Take the Quaffle!, [29/05/08] HP - 15 minutes of fame

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Rowizyx
view post Posted on 13/7/2008, 22:45




Fandom: Harry Potter
Rating: Per tutti
Personaggi/Pairing: Oliver Baston (Oliver Wood)
Tipologia: one-shot
Lunghezza: 2504 parole, 3 pagine e mezzo di word
Avvertimenti: nessuno
Genere: Introspettivo, Commedia
Disclaimer: il Potterverse e i suoi personaggi, sfortunatamente, appartengono a J. K. Rowling, anche se non se lo merita. Clayton Dix e gli altri personaggi originali sono inventati da me e non sono copiabili, occhio perché divento una bestia. Non scirvo a scopro di lucro e pertanto nessuna violazione del copyright è intesa.
Credits: thanks to Ladyhawke, che ha dato una letta a quello che ho scritto per assicurarmi che non fossi impazzita. Grazie per i soldi di analista che mi fai risparmiare! XD
Note dell'Autore: ho scritto la storia un po' per caso, tanto per riempire un missing moment del quarto libro che mi è tornato in mente l'altro giorno rileggendo il quarto per cercare tutt'altra cosa.
Introduzione alla Fanfiction: Oliver Baston ha confessato a Potter che è entrato nel Puddlemere United... ma che succede dopo la Coppa del Mondo? Prendi la Pluffa, Baston!


L’allenamento è terminato, finalmente, e i giocatori rientrano negli spogliatoi per una doccia fredda e un po’ di relax quasi volando, sebbene le scope siano già state riposte per sicurezza: non sia mai che i mezzi della squadra siano lasciati in giro senza criterio! Questa sessione a porte chiuse è stata davvero estenuante, sia per i titolari che per le riserve, che più di tutti patiscono gli urlacci dell’allenatore e i suoi severi rimproveri.
Per chi è entrato da poco tempo, infatti, Bart Dasher è ancora una scoperta poco piacevole da digerire, soprattutto se grazie alla magia la voce dell’allenatore tuona sui giocatori che sfrecciano per il campo privato del Puddlemere United. I giocatori con più anzianità consolano le repliche spiegando che soltanto una riunione con il dirigente in capo, il signor Philbert Deverill, poteva spiegare il cattivo umore del coach; c’era da aspettarselo, afferma scuotendo il capo già insaponato Áengus Connolly, godendosi l’ammirazione che i pivelli gli rivolgono per l’impresa appena compiuta alla Coppa del Mondo, perché la prima partita della stagione si avvicina e, forse complice la sfortuna, si prospetta durissima. Macchè sfortuna, replica un altro giocatore sputacchiando l’acqua della doccia, quegli idioti che organizzano il calendario degli incontri si sono bevuti il cervello; non ha tutti i torti, visto che la rivalità tra il Puddlemere e le Holyhead Harpies è storica, vecchia di secoli.
Non è un caso, in fondo, se perfino i tifosi delle altre squadra si dimenticano dei propri beniamini per assistere allo scontro diretto, il più acceso e aspettato della stagione. L’ansia del signor Deverill e di Bart è comprensibile: le sette giocatrici del club tutto al femminile, capitanato da una Gwenog Jones in ottima forma, sono delle temibili avversarie, molto pericolose se prese sottogamba. Per questo l’allenatore ha trovato giusto e doveroso ricordarlo ai suoi ragazzi ogni volta che hanno sbagliato un passaggio.
Il suo pessimo umore non si è limitato a demolire l’autostima dei Cacciatori: Bart, infatti, ha trovato da ridire per i rilanci dei Bolidi effettuati dai Battitori – ad eccezione di Connolly, lui è un eroe nazionale – per le poche parate fallite e perfino per i tempi impiegati dal Cercatore di turno per acchiappare il Boccino, esageratamente lui a detta sua.
Non c’è da stupirsi, perciò, se i ragazzi hanno esultato al momento di uscire dal campo, felici di mettere fine a questa giornata spossante. Lo spogliatoio maschile è unanime nel bollare Bart come un invasato e di certo a chiedere alle ragazze, che fanno la doccia a parte per ragioni ovvie, i giocatori otterrebbero la stessa risposta: sceneggiate simili sarebbero insopportabili anche se la tanto attesa partita fosse il giorno dopo.
Eccezione fatta per l’eroe nazionale, che sembra essere stato adottato dall’Inghilterra malgrado lui ricordi a tutti con orgoglio le sue origini irlandesi, tutti i giocatori sono pronti a farsi valere in campo per rimediare alla figuraccia collezionata alla Coppa del Mondo dalla loro nazionale, dalla Scozia e dal Galles, perciò gli urli dell’allenatore sono davvero fuori luogo.
