Time for changes, [27/05/08] The dark side of Dragon Ball Z

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Shari Aruna
view post Posted on 2/8/2008, 17:48




Fandom: Dragon Ball
Rating: 18 anni.
Personaggi/Pairing: Original Characters
Tipologia: Long Fiction
Lunghezza: 11.960 parole, 20 pagine, 4 capitoli più prologo ed epilogo ù__u
Avvertimenti: Original Character, Character Death, Lemon, Non per stomaci delicati, Violenza, Linguaggio Colorito. (mai usati tanti avvertimenti tutti insieme ò__o)
Genere: Drammatico, Azione, Guerra, Erotico.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Akira Toriyama che ne detiene/detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Dragon Ball, appartengono solo a me.
Note dell'Autore: Mnh. Un paio di precisazioni credo siano doverose. Di informazioni sui saiyan ce ne sono molte e la cosa divertente è che spesso e volentieri si contraddicono a vicenda. Dal momento che credere per credere preferisco credere alla mia fantasia, ho sviluppato la mia personalissima et contestabilissima teoria. L’ambientazione da me scelta è poco prima che i saiyan si alleassero con Freezer, quindi Plant è già stato conquistato da un pezzo e i nostri adorabili scimmioni hanno già abbastanza tecnologia rubata e/o acquistata a disposizione da muoversi nello spazio ed andare a rompere le balle ai pianeti vicini. Non credo che i saiyan abbiano iniziato subito a lavorare per Freezer, non senza prima essersi fatti una fama ed ecco perché qui se ne vanno già allegramente in missione di conquista e sterminio per conto loro. Altra cosa importante è il nome del Re Vegeta, che nella storia non si riferisce al padre del mio Principe che tutti conosciamo, ma ad almeno un paio di Re precedenti, siccomeche tutti i Re portano il nome Vegeta (che fra parentesi dovrebbe essere quello che ha conquistato Plant e rinominato il pianeta) non mi sembrava carino chiamare questo in un altro modo, non volevo gli venissero degli scompensi.
Inoltre, confesso, è stato tremendamente difficile trattare con dei saiyan. Cioè io all’inizio mi dicevo “che cavolo sono abituata a lavorare con Vegeta, cosa vuoi che mi facciano tre o quattro saiyan in più?” e invece, invece… cioè sono dei gran bastardi i saiyan, con loro ho dovuto trattare tutto in modo diverso da come sono solita fare, ed è stata una vera faticaccia.
Nel complesso però sono abbastanza soddisfatta – senza contare che è la prima long fiction su Dragon Ball che finisco ò__o
Introduzione alla Fan's Fiction: C’era una volta un Re, affamato di potere e gloria, ed il suo esercito di assassini sanguinari. C’era una volta anche un alieno spietato che un giorno decise di stringere alleanza con il Re di prima, scatenando le ire di alcuni sudditi e dando inizio ad una guerra civile…




Time for changes


- Prologo -
Nasce una prima classe
(o meglio due)





All’interno della grande stanza d’acciaio uomini e donne di diverse razze si muovevano in fretta tra i silenziosi macchinari neri, erano tutti molto occupati per via del numero di feriti che continuava ad aumentare a dismisura. Spesso i medici non facevano in tempo ad aprire una vasca di rianimazione che già arrivavano altri tre saiyan in fin di vita. La situazione stava lentamente degenerando e tutti concordavano nel dire che non era possibile continuare in quel modo: o si allargava l’ospedale o si diminuiva il numero di saiyan per missione.
Nessuno, comunque, avrebbe mai osato esprimere ad alta voce un’idea del genere, con il rischio che arrivasse ad un orecchio saiyan.
Per quanto ufficialmente medici ed infermieri non venivano considerati schiavi ma “collaboratori” alla fin fine la loro condizione non era molto differente da quella di veri e propri prigionieri, l’unica differenza era che loro avevano un’aspettativa di vita più lunga dato che nessun saiyan ci teneva particolarmente a diventare medico, ma figure del genere non potevano certo mancare in una società di guerrieri.
Nonostante quella piccola sicurezza, comunque, il personale medico tendeva sempre a non avvicinarsi troppo ai saiyan, se non per questioni strettamente cliniche. Nessuno di loro voleva avere a che fare con bestie del genere se non era assolutamente necessario.
Per questo quando l’infermiera addetta al controllo della sala si sentì afferrare il braccio in malo modo sussultò di paura, che andò rafforzandosi quando i suoi occhi incontrarono quelli neri e gelidi di un bambino saiyan.
- Sto cercando mio fratello, è nato qualche ora fa. Sai dov’è? – il tono autoritario non dava adito a dubbi sul fatto che sarebbe stato molto meglio per lei saperlo. La donna buttò fuori velocemente l’aria e mormorò una risposta.
- Il reparto per i neonati è in fondo al corridoio principale. Terza porta a destra. – il bambino sembrò soddisfatto e mollò la presa sul suo polso, dirigendosi a lunghe falcate verso la direzione indicata, seguito a ruota da un altro saiyan che dimostrava pochi anni più di lui.
- Come mai hai deciso di venire alla fine? Avevi detto di non voler saltare gli allenamenti – disse il bambino più grande, scartando una confezione di cibo.
- Sono stato mandato a verificare la sua valutazione. La mia famiglia vuole sapere subito se deve riconoscerlo o meno – spiegò velocemente.
- Solo prima classe eh, Zeni?
- Non funziona così anche nella tua famiglia, Miret? – chiese l’altro e l’amico annuì appena, senza approfondire oltre il discorso.
I due bambini trovarono facilmente la porta giusta ed entrarono nella nursery, uno dei medici riconoscendo Zeni gli indicò senza parlare la postazione numero tredici.
Nella culla di plastica trasparente stava un neonato con un minuscolo ciuffo di capelli neri. Dormiva profondamente, ciucciandosi di tanto in tanto il piccolo pugno.
Lo sguardo di Zeni passò immediatamente dal fratello alla targhetta ai piedi della culla. Il display digitale segnava già la valutazione definitiva ed il bambino non provò nemmeno a trattenere un sorriso di soddisfazione: anche suo fratello era una prima classe.
Dopotutto era abbastanza ovvio, tutta la sua famiglia era composta da saiyan con un altissimo livello di combattimento, certo non avrebbero accettato nulla di meno da quel bambino.
- Pare che abbiate un’altra prima classe in famiglia – constatò Miret, anche lui per niente sorpreso.
- Perché, avevi dubbi? – chiese Zeni distrattamente, già pronto ad andarsene per comunicare la notizia alla famiglia e riprendere gli allenamenti interrotti.
- Certo che no. Sembra comunque che anche la mia famiglia sia all’altezza della sua fama– aggiunse l’altro, sorridendo all’amico ed indicandogli una culla poco distante dalla prima.
All’interno c’era una bambina, i vispi occhi neri ben aperti e la coda stretta tra le mani paffute. Anche la sua targhetta riportava un valore da prima classe.
- È raro che le femmine nascano prima classe, di solito non superano la seconda. È tua sorella?– chiese Zeni osservando senza interesse la piccola, intenta a mordicchiarsi la punta della coda.
- Mia cugina – fu la rapida risposta dell’altro. – Sì in effetti è strano che sia una prima classe, soprattutto visto che sua madre e suo padre fanno parte della seconda – rimuginò.
- Succedono anche miracoli ogni tanto – lo liquidò Zeni, scrollando le spalle e avviandosi verso l’uscita. Miret lo seguì immediatamente.
- Vai prima a casa o andiamo direttamente ad allenarci?
- Prima a casa. Mio padre torna oggi dalla sua missione e vuole sapere subito l’esito – rispose il bambino – Aspettami al solito posto, ci rivediamo al massimo tra un quarto d’ora – aggiunse.
Miret annuì e i due si separarono, prendendo due direzioni diverse.


Di quarti d’ora ne erano passati almeno sei, quando finalmente Zeni decise di fare la sua comparsa sul campo di addestramento. Miret gli rivolse un’occhiata distratta, poi tornò alle sue flessioni. La faccia dell’amico non prometteva nulla di buono.
Senza dire nulla anche l’altro bambino iniziò il suo allenamento, sferrando violenti pugni all’aria.
Per un po’ si ignorarono completamente, poi iniziarono il combattimento a due che era senza dubbio più soddisfacente dei soliti esercizi di riscaldamento e di rinforzo della coda.
Sebbene Zeni avesse due anni in meno del compagno la sua preparazione fisica gli concedeva di combattere alla pari con lui, raramente quegli scontri avevano un vincitore assoluto, di solito finivano per mettersi fuori combattimento a vicenda.
Quella volta comunque, la ferocia e la rabbia di Zeni ebbero la meglio su Miret che dopo mezz’ora buona di calci e pugni - più e meno violenti - si ritrovò a terra sfinito.
- Cos’è successo? – chiese infine, accettando la mano che l’altro gli porgeva. Zeni valutò se rispondere o meno ma alla fine scrollò le spalle: non aveva senso farne un segreto di stato.
- Mio padre è deceduto in missione, gli abitanti del pianeta che doveva conquistare si sono rivelati più bellicosi del previsto. Metà della squadra è morta – sputò fuori, volgendogli le spalle.
- Capisco – disse l’altro. Non provò nemmeno a dire “mi dispiace” perché sapeva che Zeni non avrebbe accettato una cosa del genere, né lui era il tipo da dispiacersi per la morte di un soldato. Dopotutto i saiyan dovevano morire in guerra, era un grande onore per quelli della sua razza spirare sul campo di battaglia, anche Zeni lo sapeva.
- La cosa che mi secca è che mi hanno affidato Lyodai. Non capisco perché non possa occuparsi qualcun altro della sua formazione.
- Lyodai? Tuo fratello intendi? – chiese Miret confuso.
- Sì esatto – sbuffò Zeni, sedendosi su una roccia – dopo il periodo obbligatorio in ospedale diventerà una mia stretta responsabilità. – la sua faccia si arricciò in una smorfia di fastidio e sembrò non voler aggiungere altro.
- Bè è una gran seccatura, in effetti. Ma sai anche tu che le prime classi devono essere allenate esclusivamente da un’altra prima classe. Meglio così che mandarlo in uno di quegli stupidi centri d’addestramento per saiyan inferiori, no?
- Già, certo – sbuffò l’altro – Dici così perché non sarai tu ad avere un moccioso fra i piedi.
- Anche questo è vero – mormorò Miret, decidendo saggiamente di mascherare il suo ghigno con uno sbadiglio alquanto rumoroso.

