Il Virus, [11/09/08] Behind the frame

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view post Posted on 13/10/2008, 23:20
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Rating: Per tutti
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 4327 (titolo escluso), 7 pagine, capitolo unico
Avvertimenti: Character Death, Angst
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits: L'immagine su cui si basa questo racconto, appartiene a Minnhagen, che ne detiene tutti i diritti.
Note dell'Autore: Ho ricavato il nome "Elizio" dalla parola greca "elithios" (ηλίθιος), cioè "stolto, sciocco". Preferisco porre l'immagine di riferimento alla fine della storia, perchè ne rappresenta la scena culminante, e trovo che sia più appropriato gustarla nel finale.
Introduzione alla Storia: Si può veramente rinunciare all'esistenza, per così dire, corporea, in favore di una puramente mentale? O, in realtà, il dualismo mente-corpo è impraticabile? Elizio capirà che, pretendere di dividere perfettamente i due tasselli che compongono l'essenza della vita, conduca inevitabilmente alla negazione della vita stessa.




Il Virus


 


- Cronaca di una Non Vita -


 


 


Elizio vive solo in casa. Nel senso che in casa abita lui solo. E nel senso che in casa vive tutta la sua vita.


Elizio non lavora, per dichiarate incapacità e indolenza.


Elizio non ha amici, perché li considera troppo onerosi per il suo stile di vita.


Elizio pulisce casa una volta al mese, perché lo considera troppo faticoso.


L’unico interesse di Elizio - nella nostra Realtà, s’intende - è internet. All’uopo, possiede ben due computer, dove spende gran parte della sua attività giornaliera; quello in soggiorno, un desktop, è adibito allo svago: serve per guardare video divertenti, leggere cose divertenti, accedere ai giochini virtuali. L’altro si trova in camera sua, è un portatile ed ha un utilizzo molto particolare. Esso, infatti, racchiude l’intera vita sessuale si Elizio.


Ovviamente, la sua esistenza non si riduce solo a questo.


 


Ma che resti un segreto.


Elizio, infatti, conosce il varco per un mondo che noi neanche immaginiamo, fatto di bellezza e di pace. Un mondo da godere, dove perdersi nell’estasi della meditazione.


La soglia che divide la nostra Realtà da quel mondo, non ha bisogno di esser tenuta nascosta: essa, semplicemente, è in ogni luogo, pronta ad essere varcata da chiunque abbia il dono superiore di poterla vedere. E il Giardino sa essere un confortevole rifugio, per chi soffre la nostra Realtà, carica di affanni e angosciosamente scandita da un tiranno tempo lineare.


Dovreste vedere quel mondo!


Uno stupendo giardino incantato scolpito nel bianco marmo, di forma circolare, circondato da sei magnifiche scalinate che si alternano a imponenti statue antropomorfe; quest’ultime, possenti figure maschili di reminiscenza classica, si ergono in pose fiere nella loro immobile perfezione, rivolte verso l’esterno, quasi a difesa della sacralità dell’interno. Al centro del giardino, infatti, un angelo marmoreo dalle sembianze femminili protende le braccia verso il cielo terso, una delle gambe leggermente sollevata, le ali spiegate, nel tentativo di  librarsi in volo.


Un vivace intrico di rose rampicanti, ricopre il terreno su cui sono adagiati i piedistalli delle statue perimetrali, aggrappandosi ad essi in numerose fronde, avvolgendoli e macchiandoli di un vivace rosa acceso.


Tutt’intorno, una fitta boscaglia di alberi secolari circonda il giardino, facendo della propria impenetrabilità il simbolo metafisico dell’irraggiungibilità di quel luogo. Se, per giungervi, si prediligono le strade del Reale.


Le strade che Elizio rifugge ormai da anni, in una lotta serrata contro la vita stessa, nella solitudine della sua dimora.


 


In un giorno qualunque, in un’ora qualunque, chiuso in camera sua, Elizio si concedeva la sua consueta visita al suo sito a luci rosse preferito.


www.porno.


Di quella ventina circa, che aveva inserito tra i ‘Preferiti’, questo era decisamente il migliore, quello con cui aveva stipulato un abbonamento annuale, che gli forniva i video a lui più graditi.


