Trovatella, Adatta ad un pubblico adulto e maturo

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view post Posted on 8/9/2008, 23:29
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Rating: 18 anni.
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: capitoli 1/1
Avvertimenti: Non per stomaci delicati, Linguaggio Colorito
Genere: Triste, Drammatico
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits:
Note dell'Autore: L'idea me l'ha fornita una leggenda metropolitana, che ho rielaborato a modo mio.
Introduzione alla Storia: Greta è cieca, indigente e vive sola nel peggior quartiere di New York.
Ma una trovatella saprà portarle la gioia della compagnia domestica che da tempo le mancava.






Trovatella


 


Greta, 25 anni, non vedente dalla nascita, viveva sola in un piccolo monolocale nel Bronx. In un simile posto si può dire che la vita sia già dura per una ragazza sola, senza genitori nè parenti prossimi, e lo è ancor di più per chi è non vedente, poco istruita e che tira a campare con un sussidio d'invalidità di 500 dollari mensili.
La vita di Greta non è stata certo felice, nè si può affermare ch'ella abbia una minima colpa in tutto ciò. Greta nasce nel Bronx, dal quale poi uscirà raramente nel corso della sua vita e solo per andare in altri quartieri di New York, studia finchè l'obbligo le viene in aiuto, ma poi è costretta a lasciare la scuola; sua madre si sarebbe svenata pur di farle fare le superiori e addirittura l'università, sapendo giustamente che una ragazza cieca non può eseguire lavori manuali, ma sfortunatamente quell'ubriacone del padre non era dello stesso avviso, e preferì tenerla in casa e spendere i suoi soldi per le sue amate bevute con gli amici. E' risaputo che amasse la birra più di sua moglie e di sua figlia. E questo suo amore gli costò caro: Greta perse il padre all'età di 17 anni a causa di una cirrosi epatica, così la madre dovette aggiungere al suo impiego come donna delle pulizie, anche un lavoretto in nero come lavapiatti. In quegli anni Greta ebbe la brutta sensazione di essere non solo un peso, ma anche una malattia per la madre, che vedeva tornare a casa sempre più stanca e sempre più malandata, senza poter dare il suo contributo al bilancio familiare: furono gli anni in cui Greta diventò una non vedente autonoma, almeno in casa propria, perchè ci si mise d'impegno e studiò ogni centimetro della sua casa, fino a riuscire a sbrigare da sola le faccende domestiche (tutte) e perfino a cucinare. Tutto sommato, le due donne sapevano trovare conforto l'una nell'altra, e adesso la vita domestica era più serenza, senza più quel grosso animale con l'alito alcoolico che girava per casa imprecando e che a volte alzava pure le mani.
Quando Greta non aveva ancora 21 anni, sua madre la lasciò per sempre. Stava tornando a casa, quando incappò in un drogato che voleva i soldi per la dose; Mary non era mai stata una alla quale piace rischiare o una dura e pura, ma aveva appena ritirato il più sostanzioso dei suoi due stipendi e i soldi le servivano come l'aria. Decise di lottare per difendere i suoi guadagni, ma quello per tutta risposta tirò fuori un coltello a scatto e glielo piantò nello stomaco. Non morì subito, ma la sua agonia fu breve. Quando una pattuglia della polizia la trovò, era praticamente nuda: la borsetta se l'era presa il drogato, i vestiti e le scarpe probabilmente erano già esposti al mercatino dell'usato, così come la biancheria intima. Era coperta solo da uno di quei grossi sacchi neri per l'immondizia, sudario improvvisato di qualche vagabondo della zona. La polizia ritenne inutile indagare a fondo, non venne eseguita nemmeno l'autopsia, perchè nel Bronx sono cose che succedono. Tutto ciò che un eventuale esame del cadavere avrebbe potuto svelare, era che la poveretta fosse stata sottoposta a pratiche necrofile, che erano il contorno tipico di una vicenda così straziante. Meglio evitare.
Greta pianse tutte le sue lacrime prima, durante e dopo il funerale. Per lei ci furono solo le condoglianze da parte dell'associazione di volontari che si occupava, tra gli altri, anche dei non vedenti in stato di bisogno. Pianse fino a sentire dolore agli occhi, tanto non sarebbe potuta diventare più cieca di così, e in quei giorni credette anzi che i suoi occhi a furia di lacrimare qualcosa sarebbero riusciti a vedere.
Aiutata dai volontari e dai pochi amici non vedenti che aveva conosciuto all'interno dell'associazione, Greta imparò a cavarsela da sola: imparò che prenotare un taxi era molto più sicuro che fare la strada a piedi, imparò che nel Bronx non si cammina con la borsa nè con abiti pieni di tasche "sospette", imparò a fidarsi solo di poche persone, e che solo a loro doveva consentire di ritirarle il sussidio al suo posto. Ma soprattutto imparò a stare sola e a metabolizzare il dolore.
Ancora oggi, qualche volta Greta piange ripensando al passato, alla madre, alla sua presenza rassicurante. E, nel frattempo, si è trovata un lavoretto salturio: la pianista. Quando l'associazione riuscì finalmente a permettersi un pianoforte, lei si mise subito in lista per imparare; non si sentiva particolarmente portata per la musica, ma sapeva che molti musicisti famosi sono ciechi e suonare è una delle poche cose che si può fare anche al buio. L'associazione le trovò dei clienti, per lo più locali notturni senza grandi pretese, che pagavano una miseria mediocri musicisti, cantanti e intrattenitori vari. Ma a Greta piaceva essere al centro dell'attenzione, indossare un bel vestito da sera e soprattutto sentire gli applausi tutti per lei, per quanto sparuto fosse il pubblico. Questa era la vita di Greta, quanto si faceva bastare.


