Ladri d'amore, [16/02/08] Sindromi

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Sselene
view post Posted on 4/7/2008, 16:58




Rating: 14 anni
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 1.582 parole, 3 pagine, 1 capitolo
Avvertimenti: Linguaggio Colorito
Genere: Generale, Suspence
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Note dell'autore: Beh, all'inizio non doveva finire così, ma il mio affetto di scrittrice ha avuto la meglio sulla mia devozione a madama ispirazione X°
Introduzione alla Storia: Un ladro a cui viene rubato il cuore è sempre disposto a tutto per accontentare la sua bella.

Un angelo sceso in terra, non c’era altro modo per definirla di modo da rendere bene la sensazione di assoluta purezza che esprimeva e la bellezza delicata che portava indosso con estrema modestia. I lunghi capelli morbidi e biondi erano, in quel preciso istante, stati sistemati sulla spalla destra con un unico fluido gesto ricolmo di cura per i dettagli e di altrettanta indifferenza per l’apparire; i grandi occhi azzurri, incassati come i più splendidi zaffiri in un viso di candida porcellana, si voltarono verso di lui, incrociando il suo sguardo ammirato, e le labbra morbide e delicatamente rosate si stirarono in un sorriso mentre, con passi lenti, le lunghe gambe snelle si muovevano verso di lui, paralizzato sulle scale da quella meravigliosa visione. “Scusami…” Sbottò la ragazza, con il suo solito tono acido, portandosi le mani ai fianchi con quel suo fare superiore che sempre adoperava nella squadra. “Mi stai ingrippando la strada.” Il giovane batté un paio di volte le palpebre, vagamente confuso dalla visione sfumata e dalle parole della ragazza, poi si spostò di fianco, di modo da poterle liberare le scale. “Si, scusa.” La bionda lo ignorò, salendo le scale senza prestargli neanche un’ultima occhiata. “Scusami.” Sbottò la mora seduta sul divano dopo qualche attimo, facendo il verso alla ragazza che si era allontanata. “Mi stai ingrippando la strada.” Strinse le labbra, alzandosi di scatto, chiudendo seccata il portatile con una mano. “Ma chi cazzo si crede di essere quella? E che cazzo vuol dire ‘mi stai ingrippando la strada’?” Portò lo sguardo sul giovane accanto a lei, quasi come a voler da lui una risposta. “Jo.” La chiamò, invece, il castano sulle scale, scendendole, lanciandole un’occhiata di rimprovero. La ragazza gli si avvicinò a grandi passi. “Ma perché la teniamo con noi, Sven? Mandiamola a ‘fanculo, non abbiamo bisogno di lei, noi tre ce la caviamo benissimo da soli!” Il giovane seduto rise, abbassando la tazza di caffè che stava beatamente sorseggiando. “L’amore è amore, Jo, e leva razionalità.” Sven si limitò ad avviarsi alla macchinetta, versandosi a sua volta del caffè. Avrebbe voluto ribattere alle parole pronunciate, ma si rendeva ben conto che Elias aveva perfettamente ragione.

