbandonando una persona a cui era molto legata, ma sapeva bene che, anche se non fossero stati loro a partire, presto sarebbe stato l’uomo a partire, lasciando che loro continuassero in quella ricerca che sembrava non avere fine.
Scomparve nel buio del corridoio, Estel sapeva bene che l’elfo era diffidente verso di lui ma che gli voleva bene, eppure non si arrabbiò per il fatto che non sentì da lui alcun saluto perché Elrohir era come il padre, tentava di mascherare i sentimenti che lo facevano somigliare più ad uomo che ad un elfo.
Si voltò verso la porta di Elladan e sospirò, doveva dirgli addio e forse il destino non gli avrebbe permesso un altro incontro, strinse le mani prima di giungere alla porta e alzare una mano per bussare.
Tirò alcuni colpi leggeri sulla porta di legno finemente decorata, attese qualche istante prima di vedere un barlume di luce mentre la porta di apriva piano e la figura di Elladan comparve nel riquadro della porta. Un sorriso gli illuminò il volto, quando vide Estel, ma un peso gravava su di lui, non consapevole che l’uomo sapesse già della sua partenza.
Si spostò dalla porta invitandolo ad entrare. Estel vide che la stanza era illuminata da una luce appena accennata dalle fiaccole che erano presenti nella stanza, un arredamento sobrio diverso dal resto del palazzo. Elladan si avvicinò ad un tavolinetto e prese due calici con una bottiglia di buon vino elfico.
-Dobbiamo festeggiare.
Sorrise appena porgendo il calice ad Estel che serio in volto lo guardava, non riuscendo, però a mantenere quell’espressione si rasserenò mostrandogli un sorriso benevolo.
-So che devi partire, Elladan.
L’elfo chinò il capo sorseggiando un po’ il vino, roteò poi leggermente il bicchiere con la mano e si sedette sulla sedia posta a pochi passi dal letto.
-Hai incontrato Elrohir a quanto vedo.
Una risata fuoriuscì dalla sua bocca, anche se nell’animo nutriva un profondo sconforto, rise per non dare a vedere la sua tristezza. Il viso però si rabbuiò all’improvviso, come se un pensiero triste gli fosse scivolato nella mente inconsapevolmente.
-Purtroppo le tenebre avanzano troppo velocemente e il mio tempo così come il vostro, sta per scadere. Dovrò dare modo di potervi fidare ancora una volta di me.
Disse Estel bevendo un po’ di vino.
-Quindi anche tu hai deciso di partire. Credo che presto ci rincontreremo mio caro amico, perché i Valar ci permetteranno un prossimo incontro, ne sono certo.
Così dicendo si alzò posando il calice sul tavolinetto e si avvicinò ad Estel che sorrideva appena, in cuor suo Elladan non era sicuro di ciò che aveva detto, ma lo sperava con tutto il cuore.
Allungò le mani verso l’uomo, Estel chinò per un attimo il capo e poi abbracciò l’amico, trattenne le lacrime che gli martellavano gli occhi. Era un addio questo, Elladan lo strinse a sé lasciando che una sola lacrima rigasse il viso perfetto. Lo tenne stretto fin quando non fu Estel ad allontanarsi dal suo corpo, voleva bene all’uomo come un fratello e una profonda amicizia, maturata con gli anni, nutriva verso di lui e a cui ora doveva dire addio.
Estel si voltò ritornando sui suoi passi, lasciando che Elladan ritornasse ai preparativi per la partenza del giorno dopo, non l’avrebbe più rivisto, né lui e né ad Elrohir, ma un giorno avrebbe potuto rincontrarli entrambi, anche se in circostanze diverse da quelle che stava lasciando.