Le sue donnine lo avevano trattato proprio bene, quel giorno, obbligandolo a far largo uso di fogli di scottex e di sapone per le mani. Solo che quella volta le cose erano andate diversamente dal solito: di tanto in tanto e senza apparente motivo, le pagine si chiudevano, sottoponendolo allo stress di dover riaprire di nuovo il collegamento; in più occasioni, il sistema gli segnalava ‘Errore’, costringendolo ad aggiornare la pagina. Logorato dal fastidioso inconveniente, Elizio fu più volte sul punto di spegnere il pc, ma alla fine riuscì a scaricare il filmino e le immagini. La perseveranza paga.


Proprio quando pensieri alquanto tediosi riguardanti la salute dell’apparecchio, si stavano pericolosamente insinuando nella sua mente, Elizio vi pose provvidenzialmente un freno. Si gettò sul letto, guardò fisso sul tetto…


E lo vide. Il varco.


Quale straordinaria visione!


Come al solito, si ritrovò ai piedi della statua dell’Angelo, il cui elegante piedistallo sorgeva su un tappeto di corta erbetta, delimitato da un’aiuola circolare, e privo di qualsiasi pianta ornamentale. Ed ella non aveva bisogno d’ornamenti: i bellissimi tratti del viso, incorniciavano l’espressione di serenità che, da lei, promanava all’ambiente circostante, il suo sorriso appena accennato bastava da solo a donare la pace a chiunque vi posasse lo sguardo.


L’aria del posto era un profumo che sembrava fondersi con i colori stessi della natura lussureggiante, e i sensi umani, adibiti all’analisi della realtà, non potevano descrivere  la maestosità di quello scorcio di paradiso: l’aria era colorata, i colori cantavano, i suoni profumavano… Nell’ossimoro cosmico di un mondo perfetto, tutto era perfettamente amalgamato.


Dedicandosi alla sua consueta passeggiata ristoratrice, Elizio risalì una delle brevi gradinate di marmo, e percorse il corridoio dall’elegante parapetto. Questo, collegava il Giardino all’intricata distesa verde di alberi di castagno che lo circondava, oltre la quale l’occhio non poteva vedere. Come di consueto, Elizio si fermò là. Per quanto mirabile fosse, quel groviglio di tronchi nodosi pareva avere ben poco a che fare con l’armonia della natura del Giardino - curata e rifinita dalle mani di un giardiniere invisibile - non infondendo alcun senso di pace; piuttosto, trasmetteva un’inquietudine latente, sembrava che quegli alberi si stessero contorcendo dal dolore. Ed egli non sentì mai il bisogno di inoltrarvisi.


D’un tratto, avvertendo per la prima volta uno strano brivido alla base della schiena,  gli parve come se qualche elemento fosse fuori posto, e ciò malgrado in quel mondo fosse sempre tutto uguale. Sembrava, invero, che mancasse qualcosa, ma non riusciva a capire cosa. No. Rammentò che la mente è fuorviata dall’immaginazione, fradicia degli affanni che <st1:PersonName w:st="on" ProductID="la Realt¢">la Realtà, crudelmente, le arreca ogni giorno. E’ così e basta.


Un ultimo saluto alle statue dei guerrieri antichi, il profano che nella sua ieratica compostezza si ergeva a difesa del sacro, un sorriso all’Angelo che, benigno, vivificava e proteggeva quell’immenso splendore, e si risolse a far ritorno alla Realtà; per quanto traumatico fosse, doveva tornare nel suo triste appartamento, poiché il tempo nel Giardino scorreva molto più lentamente di quello del Reale (ma sarebbe più corretto dire che, nel verde paradiso, il tempo non esiste).


Proprio mentre passava il varco, la mente di Elizio lo avvertì, con un lieve bisbiglio, di aver individuato l’elemento mancante: il canto degli uccellini.


 


Ed eccolo tornare alla Realtà che tanto disprezza, quella che non si cura da sola, che non galleggia serenamente nell’immutabilità, ma si corrompe, ha bisogno d’essere pulita, rassettata, custodita… E’ buona solo riempire d’affanni l’anima umana!