“Domanda!”
Il trio si voltò verso la bionda stesa sul divano, intenta a stuzzicare noccioline dalla busta che si era posata sullo stomaco, tanto silenziosa e indifferente ai loro discorsi che quasi si erano dimenticati fosse effettivamente presente. “Kimberly, stiamo organizzando un piano, non abbiamo tempo per rispondere ai tuoi dubbi amletici.” Ribatté vagamente seccato, ma con tono gentile e cordiale come sempre, il giovane Elias, senza neanche degnar la ragazza di uno sguardo, rimanendo ben attento agli appunti sui vari antifurti che li allontanavano dal loro prossimo obiettivo. Kimberly, comunque, non diede ascolto alle sue parole, posando a terra il pacchetto di noccioline e voltandosi su un fianco. “Qual è il dipinto di un ragazzo più ingrippante?” Domandò, sottolineando ogni parola con un movimento leggero del dito. “L’autoritratto di Salvator Rosa come guerriero.” Rispose immediatamente Jo. “La Creazione di Adamo, di Michelangelo.” Replicò nello stesso istante Elias senza alcuna esitazione. Sven evitò accuratamente di rispondere, chiedendosi dove volesse arrivare la bionda che rise, scotendo il capo. “Siete proprio tre deficienti.” Si alzò in piedi, allungando le braccia verso il cielo, stiracchiandosi tutta per allontanare da sé il torpore e la sonnolenza. Tornò a rilassarsi con un sospiro. “Il quadro più ingrippante è sicuramente il ragazzo con cesto di frutta di Caravaggio.” Rispose, avviandosi verso le scale, soffermandosi un attimo al fianco del castano che, ben sapeva, stravedeva per lei. “Se qualcuno mi portasse quel quadro, sarei sicuramente pronta ad innamorarmi di lui.” Soffiò con voce carica di malizia, sorridendogli provocante, soddisfatta nel vedere il giovane rabbrividire appena, per poi allontanarsi, salendo a due a due le scale che portavano al piano superiore. I tre rimasero in silenzio per un po’, poi Jo sospirò esasperata. “Mio Dio, che Odio.” Sbottò stizzita, prima di riportare lo sguardo sulla mappa che accuratamente aveva preparato. “Dunque, dicevamo…” Sven alzò una mano, fermando le sue parole, con lo sguardo lucido di una nuova emozione. “Cambiamo obiettivo.” Informò solo, quasi tremando per la gioia. Elias inclinò perplesso il capo di lato, poi sgranò gli occhi. “Non vorrai mica andare a rubare veramente quel quadro? Sven, ti sta solo usando!” Il castano sospirò, passandosi una mano tra i capelli, portando lo sguardo sulle scale che Kimberly poco prima aveva passato. “Lo so.” Confermò, tornando con lo sguardo sui due compari. “Ma devo almeno provarci, potrebbe essere una buona occasione.” Gli altri due si guardarono rassegnati. Il loro capo era innamorato. Era loro dovere aiutarlo.

Il quadro era lì, ammiccante nel buio della sala, pronto ad offrire sé stesso a chi avesse avuto abbastanza coraggio per prenderlo, quasi schernendo chi voleva provarci. In molti avevano provato a catturarlo, ma mai nessuno c’era riuscito, fino ad allora.
“Elias?” L’auricolare scoppiettò appena, solito suono del collegamento avvenuto, poi la voce gioviale del giovane lo raggiunse. “Ci sono, Sven.” Confermò, da sopra il rumore di dita che si spostavano rapide sulla tastiera. “L’antifurto è stato disattivato e le telecamere oscurate, puoi prendere il quadro.” Il castano annuì appena, nonostante sapesse che l’altro non poteva certo vederlo, accostandosi al quadro e togliendolo lentamente dal muro. Con estrema precisione e delicatezza, scostò la tela dalla cornice, attento a non rovinarla. Avvolse lentamente il quadro nel panno che l’avrebbe aiutato a portarlo e riappese la cornice vuota. Sarebbe stata solo d’impiccio, quella. “Okay, ci sono. Jo, portami fuori di qui.” La ragazza prese il controllo del microfono, con un fruscio di fogli. “Immediatamente, capo.”

