La prova di coraggio

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view post Posted on 7/9/2008, 18:26
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Rating: 14 anni
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: capitoli 1/1
Avvertimenti: Linguaggio Colorito
Genere: Thriller, Suspence
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits:
Note dell'Autore: La storia è ispirata ad una leggenda metropolitana che gira da anni, mentre luoghi e personaggi sono di mia invenzione.
Introduzione alla Storia: Vi siete mai cimentati in una prova di forza o di coraggio, malgrado avreste voluto essere da tutt'altra parte, solo per farvi accettare dai vostri amici? Steve è il tipico esempio di "coraggioso forzato", ma quando la paura supera ogni raziocinio, le conseguenze possono essere spiacevoli.




La prova di coraggio


 


 


 


Steve si guardò intorno smarrito. Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva paura. Non si sarebbe mai piegato a confessarlo, ma si era pentito di aver dato ascolto a quei cretini dei suoi amici. Deglutì, i battiti del cuore che ormai erano la carica di un plotone della cavalleria, e provò ad orientarsi. Guardò meglio la mappa che gli avevano tracciato con una penna su un pezzo di carta, poco più che dei ghirigori incomprensibili, e sospirò: si era perso. Gli veniva quasi da piangere, e tecnicamente poteva sfogarsi tranquillamente, tanto quel posto era popolato solamente dalle creature e dai rumori della notte, il suo pianto si sarebbe solo unito al coro dei suoni che udiva tutt'intorno a sè e che lo stavano letteralmente terrorizzando. Cercò di calmare la rabbia, la paura e lo smarrimento, ma l'unico pensiero che faceva capolino mella sua mente, in pratica da quando s'era addentrato nel vecchio cimitero di Seaport Hill, è il filmino di come si fosse lasciato convincere, da vero idiota, ad affrontare questa insulsa prova di coraggio.


