Blood Wedding, [27/05/08] The dark side of DragonBall Z

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Emme91
view post Posted on 15/7/2008, 18:04




Rating: rosso
Personaggi/Pairing: Vegeta; Re Vegeta; nuovo personaggio
Tipologia: One-Shot,
Lunghezza: 4571 parole, circa 8 pagine (book antiqua 11)
Avvertimenti: Original Character, Non per stomaci delicati, Violenza, Linguaggio Colorito,
Genere: Drammatico, Introspettivo, Azione.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Akira Toriyama che ne detiene/detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti nell’anime/manga originale, appartengono solo a me.
Note dell'Autore: sinceramente spero che sia venuta non male visto che l’ho scritta in 4 ore filate senza un briciolo di ispirazione che è venuta su tutta di un colpo!!
Introduzione alla Fan's Fiction:Il mondo dei Sayan è un mondo spietato, lo sanno tutti. L’amore non esiste, oppure è proibito, ma in questa storia parliamo di un amore indissolubile, invincibile, indistruttibile. Che sopravvive anche alla crudeltà della morte.

Blood Wedding



Lo amava spasmodicamente.
Non credeva di riuscire ad amare così tanto un’altra persona, non era nella sua natura... bhe, a dirla tutta non era nella natura dei Sayan in generale.
E in effetti non credeva che sarebbe successo proprio a lei di amare in quel modo disperato, doloroso e decisamente inutile.
Eppure era accaduto, e se ne era resa conto nel primo, singolo istante in cui lo aveva visto.
Vegeta era perfetto, Vegeta era forte, Vegeta era il Principe, e soprattutto Vegeta era suo figlio.
Vegeta stava per vederla morire.
Un Sayan di terza categoria le mise un braccio sotto l’ascella e iniziò a trascinarla verso il patibolo.
La donna si divincolò con disprezzo, l’orgoglio, la dignità che aveva mantenuto alti in tutta la sua vita non sarebbero crollati proprio in quel momento, così si incamminò con la testa alta, gli occhi determinati verso la piattaforma che l’avrebbe condotta alla morte.
Era passata da pochi minuti l’alba e il cielo si stava facendo rosso, il sole brillava maligno di fronte a lei; aveva passato tutta la notte precedente a guardare la luna, la luna che infondeva coraggio, forza, decisione. E nostalgia.
Non era ancora morta eppure provava una nostalgia acuta del suo mondo, dei combattimenti che non avrebbe mai più potuto fare, della sua vita, di suo figlio, e della luna.
La luna piena, tanto cara alla sua razza che non le avrebbe mai più carezzato i capelli, e lei non avrebbe potuto più immergersi nel tepore del potere che le infondeva, mai più.
Sarebbe rimasta polvere, polvere sulla polvere di altri mille cadaveri che avevano fatto la sua stessa fine.
Si inginocchiò di fronte al patibolo. Le era sempre sembrata una cosa inutile fare le esecuzioni in quel modo, dopotutto bastava un Ki Blast lanciato da qualcuno più potente di lei e tutto era finito.
Ma no, il suo caro marito voleva fare le cose in grande.
Una sciabolata, la testa divelta dal corpo che rotolava per terra e il sangue che imbrattava i piedi ai presenti in prima fila. E l’eccitazione saliva.
Il suo sguardo fiero percorse il pubblico, che attendeva, e si posò con dolcezza mal celata su suo figlio.
Vegeta era l’unica cosa per cui doveva ringraziare il Re, suo marito. L’unica.
Ricordava ancora il primo momento in cui lo aveva visto, lei era tra le piccole Sayan più forti della base ed era destino che lei diventasse la regina.

