A rose by any other name, [23/04/08] Special

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Fantafree
view post Posted on 28/5/2008, 22:28




Rating: Verde
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 1281 parole, titolo escluso.
Avvertimenti: Nessuno.
Genere: Generale.
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits: Il titolo è parte di una frase ad opera non mia ma di Shakespeare (“a rose by any other name would smell as sweet”).
Segnalo per sicurezza che per puro caso i due nomi della mia protagonista, Rosarossa e Rosabianca, sono utilizzati anche in una favola dei fratelli Grimm, intitolata “Rosarossa e Rosabianca” per l’appunto. La loro favola e la mia non hanno però nulla che fare l’una con l’altra né per la trama né per l'utilizzo dei nomi.
Note dell'Autore: Ho scelto “Generale” perché questa è una favola, e avrebbe degli accenni di troppi generi e nessuno in particolare.
Altra noticina piccina, lo spazio fra <</>> e la parola che viene dopo/prima non è un mio errore. Non ho idea del perché, ma togliendo lo spazio mi si annullano le maiuscole.
Introduzione alla Storia: Si finisce per far confusione a chiamare con nomi diversi la medesima cosa, non è forse vero?


A rose by any other name


In un regno lontano viveva un re che amava così tanto le rose che fece circondare l’intero castello di rose bianche, candide come la neve.
Questo re aveva una figlioletta, l’unica alla quale aveva dato il permesso di cogliere le sue rose. L’aveva infatti chiamata Rosabianca e crescendo divenne bella, ma così bella che le rose fra cui giocava non potevano reggere il confronto.
Accadde che una vecchia strega di passaggio scorse la fanciulla giocare fra i fiori e vedendola dotata di una tale bellezza ne fu invidiosa e maledisse il roseto.
L’invidia contagiò le rose immacolate, alle quali spuntarono le spine, e nel linguaggio dei fiori così parlarono alla principessina:
<< Solo perché sei la preferita del re, non ci va d’essere da meno di te.
Bada di non cogliere mai più una sola di noi, o per te saranno brutti guai >>
La fanciulla, spaventata da quella minaccia, corse via e per quanto suo padre insistesse non volle più tornare nel roseto.
Passarono le stagioni, arrivò l’inverno che fece sfiorire ogni cosa e Rosabianca lentamente scordò lo spavento di quel giorno.
Allo sbocciare della primavera, quando i fiori erano di nuovo belli e rigogliosi come non mai, il vecchio re si ammalò: la figlia passava notte e giorno al suo capezzale, piangendo la triste sorte del padre.
<< Figlia mia, sento che ormai sta arrivando la mia ora. Prima di morire però, voglio che mi porti qui una delle rose che ho fatto piantare, per vederle un’ultima volta >>
Rosabianca, tanta era la pena per il vecchio padre, corse in giardino e si aggirò fra le siepi di rose.
Le parevano innocue come sempre erano state, così cercò la più bella e la più bianca di tutte, ma quando fece per coglierla una spina le punse un dito e l’incantesimo della strega la trasformò in una rosellina. Sarebbe passata inosservata in mezzo a tutte le altre se non fosse che il sangue spillato le aveva tinto i petali di rosso scarlatto.
Eppure nessuno sospettò dell’incantesimo e siccome il re aveva dato ordine a tutti di non toccare mai le sue rose, nessuno la cercò mai nel roseto.
Il tempo passava e il re, tormentato dal dolore per la scomparsa della figlia, s’aggravò ancora di più e morì.
Non avendo altri eredi, il regno cadde nelle mani dei reami vicini ed il castello andò in malora: le rose crebbero e crebbero fino a ricoprirne quasi per intero le mura e nessuno ci si avvicinava più, temendo le spine acuminate, che si diceva fossero velenose come null’altro.
Passò così la primavera ed anche l’estate e per il dolore e il rimorso la rosellina rossa appassiva sempre un po’ di più, mentre le altre rose bianche rimanevano rigogliose e belle come non mai.
Capitò che ai primi freschi d’autunno un lupaccio nero passasse dal roseto, sperando di sorprendere qualche bestia mentre brucava.
E poiché aveva il muso a terra per fiutare scorse un piccolo fiore scarlatto col capo reclinato sull’erba, sovrastato da un groviglio di fiori bianchi come neve.
Il lupo, incuriosito, le si avvicinò e le chiese cosa mai facesse lì un fiorellino così modesto.
Nel linguaggio dei fiori, che animali e fanciulle dal cuore puro ben capiscono, questa gli rispose:
<< Ah, amico lupo, è un incantesimo che mi intrappola qui. Tanto m’hanno odiato le mie compagne rose che una delle loro spine mi ha tramutata nel brutto fiore che vedi >>
Il lupo, che un fiore proprio non poteva mangiarlo, ne ebbe pietà e le chiese come si chiamasse. Rise molto quando seppe che il suo nome era Rosabianca.
<< Senti rosellina, mi fai tanta pena che voglio aiutarti.
Ma tu bianca non sei proprio e io ti chiamerò Rosarossa >>
La rosellina ne fu commossa e accettò di farsi chiamare così, nonostante gli ricordasse la sua triste condizione.
Chiese dunque alle sue compagne bianche, che la squadravano dall’alto:
<< Rose belle, ditemi vi prego il modo di liberarmi da questo maleficio >>
Un soffio di vento che le strappò un altro petalo le portò anche le risate delle interpellate, che dissero in coro, altezzose:
<< E’ di strega la magia, tanto forte che la bellezza ti portò via
Non c’è modo di levarla, finché della strega questo è il volere >>
Il lupo non si lasciò impressionare e promise alla sua Rosarossa di trovare la strega e farle togliere la fattura prima che l’inverno la facesse appassire (o almeno di provarci).
Così partì, camminò e camminò fino a quando un corvo di passaggio non gli indicò la casa della strega più anziana del paese.
<< Sarà ben facile costringere ad aiutarmi una strega decrepita come quella >> Pensava il lupo. Entrò nella stamberga dove la vecchia stava rimescolando strane brodaglie in una pentola e subito le mostrò le zanne.
<< Strega, togli la maledizione dalla rosellina rossa o ti costerà la vita >>
La vecchia, seppur controvoglia, non vedendo altra via d’uscita se non assecondare l’animale gettò un arbusto rinsecchito nel calderone, mescolò due volte verso destra e una verso sinistra ed estrasse infine una bellissima rosa, rossa come il sangue.
<< Avvicinati dunque e chiedi ciò che desideri >>
Ma il lupo ben sapeva che la rosa era stregata e per paura delle spine lunghe e velenose non le si avvicinò che di un poco.
<< Fa’ che Rosarossa torni ad essere Rosabianca >>
Ringhiò, mantenendosi a distanza.
In un attimo i petali si raggrinzirono, il rosso divenne marrone e morendo la rosa disse:
<< Scarlatta non è più
Rosarossa tutta bianca è ritornata
E poiché il bianco di rosso nulla deve avere
Tu mai la potrai toccare >>
Il lupo, che non temeva le profezie, uccise la strega (codesto lupo non era solito nemmeno tener fede alle promesse fatte per convenienza) e tornò di corsa al castello.
Lì cercò ovunque ma della rosellina rossa non c’era traccia, le rose bianche rimanevano in silenzio e lui era sempre più agitato.
Ma l’incantesimo era davvero svanito e Rosabianca era tornata la bella fanciulla che era stata prima della maledizione.
<< Ah, signor lupo, mi avete salvata alla fine! >> Lo chiamò, correndogli incontro con le lacrime agli occhi.
Ma il lupo era ormai affamato e Rosabianca non aveva più l’odore di un fiore, ma quello invitante e irresistibile della carne fresca.
In un attimo alla bestia salì il sangue alla testa e s’avventò senza riconoscerla contro la principessa, che atterrita si vide raggiungere dalle fauci spalancate del suo salvatore.
Per sua fortuna però, un principe che passava di lì a cavallo aveva assistito alla scena ed era rimasto così colpito dalla bellezza di Rosabianca che non aveva esitato un momento a correre in suo aiuto, tagliando la testa del lupo con la spada prima che questi la divorasse.
Al principio, dopo la gran paura che si era presa, Rosabianca ringraziò e baciò il principe ma poi, alla vista del corpo straziato del lupo che l’aveva tanto aiutata, cominciò a piangere; pianse tanto che le lacrime si mischiarono al sangue, imbrattando pian piano tutte le rose.
Non appena sfiorate dal sangue le spine persero all’istante il loro veleno e le rose, già tornate silenziose e belle come una volta, ora che la strega invidiosa non era più in vita, tornarono ad essere anche innocue.
La principessa ebbe ancora un gran piangere per il suo amico lupo e l’ormai defunto padre, ma passato l’inverno pianse sempre meno, fino a che un giorno si svegliò con il sorriso sulle belle labbra e furono celebrate le nozze con il principe, ormai perdutamente innamorato di lei.
Infine, ho detto che le rose del re tornarono innocue come una volta, ma proprio così non fu in verità.
Persero sì il loro veleno ma le spine rimasero, e se provi a coglierle fai attenzione: fa assai male la puntura.


-Fine-

 
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