*Flashback*


Il gruppetto di amici scese rumoreggiando dalle quattro sgangherate auto con le quali aveva raggiunto i margini del cimitero di Seaport Hill. Tra un brindisi con le lattine di birra, l'ennesimo della serata, una risata e una sigaretta, finalmente qualcuno trovò il fiato e la testa per interrompere quel fiume in piena di allegria alcoolica, e tirare le somme della solita serata tra amici "Oh, raga, che palle! - esordì- Sempre le stesse cose, le solite facce, la solita storia!" "Ma vedi di non rompere, imbecille! IO mi diverto, IO sto bene con i ragazzi, se non ti sta bene te ne vai! E poi che hai da dire sulle nostre facce?" Urlò la truccatissima ragazza seduta sul cofano anteriore di un'auto. "Chi ti ha chiesto niente?! Stavo parlando di te? Forse lo pensi perchè sai quello che sei e quanto rompi..." Non poteva proprio soffrirla quella lì, sempre a ruminare con una gomma in bocca, truccata come un clown e con una voce stridula. Il resto della compagnia era tacitamente d'accordo con lui, infatti nessuno intervenne in difesa della fanciulla; tuttavia, qualcun altro tentò di riprendere il discorso con toni più concilianti, prima che l'arpia cominciasse a martoriare i timpani dell'intera compagnia con le sue grida, e per scongiurare il pericolo che il suo interlocutore trovasse il pretesto per prenderla a schiaffi come aveva desiderato fare da quando l'aveva conosciuta "No, dai, Jeff... Lo sai com'è fatta, Pam è un tipo suscettibile... Però, ascolta, hai ragione tu- continuò, ignorando i 'Me ne fotto' e gli 'Stronza' che l'amico continuava a ripetere- qua non si fa mai niente di nuovo. E' un mese che facciamo sempre le stesse cose... E guardate dove siamo adesso, alla periferia della periferia, come dei barboni!" "Guarda che non si poteva fare altrimenti, Micky, abbiamo tutti l'assicurazione e la revisione scaduta, siamo mezzi sbronzi al volante e carichi di birra senza neanche l'età per bere... E stasera gli sbirri fanno posti blocco ogni kilometro!" Intervenne la ragazza poco distante da lui, abbracciata da dietro dal suo ragazzo. Nessuno aveva voglia di farsi venire a prendere dai propri genitori al commissariato di polizia. Solo Jeff aveva più di 21 anni e volendo poteva essere denunciato per aver fornito alcoolici a dei minori. "Ok, Barbara, ma qualcosa dovremo pur fare!" Insistette Micky. Dopo un nanosecondo di silenzio generale, il Genio della compagnia finalmente parlò "Come ha detto Micky, è da un mese che stiamo in paranoia. Vi ricordate cosa abbiamo fatto giusto un mese fa?" "LA PROVAAAAAAA!" Gridò un'altra amica, palesemente alticcia. "Vero, vero! La prova di coraggio!! Che figata!" Proruppe un altro. "Già. Stasera non c'è niente da fare, gli sbirri hanno dichiarato lo stato d'assedio solo perchè quel vecchio rincoglionito del padre del sindaco è stato rapinato del portafogli... e siamo di fronte al cimitero" Continuò il Genio, con la fastidiosa aria da saputello che lo contraddistingue. "Chi era che ancora non aveva dato prova di non essere un cagasotto....?" Fece finta di chiedersi. Ma in realtà sapeva benissimo chi era. Gli altri rifletterono un istante, mentre qualcuno già sudava freddo. Poi arrivò il verdetto, e tutti in coro "STEEEEEVE!" A quel punto il ragazzo cercò di mantenere i nervi saldi, ma aveva un irrefrenabile istinto a mettersi ad implorare, ed uno ancor più irrefrenabile di spaccare la faccia al Genio "No, un attimo... Oh raga, no, era Sarah che la doveva fare stavolta" Forse poteva salvarsi. "No no -scosse la testa il Genio- se ben ti ricordi siamo rimasti che lo facevano a saltare un ragazzo e una ragazza. E l'ultima volta l'ha fatto Valery" Colpito e affondato. "No, Martin, vedi di non scassarmi...! Ma che, è un pò che non lo fai e ti si è fritto il cervello?? Vai a farti una sega..." Odiava più che mai quel brufoloso saputello. E mentre già si sentivano i primi 'Cagasotto' e 'Non ha le palle', la Saggia del gruppo si fece sentire "Dunque, facciamoci un conto. Finora le prove dei ragazzi sono state: Jeff ha camminato nudo in piazza con una maschera, Simon ha tirato un sasso contro una finestra del Comune, Micky si è tuffato nel lago dalla cima della rupe, Chris si è fumato una canna in chiesa e mentre c'era un battesimo, Paul è rimasto in piedi sul tettuccio della macchina per tutto il tragitto da qua a New City, Martin ha cagato in piena notte ai piedi del Monumento ai Caduti in Guerra, Zac si è sparato una sega videofilmata in classe...." E Steve era l'ultimo maschio non aver ancora affrontato la prova. Fin da quando a Genio-Martin era venuta la brillante idea delle prove di coraggio, aveva avuto il brutto presentimento che a lui sarebbe toccata la peggiore. Ancora ricordava quando, circa un anno e mezzo fa, i suoi amici avevo approvato per acclamazione la proposta del disgraziato; Jeff non aveva accettato che il primo fosse sorteggiato, proponendosi lui come a dimostrare già così di avere le palle quadrate e in qualità di Capo della comitiva. Di lì in poi si stabilì che le prove per le ragazze dovevano essere meno forti, e proprio per questo era difficile trovarne una adeguata, quindi si procedette a rilento: la più terribile prova femminile dovette ovviamente affrontarla Pam, odiatissima da tutti, quanto le venne imposto di tuffarsi nel ramo del lago adibito ad allevamento di anguille. Malgrado le sue urla, tutti si divertirono a vederla dimenarsi in mezzo ad un fitto banco di pesci a forma di serpente; poi lei rovinò la giornata andando a calciare i testicoli di Martin (titolare dell'idea per la sua prova) e Steve fu l'unico della comitiva a volerle bene, per una volta nella vita. Ormai era inutile fare il sorteggio fra i maschi, e Steve doveva affrontare una prova troppo grande per lui, che era da sempre terrorizzato dalle storie di morti e fantasmi. Come a voler girare il coltello nella piaga, Martin chiese e ottenne l'attenzione di tutti "Allora, vediamo come si deve fare 'sta prova. Farlo entrare nel cimitero senza una meta è insulso e se gli diciamo di starci per un tempo determinato, questo qui è capace di infilarsi quel tanto che basta a non farsi vedere da noi e aspettare fermo lì - spiegò, ignorando gli strali dagli occhi che Steve gli lanciava - Propongo quindi di fargli raggiungere la tomba di Jeremy Calgary.