Le bambine stavano tutte in fila, l’una accanto all’altra con lo sguardo fisso di fronte a loro.
Il Re, la Regina e Vegeta, il loro figlio, camminavano davanti a loro osservandole.
Ogni tanto il piccolo Principe indicava con il dito una di loro, la quale abbassava lo sguardo e faceva un passo indietro; il padre di lei la prendeva per i capelli e la trascinava fuori dalla stanza.
Se Rosicheena avesse potuto si sarebbe messa a masticare i suoi capelli. Era una cosa che la calmava sempre, ma suo padre glielo aveva proibito: non poteva permettersi di fare brutte figure, era lei che sarebbe dovuta diventare Regina.
Poco importava se aveva soltanto 7 anni, il Principe ne aveva 10 e quello era il momento più adatto per scegliersi una futura sposa, che negli anni che avevano da trascorrere si sarebbe allenata per arrivare alla sua altezza.
Dopo interminabili minuti in cui a Rosicheena aveva continuato a battere il cuore all’impazzata per la paura di essere scartata e quindi di dover subire la massacrante punizione di suo padre, rimasero soltanto lei e un’altra bambina che non aveva mai visto.
Il Principe Vegeta fece un passo indietro e con un sogghigno disse -Ora combattete!-
Il Re guardò suo figlio compiaciuto, quello era il metodo migliore per capire se una donna era degna della famiglia reale.
Rosicheena fece un balzo indietro quando l’altra piccola Sayan le si gettò addosso, non si aspettava di dover anche combattere, non era abbastanza concentrata; doveva prendere tempo.
Si alzò immediatamente in volo schivando i pugni che la ragazzina le riversava addosso, ad un certo punto si stancò di quel gioco e con un calcio mandò la sfidante a sbattere per terra.
Maledì sua madre perché quella mattina le aveva lasciato i capelli sciolti per fare più colpo sul
Principe. Cosa totalmente inutile visto che l’unica cosa che per Vegeta contava era la forza fisica.
In quel momento i capelli lunghi le davano una noia pazzesca perché le andavano negli occhi e le impedivano di vedere bene di lato. Prese una decisione nemmeno troppo sofferta.
Mentre la sua piccola rivale si rialzava scuotendo la testa per schiarirsi le idee, Rosicheena prese con un mano i suoi capelli e con una piccola onda energetica li tagliò di netto.
I ciuffi scivolarono a terra dolcemente e già lei era in posizione di combattimento, mai così concentrata come in quel momento.
Rosicheena durante tutto il combattimento rimase sempre in netto vantaggio, mai si fece trovare impreparata, la sua rivale era un gradino inferiore a lei e questo sin dal principio dello scontro era ben evidente.
La bambina si accorse appena che Vegeta non le guardava nemmeno, anzi, sembrava completamente annoiato. Non gli diede peso, non le importava di farsi notare, l’unica cosa che voleva era vincere l’incontro, non tanto per diventare moglie del Principe, ma soprattutto perché non sopportava la sconfitta, come ogni Sayan che si rispetti del resto.
Rosicheena sconfisse l’altra ragazzina in poco tempo, prolungò il combattimento lei stessa per evitare che la sua avversaria venisse punita eccessivamente dai suoi genitori: conosceva sin troppo bene la frusta di suo padre. Ma alla fine la sua superiorità venne premiata e la ragazzina non riuscì più ad alzarsi da terra.
Rosicheena atterrò con grazia e si inchinò alla famiglia reale.
Il piccolo Principe le lanciò appena un occhiata. -Uccidila!- ordinò.
Rosicheena lo guardò per qualche attimo stranita, quello non era un duello ufficiale, non aveva il dovere di uccidere la sua avversaria.
-Bhe?! Che aspetti?-
Rosicheena non degnò di uno sguardo né il Re né tanto meno la Regina e continuando a tenere gli occhi puntati sul ghigno crudele del Principe alzò una mano e con un’onda energetica non troppo potente disintegrò il corpo della bambina che era arrivata tanto vicina a diventare futura Regina.
Fece un lieve inchino mentre Vegeta compiaciuto usciva dalla stanza accompagnato dalla madre,
suo padre si precipitò accanto al Re inchinandosi su un ginocchio.
La polvere del corpo della bambina Sayan non aveva ancora finito di posarsi a terra.
Solo quando fu sicura che non fosse rimasto nessun granello Rosicheena abbassò la mano.