Per di più, dall’impegno prodigato per mantenere immutato il suo ambiente domestico, ne ricavava d’affannarsi ancora di più: non pulisce per un mese intero, e poi si ritrova a doversi impegnare di più per levare via lo sporco; non sistema la roba appena acquistata, e finisce per ritrovarsi tutto gettato alla rinfusa. 


Trascorse il resto della giornata immerso nello svago, navigando con il desktop del soggiorno, che, come rimedio alla malinconia, era secondo solo al Giardino. Quel computer che, nelle intenzioni di chi glielo aveva regalato, doveva servire per aiutarlo a scrivere la sua tesi di laurea, aveva trovato un utilizzo assai diverso. E la laurea non era mai arrivata.


Un solo giorno bastò ad Elizio, per rendersi conto che i suoi cattivi presagi s’erano, purtroppo, avverati: il portatile in camera sua si bloccava di continuo, le pagine si chiudevano, lo aveva riavviato già tre volte… Maledizione! Troppo comodo pensare ad un guasto, quel vecchio ammasso di circuiti era stato sicuramente infettato da un virus, preso in qualche sito porno. Dannato antivirus, con quel che costa, non sa trovare il danno nemmeno con la scansione! E all’inferno tutti gli hacker!


Per quel giorno, quel terribile giorno, Elizio dovette accontentarsi di usare il portatile solo come TV, riguardando i video già scaricati. Odiava con tutto se stesso gli inconvenienti e tutto ciò faceva, della vita, una sorpresa continua. Certe persone considerano addirittura  monotona una vita senza imprevisti! Menti semplici, deboli, incapaci di costruirsi il proprio regno di pace e di conservarlo tale, possono contare solo sull’accidentale gioia, privi - da stolti quali sono - della paura verso l’accidentale sofferenza.


Un successivo tentativo di riavvio dell’apparecchio, rivelò quale fosse l’entità del danno: la memoria era quasi tutta cancellata, e i pochi file rimasti risultavano danneggiati. Esasperato, Elizio dovette spegnere il portatile dal pulsante d’accensione, dato che non riusciva nemmeno a selezionare ‘Start’. Gli venne in mente di trovare ristoro e conforto nel Giardino, ma si distese sul divano in soggiorno, e l’ora tarda fece il resto: si addormentò, con ancora indosso una vecchia tuta, sua uniforme domestica, e la luce di un’abat-jour accesa; almeno per quanto riguarda il riposo notturno, non vi furono cambiamenti rispetto al consueto.


 


Mentre la sua frustrazione raggiungeva il culmine, gli tornarono alla mente quelle pillole del buonumore, soppiantate dalla scoperta del varco per il Giardino. Un benessere artificiale, di durata inversamente proporzionale all’incremento del dosaggio. Tempo addietro, in una situazione simile ne avrebbe già ingoiate più di due. Appurato che quello stramaledetto portatile non dava più segni di vita, tranne un tenue lampeggiare del pulsante d’accensione, lo mandò al diavolo una volta per tutte. In fondo, quello stupido aggeggio non è neanche suo, ma di suo padre; o meglio, lo era, prima che suo padre se ne andasse. E lo usavano anche sua madre e suo fratello, con utenze diverse, prima che anche loro se ne andassero.


Deciso a trovar scampo da quel tedioso rimuginare, si decise ad abbandonare il Regno della Sofferenza, per trovare rifugio in quello della Pace; ma, nella concitazione, commise l’errore di portarsi dietro i cattivi pensieri, ricordandosi che, anche laggiù, forse qualcosa non andava.


Gli bastò arrivare, per averne conferma: gli uccellini tacevano inspiegabilmente. Senza sapersi spiegare cosa potesse essere accaduto a quelle graziose creature, che a pensarci bene non aveva mai visto né svolazzare, né sostare sugli alberi, Elizio fu sul punto di cadere nello sconforto. Ed ecco che, qualcosa di incredibile, accadde.


L’Angelo si mosse.