Scese un silenzio surreale.


Poi i primi sorrisi e commenti di approvazione, da parte soprattutto dei ragazzi, e a dire il vero un pò sforzati: si rendevano conto tutti quanti che era pesante. Molto pesante, tenendo presente che quel nome era legato ad una leggenda tipica di Seaport Hill e che aveva terrorizzato generazioni di bambini, e Steve non faceva eccezione.


******


Jeremy Calgary naque nella metà dell'800 e morì nel primo decennio del 900 in circostanze misteriose. Calgary era tra i fondatori di Seaport Hill, o per meglio dire tra quelli che se ne stettero belli tranquilli a bere e a scopare, mentre Billy L. Dickens e gli altri si ammazzavano di fatica a costruire solide case per ospitare le famiglie dei propri commilitoni caduti o reduci dalla Guerra di Secessione. Jeremy Calgary ebbe la fortuna di avere un fratello arruolato nell'Unione, che morì da eroe mentre lui stava a spassarsela, e di essere l'unico parente ancora in vita di un caduto dell'esercito vincitore. Ma a Seaport non ci misero molto a capire che razza di mentecatto era, tenendosene tutti a debita distanza, tutt'al più che lui e la marmaglia della sua medesima risma alimentavano un fiorente traffico di prostitute. E Calgary era il capo-pappone. Fin qui, vista quale e quanta fosse la rettitudine morale della gioventù locale ai giorni nostri, sarebbe anche potuto passare alla storia come l'uomo più figo del mondo, un modello da imitare. Se non fosse che le cause della sua morte sono avvolte dal mistero, con tanto di avvenimenti inquietanti a far da contorno. Il 1900 vide il primo di questi avvenimenti: Calgary venne ritrovato morto nel suo letto da una delle sue ragazze venuta a tenergli compagnia per la notte. Mentre tutto il paese era in festa, i suoi amici e le sue "dipendenti" lo piangevano e ne vegliavano la salma per tutta la notte e anche quella successiva; durante quella che avrebbe dovuto essere la sua ultima notte nella sua casa-bordello, la camera ardente rimase deserta per meno di mezz'ora, e quando una sgualdrina era tornata là per poco non era morta (per davvero) di paura: il vecchio Jeremy si ergeva a sedere dentro la sua bara, mentre cercava di dire qualcosa con la bocca impastata, probabilmente voleva il suo liquore preferito. Proprio quella mattina, i becchini furono congedati e la festa del popolo per bene stroncata sul nascere; come se non bastasse, si cominciò a vociferare che Calgary avesse fatto un patto col demonio, visto che nessuno può sopravvivere alle enormi quantità di bacco, tabacco e venere che il vecchio rinnegato si propinava quotidianamente. E la sua "resurrezione" era la prova decisiva. Dopo la sua morte apparente, Calgary affrontò gli ultimi anni della sua vita vedendo offuscarsi la propria buona stella: la maggior parte dei suoi compagni di malaffare lo abbandonò, chi per tentare fortuna altrove, chi finito in cella per mano del nuovo sceriffo, l'uomo d'acciaio; questi era Samuel L. Dickens, nipote del fondatore Billy L. Dickens, giovane irreprensibile e vera spina nel fianco della criminalità, lo sceriffo Dickens si prese la soddisfazione di fare terra bruciata intorno al vecchio leone del malaffare. Suo nonno sarebbe andato fiero di lui. Una notte, e sarà sempre la notte da allora in poi a vedere protagonista Jeremy Calgary, l'anziano protettore si ubriacò più del solito, per stordirsi e cercare di non ricordare che ormai era in miseria, con il bordello chiuso dalle autorità, costretto a vivere in una stamberga dove ancora faceva lavorare un paio di ragazze (per di più non giovanissime), per non voler ragionare e ammettere che il suo tempo era ormai tramontato. Vagabondò ai margini dell'odiata città, fino a raggiungere il lago dove cadde e morì annegato, o almeno questo è ciò che recita il rapporto dello sceriffo. Infatti Calgary venne trovato a galleggiare faccia in giù nel lago, ma secondo il medico legale dell'epoca sul suo corpo non c'erano segni di annegamento e i polmoni non presentavano traccia d'acqua. La gente fece appena in tempo a dichiare estirpato il male dalla città, che successe il primo di una lunga serie di eventi che sconvolsero la cittadina fino ai giorni nostri: uno degli ex compari di Calgary venne trovato morto annegato nel lago. E non un ex compare qualsiasi, bensì l'unico che ebbe la sfrontatezza di tradirlo e di fare i nomi di quelli della sua banda che vendevano merce rubata, cosa che determinò la decimazione degli uomini di Calgary. Il cadavere venne ritrovato guarda caso di notte, e la mattina successiva c'era una scritta alquanto inquietante sul muro del Comune