Un giorno, mentre usciva di casa solo per buttare la spazzatura, ad un tratto sentì dei versi che identificò con i guaiti di un cucciolo; proveniva giusto dai cassonetti posti a pochi metri dalla sua abitazione. Greta si abbassò per raggiungere meglio la fonte di quei versi, e sentì che questa le stava venendo incontro, continuando a guaire e con un ticchettio di unghiette sull'asfalto a farle da sottofondo. Doveva essere piccolo, si capiva, così Greta volle fidarsi e allungò la mano. Un musetto umido la sfiorò, la annusò, cominciò a leccarla affettuosamente. La ragazza sorrise e cominciò ad accarezzare la bestiola; aveva sempre desiderato possedere un cane o un gatto, ma le condizioni familiari non lo permettevano e se avesse portato in casa un animale qualsiasi, suo padre glielo avrebbe scaraventato tranquillamente giù dal quarto piano.
Greta riflettè sul da farsi. Non aveva idea di che razza fosse, poteva essere disperso o abbandonato, così come nato per strada; aveva la voglia matta di prenderlo e portarlo su da lei, così avrebbe riempito il vuoto della sua vita domestica, ma la voce della ragione la ammonì: faceva già fatica a mantenere se stessa, figurarsi un cane, e poi se si metteva ad abbaiare, i vicini chi li sentiva? Senza contare che, per onestà, avrebbe dovuto informarsi se il cane era stato smarrito da qualcuno.
Ma Greta decise di zittire le voci nella sua testa. Si guardò intorno: erano circa le due del pomeriggio, nessuno dei suoi vicini rompiscatole in vista, nessun impegno urgente per giorni seguenti. Senza pensare oltre, afferrò il cagnolino, che si lasciò sollevare senza protestare, e fece rientro nel proprio monolocale.
Una volta in casa, cominciò ad accarezzare amorevolmente la bestiola, che rispondeva abbassando le orecchiette, leccando e uggiolando allegramente alla sua nuova padrona. La tastò ovunque per intuirne i tratti e la fisicità: la testa si presentava conica, il naso molto piccolo, le zampe corte, il pelo lungo non più di un centimetro, coda mancante o mazzata e due graziose orecchiette rotonde. Notò inoltre che aveva una pancia bella piena, sembrava che avesse ingoiato dei sassi, e... Sorpresa! Toccandola sotto la pancia, sentì delle escrescenze nude, che rilasciavano del liquido toccandole: era incinta. Quindi era una femmina. Greta allargò un sorriso a 32 denti. Evidentemente era destino per lei dividere la casa con un'altra donna. Poi, però, dovette pensare a come fare con i cuccioli; costituivano una spesa aggiuntiva, senza contare che il parto poteva richiedere una o più visite del veterinario, e aveva sentito dire che la sola visita (senza interventi specifici) poteva costare fino a 60 dollari. Scacciò con forza l'idea di riportare la cagnetta dove l'aveva trovata, e pensò ad una serie di soluzioni economiche per il suo caso: avrebbe nutrito la trovatella con gli scarti della macelleria poco distante, il macellaio era suo amico e glieli avrebbe dati gratis. Sempre meglio che mangiare rifiuti; per la toelettatura avrebbe tirato la cinghia e comprato solo prodotti a basso costo e l'avrebbe portata dal veterinario solo in caso di vero bisogno. Per il resto, sarebbero bastati una pallina per lo svago, una cesta per dormire e due piatti di plastica come ciotole. E i cuccioli li avrebbe regalati.
Quindi le scelse il nome, e non ebbe da pensarci molto. Priscilla. Era il nome che avrebbe desiderato per sè.


