Friends, Only Lemon

« Older   Newer »
  Share  
Fantafree
view post Posted on 6/3/2008, 00:02




Fandom:Originale
Rating: Rosso
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: un capitolo
Avvertimenti: Lemon, Linguaggio Colorito
Genere: Romantico, Erotico, Fantasy
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits:nessuno
Note dell'Autore: L'ambientazione scelta è uno scantinato
Introduzione alla Storia: In un contesto fantasy (come sempre XD) l'approccio sessuale di due persone che si credevano solo e soltanto amici fino a un minuto prima di cominciare. Lo dedico a Puccina e a Coco Lee :)
(storia leggermente revisionata dopo il termine del concorso)


Friends



Ricordi la prima volta che l’hai vista, sul ciglio del marciapiede di un villaggetto di provincia.
Il volto sporco ed emaciato, i vestiti consunti che le pendevano addosso.
Solo un altro morto di fame lungo la strada verso la città.
Che pena, le lanceresti una moneta, se l’avessi. Ma non lo fai.
Lo fa Tristan, accidenti a te e a quando ti sei tirato dietro quello zappaterra, e non appena allunga il braccio, la povera mendicante gli molla un pugno, colpendogli il naso e facendogli lacrimare gli occhi, e si porta via pranzo e portafoglio.
Ecco perché non vuoi mai fare la carità.
Perché odi inseguire piccoli ladruncoli per le vie sterrate della campagna. Tra l’altro tu sei grosso e tutt’altro che agile, difficilmente potresti tirarla giù dal tetto dove sta appollaiata, dando il primo morso al tuo panino, fosse almeno quello di Tristan, ma no, è proprio il tuo.
-Torna giù, cagna!- Le gridi. Sei sicuro che sia una femmina giusto grazie a capelli lunghi. Ti aspetti un grugnito, un’imprecazione, un sasso in testa, e infatti, al dolce appellativo che le hai rivolto, la bestiola ingoia il boccone, borbotta in dialetto qualcosa che non capisci, e se ne va scendendo dall’altra parte del vicolo.
Ma, ahimé, le monete false spuntano sempre fuori di nuovo, e quando chiedi informazioni sulla tua meta, gli uomini dell’osteria ti dicono di rivolgerti a una tale Lou di Halter Street, nel rione basso, riconoscibile grazie a un grazioso marchio sulla spalla destra, oltre alla magrezza e all’accento strascicato del deserto ad Ovest. Ti raccomandano di stare attento ad avvicinarti, e ti chiedi se si riferiscano alle pulci o alla rabbia.
E come da copione, dalla moneta falsa si finisce per non separarci più.
E passato del tempo, siete diventati amici.
Quando si viaggia a lungo insieme si diventa più che amici. Si diventa compagni. Tu, Tristan, Nina e Lou. Un disertore, uno zappaterra, una mercenaria con complessi da prima donna e una stracciona occidentale.
E non eravate poi tanto insoliti, come gruppo.
Ma l’arrivo coincide sempre con l’inizio della fine, no? Sì.
E la signora città ha solo peggiorato le cose.