****



Un saiyan di circa quindici anni camminava a passo di marcia per gli stretti corridoi di metallo dell’ospedale, si fermò per chiedere un’indicazione poi si diresse ancora più spedito verso il reparto di rianimazione. In una delle vasche riconobbe Miret, segnato da altre decine di nuove cicatrici, ma gli altri guerrieri gli erano completamente sconosciuti.
Il ragazzo si guardò bene intorno e alla fine scorse Zeni appollaiato su un lettino mobile.
- Che cazzo ci fai qui, Lyodai? – chiese seccamente il saiyan, stringendosi meglio la fasciatura intorno al braccio e sibilando tra i denti per il dolore.
- Mi hanno mandato dal centro di comando per riferire l’esito della missione – rispose il ragazzo osservando le varie ferite sul corpo del fratello.
- Il continente Ovest è stato svuotato, non è rimasto nessuno – sbottò Zeni, infastidito.
Qualcuno lì al comando credeva forse che lui non fosse in grado di portare a termine la missione che gli era stata affidata?
- Feriti? – chiese ancora Lyodai, seguendo la procedura.
- Io, idiota! – ringhiò il più grande – e Miret, anche se non gravemente. Poi Ronak che ha perso una gamba e Trinel e Lamcad che sono messi meglio di tutti. Il resto della sua squadra invece non ce l’ha fatta – continuò, in tono meno aggressivo ma di certo non meno irritato.
- Ad ogni modo la missione è compiuta e ci sono state meno perdite del previsto. Puoi riferire questo a quei figli di puttana – sputò fuori, trafiggendolo con uno sguardo di fuoco, quasi a dargli la colpa di quanto era successo.
- Sissignore – mormorò Lyodai, abbastanza abituato ai modi del fratello maggiore da non leggere alcuna accusa nei suo occhi. - La tua squadra è stata decimata, quindi – aggiunse dopo qualche secondo, in tono che voleva essere noncurante.
- E allora?
- Allora ti serviranno nuovi elementi. Ed io ho già quindici anni – rispose con più forza il ragazzino, fissando con decisione il fratello. Zeni gli restituì uno sguardo indecifrabile.
- Non è un’idea malvagia. Comunque mi verrebbe rifilata qualche recluta, quindi tanto vale prenderne una che ho addestrato io stesso. – meditò ad alta voce - Quando torni al centro di comando avvisali anche di trovarmi un altro elemento, questa volta voglio una squadra piccola ed efficace, ne ho abbastanza di avere tra i piedi un sacco di teste di cazzo incapaci perfino di coordinarsi in una semplice azione d’attacco.
Lyodai annuì, reprimendo la voglia di sorridere. Meglio non provocare troppo Zeni, non era il tipo da escludere a priori il fratricidio.
Si trattenne giusto il tempo di chiedere qualche dettaglio in più per il comando, poi si affrettò a ad uscire dall’ospedale che, rispetto a quindici anni prima, si era ingrandito almeno del triplo, diventando una costruzione quasi immensa.
Mentre correva verso la base lasciò finalmente che il suo viso si distendesse in un’espressione di puro trionfo.
Finalmente avrebbe fatto parte di una vera squadra, finalmente avrebbe potuto combattere su un vero campo di battaglia, finalmente sarebbe stato un vero saiyan.






- Capitolo 1 -
Squadra in azione





Pianeta Sharva
Due giorni prima.



La terra di Sharva è completamente nera, bruciata dai quattro soli che sorgono e tramontano a distanza di cinque ore l’uno dall’altro. Il pianeta, piccolo e inospitale, è costituito per la maggior parte della sue estensione da un deserto di rocce, eterne e immutabili.
Non vi sono piante né animali a Sharva, la vita si è estinta molti secoli fa con la profonda mutazione della struttura della galassia, causata da una tempesta di meteoriti.
Le uniche creature che ancora vivono a Sharva sono le Varkta, fanciulle fatte di fuoco e aria, sacerdotesse di religioni dimenticate da interi millenni e, al contempo, dee stesse del loro culto.
È appena giunto il tramonto del secondo sole quando la Prima Varkta, somma dea, raduna a sé le sue sacerdotesse, comunicando loro l’arrivo dei guerrieri saiyan e l’imminente distruzione di ogni cosa. La dea descrive i futuri carnefici, le loro armi, i loro poteri. Le parole di morte aleggiano nel silenzio di un mondo che già sta morendo.
Le Varkta ascoltano, ma non reagiscono. Aspettano le istruzioni della dea.
“Non c’è modo di fermarli, non possiamo salvarci. Avvisate tutti i villaggi:che sia ben conosciuto il destino che ci aspetta. Dite loro di attendere il tramonto del quarto sole per iniziare a pregare. Dopodomani Sharva morirà”
Appena la dea finisce di parlare le altre Varkta si apprestano ad obbedire. Dissolvendosi nell’aria calda e pesante del terzo tramonto, le sacerdotesse viaggiano nel vento, spostandosi di villaggio in villaggio, diffondendo il verbo a tutta la loro razza.
Quando infine tutti i villaggi sono avvertiti, le Varkta si chinano sulla bruna terra, aspettando la morte del quarto sole.
La somma dea rivolge il volto all’ultimo raggio di luce, una piccola lacrima nera scende dai suoi occhi, vive un solo istante sulla sua guancia e immediatamente dopo si dissolve nel calore delle fiamme dei suoi capelli.


****



- Quanti morti? – chiese Lyodai interrompendo un silenzio troppo innaturale per i suoi gusti. Il saiyan di fronte a lui mandò giù un altro boccone prima di rispondere.
- Quattrocento solo in questa regione, le altre squadre si stanno occupando dei villaggi oltre il deserto ma ormai dovrebbero avere già finito. Capirai, con gli avversari che ci siamo trovati davanti… nemmeno gli abitanti di Starx-11 erano così deboli ed erano meduse!- e nel ricordarlo Zeni trattenne a stento una smorfia di disgusto.
- Non capisco proprio perché Vegeta voglia questo pianeta – borbottò ancora, scartando l’ennesima razione di cibo.
- Non credo che al Re interessi che tu comprenda o meno le sue scelte – ribatté Miret, gettando un’occhiata distratta al suo capitano. Zeni non rispose, troppo assorto nei suoi pensieri per prestare attenzione al compagno.
- Zeni, comunicazioni da parte della base – la voce della quarta saiyan riscosse in modo piuttosto brusco il capitano che si voltò a lanciarle uno sguardo feroce. Rean, per nulla intimidita, gli indicò il canale di trasmissione e Zeni sintonizzò velocemente lo scouter.
Mentre il capitano ascoltava gli ordini, Lyodai spostò involontariamente lo sguardo sulla donna saiyan e lei lo ricambiò con un’espressione seccata.
Erano ormai passati tre anni da quando erano diventati compagni di squadra e ancora facevano fatica a digerirsi. Rean non era un guerriero di scarso valore o una palla al piede, anzi, quello che infastidiva Lyodai era proprio il contrario: lei aveva il suo stesso livello di combattimento e la sua stessa età.
Come ogni saiyan Lyodai era stato allenato duramente, fin da bambino aveva sputato sangue e anima per raggiungere la preparazione adatta ad una prima classe e ancora di più aveva faticato per essere ritenuto degno di far parte di una squadra di conquista.
Era stato un grande onore per lui essere assegnato a soli quindici anni ad una squadra che vantava guerrieri del calibro di Zeni e Miret, ma il suo orgoglio aveva subito un duro colpo quando il quarto elemento si era palesato sotto l’aspetto della cugina di Miret, Rean.
Il fatto che lei avesse ottenuto i suoi stessi risultati con i suoi stessi tempi lo aveva reso furioso, non tanto per il suo essere donna, quanto perché in quel modo tutti i suoi sforzi perdevano quasi completamente di significato, essendo stati replicati perfettamente da lei.
Dal canto suo Rean ricambiava in pieno l’antipatia.
Fiera e orgogliosa com’era prendeva molto sul serio il fatto di essere una delle poche femmine di prima classe, non aveva mai voluto essere niente di meno del meglio. Non per la sua famiglia, non per la sua squadra, ma solo per soddisfazione personale: lei era una perfetta macchina da guerra e voleva che tutti lo riconoscessero.
Partendo da questi presupposti era ovvio che non vedesse di buon occhio Lyodai, che a parer suo non aveva meriti se non quello di essere fratello del capitano. Certo nei loro combattimenti non si era mai dimostrato inferiore a lei, anzi parevano essere allo stesso livello, ma questo – agli occhi di Rean – non significava nulla: Lyodai rimaneva un bamboccio.
Le liti tra di loro erano all’ordine del giorno, spesso solo un violento intervento di Zeni riusciva a sedare sul nascere le interminabili risse e schermaglie verbali.
Il ringhio sordo del capitano li distrasse dai loro pensieri e i due saiyan si voltarono contemporaneamente verso Zeni.
Dopo un paio di imprecazioni ad alta voce e un “vaffanculo” borbottato tra i denti, Zeni si decise a mettere al corrente anche gli altri della situazione.
- A parere dei radar della base sembra che sia rimasto ancora qualcuno da queste parti – borbottò, schiacciando con violenza i tasti del suo scouter – Questi fottuti aggeggi devono essersi guastati per via del caldo. – imprecando si strappò via l’oggetto, frantumandolo sotto il tallone. L’idea che altri avevano dovuto fargli notare quella mancanza lo infastidiva parecchio.
- Ad ogni modo è a sud, a nemmeno mezz’ora di volo da qui. Miret prendi uno dei mocciosi e vai a dare un’occhiata, questi esseri sono meno pericolosi di una mosca ma comunque non deve sopravviverne nemmeno una.
Miret scoccò un’occhiata seccata al capitano ma si apprestò comunque ad eseguire l’ordine.
- Andiamo Lyodai – disse senza pensarci troppo e soprattutto senza notare l’espressione della cugina che pareva non essere affatto soddisfatta di quella scelta. Al contrario Lyodai se ne accorse e si premurò di rivolgerle un bel ghigno di soddisfazione prima di spiccare il volo seguendo la scia del compagno.
- Figli di puttana – mormorò Rean a fior di labbra e, dopo aver sputato nel punto preciso dove Lyodai si trovava un secondo prima, tornò alla navicella.