Passarono i giorni e le settimane, e Greta aveva imparato a conoscere la sua cagnetta. Per sua enorme fortuna non abbaiava, ma proprio mai, si limitava a guaire e forse era una caratteristica propria della sua razza (si era ormai convinta che fosse di razza). Se era incinta, allora era adulta, quindi non era un cucciolo ma un esemplare nano; cosa che la induceva sempre più spesso a pensare che fosse di una varietà particolare, costosa, e cosa ci faceva un cane così per strada?
E' quasi certo che qualcuno l'abbia persa, non avrebbe senso abbandonarla, vendendola si guadagnerebbe parecchio. Forse dovrei chiedere a qualcuno di informarsi alla polizia se hanno fatto denuncia di smarrimento, ma non posso, non riesco a privarmi di lei. E' come una sorella, una figlia, un'amica. E' tutto il mio mondo.
La voce del cuore trionfò ancora su quella della ragione, e Greta decise che avrebbe tenuto con sè Priscilla a costo della vita.
La cagnetta era dunque tranquilla, ma aveva una pecca decisiva. Non riusciva ad imparare a fare i suoi bisogni sui fogli di giornale che la sua padrona le metteva per terra, e in più questi emanavano un tanfo insopportabile.
"Priscilla, così non va!" Greta si arrabbiò all'ennesima cacchina calpestata, mentre l'odore di pipì le riempiva le narici.
"Monella! Non si fa!"
Allora, per la prima volta, la prese e la costrinse a mettere il naso nei suoi escrementi, anche se l'aveva sempre giudicata una cattiveria. Ma quando la sentì uggiolare mortificata, si pentì subito del suo gesto e prese a coccolarla.
Tuttavia, Priscilla non imparò mai più di tanto a fare i suoi bisogni dove era giusto, così a Greta non restò che prenderne atto e aumentare il numero di fogli di giornale per terra: più numerosi erano, più aumentavano le probabilità che i bisogni della cagnetta vi cascassero sopra.
Non poteva darle molto, ma voleva farle sentire il suo affetto. Così le comprò un giocattolino di gomma per cani, che dopo pochissimo era già distrutto, e un collarino con una campanellina che emetteva un delizioso trillio; a dire il vero era un collare per gatti, perchè tutti quelli per cani li aveva trovati terribilmente grossi.
Adesso la casa si riempiva di un suono allegro ad ogni movimento della bestiola, cosa che allietava non poco la sua padrona, che ovviamente possedeva una percezione uditiva del mondo.


