La preda perfetta, [07/08/08] Twilight: il predatore e la sua preda

« Older   Newer »
  Share  
sonsimo
view post Posted on 10/10/2008, 10:57




Fandom: Twilight
Rating: 16 anni
Personaggi Edward Cullen, Carlisle Cullen, Personaggio Originale.
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 2488 parole, circa 5 pagine, Capitolo Unico.
Avvertimenti: Character Death
Genere: Introspettivo, Drammatico.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Stephenie Meyer e della sua Casa Editrice, che ne detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Twilight, appartengono solo a me.
Note dell'Autore: Ho scelto di interpretare il tema della caccia in modo molto diretto e di giocare sulla contrapposizione preda-predatore, come suggerito dal titolo del contest. La mia scelta deriva soprattutto dal desiderio di raccontare di un periodo del mondo creato dalla Meyer che mi affascina particolarmente, così come mi affascina il rapporto tra Edward e Carlisle.
La decisione che Edward prende alla fine della storia potrebbe, forse, sembrare un po’ affrettata, ma in realtà ho immaginato che l’episodio da me raccontato sia soltanto l’ultima goccia che convinca il vampiro a fare una scelta che, in realtà, era già dentro di lui da tempo.
Introduzione alla Fan's Fiction: Quando il desiderio di sangue umano è diventato troppo forte, Edward ha lasciato Carlisle ed Esme, rimanendo da solo per qualche anno e sfruttando la propria capacità di leggere il pensiero per scegliere le prede, gente della peggior specie. Ma, come sappiamo, alla fine è tornato dal suo creatore e mentore, abbracciando di nuovo e per sempre il suo stile di vita.


