Fiocchi di neve, [19/06/08]Weather Foes

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Rowizyx
view post Posted on 24/9/2008, 21:38




Fandom: Il Gladiatore
Rating: Giallo
Personaggi:
Commodo
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 1279 parole, 2 pagine, capitolo unico.
Avvertimenti: Omicidio
Genere: Introspettivo, Drammatico
Disclaimer: personaggi, luoghi, nomi e situazioni del film non appartengono a me (magari possedessi Massimo Decimo Meridio, *ç*), ma bensì a chi ne detiene i diritti. Non scrivo a scopo di lucro e pertanto nessuna violazione dei copyright è intesa.
Note dell'Autore: Ho scelto la nevicata tra le condizioni meteorologiche, spero che il riferimento non sia troppo blando. Non so, la storia non mi convince molto (speravo di riuscire a fare di più, onestamente) ma l'ispirazione tendeva a zero.
Introduzione alla Fan's Fiction: Mi siedo di fronte a lui ripensando alla pura gioia che ho provato sentendo la convocazione da parte dell'imperatore, al lungo viaggio che mi ha portato qui, in questo inferno di neve e fango, a tutti i sogni che ho serbato nel mio cuore e che l'uomo che più di tutti avrebbe dovuto amarmi. E a questi pensieri sono ancora più fiero del mio operato che, come una spessa coltre bianca e gelata, andrà a nascondere la verità agli occhi di tutti.
Qualche fiocco di neve cade lentamente dal cielo, silenzioso osservatore delle mie azioni.