Dopo solo un mese di convivenza, arrivarono i problemi più grossi. La ragazza stava giusto pulendo l'ultima pupù, quando
"STRONZA!"
Greta trasalì. La sua porta era abbastanza sottile, da farle sentire quell'urlo come se ce l'avesse a due passi; era l'inconfondibile voce da suino della sua vicina del piano di sotto.
"LURIDA SCHIFOSA, MA DOVE CREDI DI ESSERE? C'E' UNA PUZZA DI MERDA E PISCIA CHE CI STANNO CADENDO I CAPELLI!! LAVATI, STRONZA! HAI CAPITO?!!"
Passato lo spavento, la rabbia fece dire a Greta ciò che di solito, per educazione, non diceva
"Che cazzo vuoi, scrofa?! Tu sei la persona più sporca e schifosa del mondo, VAFFANCULO!"
Cercava di rispondere a tono, ma si sentiva che non era avvezza all'arte del turpiloquio e della risposta facile, e la sua voce veniva sovrastata da quella stentorea della vicina. La donna batteva con forza i pugni sulla porta, tanto che Greta temette che potesse abbatterla.
"VEDI DI PULIRE QUELLA PORCILAIA DOVE VIVI, O VENIAMO LI' E BUTTIAMO TE E TUTTA LA TUA MERDA GIU' IN STRADA!!"
Terminata la sua raffinata orazione, la donna se ne andò, lasciando Greta sgolata, spaventata e coi nervi a fior di pelle.
Ma era la paura il sentimento più forte. Quella donna era un'aberrazione della natura e della società: obesa come un elefante, cosa che si sentiva già dalla voce, ma una volta l'aveva pure spinta e dal contatto ne aveva intuito la stazza, era la persona più cinica e volgare della galassia. E poi, chi si credeva di essere per dare a lei delle lezioni di igiene? Quando i suoi figli erano piccoli, per poco gli assistenti sociali non se li portavano via, tanto era sporca la sua casa.
E Greta aveva il terrore che lei e i suoi ormai cresciuti "tesorucci", tutti grassi quasi quanto lei, venissero per davvero a buttarle giù la porta. E a quel punto avrebbero visto Priscilla, e l'avrebbero uccisa solo per farle una cattiveria, perchè è questo ciò che sono, persone cattive, ciniche, prive di valori. Il cittadino medio del Bronx.
Greta si impegnò a pulire la casa più che poteva, diverse volte al giorno, finchè non sentiva un odore decente.


E arrivò il giorno del lieto evento.
Priscilla partorì sei minuscoli cuccioli, completamente nudi, assistita dalla sua padrona. Greta non sentì ostilità da parte della madre, così tastò uno ad uno i piccoli. Aveva sempre tenuto in simpatia i neonati di qualunque specie, perchè erano ciechi come lei, e a volte pensava che la vista fosse un senso aggiuntivo e non originario delle razze animali.
Adesso doveva pensare a darli via, una volta svezzati. A dire il vero, non ci aveva più pensato, e ora capiva il perchè: anche lei era stata crudelmente separata da sua madre, e se avesse fatto questo a quei poveri cuccioli, non se lo sarebbe mai perdonata. Era deciso, i cuccioli sarebbero rimasti.
Nel giro di pochissimo tempo, i cuccioli erano in grado di muoversi agilmente. A differenza della madre, erano tutti molto vispi e giocherelloni, tanto che se Greta avesse cercato di contarli adesso, non vi sarebbe riuscita: non stavano mai fermi!
Era troppo presto per capire i sessi, soprattutto per lei, così provò ad inventare dei nomi unisex: Momo, Spot, Sunny... Oltretutto doveva pensare a trovare una mano per le pulizie: purtroppo i cuccioli avevano ereditato l'unico difetto della madre.