BASTARDI INGRATI IO NON SONO MORTO VOI SIETE MORTI TUTTI MORTI! Jeremy Calgary


Il panico si diffuse in città. Poteva essere lo scherzo di qualche giovane buontempone, per esempio del fglio dei Peterson, che era anche un pò matto; ma molti giuravano che la firma sul muro era proprio quella di Jeremy Calgary. Il reverendo Turner fece una messa per benedire e proteggere la città, mentre un altro religioso venne chiamato da fuori per un rito purificatore sulla tomba di Calgary. Per un pò, le acque si calmarono. Ma dieci anni dopo, l'amato sceriffo, l'anima della città, si addormentò per sempre nel suo letto. La moglie quella notte "si sentiva ispirata" così si strinse al corpo del marito, trovandolo freddo e rigido. L'incredibile corrispondenza con la prima morte di di Calgary fece pensare che c'era proprio lui dietro questa tragedia, come anche dietro la fine del suo ex compare dieci anni prima, corrispondente alla sua seconda morte. La gente cominciò a decifrare chiaramente le parole di quella scritta sul muro del Comune: il "Bastardi ingrati" era riferito al fatto che Calgary si fosse sempre reputato un benefattore della città, la quale senza di lui sarebbe caduta in povertà; Seaport Hill aveva infatti un pessimo raccolto agricolo, un mercato inesistente e in pochi possedevano animali da pascolo. Solo Calgary faceva girare il denaro e l'economia, almeno fino al 900. "Io non sono morto" era riferibile alla sua presunta immortalità, dovuta al patto che avrebbe stipulato col demonio. E il "Siete morti. Tutti morti" voleva dire non che avrebbe ucciso tutti, ma che si sarebbe portato via chi voleva lui, come e quando voleva lui. E nessuno avrebbe potuto fermarlo. Passarono altri dieci anni e un'altra morte sospetta turbò la quiete della cittadina: James Pickert si sparò in testa nel bagno di casa sua. L'evento venne ricollegato a Calgary, in quanto il suo braccio destro al secolo riuscì a sottrarre la pistola ad un agente e a sparasi, andando a cadere sulla tazza del cesso della cella dove era detenuto. E Pickert era figlio del vice-sceriffo, braccio destro e migliore amico dello sceriffo Dickens. Da allora, almeno una morte ogni dieci anni è riconducibile a Jeremy Calgary, e ha la peculiarità di avvenire sempre di notte. Si dice che, nottetempo, Calgary esca dalla sua tomba per bere qualcosa e poi vada a prendere qualcuno a caso, visto che la discendenza dei suoi nemici si è estinta, tanto per lui tutti i cittadini di Seaport sono dei bastardi ingrati; una volta ogni dieci anni, perchè le sue morti sono avvenute a distanza di un decennio l'una dall'altra. Ogni tanto qualcuno cerca di imbonirselo, portandogli dei fiori e delle bottiglie di liquore. Il giorno dopo, i fiori vengono sono bruciati e sparsi qua e là, mentre le bottiglie sono vuote. Potrebbe trattarsi di un vagabondo o di un drogato, ma gente crede a tutt'altra storia.