Il giorno dopo Estel partì in cerca di avventure e soprattutto in cerca del suo passato, non se l’era sentito di parlare ai due gemelli di colei di cui si era innamorato, Arwen Undómiel, loro sorella; incontrata a LothLórien per caso, ma Elrond era stato chiaro, sua figlia sarebbe andata in sposa solo ad un re. Non sapeva come rivelargli tutto questo ai gemelli ma forse in cuor suo sapeva che loro conoscevano già tutto.
Si mise in viaggio lasciando quel regno magico dove aveva passato la sua infanzia e dove aveva conosciuto tutto quello che ora sapeva, si promise che un giorno sarebbe ritornato ma in vesti tutt’altro diverse da queste.
Dalla finestra del palazzo qualcuno osservò i suoi preparativi per la partenza, occhi grigi immortali che piangevano senza che le lacrime intaccassero la loro innata bellezza, la mano di Elrohir si posò sulla spalla di Elladan e quest’ultimo lascio la tenda della finestra voltandosi verso di lui.
-Non serve a nulla piangere adesso.
Elrohir asciugò le lacrime del fratello con un fazzoletto e sorrise appena vide l’espressione felice di Elladan.
-Hai ragione, prima o poi lo incontreremo. Ora dobbiamo concentrarci sulla ricerca.
Elladan abbracciò il fratello amorevolmente, come non gli capitava ormai da anni, erano sempre stati restii a farlo a causa di quell’orgoglio elfico che ere insito in tutti e due ma alcune volte lasciarsi andare alle emozioni umane li aiutava a distendere le loro menti e rilassare la morsa stretta al cuore.
Rimasero per altri istanti a guardare Estel allontanarsi, uno sguardo pieno di rancore che delineava lo stato d’animo di Elladan, roso dal pensiero che non avrebbe più potuto rivederlo, un pensiero che si era insinuato nella sua mente dopo che Elrohir si era allontanato di poco.
-Lascia che il fato si compia, Elladan. Dopotutto è Re e questa strada deve percorrere.
Elladan chinò il capo avvicinandosi al fratello che vide accomodato su una delle sedie presenti nella sua stanza. Teneva la gamba destra posata su quella sinistra in una chiara posizione maschile, la mano sul mento e il gomito poggiato sui braccioli della sedia.
Chinò il capo nel vedere lo sguardo del fratello farsi spazio nei suoi pensieri, quasi come se non fosse in grado di contrastarli. Sapeva bene di non poter reggere con la fermezza che guidava il fratello, consapevole che per la reggenza di un regno servivano alcune qualità che egli al momento credeva di non possedere.
-Nostra sorella sarà dispiaciuta per la sua partenza.
Il viso di Elrohir si alzò di scatto come se venisse a conoscenza solo ora di alcuni particolari che gli erano sfuggiti.
-Nostra sorella deve anche sapere che siamo sull’orlo di una guerra.
Con la solita fermezza che lo caratterizzava pronunciò la frase, lasciando che il fratello si perdesse in pensieri tristi, non sopportava vederlo così, ma doveva dargli prova della tenacia che doveva mostrare anche in occasioni come quella.
Elladan non disse più nulla e si allontanò dalla stanza del fratello pronunciando solo un semplice saluto. Elrohir invece rimase lì, senza che la tristezza del fratello ne intaccasse l’orgoglio che provava al momento. Non voleva fermarlo e doveva capire da solo dopotutto.

Tutti i preparativi erano stati fatti per la partenza e il popolo tutto era riunito nel dare un saluto ai figli del re. Era presente anche Arwen, tornata da poco dalle terre di LothLórien, dove aveva incontrato per la prima volta l’uomo che le aveva cambiato totalmente la vita.
Guardava i fratelli prepararsi per l’imminente partenza, le mani giunte al seno, speranzosa di poterli rivedere presto.
Elladan voltò il capo verso la sorella e un sorriso candido gli comparve in volto cercando di rassicurarla per il loro viaggio. Sembrava dirle di non preoccuparsi, che sarebbero tornati presto, poi le iridi furono rapide dalla figura del padre che rimaneva lì, immobile e lo sguardo ne sembrava svuotato, sembrava che stesse gravando una grave colpa sul suo capo.
Elrohir non disse nulla, attese la mossa del fratello prima di partire mentre anch’egli salutava Arwen con un cenno della mano e il padre con un rapido gesto della testa.
Insieme si avviarono fuori i cancelli di Imladris, lasciando la loro caso un’altra volta ancora, consapevoli che forse sarebbe stato il loro ultimo viaggio.
Il cuore in gola e l’arco in spalla, attraverso le foreste che contornavano la loro casa i due gemelli si avviarono, fin quando i loro passi non sarebbero stati stanchi avrebbero continuato nel loro cammino.