****



Non ci avevano messo poi molto a trovarla, ma c’era anche da dire che la creatura non aveva fatto nulla per celarsi ai loro occhi. Anche ora che i saiyan avanzavano verso di lei, pronti a mettere la parola fine alla storia della sua razza, la somma dea Varkta sembrava non avere minimamente paura di loro.
- Allora Lyodai, chi la uccide? – chiese Miret con aria annoiata.
- Tu sei quello più indietro con il punteggio. Non che un punto in più faccia qualcosa, ma perlomeno dimostreresti di esserti impegnato – rispose il ragazzo, imitando così bene la voce del capitano che per un attimo Miret pensò che fosse lo stesso Zeni a parlare.
- Non capisco questa mania di Zeni per i punteggi – sbuffò Miret, lanciando un’occhiataccia al compagno. – che importa sapere quante creature ognuno di noi ha ucciso? L’importante è che muoiano no? Che razza di capitano idiota… - mugolò.
- Bè sul lavoro bisogna divertirsi un po’ e queste gare stimolano la competizione – riprese Lyodai, sempre scimmiottando un’altra delle solite frasi del fratello.
- Sì tra te e Rean. Zeni si diverte un mondo a provocarvi ma a me non interessano queste stronzate. – lo interruppe bruscamente Miret e seppe di aver colpito il tasto giusto quando il ghigno di Lyodai si trasformò in un’espressione irritata. Non amava che gli altri sottolineassero la rivalità tra lui e Rean.
Gli occhi dei due saiyan si spostarono contemporaneamente verso la creatura a qualche decina di metri da loro: la Varkta non aveva mostrato alcun interesse per la conversazione tra i due, né aveva tentato di approfittarne per scappare, pareva aspettare solo che i saiyan mettessero fine alla sua vita.
- Se volevi che fossi io ad occuparmene facevi prima a dirlo – disse infine Lyodai, dopo il breve silenzio. Miret non rispose ma il modo in cui incrociò le braccia e lo sguardo annoiato che rivolse al compagno erano abbastanza eloquenti.
- Bah – borbottò il ragazzo, cominciando ad avanzare verso la Varkta. - Sei fortunata dolcezza, ti è capitato quello più bello – ghignò, concedendosi poi qualche istante per valutare l’avversario, certo con lo scouter sarebbe stato molto meglio ma anche ad occhio nudo Lyodai pensò di riuscire a fare una valutazione appropriata. Questa creatura era diversa dalle altre, lo si capiva subito: le movenze, il portamento, l’espressione… tutto comunicava potere in lei.
Il ghigno del saiyan si allargò ulteriormente. Magari questa volta riusciva a rimediare un combattimento degno di questo nome.
Con un rapido scatto in avanti diede inizio allo scontro: il primo pugno, diretto allo stomaco, prese in pieno il bersaglio, il secondo la colpì al volto con una precisione estrema ed il terzo la scagliò violentemente al suolo.
Lyodai sbuffò infastidito.
- Peccato, per un momento avevo davvero sperato di poterti considerare come un avversario. Mi hai deluso – le urlò contro, il volto atteggiato in un vago broncio infantile.
La Varkta si rialzò, il volto sporco di sangue nero e le labbra piegate in un tiepido sorriso.
- Quale avversario potrebbe soddisfare la tua sete di battaglia, saiyan? – chiese lei, fissandolo con i suoi occhi vuoti e inespressivi.
- Uno che sappia combattere e che perlomeno provi ad eliminarmi! – rise Lyodai e alla sua risata si aggiunse anche quella di Miret.
- No, questo è troppo poco, non vi basterebbe. Il fuoco della guerra consuma le vostre vene e niente e nessuno potrebbe mai arrivare a spegnerlo. La verità è che l’unico avversario che potrebbe soddisfare un saiyan è sé stesso – rispose la Varkta, sorridendo ancora, questa volta più dolcemente. I due saiyan si interruppero e la fissarono, leggermente sorpresi.
Certo erano abituati ai deliri di chi vedeva la morte avvicinarsi con passo inesorabile: tante volte si erano trovati di fronte a infime creature che non trovavano di meglio da fare, negli ultimi istanti della loro vita, che tentare di comunicare con i loro assassini.
Di solito però si limitavano ad implorare pietà o a minacciare ritorsioni dall’inferno.
Il sorriso della Varkta si accentuò ancora di più mentre sibilava qualche misteriosa frase nella sua lingua ma Lyodai, lungi dall’esserne intimidito, scoppiò in una risata divertita.
- Cerchi di spaventarmi puttana? – chiese tra una risata e l’altra.
Ma Miret, che aveva un sesto senso ben più sviluppato del compagno, percepì immediatamente il cambiamento della creatura e balzò in avanti mentre tutti i suoi sensi urlavano al pericolo.
- Lyodai allontaniamoci! – gridò, ma non fu abbastanza veloce.
I capelli fiammeggianti della creatura fluttuarono leggeri nel vento creando un vivido gioco di scintille, l’istante dopo però le lingue di fuoco si espandevano già per molti metri, fino ad arrivare a lambire i due saiyan che si ritrovarono circondati da alti muri di fuoco.
Per un secondo ci fu solo il crepitio delle fiamme contro cui cercarono invano di lottare, poi il vento si alzò e l’aria intorno a loro esplose.
Tutto ciò che rimase alla fine fu il buio silenzio dell’incoscienza.





- Capitolo 2 -
Aria di cambiamenti






Il ragazzo ha lunghi capelli neri, tenuti stretti in un codino, una ragnatela di cicatrici gli percorre l’intero corpo, piccole linee pallide come sentieri di guerra incisi sulla pelle; un grosso taglio si estende su tutta la parte destra del volto, attraversando di netto un occhio cieco.
Il ragazzo sta combattendo, pugno su pugno, calcio su calcio, respinge i suoi avversari che cadono sotto i suoi colpi. All’inizio sono dieci, poi venti, ottanta, cento… troppi.
Il ragazzo crolla, il suo orgoglio di guerriero urla di disprezzo, ma le grida di dolore delle innumerevoli ferite sono ben più forti.
Il ragazzo è stato sconfitto.
Attende in silenzio la morte, onorevole compagna, ma questa non arriva, preferendo lasciarlo ancora per un po’ da solo con quel dolore pulsante.
“Non sei un vero saiyan” dice d’improvviso una voce ed il ragazzo, volgendosi verso l’ombra che ha pronunciato quelle oltraggiose parole, riconosce il volto del suo maestro e fratello.
I suoi gelidi occhi neri lo guardano con disprezzo.
“Non sei degno della nostra casta” ripete, poi sparisce.
Al suo posto un volto di ragazza, un ghigno di sprezzante vittoria ad incurvargli le belle labbra.
“Non sei alla mia altezza” ride forte adesso e le sue risate circondano il ragazzo anche dopo che la figura di lei è svanita nel nulla.
Il ragazzo è di nuovo solo, le ferite continuano a sanguinare; vorrebbe invocare la morte, ma non ne ha le forze, non riesce nemmeno a muoversi.
L’oblio proprio non vuole arrivare.