Il ronzio della radio rotta ti tormenta le orecchie.
Per essere uno scantinato è ben messo, nulla da dire, oltre ai letti c’è anche un abbozzo di cucina.
La macchina del caffè è un ottimo incentivo a rimanere nascosti fino a nuovo ordine.
Lou è più inquieta del solito. Normale, quando si sa di avere una taglia sopra la testa, ma non è da lei esternarlo a quel modo. Quasi sobbalza ogni volta che le rivolgi la parola, e finge di ascoltare quando ha la mente in tutt’altro posto.
Tu intanto hai sviluppato una certa insofferenza per il suo atteggiamento. In fondo su di lei ci sarà poco più di una foto segnaletica, di te hanno nome e cognome.
Joe Mallock ricercato per azioni contro le forze armate di South City e grazie tante all’esercito.
Non diverte neanche te rimanere chiuso nello scantinato nell’area centrale, qualche metro d’asfalto sotto la proprietà del dottor Benjamin Cody (un vecchio amico, che nel caso Dio non fosse disponibile, l’abbia in gloria almeno il suo principale).
I controlli a South sono in corso da poco più di due giorni.
Non dureranno molto, ti dici. Giusto il tempo di fare qualche arresto simbolico.
Non si scomoderanno più di tanto per una spina nel fianco dell’esercito e una banditella di confine. Tristan e Nina sono già fuori città, sono miracolosamente usciti prima del posto di blocco. Non vedi l’ora di raggiungerli.
-Capo?- Lou ti guarda appena, appollaiata su una sedia, i gomiti sui ginocchi.
-Hmn?- Sembra soppesare la domanda, altra cosa che non è da lei. Ti stupisce il fatto che, nonostante da quanto siete in città abbia ingurgitato schifezze a volontà, sia magra quasi quanto il giorno in cui vi siete incontrati. Ti sei chiesto più volte se non sia malata, più che affamata.
-Cosa fanno ai prigionieri in questa città?- Dice alla fine, e la voce è quella di sempre, fredda e piatta come un tavolo per autopsie.
Ti alzi a fatica dalla poltrona rattoppata, mettendo mano al caffè.
-Beh, li mettono dietro le sbarre. Avevi dubbi?- Lei alza le spalle.
-Non mi pareva che la gente di South sia così accomandante- Ti versi il liquido bollente nel bicchiere. Di tazze non ce ne sono.
-Fosse così accomodante…- La correggi senza quasi accorgertene. Devi essere stato uno snob spocchioso, in un’altra vita, per riprendere qualcuno che non va a scuola dall’età di sette anni.
-...Ma tu parli dei criminali di guerra, Lou, vero?- Sempre lì si ricasca. Non può fare a meno di parlare dei suoi ex-compatrioti.
-Che differenza fa?- Ti chiede, perdendo, almeno in apparenza, interesse per la conservazione.
-C’è criminale e criminale, e c’è carcere e carcere. Rudcloak è per i crimini contro il paese, Lou, inclusi gli stermini di massa- Chiudi l’argomento, risedendoti in poltrona.
Più tardi la rassicurerai su come loro siano lontani anni luce dall’esser destinati a quella specie di macelleria in cemento, ma per adesso vuoi solo riposarti.
Ne avrai bisogno, e ancora non lo sai.