Un pomeriggio, mentre si trovava all'associazione dei volontari, quasi una seconda famiglia per lei, una di loro promise
"Va bene, Greta, appena mi libero da tutti gli impegni, ti verrò ad aiutare con le pulizie tre volte la settimana"
"Grazie, Shally, mi serve non sai quanto"
Parlando di cani, Greta ne avrebbe potuto avere uno per non vedenti, già da parecchio; ma l'amministrazione comunale ha tagliato i sovvenzionamenti, causa mancanza di fondi, e così i cani-guida erano disponibili solo a pagamento.
All'ora dei saluti, Greta si alzò per andarsene, ma avvertì un mancamento e ricadde a sedere, pallida in volto come non mai.
La cosa non sfuggì ad alcuni volontari, che le chiesero subito come stava, ma lei si sentiva già meglio. Salutò tutti e rincasò.
A dire il vero, non stava male come al momento del mancamento, ma si sentiva strana, come se i piedi non le toccassero a terra e aveva la nausea. Appena entrata, fu subito accolta dall'allegro tintinnio di Priscilla e dai cuccioli festanti, e ciò bastò a farla star meglio. Pensò che si trattasse di un'influenza passeggera e si mise a letto.
Tuttavia, i giorni successivi non videro alcun miglioramento della sua condizione, anzi andò sempre peggio e i sintomi si moltiplicarono. Se all'inizio erano solo delle leggere vertigini, brividi, nausea e stanchezza, ben presto divennero vomito ad ogni ora del giorno, tremore incontrollabile, senso di spossatezza e una momentanea perdita dell'orientamento; quest'ultima era per lei la peggiore delle disgrazie, perchè perdeva il senso dello spazio, non si orientava in casa sua (un monolocale...), sentiva lo spazio circostante dilatarsi all'infinito.
Ci mancava solo questa!
Ormai era una settimana che non usciva più di casa, all'associazione dovevano essere preoccupati per lei, che da parte sua aveva però fatto una telefonata per rassicurarli. Ma non poteva andare avanti così per molto. Con fatica, eseguiva le pulizie quotidiane, e ormai il pavimento della sua casa era tutto ricoperto di fogli di giornale, che si riempivano puntualmente dei bisogni di Priscilla e dei cuccioli.
Greta prese la saggia decisione di andare dal dottore, ma l'unica figura medica che poteva permettersi, era il medico di base. Aspettando il suo turno in sala d'attesa, Greta si chiese se i medici di famiglia fossero tutti come il suo: un incapace. Una volta aveva sbagliato a prescrivergli dei medicinali, e s'era sentita ancora più male; e ogni volta si faceva dire il nome del farmaco ad alta voce, per memorizzarlo, perchè in farmacia le avevano detto che le ricette erano illegibili...
Beh, in fondo quelli come me hanno poco da lamentarsi. E' gratis. E' già tanto che ci sia...
La voce dell'assistente che le annunciava il suo turno, la riscosse dai suoi pensieri. Quando si accomodò nello studio del dottore, perfino quell'ignorante del dott. Murrow si accorse che non stava affatto bene.
"Allora, Greta, prova a descrivermi i sintomi"
E Greta provò a darne una descrizione esauriente, ma avvertiva solo perplessità dall'uomo di fronte a lei. Non immaginava neanche per ipotesi a che razza di incompetente l'avesse affidata lo Stato. Il dottore si grattò per l'ennesima volta la testa
*RASP-RASP*
Non ci stava capendo una mazza, così decise di passare la mano
"Ok, Greta, adesso ti assegno una specialista - scrivendo su un foglietto- la dottoressa Taylor è una stimata neuropsichiatra, ti farà l'elettroencefalogramma e chiarirà la natura dei tuoi sintomi"
Mentre il taxi la riportava a casa, Greta strinse con rassegnazione il foglietto nelle sue mani. Una visita da uno specialista privato costava già un patrimonio, figurarsi cose come l'EEG.
Rientrò in casa barcollando, non si sentiva più le gambe, e come sempre i suoi batuffolini vennero a darle il benvenuto. Li accarezzò tutti, anche se il tatto alle mani era stato sostituito da un fastidioso formicolio, e li strinse a sè.
Meno male che almeno ci siete voi a tenermi compagnia in un momento simile. Prima ero sola e a casa tornavo di malavoglia, ma voi avete riempito la mia casa e la mia vita come solo mia madre seppe fare. Vi voglio bene.
E li sentì guaire felici, come se avessero letto i suoi pensieri e li avessero capiti. Ma quelle parole le venivano dal cuore, e la lingua del cuore è universale.
Il giorno dopo si alzò a fatica solo per scendere al pianterreno, dove il volontario l'attendeva con la sua spesa. Lo dovette tranquillizzare più volte e lo pregò di dire a tutti che sarebbe tornata presto.
Greta avrebbe voluto credere alle sue stesse parole. Con tutta se stessa.
Quandò rincasò ebbe solo la forza di gettare per terra gli scarti di macelleria che il volontario le aveva procurato, poi buttò a terrà le sporte con tutto ciò che contenevano e andò a coricarsi nuovamente. Questa volta si buttò di traverso nel vecchio letto matrimoniale dei suoi genitori, perchè ormai stava sempre coricata ed era stufa di stare sempre nello stesso posto.
L'ultimo pensiero prima di addormentarsi, fu per i suoi cagnolini: chi si sarebbe preso cura di loro, se lei non poteva?
Rimase così per tutto quel giorno, e quello successivo, e quello dopo ancora.