******


Quella sera Steve doveva compiere la figata del secolo, almeno secondo suoi amici. Il poveretto tentò in ogni modo di persuaderli a concedergli un'altra prova, promettendo che avrebbe fatto di tutto, pure bere vomito di cane, ma la maggioranza aveva ormai deciso quale sarebbe stata la prova per lui. Anzi, le sue suppliche furono ben presto subissate di cori ben poco edificanti "CA-GA-SOTTO! CA-GA-SOTTO! CA-GA-SOTTO!" A quel punto il ragazzo si vide costretto ad accettare: non avrebbe potuto sopravvivere neanche un giorno con gli amici, e gli amici degli amici, che lo chiamavano "Steve Cagasotto". "Va bene, ho capito, ci vado! Ma d'ora in poi, tutti voi siete dei cagasotto di fronte a me!" Le parole autocelebrative di chi sa che gli è toccata la sorte peggiore. "Aspetta un pò - fece Jeff, che nel frattempo aveva tirato fuori dal portabagagli della propria auto un martello e dei chiodi- non possiamo sapere se sei arrivato alla tomba di Calgary, se non lasci un segno. Piantaci sopra un chiodo, domani andremo a controllare." A nulla valse l'ultima protesta di Steve: qualunque altro oggetto poteva essere spazzato via dal vento che si stava alzando, quindi solo il chiodo poteva essere utile come segnale. Chetando i nuovi cori ingiuriosi, che già si stavano sollevando alla sua ultima protesta, Steve prese il martello e i chiodi, la torcia e la mappa disegnata per lui da Martin il Genio. Dopo gli avrebbero dovuto offrire la cena, per un anno intero! "EEEEEEEEHHH! SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII'! ECCO IL VALOROSO CHE PARTE" Ma i cori che si erano alzati appena aveva voltato le spalle alla comitiva, si spensero non appena il ragazzo ebbe scavalcato la vecchia recinsione in ferro battuto. Mentre si addentrava nel boschetto che costituiva la parte più antica del cimitero di Seaport Hill, da dove erano fermi i suoi amici Steve poteva sentire solo bisbigli incomprensibili, prima che i suoni della natura notturna coprissero ogni altro rumore e prima che il buio della notte lo ingoiasse.


*Fine flashback*


Steve percorse il primo tratto di strada spinto solo dalla rabbia, l'unica che permetteva alle sue gambe di muoversi, e seguendo la prima ed unica parte comprensibile della mappa di Martin, giunse in una zona leggermente scoscesa. Era un posto non facile da raggingere, per proseguire bisognava scendere nella radura più in basso con un balzo, visto che nessuno aveva mai costruito dei gradini. Era evidentemente un posto dove si poteva seppellire solo chi si voleva tenere lontano dagli altri morti, anche se era morto lui stesso. Qui crescevano alberi secolari che creavano un tetto di foglie capace di coprire perfino la luce solare. A Steve tremavano le mani. -Merda- Non avrebbe mai dovuto accettare, che lo chiamassero pure "Steve Cagasotto", chissenefrega! Ogni albero era abbastanza grosso da creare, accanto ad un altro, un sentiero; orientarsi non era facile e la mappa di quello stronzo di Martin era utile come un freezer al Polo Nord! Con mano tremante alzò la torcia, ed ebbe il primo e l'ultimo colpo di fortuna della serata: si accorse che sulle cortecce degli alberi c'erano delle indicazioni; certamente le avevano fatte i custodi, come modo per orientarsi, prima che quella parte del cimitero fosse dismessa. Guardò meglio. Erano nomi. Nomi di uomini morti parecchio tempo addietro, tutti rinnegati e malfattori che avevano fatto la storia peggiore di Seaport Hill, giustamente sepolti nella solitudine di quel posto. Solo un albero presentava un singolo nome sulla propria corteccia. Il nome di chi si voleva fare marcire solo anche da morto. Steve illuminò quel nome e deglutì, anche se ormai aveva la gola secca.