Fuori cambia il tempo, si fa meno umido e più freddo, e Lou, da brava bestiola, cambia umore, facendosi più serena. Non proprio allegra, ma molto più sopportabile.
Un po’ ti dispiace pensare a lei come a un gatto lunatico, ma sono giorni che parla poco e si agita tanto.
Pensi che da adesso andrà meglio però, i controlli finiranno presto. Rose te lo ha detto per telefono, le poche volte che si è arrischiata a telefonare. E’ una donna in gamba, la tua.
Perché le cose dovevano precipitare proprio adesso?
Ti viene in mente che, prima di tutto questo pasticcio, con Lou e gli altri c’era stato anche da ridere. Aveva comportamenti che variavano dalla freddezza scorbutica alla mosca zezè più insopportabile.
Ricordi una volta in cui ti ha infilato la sistola nei pantaloni mentre spalmavi la crema solare sulla schiena di una bella bruna, al porto di Dodle Town, dopo aver fatto girare la manovella del serbatoio come un boomerang, fra le risate di Tristan e Nina.
Sorvolando poi le varie e reiterate frecciatine, acide come succo di limone.
Forse hai sbagliato tu. Per quanto amici poteste essere, forse hai trattato una ragazzina come un’adulta. O forse si è solo bevuta il cervello, mentre si china sul letto dove ti sei steso, approfittando del tuo momentaneo torpore, e ti fa scivolare una mano al cavallo dei pantaloni. Stringe dolcemente, facendoti passare tutta la voglia di dormire.
In altre circostanze avresti trovato più che gradevole svegliarti col fiato di una donna sul collo e una mano fra le gambe, ma ora spalanchi gli occhi abbastanza da farli cadere e le afferri il polso, impedendole di continuare.
La guardi e basta, per qualche secondo, troppo stupito per dire qualcosa.
E’ incredibile come gli occhi blu siano ancora freddi. Sono accesi, ma non come i cieli turchini di cui si legge nei libri, somigliano più alla fiammella del gas.
-Sei impazzita?- Riesci a dire, tirandoti a sedere.
-No- Ti risponde, senza neanche lamentarsi per la stretta al polso.
Ti si avvicina di nuovo, ma senza intenzioni definite.
-Voglio che lo fai con me- Stavolta non ti passa nemmeno per la mente di correggerle la grammatica.
-…Credevo fossimo amici noi due- Commenti, sentendo una strana rabbia montarti dentro.
Potresti pure scoparla qui, ora, contro il muro, sgorbietto e acida quanto vuoi, pace. Ma non lo fai e non lo farai, perché è tua amica, è Lou, maledizione, perché cavolo dovrebbe volerlo? A che gioco vuol giocare?
-Io...- Prova a dire lei, ma sia ringraziata la linea ballerina, squilla il telefono.
Comprerai rose rosse a Rose, per ringraziarla di averti tirato fuori dall’impiccio.
E infatti è lei che ti chiama, fai cenno a Lou di stare zitta.
Ne riparlerete dopo, così che magari si sbollisca nel frattempo, se di crisi ormonale si sta parlando.
Hai la cornetta in mano da mezzo minuto, hai appena fatto in tempo a dire a Rose che va tutto bene, quando anche lei si alza dal letto, e invece che dirigersi in cucina o in qualunque altro posto circondato da pareti, ti si piazza davanti, ed è uno spettacolo un po’ inquietante.
Ti viene da ridere a fare certi paragoni, ma somiglia tanto ai fantasmi protagonisti dei vecchi film dell’orrore, magra fino all’osso, i capelli lunghi fino alla vita e la pelle bianca.
Qualche differenza c’è però, fosse altro che una pellicola cinematografica non pretende rapporti sessuali.
Ma non è più la ragazzina pallida a cui sei abituato tu, non può essere la stessa che adesso ti spinge il viso fra le gambe, inginocchiata ai piedi del letto, ignorando il fatto che dall’altra parte della cornetta ci sia la tua donna.
Soffochi un “Macchecazzo…” giusto in tempo, cercando di allontanarle la testaccia dura dalla tua zip.
-Che è successo? Qualcosa non va?- Ti chiede Rose, da una cabina telefonica a chissà quanti isolati lontano da lì.
-Nulla...ho rotto una lampada- Inventi lì per lì, e ti esce fuori bene, forse perché non hai il tempo di preoccupartene, sei troppo occupato a tentare di allontanare Lou premendole la suola della scarpa contro la spalla magra.
Dio, che scena ridicola.
Per tutta risposta, lei cambia posizione e ti tira giù le mutande, dietro la patta aperta, affondandovi il viso e prendendotelo in bocca.
Stavolta rischi di far cadere l’intero apparecchio dal comodino, riuscendo in extremis a chiudere in fretta (ma non abbastanza) la telefonata con qualche frase arrangiata.
Agganci il telefono la prendi per le spalle, infastidito dal modo in cui i tuoi ormoni protestano per l’interruzione.
Si vergognasse almeno, invece di fare quella faccia da troia.
-Si può sapere che cazzo ti è preso?- Ti aspetti un offesa, un risposta a tono, qualcosa, ma lei non parla, ti guarda e basta.
-Ho la ragazza, se te lo sei scordata- Aggiungi, non sapendo più che pesci pigliare. Inutile ovviamente, Rose non le è nemmeno simpatica.
-Troppo tardi, ormai è duro- Osserva freddamente.
Uno dei motivi per cui ti stava simpatica era aver trovato qualcuno più cafone di te, ammettiamolo, ma ti prude comunque la mano dalla voglia di mollarle un ceffone.