Cloudiana Meyer ne aveva fin sopra i capelli. Dalla casa di quella cieca rincoglionita arrivava di nuovo un olezzo insopportabile, ormai nessuno in tutto il palazzo riusciva a sentire un odore diverso da quello. Ma l'affittuaria non poteva intervenire, perchè attualmente in ferie, e nessun inquilino con un pò di sale in zucca avrebbe mai chiamato figure come: sbirri, pompieri e meno che mai l'ufficio igiene. Perchè quella era la bestia nera di tutti in quel palazzo, avendo un pò tutti la muffa a causa di infiltrazioni varie, gente che dormiva pure in bagno e gli scarafaggi; la pingue Cloudiana, per esempio, aveva il cesso otturato, così facevano tutto in un recipiente, che poi svuotavano dalla finestra.
Ma a tutto c'era un limite, e la cieca aveva rotto le palle con quella puzza schifosa. Visto che non si poteva chiamare nessuno, fu Cloudiana ad trovare una soluzione: avrebbero fatto irruzione in casa della fetente, tanto non ci voleva nulla ad abbattere la porta, e l'avrebbero presa per i capelli e costretta a pulire davanti a loro.
Cloudiana già si pregustava la scena. A dire il vero, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era invidiosa della sua vicina: se avesse avuto la sua età e la sua linea, si sarebbe messa a darla via per soldi, e a quest'ora vivrebbe in una casa più grande. Ma neanche a 25 anni Cloudiana era stata un grissino. Anzi si può dire che era nata obesa.
Guidati da un'elefantessa con un diavolo per capello, i migliori elementi che abitavano il palazzo raggiunsero l'uscio della casa di Greta al quarto piano. Bussarono per pura formalità, poi due di loro si offrirono di buttare giù la porta; se non fosse stata in casa, avevano già in programma di buttarle tutto per aria, o giù dalla finestra e di allagarle la casa con la candeggina.
Un paio di spallate e la porta cedette.
Arretrarono tutti immediatamente. All'interno del monolocale il fetore era ancora più forte, per quanto non lo credessero possibile. Ma il panorama che si parò loro davanti fu ancora peggio: per terra era tutto ricoperto di un'immondo strato nerastro di escrementi, e ce n'erano anche sul tavolo, sulle sedie, sul piano cucina, ovunque. Qua e là erano sparsi alcuni sacchi della spesa vuoti, mentre numerose confezioni di cibarie che apparivano semi-disintegrate, giacevano abbandonate dappertutto.
Non erano certo dei fanatici della pulizia, ma ciò che gli "invasori" videro li disgustò nell'anima; partirono bestemmie e insulti irripetibili all'indirizzo della padrona di casa.
"Lo dicevo io che era pazza! Cieca, pazza, lurida... era meglio che la buttavano in un cassonetto appena nata!!" Sbottò Cloudiana.
Dopo un attimo di incredulità, si fecero coraggio e avanzarono verso l'interno, calpestando quello schifo. Era inutile controllare lo sgabuzzino, e nel bagno nessuno aveva lo stomaco di entrare, così optarono per la camera da letto.
Raggiunsero la porta in fondo al monolocale, trattenendo a stento i conati di vomito. La porta era socchiusa.
"STRONZA! Mi senti o stai dormendo? O stai cagando per terra?! Ora questo porcile te lo facciamo pulire con la lingua!!!"
Quando Cloudiana terminò la sua invettiva, uno dei vicini spinse la porta della camera con un calcio, spalancandola.
Lo spettacolo che si parò davanti ai loro occhi, se lo sarebbero portati fino alla vecchiaia. Fino alla tomba.


Anche qui, escrementi ovunque.
Greta giaceva prona sul letto, di traverso.
La camera era infestata da enormi ratti brulicanti, che si muovevano tutt'intorno lanciando dei raccapriccianti versi acuti.
Ma lo spettacolo peggiore era proprio sul letto. Un orrore che si sostentava sulle note di un tintinnare sinistro.
Il corpo in decomposizione di Greta, appariva mancante di intere porzioni di carne, come rosicchiato in più parti.
E tutti cominciarono a sentirsi male e a fuggire precipitosamente.
Alla vista di un ratto grande come un coniglio che si ergeva sulla schiena di Greta, mentre finiva tranquillamente di spolparle la testa.


 


 
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