Quando il sole fosse stato abbastanza alto sull’orizzonte in modo da colorare il sangue di un rosso bordeaux inquietante, lei sarebbe morta.
Suo figlio la guardava con occhi inespressivi, fin da quando era stato in grado di capire gli era stato insegnato che in pubblico mai nessuno avrebbe dovuto comprendere i suoi reali sentimenti.
E lui aveva imparato bene. Molto bene.
Rosicheena lanciò un’occhiata al volto del suo sposo, lo stesso uomo che l’aveva messa incinta, lo stesso uomo che l’aveva condannata a morte, lo stesso uomo che aveva obbligato loro figlio a vederla morire.
E lui sogghignava. Rosicheena non si stupì, il sadismo del Re ormai lo conosceva bene, la sua crudeltà, la sua sete di sangue le erano ormai familiari e dopo anni di matrimonio aveva imparato a conviverci al meglio. O almeno ci provava.
La regina maledì per l’ennesima volta suo marito, il modo in cui governava, con la rabbia e la paura che il suo popolo si ribellasse a lui, maledì i suoi occhi sempre chiusi in se stessi, maledì la sua anima più nera della notte stessa, maledì il suo cuore che pensava sempre e solo a se stesso e maledì il momento esatto in cui era stato concepito.
Lo aveva odiato per un lungo periodo, da quando era stata costretta ad uccidere quella bambina, ma piano piano il rispetto che doveva portargli si era trasformato in qualcosa di non dissimile all’affetto.
Normalmente Rosicheena non si preoccupava di uccidere, anzi in certi momenti si divertiva molto a farlo, ma fino a quel giorno gli unici esseri che aveva ucciso erano stati alieni di pianeti conquistati, non era mai stata costretta ad uccidere un suo simile, un Sayan. Quella era la sua prima volta.
E ovviamente non sarebbe stata l’ultima.

Suo padre la trascinava per un braccio senza troppi complimenti.
-Devi farlo ragazza!-
-No! Non mi interessa, quello può andare a letto con chi gli pare, ancora non siamo sposati!-
Il Sayan si voltò e con occhi irati guardò suo figlia -Rifiuti di difendere il tuo posto nella gerarchia?! Rifiuti di obbedire a tuo padre piccola puttanella ingrata?!-
Le rifilò una sberla che la gettò a terra. Rosicheena si alzò con il sangue che le usciva da naso, ma fermamente convinta che quello che suo padre le chiedeva di fare lei non lo avrebbe mai fatto.
Non perché non ne avesse il coraggio, semplicemente perché era una cosa che le veniva imposta e lei non voleva più essere succube di qualcuno.
Voleva vivere la sua vita contando solo su se stessa e le sue decisioni.
Aveva quindici anni ed era ancora ingenua come se ne avesse dieci, non immaginava nemmeno lontanamente che cosa sarebbe successo se lei fosse diventata davvero Regina.
-No padre! Rifiuto di fare quello che mi è stato imposto dagli altri! Quando deciderò che quella donna è diventata una minaccia per me allora la ucciderò! Ma lo devo decidere io!-
Suo padre la guardò disgustato -Allora è così! SEI SOLO UNA DEBOLE! Come tua madre!-
Rosicheena alzò lo sguardo su di lui e probabilmente il Sayan riuscì a leggere tutta la rabbia che la ragazzina covava dentro di sè, perché fece un passo indietro alzando le mani inconsciamente.
-Cosa credi padre?! Io ne sono capace, non sono come te! Io riuscirei a batterti se soltanto volessi e questo lo sai bene!-