Il grido si spegne in pochi istanti, questo stanco corpo avvizzito non poteva resistere a lungo. E ora tocca a me inscenare una morte naturale: ho poco tempo prima che qualcuno venga a cercare l'imperatore.
Neanche il tempo di chiedermi cosa ho fatto. Di domandare per cosa siano davvero queste lacrime che solcano il mio viso.
Devo agire, senza pensare a nient'altro che a trovare il modo per salvarmi, sembrare innocente e apparire come il più meritevole tra gli uomini a succedere a mio padre.
Mio padre. Sollevo lentamente il drappo con cui l'ho soffocato e lo guardo, per la prima volta con attenzione da tanto tempo, senza pensare a cercare i segni della vecchiaia e della stanchezza sul suo viso: il vecchio ha gli occhi chiusi, l'espressione nemmeno troppo sconvolta. Lo trascino fino alla scrivania dove stava scrivendo con tanta passione e cura, caratteri eleganti degni dell'imperatore del mondo civile. Ti lascerò qui, padre, stroncato dall'età e dai troppi affanni che questa lunga guerra ti ha creato nel cuore.
Capovolgo la boccetta d'inchiostro, il pennello va nella tua mano. Impegnato nei tuoi doveri fino all'ultimo, questo è ciò che diranno di te.
Poi mi guardo intorno: no, così nessuno mi crederà: con la forza di spirito che ha dimostrato fino all'ultimo, i servi e le persone a lui più vicine si stupirebbero di trovarlo qui e non aver sentito nulla, neanche una richiesta di aiuto, e non sono pochi quelli che hanno visto lo schiavo mandato a chiamarmi per ordine dell'imperatore.
Troppi mi hanno visto entrare qui per giustificarmi in qualche modo; che razza di figlio è Commodo, diranno di me, lui che non ha cercato di salvare il padre morente?
Un figlio capace di macchiarsi di un simile assassinio, sussurra una voce nella mia testa. Sono stato io, o le Furie mi hanno già trovato per tormentarmi fino alla follia?
Rido. Non ho tempo per queste sciocchezze.
Guardo ancora la tenda, i mobili semplici eppure lussuosi, il letto coperto da una pelle di leopardo, per decidermi sul da farsi. Accarezzo le macchie scure, tanti piccoli occhi che mi osservano accusatori. Si nascondono in essi le dee pronte a perseguitarmi?
Rabbrividisco, per un attimo vittima della paura, quando nemmeno la morsa del gelido inverno germanico ha saputo avvincermi tanto rapidamente. Potrei essere morto a mia volta tra poche ore: la pena per questo parricidio sarebbe senza precedenti, perché la vittima è il padre dell'Impero, non solo l'uomo che ha generato tredici figli nella speranza di veder crescere il perfetto erede al trono per poi assistere alle morti dei più maturi, dei più saggi, dei più valorosi...
Fratelli miei, non salirete mai al trono. Solo io sono rimasto, ed io regnerò. Se supererò questa prova, la mia ambizione sarà ricompensata.
Torno a fissare il corpo, ora accasciato sugli scritti di filosofia che in vita gli prendevano tanto tempo. No, meglio rimetterlo a letto e far credere che sia morto nel sonno. Portato via dalle Parche prima ancora che potesse designare formalmente il suo successore. Tutti lo penseranno, mentre faranno almeno finta di asciugarsi gli occhi, carichi di dolore per la tua morte, prima di acclamare me come nuovo imperatore.
Questa è la via giusta, semplice e credibile; un sentiero di bugie, lasciate cadere come la neve che per qualche giorno mi ha accompagnato lungo il viaggio verso questa trappola mortale.
Amica silenziosa, la neve, ricordo il mio stupore nel vederla per la prima volta nel Nord Italia, lontano dalla calda Roma in cui sono nato e cresciuto. È passato tanto tempo da allora...
Da quando la nostra carovana è giunta in vista delle Alpi, la neve ha continuato a cadere, scostante, per fermarsi solo stamani, forse messaggio divino per farmi intendere che le mie speranze si sarebbero infrante.
Del resto potevo già immaginare che non sarei stato accontentato: non ricordo nemmeno quando ho compreso di non essere amato come avrei voluto, ma so per certo che ho smesso da tempo di avere fiducia in Marco Aurelio.
Per anni ho agito in pubblico da bravo figlio amoroso, inscenando un affetto che non è mai esistito nel privato, cercando di essere il principe perfetto per aspirare al trono. Mi sono perfino lamentato per aver mancato la battaglia, ieri, ma mai avrei davvero desiderato di assistere o, peggio, impugnare una spada e guidare le legioni all'assalto. Ai soldati spettano certe barbarie, non ai principi.
La voce di mio padre risuona ancora nella mia testa. Tu non diventerai imperatore.
Definitivo come una condanna, letale come un gesto dell'imperatore nel grande Colosseo. Ma non ha importanza: ti sei sbagliato, vecchio, e io ho deciso per entrambi; non hai mai avuto una grande opinione di me, lo si poteva leggere con facilità nei tuoi occhi ogni volta che quelli si posavano sul tuo unico figlio maschio ancora in vita. Uno sguardo carico di disprezzo e dolore, che poi si spostava su Lucilla, la mia amata sorella, per mutarsi in un abbraccio altrettanto sofferente ma carico di rimpianto.
Avresti messo lei sul trono, se solo non fosse donna, sapevo anche questo. Forse ci penserò io, esaudirò almeno questo tuo desiderio prendendo a modello gli imperi orientali, gli antichi re d'Egitto e la loro usanza dei matrimoni tra fratelli. Non è ancora il tempo di pensarci.
Una coperta pesante a velare il tuo fragile corpo, e la menzogna è intessuta. Chi potrebbe contraddire il principe negando le cause naturali di questa morte?
Mi siedo di fronte a lui ripensando alla pura gioia che ho provato sentendo la convocazione da parte dell'imperatore, al lungo viaggio che mi ha portato qui, in questo inferno di neve e fango, a tutti i sogni che ho serbato nel mio cuore e che l'uomo che più di tutti avrebbe dovuto amarmi. E a questi pensieri sono ancora più fiero del mio operato che, come una spessa coltre di neve, andrà a nascondere la verità agli occhi di tutti.
Lei forse capirà, lei che è il mio sole; sì, Lucilla saprà sciogliere la neve della mia menzogna, spazzerà via questo inganno in un istante, pur senza osare alcuna forma di ribellione. C'è il piccolo Lucio, il nuovo erede al trono, e per lui la mia povera sorella rimarrà al mio fianco senza opporre resistenza, complice del nuovo imperatore.
Tutto questo sarà mio tra poco, come ho sempre sognato. Commodo Imperator.
Non è ciò che volevi, come il tuo scritto sembra confermare, se le parole che mi hanno gelato poco fa non fossero state abbastanza. In uno scarabocchio contorto riconosco Res Publica.
Oh no, brucerò tutta Roma piuttosto che permettere una simile atrocità. Salirò al potere e distruggerò i sogni dei senatori, mentre il popolo mi adorerà come grande padre di tutti.
Ameranno me, non Massimo.
Presto le sue grandi gesta in battaglia saranno dimenticate, le legioni assegnate ad altri generali, e i pretoriani a me fedeli impediranno qualunque ribellione.
Straccio dunque i suoi dannati progetti per una nuova Repubblica. Roma è cambiata, non si può tornare indietro. Né posso permettere che il più grande regno della Terra, il faro della civiltà, la luce nell'oscurità dei barbari, sia posto nelle mani di un contadino abituato a imbracciare le armi.
La gelosia stilla ancora veleno nel mio cuore, gelido cristallo di neve. Ancora per poco.
L'opera è compiuta, la verità celata.
Quando esco, finalmente, mi scopro solo. I servi sono di certo a portata d'orecchio, pronti ad accorrere alla chiamata del loro imperatore, ma Marco Aurelio non emetterà mai più un altro suono.
Ho tempo per correre disperato da Lucilla, far venire i medici e appurare che il nostro grande padre è morto.
Qualche fiocco di neve cade lentamente dal cielo, silenzioso osservatore delle mie azioni.
 
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