****



Lyodai si ridestò a fatica, i muscoli del corpo ancora intorpiditi dal sonno; la prima cosa che mise a fuoco fu il mucchio di bottiglie di alcool proprio accanto alla sua testa.
Mentre i rimasugli di un sogno già dimenticato scivolavano via, il saiyan si tirò su a sedere sbadigliando rumorosamente, poi osservò distratto lo sfacelo che regnava intorno a lui.
Metà dei tavoli del bar erano rovesciati, l’altra metà erano ormai rottami. Schegge di vetro, lamiere piegate e macchie di sangue andavano ad integrare l’insolito campo di battaglia, cosparso non da cadaveri ma da saiyan ubriachi.
Da quando non avevano più missioni da compiere quasi tutte le sere finivano a quel modo, fra alcool e puttane, recriminazioni e pugni in faccia. Perché sì, dopo ciò che era avvenuto a Sharva, a parere di Zeni tutta le colpe possibili ed immaginabili potevano tranquillamente essere scaricate sulle spalle di Lyodai.
Poco sembrava fregargliene che quando quella fottutissima puttana si era fatta saltare in aria, mandando all’aria anche la loro missione di conquista, si era premurata di portarsi dietro il suo occhio destro ed un braccio di Miret.
L’unica cosa che importava al capitano era la macchia che quell’episodio aveva lasciato sulla reputazione sua e della sua squadra e ancora adesso, a tre mesi di distanza, qualsiasi discussione (soprattutto se fatta con un sostanzioso quantitativo di alcool nelle vene) portava inevitabilmente all’esplosione di quel maledetto pianeta.
In realtà dovevano considerarsi fortunati ad essere riusciti a scappare in tempo senza saltare in aria loro stessi, alcune delle squadre di ricognizione non avevano avuto la stessa fortuna.
Lyodai scosse la testa e tirò un calcio alla figura accasciata a pochi passi da lui, non si curò nemmeno di vedere chi fosse.
A passi lenti e misurati uscì dal locale, fuori l’aria fredda lo accolse nel suo abbraccio. Il saiyan inspirò diverse volte per schiarirsi un po’ le idee, poi si alzò in volo diretto agli appartamenti militari. Non che fosse particolarmente schizzinoso ma quella notte aveva bisogno di un vero letto, o quanto di più simile avessero da offrirgli.
In pochi minuti era già fuori dalla sua cella ed entrando non si curò nemmeno di accendere le luci, con gesti veloci si tolse la battle-suite, comoda per tutto, certo, ma Lyodai preferiva di gran lunga dormirci senza.
Stava giusto per dirigersi verso l’agognato letto quando la porta dietro di lui si aprì di scatto, lasciando che la luce del corridoio lo investisse. Lyodai ringhiò appena nel riconoscere la figura femminile che si dirigeva a grandi passi verso di lui.
- Che cazzo ci fai qui? – sbraitò infastidito. Rean rimase a fissarlo in silenzio per qualche secondo poi con una smorfia di disprezzo si decise a parlare.
- È vero quel che si dice? Vegeta vuole stringere alleanza con Freezer? – chiese con aria stizzita, stringendo un po’ i pugni. Lyodai mandò un mugolio esasperato, ne aveva fin sopra i capelli di quell’argomento, già al locale non avevano fatto altro che parlarne e se non ricordava male era stato proprio per quel motivo che era partita la rissa.
- Fuori dalle palle Rean, o ti ammazzo – disse in un ringhio ma la compagna non si fece impressionare.
- Ci sono troppe voci in giro, nessuna sicura – ribatté decisa Rean – inoltre molte squadre di prima classe sono state esonerate dalle missioni. Passi per la nostra dopo il casino di Sharva, ma anche quelle di Trinel e Ronak sono state sospese. Vegeta sta tramando qualcosa, non è vero?
Con gli occhi che le brillavano di ira appena repressa, Rean si avvicinò a lui fino a che i loro volti furono a meno di dieci centimetri l’uno dall’altro.
- Perché dovrei risponderti? Se non sei abbastanza importante da essere messa al corrente dei piani del nostro Sire sono soltanto affari tuoi – ghignò Lyodai, imprimendo nelle parole un certo tono di soddisfazione. In realtà nemmeno lui avrebbe dovuto conoscere i piani, per quanto il suo rango fosse alto l’inesperienza dovuta alle poche missioni sul campo lo penalizzavano non poco. Per sua fortuna però, Zeni diventava insolitamente chiacchierone dopo un paio di bottiglie.
- Fai poco lo spiritoso Lyodai. Non ti conviene farmi arrabbiare.
Il saiyan si limitò a sorriderle malignamente, lanciandole uno sguardo di sfida.
- Quanto sei presuntuosa…- mormorò piano, il ghigno sempre stampato sulla bocca.
Il pugno di lei arrivò all’improvviso, invisibile data la vicinanza dei due. Lyodai riuscì a spostarsi quanto bastava perché lei non gli frantumasse lo stomaco.
Immediatamente il suo corpo riconobbe l’adrenalina della battaglia, la stanchezza venne prontamente rilegata in un angolo della mente e le braccia si mossero da sole a parare il secondo attacco. Si allontanarono di colpo per osservarsi dritto negli occhi, poi ripresero a combattere: entrambi si muovevano veloci, mirando ai punti deboli dell’altro, scoperti nel corso di mille allenamenti. Avrebbero potuto continuare per ore, ma un errore di valutazione da parte di Rean, permise all’altro di bloccarla in una morsa d’acciaio. Tenendogli i polsi ben serrati dietro la schiena, Lyodai la tirò verso di sé, intenzionato a torturarla per la facilità con cui si era fatta sconfiggere. I suoi propositi di scherno andarono però a farsi benedire quando l’odore della pelle di lei gli entrò prepotentemente nelle narici ed improvvisamente i suoi sensi non riconobbero più il corpo premuto contro il suo come quello di un potenziale nemico ma come quello di una femmina, caldo ed invitante. Eccitato, Lyodai serrò più forte la presa sui polsi di lei, spingendola contro il muro.
Rean era furiosa per quella sconfitta e il fatto di non riuscire a liberarsi dalla morsa la faceva semplicemente imbestialire. Tentò di divincolarsi con un paio calci che Lyodai incassò sibilando, ma prima che potesse ripetere l’attacco, lui schiacciò con forza la bocca sulla sua e quel gesto inaspettato la prese di sorpresa tanto che non riuscì più a reagire.
Mentre Lyodai la costringeva a schiudere le labbra Rean si ritrovò a considerare i diversi modi di agire: avrebbe potuto strappargli via a morsi la lingua, per esempio. Ma il bacio continuava, accompagnato dal continuo strusciarsi del corpo di lui contro il suo, e Rean ancora non riusciva ad opporsi. Da una parte c’era la furia, dall’altra la crescente eccitazione.
Approfittando di un secondo di stallo da parte dell’altro, Rean voltò la testa di lato, piegando la bocca in una smorfia sdegnata.
- Cosa credi di fare Lyodai? – chiese, fissandolo con uno sguardo di fuoco.
- Solo divertirci un po’ insieme – soffiò lui, succhiandole il lobo dell’orecchio – l’istinto è l’istinto e stanotte ho una gran voglia di seguirlo.
Il sesso era, in effetti, un piacere che i saiyan si concedevano spesso, abituati com’erano a soddisfare i loro desideri immediatamente, difficilmente rinunciavano ad una scopata.
Dopotutto l’appagamento del corpo era necessario per sostenere una dura battaglia.
Rean socchiuse gli occhi, senza rispondere, e lasciò che lui continuasse; una mano ruvida e callosa lasciò il suo polso e le afferrò la tuta, strappandogliela sul davanti. Mentre la lingua di Lyodai giocava con i suoi capezzoli Rean si disse che, comunque, poteva sfruttare la situazione a suo vantaggio.
- Dimmi di Freezer – ordinò, graffiandogli il volto con la mano libera. Il sangue prese a scorrere sulla guancia di lui e Rean lo leccò via lentamente – Dimmelo.
- Non ne vedo il motivo – mugolò Lyodai, impegnato a disfarsi della tuta.
- Se si collabora è più divertente – sorrise la saiyan arcuando la schiena e premendo forte contro l’erezione di lui. Le pulsazioni al basso ventre divennero sempre più dolorose e urgenti e Lyodai valutò la questione: una piacevole parentesi di buon sesso adesso contro un’informazione che, ad ogni modo, Rean avrebbe finito per scoprire dopo nemmeno un mese.
Tanto valeva approfittarne, decise.
Affondò la testa nel suo collo, mordendola con forza, godendo nel sentire i suoi gemiti a metà tra dolore e piacere. Lei intanto si aggrappò alle sue spalle scavandovi lunghi solchi con le unghie.
- Vegeta crede che allearsi con Freezer ci sarà d’aiuto – mormorò Lyodai – avremmo a disposizione tecnologie molto più avanzate e delle basi ben attrezzate alle spalle. Inoltre ci arricchiremmo molto più in fretta di quanto non facciamo adesso – continuò, liberando completamente il corpo di lei dall’impaccio della tuta.
- Per allearsi cosa intende esattamente? – chiese Rean con voce roca, mentre faceva scivolare le mani sempre più verso il basso, fino ad afferrare il suo membro eretto.
- Conquistare i pianeti solo per lui. Consegnarglieli in cambio di denaro. In realtà per noi non cambierà molto, dovremo solo continuare a sterminare la feccia che popola i pianeti in cui ci mandano. – spiegò Lyodai fra un gemito e l’altro.
Prima che lei potesse ribattere il saiyan la schiacciò ancora più violentemente contro il muro e, dopo avergli divaricato le gambe, cominciò ad affondare con forza dentro di lei.
Lei urlò, gli occhi offuscati dal piacere, le mani sporche di sangue. Solo quando Lyodai iniziò a rallentare il ritmo riuscì a mormorare una risposta.
- Prima usavamo i pianeti come nostre basi personali o come merce di scambio, ora tutto il nostro sangue e la nostra fatica serviranno solo ad estendere il dominio di quel pazzo. Cosa ne ricava Vegeta da questo?
- Per il momento nient’altro se non un mucchio di soldi. Ma dovresti sapere che le alleanze esistono per essere infrante, e noi saiyan siamo molto più forti di quegli inetti che compongono l’esercito di Freezer… - avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro ma l’ultima spinta fu abbastanza per farlo venire. Gemendo si accasciò contro di lei, premendo il volto nei suoi capelli. Rean lo sostenne per qualche istante, poi si lasciò scivolare giù, trascinando anche lui.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò, erano entrambi troppo intenti a riprendere fiato e a riordinare le idee.
- Non mi hai ancora detto perché alcune squadre sono state sospese – disse infine Rean con la voce ancora affannata. Lyodai pensò che, dato che avevano finito, poteva anche rifiutarsi di rispondere o pretendere in cambio qualcos’altro, ma alla fine scosse le spalle. Era stanco.
- Molti saiyan non sono d’accordo con Vegeta. Soprattutto i saiyan di prima classe. Non sono molti, ma possono contare sull’aiuto di quella marmaglia di terze classi. Basterà che promettano loro un paio di stronzate e se li tireranno tutti dietro. Vegeta si aspetta una guerra civile e sta prendendo le dovute precauzioni.
- Quindi noi… - sibilò Rean che iniziava a capire.
- Già. – Lyodai sorrise – Spero solo che mi capitino le prime classi. Sarà il nostro primo combattimento decente dopo un sacco di tempo.
Rean non rispose, si prese qualche secondo ancora di riflessione e poi scattò in piedi, allontanando bruscamente da sé il saiyan. Senza aggiungere neanche una parola si diresse alla porta, le gambe ancora avvolte dai resti della tuta stracciata ma per il resto completamente nuda. Non le importava che qualcuno la potesse vedere in quelle condizioni, era solo ansiosa di allontanarsi da quel bamboccio e riflettere sulle informazioni appena ricevute.
Lyodai la osservò allontanarsi in silenzio, anche lui non aveva niente da aggiungere. Quando infine Rean sparì completamente dalla sua vista chiuse gli occhi e si appoggiò al muro, il suo naso poteva cogliere ancora il profumo di lei, mescolato all’odore di sangue e di sesso. Dopo qualche istante riaprì gli occhi e sbadigliando si mise in piedi, diretto verso il bagno.
Incrociando il proprio volto nello specchio si soffermò a guardarsi: sulla guancia e sulle spalle spiccavano i graffi che Rean gli aveva inferto, qualche stilla di sangue ancora fresco gli macchiava la faccia e la schiena, inoltre la cicatrice dovuta all’esplosione era più che mai evidente, così come l’occhio, cieco e talmente appannato da sembrare bianco. Il suo aspetto di ora confermava più che mai la sua appartenenza alla razza saiyan.
Scuotendo la testa Lyodai mise in funzione la doccia e per un po’ si rilassò sotto l’intenso getto, sospirando di piacere al contatto con quell’acqua gelida. Quando infine ne ebbe abbastanza, uscì dalla cabina e muovendosi verso l’altra stanza si ritrovò casualmente a fissare di nuovo lo specchio. Dopo qualche istante il saiyan sferrò un pugno alla sua immagine riflessa, frantumandola insieme all’intero mobile del bagno, poi, mormorando un’imprecazione, si diresse verso il letto e buttandovisi sopra sperò che a nessuno passasse per la mente di andarlo a disturbare.