Jeremy Calgary


Nel terrore crescente, ebbe la sensazione che, anche se avesse voluto, non sarebbe potuto tornare indietro. Non seppe neanche dove, ma trovò la forza di proseguire per quel sentiero. La strada era ridotta ad uno stretto corridoio dalla vegetazione che la chiudeva sui due lati, la luce della torcia rischiarava di poco quella densa oscurità. Quando la vegetazione gli chiuse la strada, si accorse che in realtà era solo una curva ad angolo; ruotò il corpo tutto alla sua sinistra, ma appena mosse un passo si sentì mancare la terra da sotto i piedi e rovinò lungo una stradina obliqua, che portava ad un livello ancora più basso del boschetto. Quando finì di rotolare, Steve si alzò, raccolse la torcia poco distante e illuminò l'area davanti a sè, e quel che vide gli gelò il sangue. Proprio a due mentri da dove si trovava, c'era la tomba di Jeremy Calgary, che consisteva in una storta pietra piatta adibita a lapide, distesa a terra, sopra la quale era scolpito il suo nome e nient'altro. Accanto ad essa, diverse bottiglie di liquore vuote. Aveva voglia di scappare, di correre come un folle percorrendo tutto il tragitto inverso urlando, ma non si girò; temeva di scoprire che di là dove era caduto non poteva più risalire. A dire il vero, non ricordava neanche la strada percorsa all'andata. Il vento cominciò ad alzarsi (almeno lui riusciva a farsi largo fra le fronde) facendogli svolazzare il lungo cappotto di pelle nera all'ultima moda. Come in trance, si avvicinò alla lapide. Sentiva che portare a termine il suo compito gli avrebbe fatto trovare la strada del ritorno. Trasse un chiodo da una tasca e il martello dall'altra. Si portò sulla lapide color bianco sporco, posizionò il chiodo sulla superficie frastagliata e fece per assestare la prima martellata, ma il pensiero che lo spirito inquieto di Calgary potesse perseguitarlo per l'affronto, lo fermò. -Sono tutte stronzate- Doveva mettere a tacere le sue paure, convincersi che quella era solo una leggenda fatta per spaventare i bambini, o non ne sarebbe più uscito. E finalmente assestò il primo colpo.


TUM!


Fuori del cimitero, gli amici di Steve attendevano il suo ritorno, e già qualcuno si guardava preoccupato l'orologio. "Ma sono le due e mezza, è quasi un ora che là dent...." "Ssssshhh!" La ragazza venne zittita dal Capo "Avete sentito? Un colpo di martello!" Tutti si misero in ascolto e TUM! Un secondo colpo di martello confermò quello sentito da Jeff. Era la prova che Steve era arrivato a destinazione e stava piantando il segnale. TUM! Il terzo fu il più forte di tutti. Fu allora che tutti presero parlare, a cantare le gesta dell'eroe. "Certo che quello è un tipo tosto!" "Steve l'impavido!" "Ha quattro palle!" "Silenzio!!" Il Capo li zittì di nuovo, e questa volta sembrava preoccupato. "Non lo sento più - ammise - dopo la terza martellata ha smesso" "Avrà piantato il chiodo e se ne sarà andato" Provò un altro. Jeff scosse la testa "Quei chiodi sono grossi, servono diverse martellate per conficcarli..." "Magari ha smesso e basta, ha lasciato lì il chiodo e se n'è andato. Magari manco c'è arrivato ala tomba di Calgary e sta facendo chiasso solo per farci credere che ce l'ha fatta" Proferì ridacchiando Martin. Ma venne immediatamente fulminato da un'occhiataccia di Jeff, e neanche il resto della compagnia lo guardò bene; Martin il Genio era decaduto in Martin il Cazzone. Aspettarono per un altro, lunghissimo, minuto. Poi Jeff sentì l'urgenza di andare a controllare e l'intera comitiva lo seguì. A Martin spettava far da guida, una buona occasione per rifarsi della brutta figura di prima, ma lui la rovinò "Veramente.... scavalcando da questo lato si fa la strada più lunga, che è pure piena di fossi e si rischia di cadere. Se andiamo dalla parte del cancello, troveremo una stradina che ci porterà alla parte vecchia del cimitero, poi arriveremo dove si seppellivano i malfattori" Martin si ritrovò gli occhi di tutti addosso, pieni di odio verso l'ex Genio "Perchè non glielo dicevi prima, deficente?" Gli urlò Jeff. "Martin, brutto stronzo, tutta colpa tua!" Per una volta furono tutti d'accordo con Pam.