La bionda osservò attentamente la sua immagine allo specchio, sfumando appena, con la punta dell’indice, il rossetto sulle labbra piene. Volse appena lo sguardo sulla porta, alla quale avevano bussato qualche minuto prima, chiedendosi se l’avesse fatto attendere abbastanza. In fondo, gli portava il dipinto che aveva sempre sognato, poteva mostrarsi caritatevole. Chiuse il rossetto, posandolo nella borsetta e si alzò, concedendosi una leggera giravolta davanti allo specchio di modo da far frusciare l’abito verde, poi saltellò verso la porta, aprendola con un’espressione vagamente annoiata. “Si?” Il castano gli sorrise smagliante, porgendo il rettangolo avvolto dal panno. “Il quadro che hai chiesto, Kimberly.” La ragazza sgranò gli occhi, fingendo una sorpresa che di certo non l’aveva colta, portandosi una mano alle labbra, attenta a non toccarle per non far sbavare il rossetto che si era messa con tanta cura. “Oh, Sven, ma l’hai preso davvero?” Domandò emozionata, facendosi di lato per farlo entrare in stanza. Non avrebbe voluto farlo, ma sembrava così pesante da tenere, quel quadro, era meglio farlo portar dentro direttamente dal ragazzo. “Beh, tu l’hai chiesto con tanta veemenza.” Rispose il castano, posandoglielo sul letto, volgendosi poi verso di lei. “Non merito una ricompensa?” Azzardò, affondando le mani nelle tasche del jeans, sorridendo un po’ imbarazzato alla bionda che lo osservava e che, dopo qualche lungo attimo di silenzio, rise. “Beh, direi proprio di si.” Confermò, avvicinandosi al maggiore, alzando il viso per posare morbidamente le labbra sulle sue. Lasciò che Sven godesse qualche momento di quel contatto, poi si scostò, sorridendogli con il capo inclinato leggermente verso un lato. “Grazie, Sven. Grazie davvero.” Il castano rise appena, annuendo, avviandosi alla porta della stanza. “Non c’è di che.” Mormorò solo, uscendo, chiudendosi la porta alle spalle.
Rimasta sola in camera, la ragazza offrì la propria totale attenzione al quadro ancora avvolto dal panno che si trovava sul letto. Vi si avvicinò, scoprendolo piano, trattenendo il fiato quando lo vide. Era lì. Era suo. Era il suo ragazzo che a lei si offriva. Era suo. Totalmente suo. Il cuore cominciò a batterle forte nel petto, mentre la gola e lo stomaco le si stringevano in due gelide morse serrate. La vista quasi le si appannò per un attimo e, prima ancora di accorgersene, si ritrovò in ginocchio, col viso ancor più vicino al Suo Ragazzo. Al Suo Bellissimo Ragazzo. Si chiese come avesse potuto restare senza averlo per così tanto tempo, perché, vedendolo, si rese conto che niente della sua vita la riempiva come ci riusciva quel ragazzo lascivo. Lascivo negli occhi, nella spalla nuda, ma con un espressione quasi sofferente in viso per il peso del cesto che era costretto a tenere per molte ore. Come aveva potuto vivere senza di lui? Come aveva potuto vivere senza il suo Marco? Minniti le lanciò un’occhiata perplessa, poi le sorrise, sistemandosi meglio tra le braccia il cesto che stava decisamente iniziando a stancarlo. “Buongiorno, Madama.”
Come avrebbe mai potuto vivere senza di lui?

“Kimberly?” Chiamò per l’ennesima volta la mora, sospirando sconsolata, bussando alla porta chiusa della ragazza. Strinse le labbra in una smorfia seccata. “Kimberly, sto entrando.” Avvisò, posando la mano sulla maniglia, abbassandola e aprendo la porta, lanciando uno sguardo alla stanza. Un sussulto la colse, nell’incrociare il corpo della bionda accasciato sul pavimento. Le si accostò frettolosa, posando le dita sul suo collo candido per assicurarsi del battito. Che non trovò. Si rialzò, osservandola dall’alto. E così, dopo fin troppo tempo, le varie maledizioni che lei ed Elias le avevano lanciato l’avevano finalmente colta. Si morse il labbro, pensierosa. Se avesse detto a Sven che la sua amata era morta, lui sicuramente sarebbe morto a sua volta di dolore, trovando sensi di colpa in ogni suo minimo gesto. Non poteva dirgli la verità. Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, scendendo le scale. “Sven, Kimberly non c’è. Magari è uscita.” Informò, con uno splendido sorriso sul viso.
 
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