Piegò leggermente un braccio, un semplice gesto della mano, e il bosco di castagni tornò nuovamente a risuonare di un concerto di cinguettii. Non solo: ogni cosa sembrò rifulgere di una vitalità nuova: i profumi, i colori, i suoni, poteva respirarne a pieni polmoni, gli arrivava dritto all’anima…


Non gli rimase che ringraziare il bellissimo Angelo di pietra. Prendendo vita davanti ai suoi occhi, lo aveva reso partecipe della sua attività di custode, se non addirittura artefice, di quello scorcio di paradiso. Di lì in poi, tutto procedette come al solito, ed Elizio potè fruire della sua consueta passeggiata ristoratrice, senza accorgesi di un particolare decisivo: la donna angelo non sorrideva più, le labbra avevano adesso una piega seria. Preoccupata, quasi.


 


La camera di Elizio non possedeva per lui alcuna attrattiva, fatta eccezione per quel disastrato portatile, e non avendo alcuna intenzione di farlo riparare, non la frequentava più. Perché far entrare uno sconosciuto in casa propria, per riparare un vecchio rottame, se ne ha di meglio a disposizione?


Ma, nel momento in cui decise di rientrare in camera sua, per cambiare la tuta che aveva indosso con un’altra tuta, vide qualcosa che lo turbò alquanto. I tasti del portatile galleggiavano nel nulla, sotto di essi la base dell’apparecchio poggiava sulla scrivania… mentre ciò che doveva stare nel mezzo, il ripieno, i circuiti interni, mancavano del tutto. Lo schermo, poi, era stato quasi completamente divorato, alcuni frammenti rimanevano sospesi a mezz’aria, legati tra loro da una forza invisibile, come un puzzle che alterna tasselli visibili a tasselli invisibili. Che fine hanno fatto le leggi della fisica?


Osservando meglio il vuoto assoluto tra la base del portatile e i tasti che fluttuavano poco sopra, Elizio comprese che il virus stava cancellando anche l’hardware, per quanto incredibile fosse. Ci volle un po’ più del solito, ma l’interesse per l’insolito spettacolo scemò, come sempre accadeva per qualsiasi cosa, persona o evento della sua vita. Mangialo pure, e buon appetito. Perché chiamare qualcuno? E poi, se racconti in giro una cosa del genere, corri il rischio d’esser preso per… Pazzo(?)…


Pensandoci bene, la situazione si stava volgendo a suo favore, dato che, da sempre, permetteva alle formiche di spazzolare i rimasugli di cibo dal pavimento; adesso aveva un alleato anche contro i rifiuti inorganici.


Il giorno successivo, del portatile non rimaneva traccia alcuna, e sul ripiano della scrivania era comparsa un’abrasione, che aveva la forma rettangolare dell’oggetto scomparso. Non è il caso di farne un dramma, qualche graffio non rende inservibile una scrivania!


Un paio di giorni ancora, e il fenomeno mostrò la sua vera faccia. La scrivania veniva lentamente rosicchiata da qualcosa di invisibile all’occhio umano, non v’era perfino traccia  di segatura, ma era facile intuire il  punto d’origine di quella dissoluzione: in corrispondenza del posto occupato dal portatile, dov’era comparsa quell’abrasione. Quel pezzo di legno mal piallato non serviva più a nulla, una volta interrotti gli studi, salvo a far da ripiano al computer… Quindi può anche sparire.


Tuttavia, una certa inquietudine si fece spazio nella sua mente. Come può, un virus informatico, estendere il suo potere distruttivo anche all’universo fisico? Forse perché, come dicono, la vita è un sogno, un’illusione, e non v’è nulla di reale?


Lasciando morire sul nascere ogni cattivo pensiero, Elizio permise al tarlo invisibile di pasteggiare con la sua ex scrivania, e con tutto ciò che vi era poggiato sopra, a cominciare dal telefono - che tanto non lo chiamava più nessuno - e con la vicina libreria ricolma di testi universitari… Lasciò questo cumulo di inutilità al suo destino, e oltrepassò il varco.