La preda perfetta



Non ci riusciranno. Non mi prenderanno mai. Sono troppo stupidi per farcela, la farò franca ancora una volta.
Eccone un altro. Era incredibile quanto fosse semplice trovare delle prede perfette in quella città. Edward si trovava lì da più di due mesi, ormai, e non passava giorno che non incrociasse per strada individui i cui pensieri fossero in sintonia con ciò che cercava, con ciò che cacciava. Bastava fare una passeggiata durante la notte per imbattersi nei “brutti ceffi”. Certo, non doveva farsi prendere dalla fretta e dalla sete. Prima di scegliere il proprio nutrimento, doveva accertarsi che si trattasse proprio di quella tipologia di persone. Sapeva bene che un solo pensiero non esattamente puro non costituiva la prova che si trovasse di fronte a gente talmente corrotta da meritare la sorte che il vampiro aveva in serbo per loro. Molti esseri umani non potevano essere classificati facilmente, ed Edward, nel dubbio, preferiva lasciare andare per la loro strada quelle persone per le quali riusciva a intravedere anche solo un barlume di speranza, una minima possibilità di redenzione. Non era il caso dell’uomo che aveva puntato quella sera, comunque, i suoi pensieri raccontavano una lunga sequela di infami delitti e non una singola stilla di pentimento albergava in lui. Edward si concesse qualche minuto per esaminare l’aspetto di quell’uomo, che percorreva la strada semideserta nella direzione opposta alla sua. Era alto e robusto, quasi completamente calvo, l’espressione del viso minacciosa e torva pure in quel momento in cui stava semplicemente camminando per strada. I pochi esseri umani ancora in giro a quell’ora tarda gli lanciavano occhiatine impaurite di sottecchi e cambiavano direzione all’ultimo momento pur di non incrociare il loro cammino con il suo. L’uomo si compiaceva della paura che riusciva ad incutere nei suoi simili, mentre la mente ancora riviveva il feroce delitto compiuto solo qualche ora prima. Si era appena disfatto del cadavere e già pensava alla sua prossima vittima, una giovane donna dai capelli rossi che Edward riuscì a distinguere in maniera nitida tra i pensieri osceni e raccapriccianti di quell’essere disgustoso.
Ogni tanto capitava di incontrare feccia del genere. Sicari, professionisti che uccidevano “su commissione”, soltanto per denaro. Dalla loro parte non c’era nemmeno la pallida giustificazione di delitti compiuti per rabbia o per vendetta. Agivano a sangue freddo, guardando negli occhi la loro vittima e senza provare il minimo rimorso. Non sapevano cosa fosse il pentimento, non erano capaci di provare empatia, e talvolta non si limitavano solo a uccidere, ma infierivano senza alcun valido motivo sulle loro vittime innocenti. Proprio come quell’energumeno stava in quel momento pensando di fare con la donna dai capelli rossi.
A volte la capacità di leggere nel pensiero era una vera maledizione. Edward detestava poter vedere così chiaramente in menti come quella, lo disgustavano. Uomini come quell’assassino non meritavano di vivere, anzi la loro morte era necessaria, perché vite innocenti potessero essere risparmiate. Loro, assassini, predatori della peggior specie, erano le prede perfette per la caccia del vampiro solitario e assetato, la cui coscienza non permetteva di uccidere uomini e donne innocenti. Edward si sarebbe nutrito del sangue di quell’uomo, dando la giusta punizione ad un essere indegno, e la giovane donna e tutte le future potenziali vittime sarebbero state salve, avrebbero continuato a vivere ignare del pericolo che avevano corso. Era giusto che andasse così.
A volte, quando nel cuore della notte, nel bel mezzo di una strada completamente deserta, i dubbi lo assalivano, Edward riusciva a scacciarli pensando alla propria condizione sotto quella prospettiva. Era un dannato, un essere senz’anima, completamente solo da quando aveva abbandonato Carlisle ed Esme, ma almeno aveva uno scopo. Faceva qualcosa di buono, qualcosa di giusto. Salvava la gente, impediva che si compissero delle atrocità. Sapeva che non era abbastanza, che niente era abbastanza. Non si illudeva, come Carlisle, che il comportamento di un vampiro potesse fare la differenza.
È inutile sperare quando si è già dannati, era questo che Edward continuava a ripetersi. Che aveva detto tante volte a Carlisle.
Eppure, la consapevolezza che da qualche parte, su quel pianeta smisurato che per un immortale diventava più piccolo giorno dopo giorno, ci fosse qualcuno che conduceva un’esistenza felice grazie a lui, al suo operato, lo rincuorava. Nutrirsi di quelle prede costituiva un doppio guadagno, da un lato per se stesso, per la sua sete che veniva soddisfatta in maniera decisamente migliore con sangue umano, e dall’altro per quegli esseri umani che non sapevano nemmeno di aver rischiato di venire brutalmente assassinati. Certo, non sapevano nemmeno niente di lui, nessuno al mondo provava riconoscenza per un vampiro che agiva col favore delle tenebre, ma questi dettagli ad Edward non importavano. Doveva sfruttare il dono che gli era stato fatto al momento della trasformazione, la capacità di leggere le menti altrui. In primo luogo per se stesso, perché anno dopo anno sentiva che lo stile di “vita” che Carlisle gli aveva inculcato non gli sarebbe appartenuto mai del tutto. Non aveva idea di come l’altro vampiro facesse a resistere all’odore invitante del sangue umano, sembrava avesse un dono innato tutto suo, un dono che invece Edward non possedeva affatto. Quell’esistenza di privazioni, lo sapeva, avrebbe finito per incrinare il suo rapporto con Carlisle, nonostante l’immensa ammirazione che provava nei suoi confronti. Le loro discussioni, anche se molto pacate nei toni, poiché Carlisle aveva davvero un’incredibile capacità di ascoltarlo, erano sempre più frequenti nel periodo immediatamente precedente alla decisione di Edward di separare la propria strada da quella della sua famiglia.
Carlisle aveva cercato fino alla fine di persuaderlo a rimanere con loro, ma invano, poiché l’istinto mai del tutto soppresso del vampiro assetato di sangue umano aveva avuto il sopravvento ed Edward se ne era andato. Il sangue degli animali non era più sufficiente e cominciava ad attribuire a Carlisle la colpa di quella vita di stenti, di repressione. Di quella vita che sempre di più gli sembrava in contrasto con la sua natura.

...