- Capitolo 3 -
Guerra tra saiyan
{Parte I}





La navicella di Freezer era atterrata da oltre un’ora e Zeni si chiedeva che diamine avessero mai da raccontarsi il Re e quella specie di lucertola per non avere ancora finito.
I saiyan difficilmente facevano accordi ma quando avveniva certo non si perdevano in formalità e questa situazione più di tutte le altre non presentava nessuna complicazione dal punto di vista organizzativo: pianeti in cambio di denaro, armi, tecnologia o quant’altro di valore avessero da offrire quegli alieni. Era sempre stato così.
Certo c’era anche da dire che Freezer era un tipo da prendere con le molle, nonostante l’aspetto tutti loro sapevano che era un grande combattente ed una delle creature più pericolose di quella parte dell’universo.
Non che loro, i saiyan, ne avessero paura ovviamente. Anzi, se c’era una cosa capace di eccitarli era proprio il trovarsi davanti nemici infinitamente potenti: battere un avversario reputato invincibile era la linfa vitale che permetteva a guerrieri come loro di tirare avanti.
Sbuffando appena Zeni si guardò intorno per controllare la situazione: i tirapiedi di Freezer se ne stavano tutti ammucchiati in un angolo della piattaforma di atterraggio, non sembravano voler attaccare briga o comunque dar loro fastidio e, da una parte, Zeni se ne dispiacque.
Erano quanti? Tre mesi che non faceva un combattimento decente? Non ne poteva più. Voleva tornare a combattere e soprattutto voleva dimostrare a tutti quei figli di puttana che lo fissavano sogghignando che era ancora capace di fotterli tutti.
Certo su quel dannato pianeta le cose erano andate da schifo e si erano bruciati una delle missioni più facili che poteva capitare loro, ma che cazzo! Questo non significava nulla. Era stato solo un incidente. Non aveva capito benissimo come erano andate le cose ma sapeva che Miret non si sarebbe mai fatto fregare facilmente, riguardo a suo fratello aveva meno certezze ma nemmeno lui era un idiota. Quindi doveva essere stato qualcosa di assolutamente inaspettato – chi diamine poteva immaginare che quelle stupide creature sapessero farsi esplodere? E che il raggio di esplosione avesse una così larga portata?
"Bah, meglio smetterla di pensarci” mormorò fra sé, gettandosi un’altra occhiata intorno.
Se anche quegli inetti dei soldati di Freezer non volevano collaborare offrendogli il piacevole diversivo di farli fuori, Zeni sapeva che avrebbe potuto soddisfare molto presto la sua voglia di battaglia. Non sapeva ancora quanti e quali sarebbero stati i ribelli che avevano intenzione di rovesciare il Re ed annullare l’accordo con Freezer, ma certo si sarebbero fatti avanti presto, era questione di ore. Ci sarebbero rimasti di merda nello scoprire che l’incontro era stato anticipato e gli accordi già presi, e ancora di più nel trovare le migliori squadre di conquista e quelle di attacco ad attenderli.
Già gli prudevano le mani al solo pensiero di potersi sfogare proprio su quelli che avevano considerato lui e i suoi compagni come dei falliti.
- Sembra che Freezer stia per uscire – disse una voce dietro di lui e Zeni si voltò in tempo per vedere il sorriso di disprezzo sul volto di Miret.
- Era ora. Ce ne hanno messo di tempo per stabilire che se vuole il nostro aiuto deve pagarci tanto oro quanto pesiamo – borbottò Zeni in risposta, osservando di sbieco l’entrata del palazzo da cui ancora non si vedeva nessuno.
- Il nostro aiuto? – chiese Miret fulminandolo con lo sguardo – ci stiamo vendendo a quel figlio di puttana come se fossimo dei volgari schiavi. Questa è la verità. – ringhiò piano, sibilando le parole tra i denti e imprimendoci quanto più spregio poteva.
Zeni si accigliò e prima di rispondere si prese qualche istante di riflessione: possibile che Miret fosse coinvolto nella rivolta? Conoscendolo, non sarebbe stato poi troppo strano in effetti. Ma l’idea di dover combattere contro il suo compagno non gli piaceva granché, non per la potenza combattiva dell’altro – perché nonostante tutto Miret era uno dei guerrieri migliori, soprattutto dopo l’esplosione – ma perché… Bè non c’era un vero perché. Solo non gli andava.
- I saiyan non sono mai stati e mai saranno degli schiavi, dovresti saperlo. – disse piano, fissandolo con occhi duri – Inoltre è Freezer ad aver bisogno di noi, non il contrario. È stato lui a venire a cercarci, non dimenticarlo.
Miret lo squadrò con sufficienza e il suo sguardo si tinse di disprezzo.
- Ti sei rammollito Zeni. Fai schifo almeno quanto una terza classe. Quelli come te non dovrebbero nemmeno portare la nomina di guerrieri.
Zeni si mosse così velocemente che l’altro non ebbe nemmeno il tempo di alzare le braccia per difendersi e il capitano serrò la sua mano intorno al collo del compagno, abbastanza forte da sentire le ossa scricchiolare. Pur essendo più basso di lui in quel momento Zeni sembrava a dir poco pericoloso, e Miret decise di non reagire.
- Prova a ripeterlo figlio di puttana!- gli ringhiò, il volto a dieci centimetri dal suo - Devo forse ricordarti che sono il tuo capitano e che c’’è un abisso di differenza tra le nostre rispettive potenze? Dovresti saperlo già, quindi vedi di tenerlo a mente, prima di aprire quella fogna.
Miret considerò l’ipotesi di reagire, afferrando il braccio e poi spezzandoglielo per esempio, anche se quel gesto avrebbe comportato l’abbandono totale di qualsiasi possibilità di difesa e Miret sapeva che Zeni ne avrebbe approfittato subito. D’altro canto il capitano avrebbe comunque avuto la peggio, contro di lui, ma ucciderlo così in modo rapido e per una banale zuffa non gli piaceva. Se doveva ucciderlo lo avrebbe fatto sul campo di battaglia, così come aveva previsto fin dall’inizio, così com’era giusto che fosse.
- Ma certo capitano, come vuoi tu – rispose infine Miret, le labbra atteggiate nel solito ghigno, nonostante il respiro quasi completamente mozzato.
Il led rosso dello scouter di Zeni si illuminò all’improvviso e il capitano si staccò dal compagno, tenendo però lo sguardo sempre fisso su di lui. Ascoltò in silenzio per qualche istante, poi borbottò una risposta incomprensibile.
- La partenza di Freezer è rimandata ancora di qualche ora – annunciò Zeni con il tono più distaccato che riuscì ad assumere. – Vai a controllare il campo A, pare che ci siano alcuni problemi con una squadra – disse velocemente, prima di voltargli le spalle e dirigersi verso l’entrata dell’enorme palazzo.
- Ai suoi ordini, capitano – sibilò Miret sottovoce, mente guardava l’altro allontanarsi.
C’era stato un tempo in cui lui e Zeni si consideravano compagni, non amici, ma guerrieri di pari livello e dignità. Questo però era stato molti anni prima.
Troppe cose erano accadute nel frattempo: la promozione di Zeni a capitano – cosa assolutamente ingiusta a parere di Miret – il suo modo di condurre la squadra, tutti i meriti non suoi che gli venivano attribuiti e tante, tante altre cose, ultimo ma non meno importante il fallimento di Sharva. Se quell’idiota avesse fatto il suo lavoro per bene lui avrebbe avuto ancora tutti e due gli arti.
Sì, il tempo in cui lui e Zeni, ancora bambini, si allenavano insieme proclamandosi entrambi come prossimi guerrieri più forti dell’universo, era lontano. Troppo.
Avevano scelte e ideali diversi, loro, e presto Zeni avrebbe pagato per tutto, compresa la fedeltà che aveva giurato al Re, accettando di sottomettersi ad una creatura inferiore come Freezer.
Certo era una gran seccatura avere a disposizione un solo braccio ma ciò era perfettamente controbilanciato dall’aumento più che esponenziale del suo livello di combattimento. C’era andato proprio vicino alla morte quella volta, ma alla fine era sopravvissuto ed ora vantava una forza che perfino Zeni poteva solo avere sognato.
“Dammi solo qualche ora e lo vedrai da te quanto è ampia la differenza tra la mia potenza e la tua” pensò, ed un sorriso divertito gli piegò le labbra.