Capitolo Terzo: La minaccia di Sauron

Imladris, 3018 della Terza Era

Passarono anni da quella partenza e il ritorno ad Imladris non fu dei più trionfali, nuovamente avevano fallito la loro missione. Erano tornati debilitati e stanchi, provati da quel lungo viaggio in cui avevano davvero rischiato di morire se non fosse stato per il capitano dei Dúnedain arrivato in loro soccorso.
Tutto era stato inutile e ne aveva provato ancora il più il loro stato d’animo, una nuova sconfitta che li avrebbe portati a servire solo il loro re e padre nella salvaguardia di ciò che li circondava.
Elrohir posò l’arco e la faretra accanto alla sedia, i passi risultavano pesanti dovuti al ritorno dall’ultima missione con i Dúnedain. Si accasciò sulla sedia e portò una mano alla testa, sembrava triste e spossato mentre con la mente rievocava gli ultimi momenti prima di lasciare il padre. La notizia del consiglio che era avvenuto solo qualche giorno prima lo rese nervoso e irascibile, poteva parteciparvi e rivedere finalmente Estel ma il destino non volle che tra loro ci fosse l’incontro, forse ne reputava ancora prematura la visita.
Sapeva che lui ne aveva partecipato e che era stata formata la compagnia che avrebbe portato a termine una missione ben più importante del loro incontro. Sauron era tornato e con lui l’anello del potere, nulla avrebbe potuto ridestare l’antico signore se non il potere del richiamo di quell’anello che comandava sia i Nove che i Sette.
Dalla sua parte e nove re antichi a cui gli anelli erano stati donati, spettri con il timore del loro Signore, gli Ulairi o più comunemente chiamati Spettri dell'Anello. I sette invece, donati ai nani, scomparvero.
Simili pensieri gli avevano affollato la mente durante il viaggio di ritorno e conoscere del destino che ormai stava segnando la sua terra non faceva altro che accrescere l’ira che nutriva verso i servi di Sauron.
Sentì poi bussare alla porta, Elrohir rivolse il capo verso la finestra e lasciò entrare colui che si era palesato davanti ad egli. Elladan era stato richiamato dal padre per spiegargli ciò che avevano appreso durante il viaggio. Le genti dell’Ovest erano ancora ignare della minaccia e non avevano avuto il coraggio di avvertirle e i mostrarsi. Gli elfi in quelle terre sembravano più figure mitiche che reali genti che popolavano la terra di mezzo.
All’entrata di Elladan era rimasto immobile, Elrohir non aveva pronunciato una sola parola e rimaneva a fissare il vuoto fuori dalla stanza.
-Posso chiederti cosa hai adesso?
Elladan si avvicinò al fratello posando poi la mano sulla spalliera della sedia, le dita l’afferrarono per bene stringendo la stoffa, il corpo leggermente proteso verso Elrohir di cui ne osserva il viso.
-Nulla, nulla.
Sulle labbra di Elladan comparve un leggero sorriso alla risposta del fratello, forse non si rendeva conto ma stava via via somigliando di più al padre.
-Ti stai chiudendo, fratello. Sai che con me non serve.
Elladan improvvisamente scoppia in una sana risata che lascia perplesso Elrohir che lo osserva dubbioso, compie un giro con il busto mettendosi poi di fronte al fratello. Elladan si chinò di fronte a lui e gli posò le sue braccia sulle ginocchia, un rapido gesto nel far posare il viso nelle mani aperte.
-So bene. Sto diventando proprio come nostro padre.
Elrohir sorrise prendendosi in giro per quello che aveva appena detto, scosse il capo appena volgendosi poi verso il fratello. Nient’altro aggiunse prendendogli le mani tra le sue e stringendole poi. Il sorriso scomparve dalle labbra di Elrohir, il che lasciò perplesso Elladan.
-È solo che aver saputo che Estel è stato qui fino a soli pochi giorni fa, mi rende nervoso.
Elladan posò lo sguardo in quello del fratello, Elrohir aveva assunto un’espressione corrucciata più simile a quella degli uomini e ne dimostrava per la metà appartenenza.
Nei suoi occhi e nella mente pensieri tristi scorrevano imperturbabili lasciando che ogni cosa al di fuori di essi ne fosse estraniata, Elladan aveva percepito tutto quello che turbava il fratello e lentamente si discostò lasciando la presa dalle mani. Non riusciva a capire del perché il destino così beffardo con loro aveva protratto nel tempo ancora l’incontro che li lasciò, quel giorno, con l’amaro in bocca.
-È ora di andare.
Esclamò Elladan alzandosi in piedi, si avviò verso la porta lasciando che il fratello uscisse da quello stato a cui da troppo tempo ormai era soggetto. Sicuramente si interrogava del perché non riusciva mai ad accondiscendere al desiderio della madre e al fatto dovuto alla presenza di Estel nella loro casa fino al giorno prima.
-Il capitano dei Dúnedain vorrà conoscere i nostri spostamenti nei prossimi mesi.
Elrohir chinò impercettibilmente il capo in segno di assenso e sorridente si voltò verso Elladan, come se nulla avesse potuto intaccare il suo stato d’animo.
-Gliene parlerò io, vai a riposare adesso.
Si alzò poi dalla sedia avvicinandosi al fratello e gli diede un abbraccio caloroso stringendolo appena a sé. Elladan ebbe così le conferme dello stato d’animo di Elrohir, aveva capito ciò che attanagliava il fratello e quando lui era più esposto a rischi toccava a lui esporsi come forte tra i due. Dopotutto erano gli stessi pensieri che portavano ogni notte anche ad Elladan a rinchiudersi in un mondo tutto suo. Rispose all’abbraccio prontamente, lasciando pochi secondi dopo la stanza.