Non lo fai, perché lei ti precede, salendo sul letto e sporgendosi di nuovo verso di te, a un soffio dal baciarti. Ti stupisci che anche Lou possa avere gli occhi lucidi.
-Per favore. Solo stanotte e non ti chiederò più nulla. Mai più-
La allontani un po’, passandoti le mani sul viso.
-Va bene- Sospiri. Più che tranquillizzarla sembri innervosirla ancora di più.
Se ne pentirà, a suo tempo.
Le cose non saranno più come prima, lo sai per esperienza, e ti scoperesti più volentieri un riccio ora come ora, ma tant’è.
Neanche la sveltina rapida e indolore ti pare contemplabile.
Le farai pagare almeno la figura di poco fa, però.
-Su, spogliati- Dici, tirando su il capo e piantandole gli occhi addosso.
Un sopracciglio sottile si contrae per un istante, e l’insolenza di poco prima svanisce di colpo.
-Non…-
-Spogliati- Ahimé, sono secoli che ti dà dello stronzo, doveva almeno sospettare che lo fossi davvero.
-Perché...perché non lo fai tu?- Ti scappa un sogghigno.
-Mi piace guardare- E non ti preoccupi certo di spegnere la luce.
Guardando altrove, la ragazza si porta le dita lunghe e bianche al primo bottone della camicia, che per taglia e linea potrebbe stare benissimo anche a te.
Le tremano leggermente le mani, ma fa finta di niente, togliendosela e rimanendo in reggiseno. Per così dire. Porta un’ampia fascia di stoffa che l’avvolge fino all’ombelico, ma potrebbe fare a meno anche di quella.
Ti guarda, cercando chissà cosa nella tua espressione, ma tu, a parte il sogghigno malcelato, rimani impassibile, il gomito appoggiato sul ginocchio.
Ma ovviamente non puoi prenderti rivincite con lei, avresti dovuto saperlo.
Si toglie anche quella, sganciandola dietro e lasciandosela cadere sulle ginocchia.
Trattieni il fiato per un momento. Qualcosa nel tuo sguardo non deve piacerle, perché si incrocia le braccia al petto subito dopo, emettendo qualcosa di tremendamente simile a un singhiozzo.
E tocca a te pentirti, perché non è certo per le scarse misure che si copre il petto, l’occhio casca più facilmente sulle cicatrici rossastre, o bianche nel migliore dei casi, che le saettano sulla pelle chiara. Ricordo di amichevoli alterchi fra soldati, sicuro.
-Scusa- Biascica, mentre l’abbracci per riflesso. E poi le vuoi bene, accidenti.
Farla piangere non rientrava nei tuoi progetti.
A dirla tutta, a cominciare dalla stretta di mano (ah. Ah. Ah. Ti stupisci del tuo umorismo) per finire con le rotondità giusto simboliche del seno nudo premuto contro il tuo petto, NIENTE di tutto ciò rientrava nei tuoi progetti.
-Scusa tu. Non piangere, per carità- La preghi, cercando di esser gentile.
-Va bene...- Acconsenti, anche se lei non ti ha chiesto nulla.
-...facciamolo e basta- Dici spengendo la luce.
Non ci vedi quasi nulla, e le afferri la mascella per baciarla, senza farle male ti auguri, sia pur con la delicatezza di un granchio.
-Non è che è la prima volta per te, vero?- Ci metteresti la mano sul fuoco che non lo è, ma sempre meglio chiedere. Qualche sorpresina extra la scongiuri volentieri.
-No...ma è passato un po’ di tempo dall’ultima volta- Lì per lì rischi di riderle in faccia, e fortuna che eviti. Non ti piace granché il tono che ha usato.
-Va bene, non voglio sapere altro. Non importa- Chiudi la questione.
Non ti dedichi ai preliminari da almeno tre anni, ma un po’ per paura di farle male, un po’ per tenerezza, insisti a lungo, prendendole in bocca i capezzoli rosei e affondandole il viso fra le cosce. Ti accorgi distrattamente che ogni volta che le scappa un gemito si preme le mani alla bocca, come a volerselo soffocare.
Quando ti adagi sopra di lei, guardandola in viso, senti di nuovo l’assurdità della situazione pungerti lo stomaco.
Possibile che proprio voi due siate finiti a letto insieme?
Mentre le entri dentro più dolcemente che puoi, sentendo le cosce magre stringerti i fianchi fino a farti male, le unghie arpionarti la schiena con molto meno riguardo e il viso premerti contro il collo, ti rendi conto che è possibilissimo.
-Fa piano- Mormora, quando inizi a muoverti dentro di lei.
Più piano di così andresti all’indietro e cerchi quindi di tranquillizzarla come puoi.
Andate avanti a lungo e alla fine vieni solo tu, lei è troppo rigida e incollata per provare davvero piacere, oltre al calore.
E’ ancora più imbarazzante quando vi separate, soprattutto per lei.
Ti dà subito le spalle, rannicchiandosi a lato del letto, lasciando vuota una bella parte di lenzuolo.
Le guardi la schiena ancora a lungo, ansimando.
Non riesci ad addormentarti e non hai cuore di dir nulla.
Rimani sveglio, pensando se tutto questo c'entri qualcosa con la prigione, e a che taglia ci sarà mai sulla testa di Lou.
Pensando a cosa vi direte domani, e se avrà freddo, stanotte.
Se avrai il coraggio di abbracciarla.



Fine.


Edited by Fantafree - 7/4/2008, 21:24
 
Top
0 replies since 6/3/2008, 00:02   75 views
  Share