Purtroppo per suo padre quello che Rosicheena aveva detto era la sacrosanta verità, se lei avesse voluto avrebbe potuto non solo batterlo, ma persino ucciderlo senza troppi complimenti e così avrebbe potuto fargliela pagare per tutte le angherie che aveva dovuto subire durante la sua breve esistenza.
-Allora, se sei così forte come continui a ripetere non ti ci vuole niente per ucciderla! Fallo!-
Tutta la sua baldanza era svanita, ma purtroppo non aveva rinunciato al proposito di farle uccidere la ragazza.
Rosicheena roteò gli occhi annoiata -D’accordo, la farò fuori! Sei contento adesso?!-
Suo padre tirò un impercettibile sospiro di sollievo.
Lei lo superò senza più degnarlo di uno sguardo ed entrò nella stanza davanti alla quale suo padre l’aveva trascinata.
Quel giorno non aveva voglia di fare assolutamente nulla, tanto meno di uccidere.
Era annoiata a morte, non c’era niente di divertente da fare in giro, gli allenamenti con le altre donne la annoiavano, gli stupidi discorsi sul sesso che faceva con sua madre la annoiavano, e sapeva che uccidere quel giorno non le avrebbe procurato il solito piacere.
L’unica cosa che voleva era distendersi sul letto e dormire.
Nonostante tutto spalancò quella porta con rabbia e stizza. Nell’angolo in fondo stavano tre donne attorno ad un'altra distesa a terra, sudata e dolorante.
Lei si avvicinò lentamente, con una mano alzata e un onda energetica già pronta sulla punta delle dita.
La luce dell’energia le illuminava il volto, lo distorceva, lo modificava in una maschera di crudeltà e di odio incredibile.
La donna a terra aveva capelli molto corti, neri come le ali di un corvo, la lunga coda le si attorcigliava per il dolore attorno alla testa, ma gli occhi non erano neri, caratteristica peculiare di tutti i Sayan, erano verdi, verdi come il mare quando si riempie delle alghe mattutine.
Non era nemmeno una vera Sayan, era solo una mezzosangue.
Rosicheena provò un orrendo ribrezzo verso quella creatura che stava per partorire davanti a lei.
-Chi di voi quattro si chiama Kenaz?!- ma sapeva già la risposta.
La sua prossima vittima era quella che stava per partorire.
Partoriva il figlio del Principe, e questo non poteva davvero permetterlo, solo i suoi figli sarebbero stati destinati a diventare i Principi di Vegeta-sei.
Le tre donne attorno alla ragazza distesa a terra si scostarono immediatamente quasi come se avessero preso la scossa. E probabilmente l’avrebbero presa davvero se non si fossero allontanate alla svelta.
Rosicheena fece un passo avanti tenendo gli occhi inespressivi puntati in quelli della ragazza sotto di lei che si contorceva per le contrazioni.
-Ti prego...ti prego... pensa al bamb...-
Ma Kenaz era già morta quando aveva iniziato a parlare. Era già morta, solo che ancora non lo sapeva.
Rosicheena guardò il corpo che si scuoteva nell’ultimo tentativo di espellere il bambino e poi si fermava, il sangue bagnava il pavimento e scivolava lentamente verso i piedi della ragazza.
Senza fare una piega Rosicheena si spostò, non voleva certo macchiarsi le scarpe col sangue di quella mezzosangue codarda che aveva osato implorare per il bastardo del Principe.
Stava per uscire ignorando i gemiti di terrore delle altre tre mezzosangue rimaste, poi proprio prima di andarsene uccise anche loro. Tanto per fare un po’ di pulizia.


