Hogwarts Twenty Years, Vent'anni dopo la conclusione del settimo libro...

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Sophonisba
icon12  view post Posted on 15/6/2008, 22:45




Presenti Spoiler Settimo Libro!


Fandom: Harry Potter di J.K.Rowling


Rating: Verde


Personaggi: James Sirius Potter, Albus Severus Potter, Rose Weasley, OC


Tipologia: Long Fiction


Lunghezza: 24 capitoli


Avvertimenti: Spoiler!


Genere: Generale, Romantico, Avventura


Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia appartengono a J.K.Rowling che ne detiene/detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro ma gli elementi nuovi non presenti nei libri originale di Harry Potter appartengono solo a me.


Credits: La canzone iniziale è Lagoon dei Nightwish, la canzone finale è Song of the Sandman (Lullaby) di Enya.


Note dell'Autore: E' stata la mia prima fan fiction su Harry Potter.




Introduzione alla Fan's Fiction:




Sono passati vent'anni dalla sconfitta di Voldemort, e ora sono le nuove generazioni a vagare per i corridoi di Hogwarts, ancora fitta di misteri e magia. Emily, una di loro, dovrà impiegare tutto il suo ingegno per riuscire a svelare il mistero letale che circonda il suo amico. E per riuscire ad accettare l'amore della sua vita.







Prologo




Imagine a perfect beach
Without a mermaid
Imagine a perfect hideaway
Without a time