Il sole si è già coricato oltre l’orizzonte – altrimenti Bart li avrebbe tenuti ancora in campo – ma negli spogliatoi si accendono pesanti polemiche, strascichi di un malumore collettivo che nemmeno il getto freddo della doccia riesce a cancellare. Soltanto una delle riserve sembra di ottimo umore, mentre canticchia un motivetto allegro insaponandosi per bene per togliersi di dosso la polvere del campo e il sudore: Oliver Baston non riesce a farsi buttare giù dai rimbrotti ricevuti, anche se secondo l’allenatore gioca come una femminuccia – le due giocatrici titolari del Puddlemere non perdoneranno tanto presto questo affronto a nessuno dei due – tanto che una Puffola Pigmea sarebbe un miglior portiere per la squadra.
Per lui, in fin dei conti Bart ha ragione: è l’ultimo arrivato e deve ancora abituarsi ai ritmi di gioco dei suoi compagni, entrare nelle strategie, imparare a sentirsi membro del gruppo. La maggiore novità per lui è limitarsi a fare la propria parte, proteggere ai costi della vita i tre anelli alle sue spalle, senza occuparsi di organizzare le azioni o riprendere gli altri sei membri in campo.
La cosa non gli dispiace neanche un po’: dopo tanti anni passati a rimbrottare i suoi amici fino al punto di sembrare un pazzo, essere un semplice Portiere gli pare una vera pacchia.
«Ehi, Oliver, non hai ancora finito? Noi andiamo a mangiare qualcosa a Diagon Alley, se ti sbrighi ti aspettiamo». Les Hanting, riserva Battitore, si affaccia dalla porta del bagno chiamando il compagno di squadra. È un ragazzo molto alto, più vecchio del Portiere di un paio d’anni, con il naso schiacciato per un brutto colpo ricevuto da un Bolide quand’era ancora un ragazzino. Tra i compagni si racconta che Les è soltanto un diminutivo del suo nome completo, ma il diretto interessato si rifiuta di svelare il mistero. Lo saprà soltanto sua moglie la prima notte di nozze, spiega lui sghignazzando.
Oliver chiude il rubinetto e afferra l’asciugamano appeso a un gancio accanto alla doccia: è rimasto da solo? Preso com’era dai suoi pensieri non se n’è accorto! «Due minuti e arrivo».
Le uscite con le altre riserve della squadra stanno diventando un’abitudine: i titolari della squadra sono simpatici, ma hanno interesse a mantenere le giuste distanze, come per ricordare la loro superiorità; di conseguenza, i panchinari hanno preso a ignorarli e a passare insieme le serate dopo gli allenamenti. Presto saranno i soli in squadra a poter uscire liberamente, perché Bart è severissimo e non permette a chi deve scendere in campo di andare a divertirsi senza pensare alla partita imminente; la sera che precede un incontro, si racconta, tiene i sette prescelti sotto chiave perché non si perdano a gozzovigliare o non facciano tardi.
Poi si lamenta perché gli danno dell’ossessivo compulsivo…
In realtà, a Oliver piacerebbe di più rimanere con la squadra ad aspettare l’ora di scendere in campo, tra riti scaramantici, piccole divinazioni con le foglie di tè per conoscere il risultato dell’incontro e molto altro, ma ha ancora molta strada di fronte a sé per sentirsi nominare dall’allenatore primo Portiere della squadra.
E tuttavia, nulla può sminuire la sua allegria da quando ho superato il provino, né la pessima prestazione della sua nazionale, né le critiche che Bart gli espone con un piacere quasi sadico, né il Marchio Nero che è tornato a brillare sul campeggio della Coppa del Mondo dopo la finale.
Certo, dentro di sé sente il dovere di preoccuparsi degli avvenimenti che hanno sconvolto il mondo magico, lui stesso ha assistito in prima persona all’apparizione dei Mangiamorte e trova orribile quanto hanno fatto a quella famiglia di Babbani, eppure non riesce a pensare ad altro che non siano le sue tre porte da difendere.