****



Lyodai aveva appena terminato di comunicare con suo fratello tramite scouter quando una decina di persone uscirono dal portone situato sul retro del palazzo: finalmente Freezer si era deciso a togliere il disturbo. Dietro di lui, oltre ai suoi servitori dalle facce infide, stava il Re Vegeta e alcuni dei suoi migliori combattenti.
L’idea di diffondere la notizia di un ulteriore posticipo per la partenza di Freezer era stata del Re in persona che, per quanto sapesse che la guerra civile era inevitabile, voleva almeno fare in modo che non avvenisse sotto gli occhi del loro nuovo alleato.
Lyodai e gli altri saiyan che erano con lui osservarono il congedo degli alieni e si costrinsero a stringere forte i pugni quando il loro Re, con evidente rabbia stampata sul volto, chinò di poco il capo, mormorando qualche parola d’addio.
In altri tempi quel gesto sarebbe stato un puro affronto all’orgoglio della razza saiyan.
Lyodai si avvicinò quanto bastava per guardare in faccia il tanto temuto Freezer e dopo averlo scrutato per bene si disse che, in effetti, non era il tipo con cui avrebbe attaccato briga volentieri, ad inquietarlo maggiormente era quel sorriso che indicava disprezzo per chiunque tranne che per sé stesso.
- Pensi ancora che questa non sia una vera e propria sottomissione, Lyodai? – chiese una voce alle sue spalle e il saiyan nemmeno si voltò: in quel momento non avrebbe retto le smorfie sprezzanti della compagna e scatenare una rissa sotto gli occhi del Re e proprio in un momento del genere equivaleva al suicidio.
- Sottomissione? Te l’ho già detto Rean, per noi non cambierà assolutamente nulla, certo non prenderemo ordini dagli sgherri di Freezer e nemmeno da lui se è per questo. Ci limiteremo a sfruttare il suo nome fino a diventare talmente forti che sarà lui a doversi inchinare.
- Sì, questo è stato il commovente discorso di Vegeta di qualche giorno fa quindi lo conosco anche io. E tu ci credi davvero? È per questo che stai dalla sua parte? – chiese Rean e il suo tono perse completamente il fare aggressivo che lo contraddistingueva. Era solo curiosa.
L’altro sembrò rifletterci qualche istante, poi si voltò verso di lei e, inaspettatamente, le sorrise.
Non un sorriso felice ma nemmeno uno di totale disprezzo, era uno di quei sorrisi che Rean aveva visto raramente sul volto di un saiyan e proprio non sapeva come definirlo.
- Sto dalla sua parte perché è la scelta migliore e la scelta migliore è quella che ti porta più vantaggi Rean. Non te l’hanno mai detto? – sussurrò ancora, mentre la distanza fra i loro corpi veniva praticamente annullata. Rean lasciò che la mano di lui giocasse un po’ con la punta della sua coda, poi lo fissò negli occhi.
- Sai queste sembrano più parole di Zeni che parole tue. Ti ha addestrato bene, non è vero? – domandò lei ed immediatamente sentì il corpo dell’altro irrigidirsi per la rabbia.
Ma l’espressione dura si sciolse quasi subito in un nuovo e inaspettato sorriso.
- Ad ogni modo io so da che parte stare Rean, ho preso una decisione e la seguirò fino alla morte, proprio come si addice ad un saiyan. – mormorò piano - Ma non mi sembra che tu possa dire la stessa cosa. – aggiunse e il sorriso tornò ghigno.
Con una mossa fluida Lyodai si staccò da lei e si diresse verso la nave spaziale ormai in partenza. Presto i ribelli si sarebbero accorti che i loro piani erano andati a monte.
- Decidi qual è il tuo campo di battaglia. E nel farlo ricordati che per me sarebbe un piacere immenso farti fuori. – le disse senza nemmeno degnarsi di guardarla in faccia.
Mentre lo guardava allontanarsi Rean non poté fare a meno di odiarlo con tutto il cuore.

****



L’aria era satura del puzzo di sangue e carne bruciata, il suono dei violenti crolli di case e palazzi si univa a quello dei gemiti dei moribondi. La guerra civile era iniziata solo da qualche ora ma la ferocia con cui le due fazioni saiyan combattevano avevano già prodotto più distruzione di quanta se ne potesse ragionevolmente aspettare.
Il sovrano di Vegeta guardava con distacco i suoi sudditi massacrarsi tra loro, sul volto un’espressione completamente indifferente.
- Perderemo molti validi guerrieri Sire – disse uno dei soldati che gli stavano accanto.
Il Re sembrò non udirlo e continuò ad osservare otto saiyan di terza classe che, a poca distanza di lui, stavano combattendo contro il capitano di una delle sue squadre di conquista.
Il capitano per un momento sembrò sopraffatto dal numero dei suoi avversari ma riuscì, con una mossa inaspettata, a sottrarsi al loro tiro ed immediatamente dopo a trucidarne un paio.
Vegeta distolse lo sguardo per posarlo sugli altri gruppi più o meno grandi che si stavano contendendo la vita.
- È un sacrificio indispensabile. Solo eliminando le mele marce abbiamo qualche possibilità di mantenere alta la dignità dei saiyan – disse infine.
- Forse… forse l’alleanza con Freezer è stata uno sba… - provò a rispondere il soldato, ma un lampo di luce azzurra lo colpì in pieno stomaco e il saiyan cadde a terra morto.
- Immagino che nessun altro abbia qualcosa da aggiungere – mormorò il Re, di nuovo annoiato. Nessuno dei sottoposti parlò e il saiyan tornò a girarsi verso il campo di battaglia.
Il capitano era riuscito a liberarsi di tutti e otto gli avversari e ora ne affrontava un altro, ben più grosso e minaccioso di lui.
Vegeta osservò la forza con cui i due saiyan combattevano, non risparmiandosi un solo colpo.
Per qualche minuto ancora gli occhi del Re seguirono lo scontro ma presto anche quello spettacolo lo annoiò quindi, elegantemente, si alzò in volo per raggiungere il suo palazzo: aveva molte cose di cui occuparsi.






- Capitolo 4 -
Guerra tra saiyan
{Parte II}





I due saiyan erano uno di fronte all’altro e si studiavano a vicenda, sorridendo. L’adrenalina bruciava nelle loro vene come fuoco e già entrambi pianificavano il nuovo attacco.
- E così mi hai fregato – sibilò Miret, fissandolo dritto negli occhi. Zeni sorrise.
Quando era riuscito a liberarsi degli otto smidollati che credevano di poterlo eliminare solo con il vantaggio del numero non si era stupito poi molto nel trovarsi davanti Miret, e nemmeno aveva dubitato per un solo secondo che fosse stato lui a mandargli contro quegli infimi avversari: se il nemico è pericoloso prima stancalo e poi attaccalo. Era una delle prime regole non scritte che governavano le loro vite e uno dei difetti maggiori di Miret era proprio il seguirle troppo quelle regole, senza mai arrischiare una strategia non collaudata.
- Ti sei esposto troppo amico mio. D’altronde la tua arroganza ti ha sempre penalizzato quando si trattava di agire nell’ombra - rispose semplicemente, valutando la situazione.
Sul piano fisico Miret gli era superiore, nonostante il braccio mancante, l’unico aspetto su cui poteva puntare era l’agilità: fin da bambini Miret non era mai riuscito a stargli dietro quando si trattava di velocità.
“Conoscere così bene il tuo nemico certo compensa il fatto di non conoscere affatto il tuo amico” si ritrovò a considerare Zeni, mentre una vena d’amarezza veniva scacciata con forza dalla voglia di combattere.
Continuò ad osservare il suo nemico, attendendo con fiducia il momento in cui si sarebbe tradito con un movimento che gli avrebbe rivelato il suo piano d’attacco. Dopo qualche istante Miret piegò un ginocchio e spostò il peso sulla gamba destra, segno che aveva intenzione di fare una finta e attaccare dall’alto.
Zeni sorrise ancora, questa volta con la ferocia di un cacciatore, e mentre l’altro scattava verso sinistra lui si lanciò nella direzione opposta.
L’idea di doversi prendere la vita di quello che era stato il suo compagno più fidato non lo infastidiva più, sotterrata dall’inebriante sapore della vittoria che già sentiva baciargli le labbra.