Imladris, 3019 della Terza Era

Elrond stava affacciato dalla finestra, le mani intrecciate dietro la schiena e un moto nervoso che non riusciva a fermare. Aveva visto un futuro possibile e ciò che c’era stato non gli era piaciuto affatto, martoriava la sua mente alla ricerca di una soluzione ma se i Valar avevano deciso ciò, lui non poteva opporsi.
Elrohir giunse nella sala del trono dove il padre lo aveva convocato. Nel viso si leggeva orgoglio, tipico degli elfi ma erano gli occhi che non seguivano ciò che la mente gli dettava. Doveva dimostrarsi degno di essere chiamato figlio del re.
-Ditemi, padre.
Disse chinando il capo seguito dal busto, la mano sul cuore e gli occhi puntati su Elrond. Il padre non si voltò e rimase silente per alcuni istanti che all’elfo sembrarono lunghi minuti, sentiva fremere in lui in desiderio di chiedergli cosa volesse, voleva saperlo subito.
-giorni bui ci attendono, figlio mio. Il tempo degli elfi sta per giungere al termine.
Disse Elrond, il tono sembrava stanco, deluso quasi da quella sua visione in cui vedeva gli elfi andare e lasciare al suo destino la terra di mezzo. Sapeva bene che alla fine gli uomini avrebbero distrutto quella terra, ma l’unica soluzione era andare via. Avrebbero ritrovato un barlume di tranquillità nelle terre di Aman e soprattutto avrebbe rivisto sua moglie.
Al sol pensiero di lei il viso di Elrond si illuminò e sorrise verso il figlio in cui vedeva lo stesso sguardo dell’elda che aveva sposato.
-Una visione, figlio mio. Tu ed Elladan dovrete unirvi alla schiera dei Dúnedain e portare un messaggio ad Estel, il suo tempo è infine giunto. Siete la Grigia Compagnia, non dimenticarlo.
Il capo chinò in segno di assenso al padre e l’osservò per alcuni brevissimi istanti prima di voltare le spalle a lui e proseguire verso la porta.
-State attenti, figli miei.
Elrohir sospiro appena mentre si voltava infine verso il padre, un sorriso gli donò e poi lasciò la stanza felice di ciò che il padre aveva dimostrato. Non era solo un elfo ma bensì di esternare i propri sentimenti verso color a cui voleva bene.