Rosicheena si guardò le mani legate. Quando ripensava a quel giorno si stupiva di come il suo umore fosse cambiato così repentinamente, il suo animo da annoiato a morte era passato a irato e vendicativo nel giro di pochi minuti.
Non si era mai pentita di aver ucciso quella puttana che si era fatta mettere incinta dal suo futuro marito, altrimenti Vegeta, suo figlio, adesso sarebbe stato in pericolo per gli attentati alla sua vita che sicuramente la madre di quel bambino bastardo avrebbe messo in atto contro di lui.
Aveva meritato la morte.
Rosicheena si ricordava bene che prima di aver ucciso la ragazza aveva visto un piedino del marmocchio uscire dal corpo di lei e proprio allora la rabbia le era montata addosso.
L’unica che doveva partorire un figlio da Vegeta era lei.
Lei e nessun’altra!
A quel tempo era ancora abbastanza eccitata all’idea di diventare regina di lì a pochi anni.
E ancora non sapeva quanto si stava sbagliando.
Aspettava il giorno del suo matrimonio con gioia. Una gioia che nemmeno gli sguardi di pietà della Regina riuscivano a distruggere.

Rosicheena era già sveglia quando erano venuti a prenderla quella mattina, ma aveva fatto finta di dormire ugualmente anche se per la verità non era riuscita a chiudere occhio tutta la notte.
L’avevano sollevata tre donne, il numero perfetto, con un velo sul viso in modo che se lei si fosse svegliata non avrebbe potuto riconoscerle.
Avevano attraversato corridoi immersi nel silenzio, anche se di solito la mattina erano sempre pieni di Sayan pronti per qualche missione.
Ma quel giorno si sposava il loro futuro Re. Tutte le attività erano sospese.
Rosicheena si lasciò trasportare e fece finta di svegliarsi solo quando la adagiarono su un divano con dei cuscini morbidi.
Le tre donne fecero finta di nulla, come se lei non avesse aperto gli occhi e non le stesse guardando.
Adesso l’avrebbero lavata e pulita con l’acqua purificatrice, perché non poteva andare in sposa al Principe come una comune mortale, ma erano necessari dei riti di preparazione.
Si lasciò pulire con le morbide spugne fino a che la sua pelle non iniziò ad essere tanto bianca e lattea da fare impressione; poi le pettinarono i capelli a lungo visto che li aveva fatti ricrescere dopo averli tagliati per il suo combattimento da piccola, fino a che questi non sembravano brillare di luce propria.
Poi la vestirono.
Rosicheena non aveva mai indossato alcun abito tranne la Battle Suite che possedevano tutti i Sayan, per questo si sentì impacciata e goffa nel lungo abito azzurro, non troppo scollato che le avevano fatto mettere.
Era un vestito molto bello, ma tra i Sayan soltanto le Regine portavano vestiti, a nessun’altra donna era permesso farlo.
Rosicheena lisciò con le mani il tessuto in cui era avvolta, e pensò allo spreco che ne avevano fatto perché quando fosse giunto Vegeta sapeva bene che glielo avrebbe strappato di dosso per la foga di fare sesso con lei.
Ormai lo conosceva il suo uomo, frequentava il suo letto da quando aveva 16 anni, conosceva tutte le sue debolezze, tutto l’ardore che provava mentre la penetrava.
Lo conosceva bene, e ancora non era riuscita a imparare a sopportare la sua crudeltà viscerale, i suoi scatti d’ira, e soprattutto la sua stupida e inutile barba.
Ma c’era tempo, pensò Rosicheena, c’era tutta la vita davanti a lei.
Quando fu pronta le tre donne velate la abbandonarono dentro la stanza, all’interno della quale sarebbe dovuta rimanere tutto il giorno, fino al tramonto del sole, a meditare sul passo che stava per compiere a decidere se era quello che davvero voleva oppure no.
Che assurdità, se anche avesse voluto tirarsi indietro non poteva farlo.
Aveva firmato quel contratto quando l’ultimo granello di polvere del corpo della sua prima vittima Sayan aveva toccato il terreno.
Ormai erano passati 13 anni, e proprio allora Rosicheena si era resa conto che forse, sposare Vegeta non era la cosa migliore per lei.
Forse stava cadendo dalla padella nella braca.
Ma il dado era tratto, il passo era stato fatto, il latte versato, e non poteva più tornare indietro.
Mai più.
E mentre pensava a l’ineluttabilità del suo destino, Rosicheena versò le sue prime vere lacrime di dolore.


Non aveva mai più pianto, nemmeno quando Vegeta, il Re, l’aveva massacrata di botte perché gli aveva fatto l’affronto di abortire il loro primo figlio.
Rosicheena si era svegliata una mattina con il letto coperto di sangue e la testa che le girava. Vegeta non era più in camera già da ore e lei era stata costretta a chiamare da sola il medico.
Insomma per farla breve, era un miracolo se era riuscita a partorire Vegeta, anzi, a rimanere incinta una seconda volta!
Mancavano ormai pochi minuti all’ora della sua morte, e il boia accanto a lei stava già affilando la sciabola che le avrebbe mozzato la testa.
Il sole pallido e rosso faceva riflettere i suoi raggi sulla lama e la luce saettava per tutta la pianura.
I Sayan raccolti attorno a lei in attesa della sua morte erano come minimo raddoppiati, tutti in attesa del sangue che il suo collo avrebbe versato.
Rosicheena abbandonò la folla e ritornò con la mente al filo dei suoi pensieri... a pensarci bene in effetti forse era per quello che amava tanto suo figlio. Perché sapeva che quello sarebbe stato l’unico e il solo che avrebbe potuto avere.
Ricordava ancora bene il terrore che aveva provato quando le si erano rotte le acque a due mesi dalla data in cui suo figlio avrebbe dovuto nascere.
In quel momento si era odiata per quell’ondata di debolezza che aveva provato al pensiero di perdere di nuovo il suo bambino. Ma adesso, adesso che stava per morire, che non avrebbe mai più potuto vederlo crescere, sapere che la sua creatura sarebbe andata avanti senza di lei le dava un dolore che non credeva di riuscire a provare.