****



Il giorno stava finendo ma la battaglia ancora proseguiva: sporca di sangue altrui Rean se ne stava in piedi su un mucchio di macerie, residui del recente combattimento. Non sapeva se il gruppo di saiyan che aveva appena eliminato appartenesse ai ribelli o agli alleati del sovrano, non se l’era nemmeno chiesto a dirla tutta: avrebbe ucciso chiunque le si fosse parato sulla strada. Ora che era in corso una battaglia poco importava da che parte si fosse deciso di stare, un saiyan sul piede di guerra perde presto qualsiasi tipo di razionalità, limitandosi a seguire l’istinto di uccidere che difficilmente distingue un nemico da un alleato, soprattutto considerando che adesso erano tutti saiyan.
Erano passati quasi due mesi da quando aveva parlato con Lyodai: fin da quella notte il pensiero dell’imminente accordo e della successiva guerra l’aveva ossessionata ma, nonostante tutto il tempo passato a pensarci, non era riuscita a prendere una decisione né a farsi un’idea chiara su come affrontare la situazione.
Formalmente era un’alleata del Re visto che la sua squadra gli aveva giurato fedeltà giusto pochi giorni prima, ma la realtà era che non sapeva se voleva difendere o meno l’uomo che aveva venduto il suo popolo come mercenari.
Era davvero frustante non sapere come muoversi ma, per quanto tentasse di costringersi, il suo orgoglio e la sua razionalità continuavano a lottare tra loro senza che l’uno riuscisse a prevalere sull’altro.
Rovesciare il Re era una cosa abbastanza impossibile. Aveva ascoltato voci che decantavano piani pressoché infallibili da parte dei ribelli ma non essendo venuta a contatto con nessuno di loro era portata a credere che fossero tutte stronzate.
D’altra parte quella sottomissione a Freezer le risultava intollerabile. I saiyan non lavoravano per nessuno, solo per loro stessi.
Un rumore a poche decine di metri di distanza la distrasse dai suoi pensieri: dieci, forse undici persone stavano dirigendosi verso di lei.
Attese in silenzio, i muscoli del corpo irrigiditi e i sensi all’erta, pronti ad individuare un eventuale attacco a sorpresa. Pochi istanti dopo dieci saiyan atterrarono a pochi metri da dove si trovava. In testa al gruppo un grosso uomo barbuto che Rean riconobbe come uno dei capitani delle squadre di attacco, gli altri le erano totalmente sconosciuti, fatta eccezione per l’unica donna, così piccola e minuta a confronto dei compagni che sembrava quasi invisibile.
L’aveva vista una decina di volte in tutta la sua vita e non le era mai piaciuta: troppo debole, troppo stupida. Caratterialmente non aveva nulla a che fare con lei.
- Madre – mormorò piano Rean, scrutandola con occhio critico. La donna era ricoperta di sangue e fango, il volto sfigurato dal sorriso folle di un predatore sul sentiero di caccia. A ben vedere era lo stesso sorriso che aleggiava sul volto di tutti.
Rean rimase immobile mentre la piccola donna le si avvicinava a passi lenti e misurati. Sembrò sul punto di voler dire qualcosa ma prima che potesse farlo il suo sguardo cadde sui cadaveri intorno a loro.
- Stavano dalla nostra parte – biascicò la saiyan più anziana e l’omone dietro di lei si spostò di qualche passo per dare un’occhiata.
- Una delle squadre di ricognizione – mormorò e il suo sguardo si fissò in quello di Rean. - Sei stata tu ad ucciderli, ragazzina? – chiese ed il suo tono, benché calmo, prometteva minaccia.
Rean non rispose e si voltò verso la madre: fisicamente erano davvero molto simili loro due ma mai come in quel momento la somiglianza era tanto evidente. Su entrambi i loro volti era stampata chiara e limpida un’espressione di vivo sospetto, i loro occhi stavano valutando un nemico e certo nessuna delle due stava indugiando sul rapporto di sangue che le univa.
- Facevi parte della squadra di Miret e sei sua cugina. Credevamo fossi dalla nostra parte – disse ancora l’uomo e Rean improvvisamente ricordò il suo nome. Era Trinel, uno dei vecchi compagni di Zeni, era stato un buon capitano nelle missioni di conquista ma l’età avanzata lo aveva costretto a spostarsi alle squadre di attacco che venivano utilizzate più raramente e contro avversari che già conoscevano.
- E la vostra parte sarebbe…? – chiese di rimando Rean, alzando un sopracciglio nella sua migliore espressione indifferente.
- Come sarebbe a dire? Miret non te ne ha parlato? – urlò la donna, fissandola ora con evidente avversione – Forse non si fidava di te. Anzi è sicuramente così – ringhiò.
I saiyan dietro di lei cominciarono a ridacchiare: quelle parole significavano quasi sicuramente battaglia e combattere con una bella ragazza li eccitava alquanto. Trinel alzò una mano per zittirli, poi tornò a rivolgersi a lei, con quella sua voce calma e minacciosa al tempo stesso.
- Noi rovesceremo il Re e prenderemo possesso di Vegeta, dopodiché attaccheremo Freezer ed il suo esercito per punirlo della presunzione di aver voluto sottomettere noi saiyan. – disse piano – Cos’hai intenzione di fare tu, Rean?
La domanda rimase in sospeso a galleggiare nell’aria. Rean non aveva alcuna fretta di rispondere, nonostante gli scalpitii impazienti dei saiyan che la fronteggiavano.
Attaccare Freezer. Che stronzata.
Prima che potesse aprire bocca però, il suo scouter rivelò la presenza di una grande forza in avvicinamento.
- Ma guarda chi si rivede – mormorò un paio di istanti dopo una voce che Rean riconobbe immediatamente come quella di Lyodai. Il saiyan se ne stava a qualche decina di metri sopra di loro, le braccia incrociate e il ghigno beffardo sul volto.
- Una bella imboscata quella di prima, complimenti. Ronak era un avversario molto pericoloso, ma tu dovresti saperlo Trinel. Dopotutto era un tuo compagno. – disse il ragazzo, scendendo a terra e parandosi di fronte all’altro - Però avresti dovuto assicurarti di averlo ucciso come si deve, invece di dargli la possibilità di rivelarmi la vostra posizione. – aggiunse, e i suoi occhi si tinsero di nera soddisfazione.
Il grosso saiyan ringhiò e per la prima volta sembrò realmente arrabbiato.
- Taci ragazzino. Io ho visto molte più guerre di te e la mia esperienza sul campo non può nemmeno essere confrontata con la tua. Voi giovani siete senza orgoglio, un insulto alla nostra razza di valorosi guerrieri, vi schierate dalla parte di un traditore del suo stesso sangue!
Lyodai ghignò ma non rispose, non che servisse comunque: quello che pensava ce l’aveva stampato in faccia. Rean non fece in tempo a realizzare quello che stava succedendo che il ragazzo si era già mosso, avvicinandosi di più a lei.
- Te l’avevo già detto no? O da una parte o dall’altra. È ora che tu scelga il tuo campo di battaglia – sibilò Lyodai tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Rean ne aveva abbastanza di quella situazione: tutti le chiedevano di scegliere e lei non riusciva a prendere una decisione che era una. Andando avanti di quel passo la sua reputazione sarebbe andata a puttane e lei non poteva permettersi che ciò accadesse, soprattutto non sotto lo sguardo soddisfatto di Lyodai. Cos’è che gli aveva detto quel buono a nulla l’ultima volta che si erano parlati?
“La scelta migliore è quella che ti porta più vantaggi.”
In pratica bisognava salire sul carro dei vincitori, rimuginò Rean. L’unico problema era stabilire chi fossero i vincenti e chi i vinti, ma adesso che il paragone ce lo aveva sotto gli occhi era molto più facile fare una scelta.
Rean osservò il gruppo di saiyan di fronte a lei: lo scouter le rivelava che – a parte Trinel - solo uno di loro era vagamente al suo livello, gli altri non erano che smidollati di seconda e soprattutto terza classe.
Dei perdenti. Tutti loro erano dei perdenti.
Lyodai invece era forte, così come Zeni, così come il loro Re.
Così come lei.
Il suo braccio si alzò deciso ed una sfera rossa lasciò il suo palmo per andare a centrare il petto di una delle terze classi che cadde rumorosamente al suolo.
Lyodai sorrise ma non disse nulla, slanciandosi immediatamente in avanti ad affrontare Trinel, felice di poter combattere con un nuovo, valente avversario.
Anche gli altri saiyan partirono all’attacco ma, data la loro scarsa forza, non fu un problema per Rean e Lyodai combattere con tre o quattro di loro allo stesso tempo.
Mentre il ragazzo teneva orgogliosamente testa a Trinel e ai suoi compagni, superandoli sia in agilità che in potenza, Rean eliminò due dei suoi avversari, concentrando poi tutta la sua attenzione sulla madre.
- Traditrice! – ringhiò la donna, lanciandosi verso di lei. Per qualche minuto Rean combatté svogliatamente, rispondendo ai colpi senza però attaccare, poi, d’un tratto, le sferrò un colpo in pieno stomaco, frantumando la battle suite.
- Non sei degna di essere una saiyan – biascicò la donna, sputando sangue e strisciando lontano da lei nel tentativo di riprendere fiato. Rean la colpì di nuovo, stavolta in faccia.
- Io direi, invece, che il fatto di essere in piedi sul tuo cadavere mi qualifichi abbastanza. Tu non credi, madre? – domandò Rean, contemplando la donna che agonizzava faticosamente ai suoi piedi. Non le diede il tempo di rispondere.
Nel sentirla parlare Lyodai, che si stava divertendo ad infierire sul cadavere di Trinel, alzò appena lo sguardo: giusto in tempo per vedere il ki-blast che lasciava la sua mano e staccava di netto la testa della madre dal collo.

****



Rean e Lyodai si ricongiunsero a Zeni nemmeno un’ora dopo. C’erano ancora diversi gruppi di ribelli sparsi per il pianeta ma le comunicazioni della base centrale li dava praticamente per cadaveri ambulanti: la guerra sarebbe finita nel giro di qualche ora al massimo.
Il capitano era a terra, il sangue rappreso sul suo corpo e sulla sua faccia mandavano un puzzo nauseabondo ma nessuno di loro sembrò a accorgersene.
- Miret è uno di loro – lo informò Rean non appena Zeni si mise seduto, e Lyodai digrignò rumorosamente i denti. Non gli aveva fatto per nulla piacere quella notizia.
- Lo so. – fu la semplice risposta di Zeni che stava ora tentando di rimettersi in piedi.
Le sue ferite non erano molto gravi ma l’ultimo combattimento lo aveva spossato, consumando tutte le sue energie. Era decisamente ora di ritirarsi per lui.
- Come fai a saperlo? – chiese sospettoso Lyodai tendendo una mano al fratello per aiutarlo a rialzarsi. Zeni, stranamente, accettò l’aiuto e questo, più di qualsiasi altra cosa, fece capire ai compagni quanto doveva essere stanco.
- Si è fatto scoprire grazie ai suoi famosi scatti d’ira. Stavo combattendo con lui fino a pochi minuti prima che arrivaste voi due – spiegò faticosamente, le parole erano a malapena comprensibili data la mascella spaccata e l’enorme quantità di sangue che gli riempiva la bocca.
- E dov’è adesso? – domandò impaziente Rean – Sei riuscito ad ucciderlo?
- No – biascicò il saiyan più vecchio, e i muscoli del suo volto si tesero impercettibilmente – è scappato – aggiunse dopo qualche secondo.
Lyodai colse subito il cambiamento del tono e si avvicinò all’altro, valutando la sua condizione fisica: Zeni aveva combattuto in condizioni ben peggiori e, soprattutto, non era il tipo da lasciarsi sfuggire un nemico. Per nessun motivo al mondo.
- Forse vuoi dire che lo hai lasciato scappare – non era una domanda ma un’affermazione e Lyodai fissò il fratello dritto negli occhi, quasi sfidandolo a contraddirlo. Ma Zeni sostenne lo sguardo in silenzio, un’espressione indifferente sul volto, apparentemente non intenzionato a rispondere.
In quel momento Lyodai notò che suo fratello era invecchiato.
Zeni era stato il suo tutore, il suo maestro, il suo terrore a volte, di sicuro la persona che più aveva odiato in quei suoi diciannove anni di vita, ma al contempo era anche l’unico per cui avesse mai nutrito una briciola di ammirazione.
Zeni era il più forte, il più coraggioso, il più scaltro, il più… tutto.
Ma ora davanti a lui non restava nulla di quella specie di mito che aveva accompagnato la sua infanzia. Proprio nulla.
- Buono a nulla. – sibilò tra i denti - Vieni Rean, andiamo a cercarlo. Non possiamo permettere che sopravviva – disse poi ad alta voce, gli occhi sempre fissi in quelli del fratello maggiore.
La ragazza dietro di lui si irrigidì un poco, non le piaceva il tono che l’altro aveva usato, ma decise comunque di soprassedere sul dettaglio e di seguirlo; la priorità era trovare quel traditore di Miret ed eliminarlo. Mai lasciare dietro di sé nemici pericolosi, se non si vuole finire uccisi da quello che si considerava un cadavere: quella era una delle regole fondamentali.
Zeni li osservò sparire all’orizzonte, i muscoli ancora irrigiditi dalla fatica.
Dopo qualche secondo si rese conto che lo scouter aveva cominciato a gracchiare l’ordine di tornare alla base e con movimenti automatici i suoi piedi si mossero di conseguenza. Mentre il vento freddo della notte lo avvolgeva nel suo abbraccio Zeni non poté far a meno di chiedersi per quale assurdo motivo alla fine non era riuscito ad eliminare quel figlio di puttana di Miret, ma già nel momento in cui se lo domandava sapeva che non avrebbe trovato una risposta.