Tutto gli risulta distante, a parte gli impegni che scandiscono la sua nuova routine, ossia gli allenamenti di squadra, quelli in privato con il Portiere titolare, che lo ha già eletto suo successore in vista di un imminente ritiro a metà stagione – lo ha deciso il giocatore stesso, Clayton Dix, d’accordo con i dirigenti del Puddlemere, così da creare interesse per il loro nuovo acquisto e far salire le sue quotazioni sul mercato – le ore di solitudine passate a stregare la Pluffa che tiene a casa perché si lanci contro di lui e gli anelli, così da non dover chiedere a nessuno di aiutarlo ad esercitarsi e a migliorare.
Sempre intento a cercare la perfezione, così lo prende in giro Les, incapace di comprendere.
Per Oliver il Quidditch non è solo un lavoro, è la vita stessa; ha ben pochi ricordi che non siano legati al suo manico di scopa: dalle prove di volo fatte con suo padre ben prima di entrare a Hogwarts – chi mai crederebbe che il piccolo Oliver Baston, al momento d’inforcare la scopetta giocattolo ricevuta per i suoi sette anni, si mise a piangere come una femminuccia, temendo di salire troppo in alto e non riuscire a tornare mai più a casa dalla sua mamma? – agli apprezzamenti di Madama Bumb, che notò le sue capacità come Portiere e lo trascinò dalla professoressa McGranitt perché lo segnasse subito come futuro giocatore di Grifondoro, visto che ai tempi, in quanto matricola appena arrivata a Hogwarts, non poteva ancora fare parte della squadra.
E poi sei anni di partite avvincenti, per cui aveva sempre lavorato sodo, fino a guadagnarsi il ruolo di Capitano inventandosi nuovi schemi da insegnare ai compagni sempre con l’obbiettivo della Coppa. Anche se ha fatto di tutto per farsi detestare dai suoi sei giocatori, come ad esempio piazzare allenamenti a qualunque ora del giorno, senza badare al clima, loro gli hanno voluto bene da subito; non per niente, lo scorso aprile gli hanno regalato la vittoria del Torneo, proprio al settimo anno; secondo Oliver è il regalo più bello che potessero escogitare per festeggiare il suo diploma, soprattutto visto il pessimo inizio di stagione, e va molto fiero di quella vittoria.
E ora ha ricominciato da zero, tornando a essere il novellino del gruppo: non dimenticherà mai l’ansia che l’ha assalito un attimo prima di cominciare il provino, tanto che già si preoccupa degli scherzi che gli giocheranno i nervi la sera del suo ingresso in campo come giocatore titolare. Baston si asciuga i capelli con un colpo di bacchetta e si ripete per l’ennesima volta che è ancora presto per pensare a un simile momento, anche se sognare non gli costa nulla. È pronto, finalmente: chiude la borsa con la divisa sporca e tutto il resto, si controlla un’ultima volta allo specchio ed esce dallo spogliatoio.
Al varcare il cancello esterno, dove di certo i suoi compagni lo stanno aspettando, una sorpresa gli toglie il fiato.
«Guardatelo, ecco la nuova promessa del Quidditch britannico!»
«Un autografo, un autografo!»
«Spero che tu voglia farti firmare un pezzo di carta, ragazzaccia; è troppo presto per richieste più oscene».
Questi e mille altri commenti e urletti lo assalgono all’improvviso, mentre Les e gli altri scoppiano a ridere come matti alla vista del quadretto: cinque persone fin troppo note saltellano come invasati, gridando e facendo finta di assaltarlo, come se fosse un personaggio famoso.
«Si può sapere che ci fate qui?» domanda l’incredulo Oliver alla vista dei suoi vecchi compagni di Grifondoro. Angelina, Alicia, Katie e i gemelli Weasley si stringono intorno a lui per un abbraccio, tutti sorridenti e felici.
«Avresti potuto avvisarci del provino e dell’ingresso in squadra, traditore», esordisce Fred lanciandogli una sonora pacca sulla spalla.
«Sono solo una riserva, per questo non mi è sembrato il caso di fare tante feste» spiega arrossendo il povero Portiere, imbarazzato, «ma non appena mi faranno giocare vi manderò i biglietti per venire ad assistere, promesso; piuttosto, come avete fatto a scoprirlo?»
Fred e George si guardano con aria sconsolata. Due mesi di lontananza gli sono bastati per rimbecillirsi completamente? «Hai preso un Bolide in testa, Oliver?» domanda il primo.
L’altro gli ricorda di aver cantato con l’unico membro della vecchia squadra assente. «L’hai detto a Harry, no? Lui ci ha riferito la notizia, noi abbiamo scritto alle ragazze ed eccoci qua».
Les s’infila nella conversazione, in aiuto di un Baston in difficoltà. «Sono tuoi amici?»