Nightiwish



«Ehi, Folletto Saputello!»
Ecco, questo era l’onorevole soprannome che James Sirius Potter, il bellissimo, perfetto, nobile Grifondoro del quarto anno aveva amorevolmente affibbiato a Emily Hale. E un giovedì pomeriggio, mentre la ragazzina camminava ingobbita sotto il peso della borsa zeppa di libri lungo il corridoio del terzo piano di Hogwarts, gliela gridò dietro dalla porta dell’aula di Trasfigurazione.
Tutte le teste degli studenti presenti si voltarono a vedere con chi il divino Potter stesse parlando. Inizialmente, tuttavia, nessuno riuscì a individuare Emily, che per un attimo pensò di riuscire a raggiungere la fine del corridoio e sparire prima di essere notata. Non sarebbe stato molto difficile: bassina, smilza e senza nemmeno una curva che indicasse la sua appartenenza al genere femminile, Emily era decisamente il tipo di persona che possedeva la straordinaria dote mimetica di confondersi con le pareti, pietra, legno o arazzi che fossero. E i suoi lineamenti banali, i capelli castano opaco e gli occhi troppo scuri per essere neri e troppo sbiaditi per essere grigi aiutavano notevolmente nell’impresa.
Sgusciò via tra gli altri ragazzi ed era ormai quasi all’angolo dove il corridoio svoltava quando un torace ricoperto dall’austera divisa di Hogwarts entrò nel suo campo visivo. Emily non fece in tempo a frenare e andò dritta a sbatterci contro, rovinando a terra e sparpagliando tutti i libri sul pavimento.
«Ehi, ma guarda dove vai!»
Oh no, perché lui?!, gemette Emily tra sé alzando lo sguardo sul proprietario del busto: David Steeval, l’amico ciliegia di Potter, il Grifondoro bello e dannato, idolo di tutte le ragazze del terzo anno.
«Ehi, ma guarda chi c’è, il Folletto di Corvonero! Avevi il naso infilato in uno di quei mattoni dei tuoi libri per non vedermi, eh?»
Emily avvampò. Avrebbe voluto tanto prendere la bacchetta e piazzargli una bella Fattura Nasogrugno e trasformare il suo bel faccino in qualcosa di molto simile al muso di un maiale. Almeno sarebbe stato più simpatico di quel sorrisetto altezzoso che aveva stampato sulla faccia in quel momento. Emily avrebbe potuto farlo. Avrebbe voluto farlo. Era la migliore del suo anno e, probabilmente, anche dei due successivi, la sarebbe bastato un colpo di bacchetta e il gioco era fatto. Nulla di difficile per lei, il genietto incompreso. E codardo.
Abbassò gli occhi, sentendo tutti gli sguardi del corridoio puntati su di lei. Qualche ragazza del quinto anno stava ridacchiando.
«Scu-scusa», balbettò Emily, agognando con tutta se stessa di sparire lì, in quell’esatto momento, risucchiata dal tappeto rosso sotto di lei. Invece, come al solito, il suo desiderio non venne esaudito.
«Dai, Davie, non esagerare ora. Non vedi che è caduta, poverina?», intervenne Potter avvicinandosi e tendendo la mano. Probabilmente voleva essere gentile. Probabilmente. Ma Emily si sentì ancora peggio.
«Sto bene, grazie, non ti disturbare…», biasciò, terrorizzata da quella mano tesa. Un paio di ragazze dietro la schiena di Potter avevano smesso di ridere e la stavano guardando come se fosse qualcosa di estremamente sgradevole. Emily ebbe la brutta sensazione che se avesse osato accettare l’aiuto di Potter si sarebbe scatenata contro l’ira universale del suo intero fan club, di cui le due in questione facevano parte.
Potter si accigliò. «Ehi, non c’è bisogno di essere così asociale, sai? Non mi stupisco che tu non abbia amici.» Ritirò la mano scocciato e tornò in classe seguito pigramente da Steeval, che fece un occhiolino canzonatorio a Emily.
Grazie al cielo la campanella suonò in quel momento e gli altri studenti si affrettarono a dirigersi nelle rispettive classi. Il corridoio si svuotò rapidamente, e il chiacchiericcio lasciò posto solo a un profondo silenzio.
Emily si inginocchiò e si mise a raccogliere i suoi libri, schizzati fuori alla caduta dalla borsa straripante. Sentì all’improvviso dei passi e vide che le due ragazze di prima erano rimaste al loro posto e si stavano avvicinando con aria vagamente minacciosa.
Emily si lasciò sfuggire di mano un libro con il cuore in gola, certa che le due volessero vendicarsi, ma prima che qualcuno tra loro potesse aprire bocca, un’altra voce maschile, pacata e bassa, intervenne.
«Hai bisogno di una mano?»
Emily e le due ragazze si voltarono di scatto. Evidentemente c’era qualcun altro che non era schizzato via dal corridoio per paura di arrivare tardi alle lezioni.
Stuart Dunneth. Emily lo riconobbe subito: alto, capelli scuri, viso serio da secchione, era uno studente del suo anno, della sua stessa Casa, Corvonero. Guardava circospetto le due ragazze che svettavano su Emily ancora inginocchiata sul pavimento, molto più alte e più bionde di lei. Queste ultime, sorprese, si ripresero quasi immediatamente, lanciarono un’occhiata sprezzante agli abiti disordinati di Stuart Dunneth e se ne andarono a passo di marcia con il naso per aria. Evidentemente non giudicavano valesse la pena punire Emily alla presenza di terzi, fossero anche degli inutili secchioni come Dunneth.
Il ragazzo in questione, senza una parola, si chinò e si mise a raccogliere i libri di Emily.
«Grazie, ma non devi…», mormorò lei cercando di prendergli i libri dalle mani. Lui glieli lasciò cadere tra le braccia senza alcuna esitazione.
«Dobbiamo muoverci, siamo già in ritardo con la professoressa Bones. Se ci becca abbiamo tutti i turni delle pulizie dell’infermeria per la prossima settimana», la spronò senza nemmeno ascoltarla.
Emily radunò tutti i libri, li infilò di nuovo a fatica nella borsa e si mise a correre dietro a Dunneth, che l’aveva preceduta alla fine del corridoio e su per le scale animate di Hogwarts.
Avrebbe voluto chiedergli perché l’aveva aiutata, ma aveva il fiato troppo corto per parlare, così si limitò a lanciargli occhiate fugaci ogni tanto durante la loro corsa. La sua corsa a dire, il vero, perché lui, sebbene a passi lunghi e rapidi, camminava soltanto. Era lei che non riusciva a stargli dietro.
Stuart Dunneth. Migliore studente del loro anno a pari merito con Emily. Doti magiche eccezionali, cervello dalla capacità mnemonica straordinaria, nascita Babbana. Come Emily. In effetti, ora che ci pensava, loro due avevano parecchio in comune. Non se n’era mai accorta prima, nonostante fossero tre anni che vivevano nello stesso dormitorio, frequentavano le stesse lezioni e pranzavano nella Sala Grande praticamente gomito a gomito.
Anche se, a dire il vero, Emily faceva fatica ad accorgersi di chiunque avesse intorno; passava troppo tempo con la testolina spettinata affondata in qualche volumone antico in biblioteca per socializzare con i suoi compagni. E lui, da quel che ricordava, non era molto più espansivo; passava parecchie giornate con gli altri ragazzi di Corvonero di terza, certo, ma spiccicava solo qualche parola di tanto in tanto e ogni volta che qualcuno cercava di instaurare qualche cosa di più di una fredda convivenza con lui, cadeva dalle nuvole. Emily, invece, quando capitava a lei, arrossiva violentemente e diventava tutt’a un tratto muta.
Stuart Dunneth, primo della classe, riservato e distratto. Emily si sarebbe ricordata dell’aiuto che le aveva dato quel giorno. Eccome se ne sarebbe ricordata.





Continua...





Edited by Sophonisba - 24/6/2008, 12:17
 
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