“Io ho deciso, me ne vado. Non posso più continuare in questo modo.”
Lo sguardo colmo di rammarico di Carlisle, nell’udire quelle parole, non era niente, niente in confronto all’angoscia dei suoi pensieri. L’affetto dell’altro vampiro nei suoi confronti era sincero e disinteressato, Edward poteva chiaramente sentirlo tra le pieghe della sua mente. Carlisle non avrebbe mai voluto che il vampiro più giovane soffrisse in quel modo, ma non poteva, al tempo stesso, insegnargli a vivere in una maniera diversa dall’unica che riteneva giusta.
Edward sapeva che le sue intenzioni erano nobili, anche per questo doveva andare via. Perché Carlisle non soffrisse e non provasse vergogna di lui, vedendolo nutrirsi di sangue umano. Non poteva restare senza abbracciare per sempre il suo stile di alimentazione. E non poteva rinunciare all’istinto ancora a lungo, perché sapeva di non essere nobile come Carlisle.
“Mi dispiace, Carlisle. Non ci riesco. Ho paura di perdere il controllo da un momento all’altro, di assalire degli innocenti. Invece...”
“Non accadrà, Edward, ti aiuterò io! So che è difficile, ma insieme...”
Ignorando le parole di Carlisle e la tacita preghiera di quella mente che solo a lui era concesso di sentire, Edward proseguì:
“Invece, sfruttando la mia capacità, posso agire con senno. Posso scegliere con cura le mie prede,” finse di non vedere Carlisle che abbassava lo sguardo alla parola “prede”, che Edward aveva volutamente scelto di utilizzare, “Posso nutrirmi senza uccidere degli innocenti... posso addirittura fare...” il volto di Edward si contrasse in una smorfia, nemmeno lui credeva fino in fondo alle proprie parole, anche se non ne era pienamente consapevole, “Del bene.”
Carlisle sollevò lo sguardo. I suoi occhi, come sempre, erano lo specchio perfetto della sua indole gentile e compassionevole, anche se il tono della voce era più duro del solito. Le sue parole esprimevano perfettamente i pensieri che gli attraversavano la mente in quel momento, anche se Edward non avrebbe avuto bisogno di quella prova per essere certo della schiettezza del vampiro che lo aveva creato.
“Non è così, Edward. Non è questo il modo giusto di utilizzare la tua capacità. Non macchiandoti del sangue di esseri umani, per quanto vili e corrotti. Nessuno ha il diritto di ergersi a giudice del loro comportamento, nemmeno noi immortali. E lo sai bene, Edward, so che lo sai. Nemmeno tu credi alle tue parole.”
Fu Edward, stavolta, ad abbassare lo sguardo. Ma per lui non era sufficiente non vedere Carlisle per ignorare quello che stava provando. La preghiera dell’altro vampiro echeggiava dolorosa nella sua mente e non poteva impedire a se stesso di ascoltarla. Un pensiero, in particolare, attirò la sua attenzione, facendolo riflettere.
-Io non ho la tua dote, Edward. La mente di chi mi sta davanti non è un libro aperto, per me. La tua mente, d’altro canto... la tua mente riesco a sentirla.-
Era la verità. Nessuno lo comprendeva come Carlisle. Era il suo solo appiglio in quell’esistenza maledetta, era la forza del bene fatta corpo che gli urlava di avere fede. Di aggrapparsi a quella speranza che negava di nutrire anche allo stesso Carlisle, ma che era lì. Relegata in un angolo della sua mente, abbandonata a se stessa per la maggior parte del tempo, perché contemplarla era troppo doloroso. Se quella speranza di redenzione, quella speranza che spingeva Carlisle a credere in qualcosa di ultraterreno anche per i vampiri, si fosse rivelata vana, sarebbe stato ancora più doloroso. Molto meglio non illudersi, era questa la conclusione a cui Edward era arrivato. Perciò aveva deciso di seguire l’istinto, per quanto gli dispiacesse allontanarsi da Carlisle si trattava di una separazione necessaria. E d’altronde, non era nemmeno l’unico motivo. Carlisle aveva finalmente trovato una compagna, era felice con Esme, Edward era sempre intimamente stupito di quanto fossero forti i sentimenti che percepiva nella mente di lui in presenza della donna vampiro. E che al tempo stesso percepiva in Esme nei confronti di Carlisle. Il loro legame era qualcosa di forte, qualcosa di puro... qualcosa che a Edward non era concesso provare. E, doveva ammetterlo, un po’ li invidiava. Invidiava quel rapporto esclusivo che c’era tra di loro, e non poteva fare a meno, di tanto in tanto, di sentirsi scomodo. Di sentirsi di troppo. Loro erano una famiglia e avevano tutto il diritto di condurre in pace la loro esistenza. Senza l’ingombrante presenza di un vampiro che non riusciva a reprimere il desiderio di bere sangue umano.
Ormai aveva deciso, se ne sarebbe andato. L’affetto di Carlisle e le suppliche di Esme non l’avrebbero trattenuto.


...