****



I corpi di decine di guerrieri giacciono accasciati come giocattoli rotti, le orbite vuote fissano il cielo rosso saturo di stelle mentre il loro sangue bagna un terreno ormai arido che mai ha visto la semplice bellezza di un filo d’erba.
Le uniche figure in movimento sono due ragazzi che camminano decisi tra i cadaveri: proseguono senza mai fermarsi, calpestando ciò che rimane di quelli che un tempo chiamavano compagni.
Dopo una ventina di metri la ragazza si ferma ed indica con il dito un cumulo di macerie sotto cui è sepolto il corpo di un uomo, mezzo dilaniato dalle ferite, ma ancora vivo.
I giovani si avvicinano mentre l’altro riesce infine a farsi spazio tra le rocce che lo coprono. Prima che possa alzarsi in piedi però, i due gli sono di fronte, nei loro occhi arde il fuoco bollente dell’ira e sulle labbra si dipinge lentamente il ghigno soddisfatto della vendetta.
- V-voi no-n…- prova a dire l’uomo, ma subito le mani del ragazzo affondano con violenza nel suo petto, nella ferita già inflitta da un’altra mano. L’uomo manda un rantolo e il sangue gli riempie la bocca, mentre si china su sé stesso per vomitarlo il ragazzo si tira indietro, lasciando il posto alla ragazza. Le mani di quest’ultima, più piccole di quelle del compagno ma ugualmente forti, si stringono intorno alla gola dell’uomo che manda un gemito di disperazione. Gli occhi di lei lo scrutano ancora per un secondo, poi con uno scatto secco gli spezza il collo.
Per qualche istante i due saiyan restano in piedi, fianco a fianco, poi si allontanano senza voltare mai lo sguardo, spaventose ombre insanguinate circondate dal buio di una notte che sta morendo.







- Epilogo -
(Satisfaction)






Seduto sul suo trono Vegeta ascoltava le relazioni dei suoi sottotenenti che lo informavano l’ammontare dei morti e la consistenza dei danni. La stima approssimativa era molto inferiore a quella prognosticata, il motivo era che, probabilmente, molti dei ribelli erano tornati sui loro passi nel momento in cui si erano resi conto che stavano perdendo.
Vegeta non se ne preoccupò.
Non gli interessava granché dei suoi sudditi almeno fino a quando nessuno di loro tentava di mettergli i bastoni tra le ruote, e quella guerra sarebbe servita da monito in questo senso.
Con un gesto della mano congedò i soldati poi afferrò un grosso pezzo di carne dal vassoio accanto al trono e, mentre iniziava a masticarlo, si rese conto di essere soddisfatto.
I suoi piani stavano procedendo alla perfezione.
Certo avrebbe dovuto abituarsi all’idea di dover rendere conto a qualcuno delle sue decisioni ed essere disposto ad accettare gli incarichi che gli avrebbero proposto, ma ad ogni modo quella situazione non sarebbe durata molto, giusto il tempo di conoscere meglio il suo nemico e studiare il modo migliore per attaccarlo ed eliminarlo. Vegeta ghignò mentre nella sua testa già si vedeva al posto di Freezer, ma con un impero tre volte più grande: presto tutte le galassie sarebbero state sue ed i saiyan avrebbero dominato l’intero universo.

****



La lingua di Rean indugiò attorno all’ombelico, facendo fremere d’impazienza il saiyan sotto di lei. Ghignando la ragazza scese ancora un po’ e sfiorò il suo membro con la punta delle dita: Lyodai mandò un alto gemito di protesta e inarcò la schiena, sfregando la sua erezione contro di lei.
La battaglia era stata spossante e i loro corpi erano stremati, ma la vista del sangue e l’odore della morte uniti all’essere sopravvissuti ad avversari estremamente potenti li aveva eccitati entrambi oltre ogni limite.
Ci sarebbero volute ore prima che una delle vasche di rianimazione si liberasse visto che la priorità era data ai saiyan conciati davvero male – e ce n’erano tanti – così entrambi avevano deciso di sfruttare il tempo a loro disposizione facendo qualcosa di divertente.
Rean lo stuzzicò ancora un po’ e avrebbe continuato se le mani di lui non avessero stretto la presa così tanto da non poter non comprendere l’esplicito invito a piantarla.
Sorridendo la saiyan si tirò su e, mettendosi cavalcioni su di lui, cominciò a muoversi velocemente, desiderando giungere presto all’orgasmo: le ferite bruciavano troppo per permetterle di indugiare in giochetti vari.
Lyodai venne per primo, lanciando un mugolio di puro piacere ma lei dovette continuare ancora per qualche istante prima di riuscire ad imitarlo. Ormai completamente appagata, Rean si lasciò scivolare al fianco dell’altro, poggiando la testa sul suo braccio e ansimando forte.
Non aveva più la forza nemmeno di alzarsi.
Il silenzio scese a fare da padrone ma durò solo pochi minuti: Lyodai recuperò presto il fiato e si voltò a guardarla, gli occhi ancora offuscati dal piacere.
- Ricordi la missione su Sharva? – chiese lui, afferrandole con forza i capelli e strattonandoglieli fino a falle alzare il volto.
- Come potrei dimenticare una cosa del genere? – borbottò lei, guardandolo male.
- La puttana che si è fatta saltare in aria… lei mi disse una cosa.
- Mmh. Davvero interessante – rispose sarcasticamente Rean, assestandogli un pugno nelle costole per costringerlo a mollare la presa sui suoi capelli.
- Disse che nessun avversario può soddisfare un saiyan e che non c’è modo di placare la sua sete di battaglia – mormorò piano Lyodai, lasciandola andare. Lei lo guardò, interrogativa, ma lui aveva preso a fissare il soffitto sopra di loro.
- E la cosa ti sconvolge? – chiese infine, dicendosi che no, decisamente non era in vena di stronzate filosofiche, quindi perché mai lui aveva dovuto uscirsene con quella frase?
- Non lo so. Forse è la verità. Stanotte però io sono tremendamente soddisfatto. – disse lui, voltandosi finalmente a guardarla con quello strano sorriso sbilenco stampato in faccia.
Rean elaborò quelle parole per qualche secondo, poi si accigliò.
- Ti importava davvero del motivo per cui stavi combattendo? E che ne è stato di quel bel discorso sulla scelta migliore?
Lyodai non rispose subito ma i suoi occhi divennero seri e distanti e in quel momento anche lui sembrò vecchio, proprio come suo fratello.
- Ovviamente no, non m’importava affatto. La scelta migliore per noi è solo combattere Rean. Solo questo. Per chi o per cosa non ha alcuna importanza. – borbottò infine e lei sentì le sue parole rimbalzarle dentro la testa. Rise. Avrebbe dovuto aspettarselo da quel figlio di puttana di Lyodai.
- Queste non sembrano parole di Zeni. – gli concesse.
- Sono mie, infatti. – ghignò Lyodai e Rean, accanto a lui, continuò a ridere sommessamente.

****



La stanza in cui si trova è vuota e silenziosa, fatta eccezione per il ronzio sommesso dei macchinari; dal grande oblò davanti a lui si intravede ancora Vegeta, la sua ultima conquista.
I saiyan, a suo insindacabile giudizio, sono un popolo decisamente odioso e per molto tempo ha rimuginato se sterminarli o meno ma le entusiastiche descrizioni che gli erano state fatte dai suoi sudditi sulla forza di quegli esseri e sulla loro validità come possibili mercenari lo avevano infine convinto a sospendere i suoi propositi di sterminio.
Ed ora che i satelliti spia gli hanno mostrato la guerra che si è appena svolta è costretto ad ammettere che, nonostante tutto, quelle creature hanno un che di affascinante nella loro perversa malvagità. Grazie a loro il suo dominio si sarebbe esteso molto più in fretta e poi avrebbe sempre potuto eliminarli una volta diventati superflui.
L’alieno socchiude gli occhi lentamente e le sue labbra si piegano in un’imitazione di sorriso.
Dopo qualche istante porta davanti al volto la mano che tiene il bicchiere colmo di liquido rosso e, attraverso il vetro, osserva silenziosamente il piccolo pianeta. Mille riflessioni si susseguono nella sua testa e, infastidito, Freezer chiude di scatto la mano, mandando in frantumi il bicchiere. Quando la riapre, sporca di vino e sangue, sembra tenere Vegeta sul palmo, quasi fosse una piccola palla rossa.
“Bè non è molto diverso dalla realtà” pensa con soddisfazione prima di chiudere ancora la mano, con più forza stavolta, e Vegeta scompare totalmente nel suo pugno.





 
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