Rosicheena gridò, gridò e gridò ancora.
Era contenta che non ci fosse anche Vegeta a vedere come faceva morire il loro secondo erede. Altrimenti prima che fosse riuscita a finire di partorire l’avrebbe già riempita di botte.
Non era in grado di tenere testa a suo marito. Si era allenata tantissimo per cercare di riuscire ad arrivare al suo livello, ma tutta la sua fatica era stata vana, era sempre un gradino sotto di lui.
Sentì un liquido caldo sgorgare tra le sue cosce, probabilmente era sangue.
Sentì suo figlio agitarsi dentro di lei, e per la prima volta non pensò a se stessa, ma al piccolo.
E tra le grida e le lacrime di rabbia e fatica disse –Ti prego… ti prego uccidimi, ma fallo vivere!-
Chi stava pregando? I Sayan non hanno Dio, i Sayan sono i padroni dell’universo, e non implorano mai, ma ciò nonostante in quel momento Rosicheena avrebbe dato qualsiasi cosa perché suo figlio vedesse la luce.
-State calma vostra maestà- disse la levatrice sopra di lei, dovrò tirarlo fuori perché il piccoletto non ha intenzione di uscire a quanto sembra!-
Rosicheena senti due corpi estranei che entravano dentro di lei, gridò di dolore e sentì fuoriuscire altro sangue.
Gli spasmi alla pancia erano insostenibili, era inutile che spingesse, spingeva da quattro ore e dei piedi del bambino nemmeno l’ombra.
Le mani della vecchia di fronte a lei afferrarono i piedini del piccolo e li trassero a sé.
Rosicheena guardandosi tra le gambe, al di là della sua pancia enorme vide per la prima volta quei piedini e si ricordò a malapena di un’altra donna che era stata nelle sue stesse condizioni, che stava per partorire il figlio del Re.
“Se non entra nessuno che mi uccide adesso lui non morirà mai” pensò.
Ma non entrò nessuno, la porta rimase ermeticamente chiusa e il bambino stava già emettendo i suoi primi vagiti quando per la prima volta gli occhi sfibrati ed esausti di sua madre si posarono su di lui.
Era piccolo, era prematuro, ma era vivo.
E la tenerezza, l’amore che la invasero in quel momento se li sarebbe ricordati per sempre.
Fino alla sua morte.


Cominciava ad essere nervosa; l’inutile attesa la stava snervando, era crudele e stupido costringerla a stare lì immobile in ginocchio ad attendere che fosse posta la parola fine alla sua esistenza. Era proprio una cosa degna del suo caro marito.
E tra i suoi ultimi pensieri ci fu anche lui. Anche i suoi occhi impenetrabili, il suo sorrisetto cinico, le sue mani che picchiavano, i suoi denti che mordevano, i suoi capelli che il vento stava facendo ondeggiare lentamente proprio in quel momento.
Inutile illudersi, Rosicheena lo aveva amato, e forse dentro di sé, nonostante tutte le maledizioni che gli aveva mandato lo amava ancora. In un punto dentro di sé un po’ di tutta quella tenerezza così estranea al suo popolo che aveva riversato su suo figlio era destinata anche a suo marito.
Non l’aveva sposato solo per diventare Regina, come volevano i suoi genitori, c’era qualcosa che l’attirava irrimediabilmente verso di lui, e non era il sesso, anche se da quel punto di vista erano sempre stati perfetti insieme.
Era la stessa cosa che le faceva provare un briciolo d’ansia quando lui partiva per una missione pericolosa.
Non aveva mai voluto che lui morisse, questo lo poteva ammettere benissimo, gli aveva voluto bene, anche nei momenti peggiori, quelli in cui la picchiava come se fosse l’ultima cosa che gli restava da fare, come se volesse ucciderla.
Ma forse c’era davvero qualcosa per cui valeva a pena ringraziarlo, e non era la nascita di suo figlio, o meglio non solo quello, forse lo doveva ringraziare per non averla uccisa prima.
Perché, diciamocelo, ne avrebbe avuto tutto il dritto.
Lei era cambiata, la nascita di Vegeta l’aveva rammollita, l’aveva piegata.
E un Re non può permetterlo.