Senza perdere altro tempo, i ragazzi si addentrarono nel camposanto, scavalcando la recinsione dalla parte del cancello. E quando Martin li guidò lungo il sentiero che porta al boschetto che avvolge la parte dismessa del cimitero, si resero conto che quello era un posto da paura; la priorità era trovare Steve e uscire subito di là. Martin si augurava che Steve stesse bene, se non altro per evitare ulteriori picconate alla propria fama; ma guardandosi attorno si rese conto di razza di guaio aveva combinato. Aveva lasciato che un suo amico si infilasse in un posto che di notte lui non avrebbe percorso nemmeno col pensiero. Dopo un pò giunsero alla parte più angusta del cimitero, quella dove venivano relegati i peggiori elementi della città. Seguirono un'indicazione posta su un cartello di legno marcio, e alla fine lo trovarono. Arrivarono alla tomba di Jeremy Calgary sbucando da dietro, dalla strada opposta a quella che aveva percorso Steve. Insieme alla tomba, trovarono anche il loro amico. Giaceva per terra, disteso di pancia sulla lapide, e aveva tutta l'aria di essere caduto. Subito gli amici si precipitarono a soccorerlo. Lo voltarono e lo chiamarono, lo scossero, provarono a sentirgli il cuore e il polso. Ma fu tutto inutile. Steve era morto. Cominciarono a piangere come dei bambini, ragazze e ragazzi. Poi la paura si mischiò al dolore: come era morto? Si guardarono attorno terrorizzati, anche se erano in quindici non faceva differenza. Gli occhi sbarrati, pieni di lacrime, le facce pallide e stravolte.


Alla fine qualcuno tirò fuori il cellulare e chiamò la polizia. Tanto a loro ci sarebbero arrivati comunque, quindi era inutile abbandonare il loro amico laggiù. La mattina successiva la notizia che Jeremy Calgary aveva colpito ancora nella notte, si diffuse a macchia d'olio, e le vecchie paure sopite si erano risvegliate.


Lo sceriffo Starling si avvicinò al coroner e ai medici che stavano esaminando il cadavere sulla lapide. "Non ci sono segni di violenza e non è stato mosso. Credo sia morto di infarto, ma l'autopsia ci dirà di più" Lo sceriffo tirò un sospiro di sollievo: l'idea di iscrivere nel registro degli indagati 15 ragazzi, con la città assediata da decine di reporter che volevano parlare dell'omicidio dell'anno, lo nauseava a dir poco. Per la verità era sollevato dal fatto che i giovani d'oggi possono essere sbandati quanto vogliono, ma senza diventare degli assassini. Adesso c'era solo l'interrogatorio di rito, poi li avrebbe mandati tutti a casa. Quando gli accertamenti sul posto furono terminati, gli agenti della scientifica portarono la bara bianca di plastica adibita al trasporto di cadaveri che devono essere esaminati dal medico legale, e fecero per adagiarvi dentro la salma del ragazzo. Ma, nell'atto di sollevarlo, si resero conto che qualcosa glielo impediva. Sentivano tirare. Abbassando lo sguardo, notarono che il lungo cappotto di pelle nera indossato dal ragazzo, era appuntato alla lapide da un chiodo. Lo sceriffo sorrise amaramente. Quel poveretto aveva colpito con tutta la forza che aveva quel chiodo, conficcandolo in sole tre martellate, come avevano detto gli amici. Poi aveva fatto per alzarsi e s'era sentito tirare per il cappotto. La mano di Jeremy Calgary! E c'è rimasto secco dalla paura.


Lo sceriffo lasciò tutto nelle mani dei suoi sottoposti e si congedò. E si trovò a riflettere sul fatto che, probabilmente, ne aveva uccisi di più la paura del fantasma, che non il fantasma stesso. Pensava questo mentre si recava in commissariato per interrogare gli amici del morto e provare a tranquillizarli.


Mentre in paese già si cercava un collegamento tra gli antenati del ragazzo, il chiodo e Jeremy Calgary.


 


 



Edited by XXManu - 7/9/2008, 20:03
 
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