Elladan preparò il tutto, poco dopo sentì dei battiti sulla porta, un leggero fruscio di vesti a terra. Si avvicinò alla porta e l’aprì lentamente, era in pensiero per ciò che Elrohir gli aveva comunicato e sulle visioni del padre, sul viso si leggeva un certo turbamento.
La figura della sorella, Arwen, si mostrò davanti alla porta vestita da una lunga tunica bianca, al petto teneva stretto un fagotto rilegato in una stoffa nera.
-Sorella mia.
Il viso di Elladan si illuminò prima di spostarsi dalla porta per farla entrare. Arwen sembrava aver il viso segnato da un ombra di malinconia e lenta entrò nella stanza. Gli occhi si velarono di tristezza, quando vide il mantello della grigia Compagnia sulla sedia, pronto per essere indossato perché sapeva bene cosa voleva dire.
-Prima lui e poi voi. Quando finirà tutto questo?
Chiese ad Elladan guardandolo in volto. Elladan sorrise conoscendo bene a chi si riferisse la sorella, nella voce sentiva solo malinconia, il suo amore per Estel non si era spento con la lontananza ma si era rafforzato ancora di più.
-Consegna questo da parte mia, Elladan. Ad egli dovrai donarlo direttamente.
Arwen tese le mani allungandogli il fagotto che stringeva delicatamente nelle dita. Quel gesto simboleggiava quanto lei ci tenesse nel vederlo in mano al suo amato, lei fece qualche passo verso Elladan e sorrise.
-Farò quanto mi chiedi sorella, non temere.
Elladan prese il fagotto e lo poso sulla sedia, dopo si avvicinò alla sorella abbracciandola lasciando che negli occhi di lei si disegnasse dapprima lo stupore per quel gesto e poi la tenerezza insita nei fratelli. Pose le mani su quelle del fratello e pose il capo sulla sua spalla.
-Tornerete presto, vero?
Chiese poi riferendosi anche ad Elrohir a cui era attaccata in egual modo. Elladan non rispose, ma chinò il capo impercettibilmente, lasciando che seguisse un movimento di assenso.
Arwen sciolse dall’abbraccio il fratello e fece qualche passo a ritroso portando le mani al petto, un sorriso prima di uscire dalla stanza lasciando ad Elladan il compito cui lei aveva adempito per metà.
Elladan prese il mantello attaccando la spilla a forma di stella sulla spalla sinistra. Il viaggio cominciava adesso.
Nessuno nel salutarli nell’ennesimo viaggio, al seguito del Capitano dei Dúnedain, Halbarad, e ei suoi fedeli compagni.
-Raggiungeremo le Terre di Rohan presto, cavalcheremo fin quando noi e le nostre cavalcature non saranno stanche.
Un’esultanza che accompagnò le parole di Halbarad si levò nella foresta che costeggiava l’Ultima Casa Accogliente, Elladan ed Elrohir si guardarono per lunghi istanti, forse quel viaggio sarebbe servito a trovare ciò che ormai da anni cercavano. Elladan aveva consegnato il fagotto al Capitolo che l’aveva legato ad un’asta rivelandone uno stendardo ma ancora legato secondo il volere della Stella del Vespro.
Il viaggio ebbe inizio.