L’odore del sangue cominciava a prendere il sopravvento sulla parte razionale della mente, mentre la gola ardeva più forte via via che la preda si avvicinava. Lo sguardo quasi famelico dell’assassino umano non era nulla a confronto di quello del vampiro. Edward si fermò, lasciando che fosse il predatore divenuto preda a completare il percorso che l’avrebbe condotto alla sua giusta punizione. Era difficile resistere ora che il sangue che l’avrebbe dissetato era così vicino, ma doveva riuscirci, cosicché nel frattempo l’ultimo ignaro viandante si allontanasse abbastanza per non accorgersi di nulla. Non lasciare testimoni del proprio operato era imperativo per un vampiro.
Edward riuscì a distinguere l’esatto momento in cui l’assassino si accorse della sua presenza, parzialmente celata dalle tenebre di quella notte senza luna. L’uomo si fermò a guardarlo, stupendosi del brivido che percorreva la sua schiena, ed Edward sentì i suoi pensieri aggrovigliarsi frenetici nella percezione istintiva del pericolo. Mosse un passo indietro, incerto, mentre Edward, avvolto dall’istinto predatore, si muoveva verso di lui scoprendo i denti. Il vampiro aveva oltrepassato il punto di non ritorno, in quel momento non avrebbe potuto fermarsi nemmeno se, per assurdo, lo avesse desiderato. Una frazione di secondo e fu addosso all’uomo, che non ebbe il tempo di gridare, che non si rese conto di quanto stava accadendo, finché non sentì il dolore acuto del morso del vampiro sulla carne tenera del collo. Incurante della sofferenza dell’uomo il predatore si concentrò nella soddisfazione del proprio bisogno, sorreggendo la preda che a poco a poco si accasciava perdendo le energie. I pensieri della vittima agonizzante erano solo un’eco lontana per il vampiro intento a nutrirsi, non era difficile ignorarli. Almeno finché una singola, nitida immagine non catturò la sua attenzione. Non era la donna dai capelli rossi di cui l’uomo stava pianificando la morte fino a pochi istanti prima. Si trattava dell’immagine di una bimbetta, in lacrime, con le braccine levate verso l’alto. Edward tentò di ignorarla, ma cominciava a diventar difficile man mano che il sangue scendeva lungo la sua gola e l’istinto, saziato, lasciava il posto alla ragione. Nonostante gli sforzi del vampiro, un pensiero dell’uomo, potente, urlato, sofferto, si sovrappose a quell’immagine, diventando per un brevissimo istante il pensiero di Edward.
Perdonami, figlia mia.
Con quella preghiera nella mente, l’uomo morì, tra le braccia d’acciaio del suo aguzzino. Edward lasciò cadere la carcassa dissanguata e, in piedi dinanzi ad essa, non riuscì a distogliere lo sguardo. Nell’ultimo istante di quella sua vita maledetta, di quella esistenza macchiata della più atroce infamia, l’uomo non aveva pensato al dolore terribile che stava provando. Il suo pensiero era corso a quella figlia, abbandonata chissà quanti anni prima, perché d’intralcio ai suoi sordidi affari.
L’assassino aveva visto nella sua mente la figlia in lacrime e, per un istante, uno zampillo di luce era guizzato tra le tenebre della crudeltà e della corruzione.
Possibile che quell’uomo, se avesse vissuto più a lungo di quanto lui, vampiro assetato, non gli aveva concesso, si sarebbe... redento? Si sarebbe salvato?
Nessuno ha il diritto di ergersi a giudice del loro comportamento, nemmeno noi immortali.
Le parole di Carlisle risuonarono nella sua mente, assumendo un significato del tutto nuovo. Il suo creatore, il suo mentore, suo padre... aveva ragione. Per quanto quell’uomo fosse stato meschino, crudele e corrotto, forse poteva ancora cambiare. Eppure, se l’avesse lasciato andare, che ne sarebbe stato della donna dai capelli rossi, e di tante altre dopo di lei? Quell’uomo aveva forse il diritto di vivere più di quanto non lo avessero le persone innocenti che avrebbe ucciso? Edward non sapeva rispondere a quella domanda. E ciò non faceva che confermare la verità nelle parole di Carlisle. Non poteva ergersi a giudice, non poteva scegliere chi punire e chi risparmiare, se non era in grado nemmeno di trovare risposta a quel quesito. Ed un’altra domanda, ancora più accorata, più intensa, si fece strada in lui. Se esisteva speranza per uno come quello, per un assassino di professione, possibile che non ne esistesse anche per lui? Per Carlisle?
Edward scosse la testa. Anche a quella domanda non sapeva trovare risposta, per quanto si sforzasse. Magari non era ancora il momento, magari, chissà, un giorno ci sarebbe riuscito, il tempo a disposizione, dopotutto, non mancava. Nel frattempo, però, c’era qualcosa che doveva fare, qualcosa che lo avrebbe avvicinato alla verità, anche se Edward non se ne rendeva pienamente conto, ancora.
Doveva ritornare dalla sua famiglia. E da Carlisle.

FINE



 
Top
0 replies since 10/10/2008, 10:57   211 views
  Share