Rosicheena teneva sulle ginocchia suo figlio, e gli sorrideva.
Non era un sorriso da Sayan, era un sorriso da madre.
Il piccolo Vegeta corrugava le sopracciglia cercando di capire come sua madre facesse ad essere così veloce nel lanciare i Ki Blast verso il muro per gli allenamenti.
Nel tempo in cui lei ne lanciava dieci lui riusciva a lanciarne solo 2...
Il bambino corrugò la fronte quando non riuscì a lanciare la terza onda energetica e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Rosicheena lo guardò con aria bonaria -Non piangere figlio mio! Solo i codardi piangono! Se non riesci adesso è solo perché sei troppo piccolo, se cresci un altro po’ diventerai il Sayan più forte dell’universo, forse anche più forte di tuo padre.-
Quel giorno Rosicheena indossava un vestito verde, era un verde estremamente bello, con i bordi rifiniti in nero. E Vegeta non riusciva a staccare gli occhi di dosso alla madre.
Era fermamente convinto che non esistesse altra donna in tutto l’universo che fosse più bella di lei.
Sua madre era bella in ogni situazione, anche quando tornava da una missione coperta di sangue. Anzi, forse in quelle condizioni era ancora più bella del solito.
E la pensava così anche suo padre perché era in quei momenti più che in altri che la baciava sulla bocca.
Il piccolo Vegeta si era ingelosito quando aveva scoperto che lui non era il solo a riceve i baci dalla mamma. Ma sua madre lo faceva ridere perché gli scopriva la pancia e gliela mordeva per fargli il solletico.
Suo padre invece lo picchiava e basta. Ma le cose erano giuste così.
Rosicheena osservò a lungo suo figlio che sgambettava per la stanza lanciando piccole onde energetiche a destra e a manca.
Il sorriso le sorse automaticamente sulla bocca.
E le si gelò immediatamente dopo, quando nella stanza fece il suo ingresso il Re.
Fece tre passi indietro, ma non riuscì a sfuggire alle mani di suo marito che la scaraventarono a terra ferendogli una guancia.
Disperata guardò se il suo Principino si fosse accorto di ciò che era accaduto. E lo vide immobile che li fissava da un lato della stanza.
-Ti avevo avvertito donna! I tuoi stupidi sentimentalismi lo rammolliscono e basta! Mio figlio deve diventare il Sayan più forte dell’universo, e tu non fai altro che viziarlo e indebolirlo!-
Vegeta fece un sorrisetto cinico e scosse piano la testa -Evidentemente sei troppo stupida per capire alla prima... ma ora è troppo tardi mia cara moglie-
Schioccò le dita e un gruppo di Sayan tra i più forti fece il suo ingresso nella stanza.
-Arrestatela e chiudetela nelle prigioni! È solo una sporca traditrice!-
Tre Sayan la sollevarono per le braccia e fecero per trascinarla fuori dalla stanza, ma poco prima di uscire lei si voltò e con occhi che sprizzavano scintille sputò ai piedi di quello che fino a pochi attimi prima era stato suo marito.
E mentre la portavano verso il suo destino non vide nemmeno che suo figlio veniva trascinato dalla parte opposta, mentre la chiamava incessantemente.


E adesso Rosicheena era lì, ad attendere la punizione che prima o poi le sarebbe crollata addosso comunque.
Si vergognava dei suoi sentimenti, si sentiva diversa, debole e inutile. Suo figlio sarebbe cresciuto senza di lei e sarebbe stata la cosa migliore, altrimenti la pena sarebbe stato vederlo crollare davanti a nemici che avrebbe potuto distruggere con una mano sola.
Quell’amore immenso, devastante, terribilmente doloroso che provava non avrebbe distrutto solo lei, ma suo figlio.
E lui più di tutti doveva vivere.
Lui avrebbe portato i Sayan alla ribalta, li avrebbe condotti verso un futuro di prosperità e ricchezza.
Senza rendersene conto aveva abbassato la testa e quando la risollevò i suoi occhi emanavano lampi dorati.
Lampi che terrorizzarono i presenti, lampi di odio, odio incessante che e covava dentro da anni e anni.
E il piccolo Vegeta pensò che in quel momento sua madre non era bella, no, non lo era per niente.
E Rosicheena gridò, fu un grido da animale ferito che sa di stare per morire.
Lanciò un ultimo sguardo verso suo figlio che la guardava con occhi sgranati.
Poi Rosicheena, Regina dei Sayan non fu più.
E i movimenti scomposti del suo corpo non erano ancora finiti quando suo marito ordinò al loro figlio di sollevare per i capelli la sua testa ormai divelta dal corpo e di disintegrarla con un Ki Blast.
Vegeta non aveva ancora 4 anni.

Fine


 
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