Capitolo Quarto: Un saluto ad Estel!

Terre di Rohan, 3019 della Terza Era

Cavalcarono per ben tre giorni prima di giungere fino alle terre di Rohan, un viaggio spossante che portò le cavalcature allo stremo delle forze. Cavalcava come il vento la Grigia Compagnia segnata dai lunghi mantelli grigi che portavano.
Elladan ed Elrohir cavalcavano fianco a fianco, felici in quel frangente perché avrebbero potuto rivedere finalmente Estel, l’amico ormai diventato uomo.
Erano passati anni dall’ultima volta, ma sembrava che solo ieri aveva lasciato Imladris per dedicarsi alla sua vita e alla sua storia.
All’alba raggiunsero un gruppo ben assortito di uomini armati e da lontano i due fratelli poterono intravedere cavalli e gli stessi uomini.
Gli uomini sembrarono turbati da quel gruppo di uomini in avvicinamento e dalla loro distanza si sentì Èomer gridare verso di loro un ammonimento, una voce tonante e autoritaria.
-Chi siete voi che vi avvicinate?
Halbarad, a pochi metri da loro, si fermò facendo un cenno della mano affinché la sua compagnia facesse lo stesso.
-Non abbiamo cattive intenzioni, cerchiamo solo Aragorn. Io sono Halbarad, Capitano dei Dúnedain.
Estel si rivelò lasciando le redini a Merry di fianco a lui e gli sorrise prima di avvicinarsi a loro non temendoli affatto, aveva riconosciuto nel tono dell’uomo ammantato un timbro di voce familiare.
-Ed infine lo avete trovato.
Tuonò egli in direzione del Capitano, egli scese dalla cavalcatura e si avvicinò ad egli.
-Una bella sorpresa incontrare i nostri destini in questi giorni infausti.
Halbarad diede un abbraccio forte e deciso ad Estel che ricambiò prontamente. Lasciò che il suo sguardo vagasse sui compagni di Estel prima di riposarsi su di lui.
-Siamo venuti in tuo aiuto portandoti messaggi da Imladris. Da parte di Elrond.
Marcò l’ultima frase come a voler significare che cose naturalmente importanti aveva egli da riferire.
Il suo sguardo vagò nella compagnia di Halbarad e il viso gli si illuminò nel vedere i due fratelli, Elladan ed Elrohir, amici che aveva lasciato un tempo e che ora ritrovava nel momento in cui aveva più bisogno di loro.
Non fece nulla però, consapevole che loro due non l’avrebbero mai salutato con un caloroso abbraccio, ma come la loro razza gi imponeva. Erano messi elfi dopotutto e non sapevano dar mostra dei sentimenti in pubblico, forse anche perché frenati dalla presenza di così tanti umani.
Estel si voltò verso Théoden, chiedendogli infine consenso di far viaggiare la Grigia Compagnia con loro, dato anche l’importanza del messaggio che avevano da comunicargli.
Elrohir si avvicinò trottando verso Estel, sul viso un sorriso sereno gli si era dipinto in volto.
-Che gioia rivederti, amico mio.
Ma egli vide che Estel era cambiato, molti anni erano passati e il tempo aveva intaccato sia lo spirito che il corpo. Vedeva nei suoi occhi, però la stessa saggezza che aveva lasciato quel lontano giorno.
Estel voltò il capo verso l’amico e una mano posò sul cuore in segno di saluto.
-Una gioia per me avervi qui.
Il viso di Elrohir si rabbuiò per un piccolo istante, il tempo di comunicargli il messaggio del padre.
-I giorni sono brevi. Se hai premura, rimembra il Sentiero dei Morti.
Questo gli riferì Elrohir e nel viso di Estel intravide un moto di tristezza che solo quelle parole avrebbero potuto scaturire, sorgente di un male antico ai danni di Isildur, suo antenato.
Gli rispose con un semplice sorriso, poi Elrohir si allontanò verso Elladan a cui donò un fugace sguardo poi Estel si avvicinò ad Halbarad.
Cavalcavano fianco a fianco Estel e Halbarad, egli teneva nella mano destra non una lancia ma bensì uno stendardo raccolto. Ciò incuriosì Estel lasciando che le parole si formassero da sole.
-Cosa porti con te?
Lo sguardo dell’uomo si posò prima sullo stendardo raccolto, poi infine rispose alle curiosità dell’uomo.
-Questo è il dono della Stella del Vespro per te.
Questo gli avevano detto i due gemelli, comunicando a lui cosa ella aveva riferito nel momento della consegna ad Elladan.
-dopo un estenuante lavoro in segreto, ha confezionato tale dono. Questo è il suo messaggio: Brevi ormai sono i giorni. Giunta è l’ora della nostra speme, o della fine di ogni speranza. Invio dunque a te ciò che per te ho fatto. Addio, Gemma Elfica!
Estel parve riflettere per alcuni istanti, una mano aveva portato sotto il mento per accentuare quello stato in cui i pensieri fluivano più insistentemente.
-So allora cosa porti e ti chiedo di conservarlo ancora per un po’.
Poi il silenzio, uno sguardo di complicità sfiorò i due uomini che proseguirono insieme fino a raggiungere il Dunclivo.
Lì gli uomini di Théoden avevano costruito un accampamento, l’ultimo giorno tranquillo prima della battaglia nei Campi del Pelennor. Tende e uomini erano posizionati per tutto il perimetro, un lungo sentiero che si inerpicava verso il forte che gli uomini avevano innalzato molti anni addietro, negli Anni Oscuri.
Lungo il sentiero Elladan ed Elrohir rimasero impressionati dalla lunga fila di statue che rappresentavano gli uomini di quei tempi, poi un rapido sguardo nel vedere Legolas e Gimli poco lontano da loro.
-Dunque anche il principe di Bosco Atro è salvo, così come il nano. Ciò mi riempie di gioia.
Esclamò Elladan verso il fratello a cui fece un sorriso. Elrohir fece un cenno di assenso verso di lui prima di invitarlo a spronare il cavallo ad inerpicarsi ancora lungo il sentiero, mancava ormai poco per raggiungere la cima.
I due fratelli si sentivano strani, dopo gli anni che erano passati Aragorn sembrava quasi non rimembrare la loro vecchia amicizia, oppure sentivano che egli voleva solo non sbilanciarsi davanti a loro, ora che Elrond aveva anche citato a lui nuovamente il proprio destino.