«Più precisamente, siamo le sue vittime: non sai quanto ci ha vessato negli ultimi anni per vincere quella stramaledetta Coppa di Quidditch» rispondono in coro i gemelli tra le risate delle tre Cacciatrici, che poi si presentano al nuovo arrivato. Il Battitore regala un sorriso più ampio a Katie Bell, che arrossisce come una tredicenne tra i commenti canzonatori dei due Weasley. Poi lo spilungone appena conosciuto diventa il centro dell’attenzione: non lo ricordano tra i compagni di Hogwarts, ha giocato come Battitore per un’altra casa? No, si è trasferito da poco dall’America, giusto in tempo per fare il provino con il Puddlemere e vedere anche la sua nazionale uscire molto presto alla Coppa del Mondo dopo una partita deludente. «Del resto, il Quidditch da me non è molto seguito: per questo sono venuto in Inghilterra» spiega con un sorriso.
«Buon per te: ti troverai bene con Oliver, vedrai» commenta Angelina scuotendo le lunghe treccine che le incorniciano il viso, una novità dell’estate. «E posso assicurarti che abbaia ma non morde quasi mai». Ancora risate generali, mentre Les domanda qualche aneddoto sui tempi della scuola.
Tempo trenta secondi e i cinque amici vengono invitati a cenare con le reclute, senza che Baston possa dire una sola parola in proposito. Rimane piuttosto taciturno per tutta la sera, però, sebbene nulla lo infastidisca: il suo passato e il suo futuro siedono alla stessa tavola, al Paiolo Magico, e la cosa gli sembra splendida, come un invito a mettere ancora più impegno in quello che sta facendo.
Era ancora un bambino, quando ha deciso che il Quidditch sarebbe stato la sua strada, perciò adesso sente che è il momento di dimostrare al mondo quanto vale. Il suo sogno lo attende per diventare realtà.

*

Lo stadio è un fremito d’eccitazione, un rumoroso insieme di cori d’incoraggiamento, di grida incomprensibili, di scoppi di petardi e chissà cos’altro. È passato qualche mese e Clayton ha mantenuto la sua parola: ora è in pensione, se così si può dire, a godersi i lauti compensi messi insieme una stagione dopo l’altra. Gli ha scritto, il vecchio Dix, per incoraggiarlo a divertirsi per prima cosa e a non lasciarsi prendere dal panico: andrà benone, è migliorato tantissimo in questo periodo d’allenamento intensivo, perciò non ha motivi di preoccuparsi.
La partita è facile, è più facile che Colui-che-non-deve-essere-nominato si costituisca, piuttosto che vincano i Cannoni di Chudley; i suoi amici non ci sono causa scuola, ma lo hanno incoraggiato a dare il meglio via gufo. Peccato che loro non giochino quest’anno, ma il Torneo Tremaghi è ugualmente eccitante. Oliver ha assistito alla prima prova, l’esibizione di Harry l’ha fatto impazzire.
Fred e George gli hanno scritto esplicitamente di lasciare i Polli di Chudley, come chiamano loro la squadra amata da papà Arthur e da Ron, a zero, di non concedergli neanche un gol. Farà del suo meglio per accontentarli, altrimenti non lo lasceranno più in pace.
Si liscia ancora una volta la divisa blu, assicura le protezioni per l’ultima volta e sospira profondamente: tutti i suoi compagni sono già entrati in campo, manca soltanto lui.
«Nervoso, ragazzo?» Bart gli si è avvicinato in silenzio, coperto dal caos che arriva dal campo.
Oliver annuisce, ormai verde in viso. Non può aspettare un altro secondo, deve per forza entrare in campo o darà di nuovo di stomaco. Lo spiega all’allenatore che ride, divertito.
«Meglio così, Baston, volerai più leggero; ora rilassati e concentrati sul gioco, conosci i loro schemi e sai bene come non lasciarti sorprendere. Fagli vedere quanto vali».
Le prime parole gentili ricevute da quando è entrato in squadra, miracolo.
Il nuovo Portiere del Puddlemere United sente chiamare il suo nome dal commentatore della partita e sale sul suo manico di scopa, pronto a sfrecciare verso i tre anelli che deve proteggere, pronto a dimostrare cosa sa fare. Il suo ingresso è accolto da forti applausi, e la folla lo rilassa: ecco il suo mondo, il campo da Quidditch, ed ecco il suo ruolo.
L’ansia è sparita, e così l’agitazione: rimangono lui, i tre Cacciatori vestiti in arancione e la Pluffa.
Si dia inizio alla partita!





 
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