Arrivò la sera ed Elladan ed Elrohir si misero davanti al fuoco lasciando che lo sguardo vagasse sui volti degli uomini, erano stanchi e sfiduciati, come se la guerra in quel frangente non avrebbe avuto un risvolto positivo nelle loro vite. Avevano perso molti dei loro cari, così come ne avrebbero persi nei giorni seguenti.
Un velo di tristezza segnò improvvisamente il volto di Elladan, si rivelò inconsapevolmente il suo lato umano e lo sguardo perso portò sul fratello stesso che gli fece forza lasciando che posasse la mano sulla spalla. Non riusciva a capire bene quella tristezza, dopotutto loro avevano scelto la strada dell’immortalità non approvando comunque in pieno la scelta della sorella, Arwen. Per amore lei aveva scelto di essere mortale e vivere la vita da umano.
Il viso imperturbabile dei due mezzi elfi scacciò quel velo che si era calato su di loro e che non potevano permettersi di avere, solo la lunga conoscenza negli anni gli avrebbe fatto scoprire il vero senso di quella angoscia, dopo aver perso i loro cari avrebbero capito cosa significava.
L’elfo dai capelli d’oro, il principe di Bosco Atro, gli si avvicinò sedendosi proprio di fronte a loro, un sorriso freddo quasi rivelò la quasi indisponenza degli elfi verso anche i propri simili.
-Aragorn vuole intraprendere la strada indicatagli da vostro padre.
Sol questo disse prima di alzarsi nuovamente e avvicinarsi ad egli, un lieve cenno del capo verso Legolas prima di sparire dalla luce del fuoco. I cuori erano turbati e decisero di andare a donargli un ultimo saluto come amici, prima di essere e trasformarsi in semplici viaggiatori.
Si avvicinarono alla tenda dove avevano visto Estel dirigersi, scostarono il lembo del tessuto che ne chiudeva l’entrata ed Estel si voltò nel vedere chi potesse essere.
Si diresse verso di loro lasciando che le braccia si avvolgessero intorno ai loro colli stringendo appena i due fratelli. Rimasero sorpresi da quel gesto che egli aveva concesso così tante volte nei tempi passati.
-Mi seguirete, amici miei?
Elladan posò la mano sulle spalle d’egli e sorrise, lasciando che Elrohir rispondesse anche da parte sua. Avevano riacquistato la gioia dell’amicizia verso l’uomo che pensavano di aver perso. Un uomo ormai cresciuto e utile a se stesso, consapevoli ora del perché Arwen se ne fosse innamorata.
-Verremo con te.
Un rapido sorriso nascosto si disegnò sulle labbra di Estel. Uno dei loro desideri era stato esaudito, ritrovare un amico, anche se nel secondo credevano ancor meno. Trovare il tesoro che Celebrían aveva perso sembrava così irraggiungibile, ma dopotutto ance quel primo desiderio era sembrato strambo e difficile nel realizzarsi, eppure erano lì abbracciati come vecchi amici.

Epilogo

Sentiero dei Morti, 3019 della Terza Era

Attraversarono la gola del monte Erech, raggiunsero la porta che li avrebbe portati alla distruzione o alla vittoria. I presenti tranne, Legolas l’elfo, ebbero timore di quel luogo lasciando che anche Gimli, nano, li temesse adirandosi anche con se stesso.
I morti li seguivano e all’antica pietra dove Isildur aveva segnato la sua maledizione, Estel aveva chiesto di unirsi a loro ed onorare l’antico patto per cui erano stati condannati.

Campi del Pelennor, 3020 della Terza Era

Combatterono i due giovani fratelli nella battaglia finale al fianco di Estel, negli schieramenti alleati. Gondor vinse grazie all’avvento dei Morti che onorarono infine il loro patto con il re dei Regni Alleati. Riuscirono a sconfiggere anche lo Stregone di Angmar per mano di una donna chiamata Eowin.

Imladris, 1 della Quarta Era

Fastosa era stata la festa del matrimonio della sorella. Erano tornati infine ad Imladris dove, nella stessa sala dove la madre gli aveva detto addio, Elrond fece lo stesso. Ma loro decisero di rimanere lì, spiegando al padre di non poter partire per Valinor prima di aver trovato ciò che Celebrían gli aveva chiesto.
Sapevano che ciò che cercavano, anche se gli orchi erano stati cacciati completamente dalla Terra di Mezzo, era da qualche parte nascosto. In qualche grotta oppure in sepolto da qualche parte ma loro non sarebbero partiti. Avrebbero seguito il loro scopo e poi avrebbero raggiunto il padre e la madre in quelle terre in cui gli elfi conoscevano la parola pace.
La loro amicizia con Estel non morì, anche quando lui lasciò la sua sposa, Arwen che morì poco dopo. Loro invece permasero nella Terra di Mezzo, ma non si conosce se realmente il loro scopo fu raggiunto.
Agli Annali or consegno la loro storia.


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