Trovò il Giardino come lo aveva lasciato… Illusione. Adesso, più di un particolare risultava fuori posto: oltre al canto degli uccellini, le fronde degli alberi stormivano all’unisono, producendo un continuo fruscio che di rassicurante aveva ben poco. Come se non bastasse, le statue avevano cambiato la postura, o meglio, la posizione delle braccia, che adesso erano protese in avanti, con i palmi tesi rivolti verso il bosco, quasi a voler intimare di fermarsi… A cosa, poi?


Ma che diavolo…? Elizio non vedeva il nemico, ma lo percepiva chiaramente. Un moto di terrore gli strisciò lungo la schiena, e gridò all’Angelo qualcosa, di cui anche a lui sfuggì il senso. Compiendo un movimento più articolato del precedente, l’Angelo distese le braccia avanti a sé, e un semplice gesto di entrambe le mani sortì l’effetto sperato. Il minaccioso fruscio cessò, le fronde si chetarono, gli uccellini ripresero a cantare e i possenti guerrieri di pietra riportarono gli arti alle posizioni di sempre.


Volgendosi con rinnovata gratitudine all’Angelo, Elizio non volle chiedersi di che natura fosse quest’improvvisa minaccia, che aveva richiesto il divino intervento per ben due volte. A chi importa? Adesso è tutto a posto, va bene così.


Il sollievo distolse ogni altro pensiero, e gli sfuggì l’espressione che l’Angelo recava in viso: alla preoccupazione s’era sostituita la rassegnazione.


 


Bastò mezza giornata, perché la voracità dell’invisibile predatore facesse sparire per sempre, con tutti gli annessi e connessi, la scrivania, la libreria e il cestino della carta. E puntava, adesso, verso il letto e l’armadio.


Laddove prima stavano mobili e oggetti, rimaneva una patina di un colore indicibile, un colore che non poteva certo dirsi bianco; era un che di trasparente, ma di una trasparenza che non lasciava intravedere cosa c’era dietro. Gli bastò poco per indovinarne la natura:  era il Nulla, il Non Essere. Avanzava sottoforma di sostanza gassosa, e dove posava il suo tocco, lasciava il Vuoto.


Elizio si limitò a prendere ciò che gli poteva servire dall’armadio e dal comodino: un cambio di tuta, due paia di calzini e quattro di mutande, nient’altro, prima di uscire per l’ultima volta da camera sua. In fin dei conti, non è una gran perdita, ormai il divano del soggiorno è adibito a letto, con tanto di cuscino e coperte.


In poco tempo, il Vuoto progredì al di fuori della camera di Elizio, dilagando a macchia d’olio in corridoio e diffondendosi nel bagno di servizio, fino a lambire la porta d’ingresso con la sua consistenza persistente.


E quando fuggire dall’appartamento divenne impossibile, avendo il Vuoto inghiottito quasi metà della casa, Elizio si rifugiò nella zona più interna, mantenendosi sempre in allerta, per sfruttare fino all’ultimo secondo gli spazi che stavano per scomparire; temeva di aver scordato qualcosa d’importante da fare in o con essi, prima che il Non Essere li divorasse. La cucina, soprattutto: teneva mentalmente il conto delle cose da prendere, ricontandole più e più volte, poiché aveva già fatto un errore quando s’era portato dei calzini pieni di buchi, invece di scegliere quelli più recenti, che erano solo un po’ sdruciti. E pensare che sarebbero a pochi metri, dannazione!


Il logorio del continuo inventariare, sommato ai sensi di colpa per la sua sbadataggine, lo condussero ben presto a cadere in quell’odiosa forma di pensiero ripetitivo, dalla quale veniva fuori sempre frastornato; sicuro che l’unico rimedio fosse solo il Giardino, passò il varco senza indugi.


Lo spettacolo che gli si parò davanti lo turbò, ma, chissà perché, l’aveva presagito come il sorgere del Sole al mattino. Le statue dei guerrieri protendevano le braccia in avanti, nel disperato tentativo di fermare l’avanzata di un nemico invisibile che aveva zittito il canto degli uccellini del bosco, rendendolo un luogo assai più inquietante di quanto già non fosse. Ancor più agghiacciante, fu constatare come le chiome dei castagni non formassero più un’uniforme manto verde brillante, spruzzate adesso d’un giallo pallido come la malattia, con le fronde che stormivano senza posa.


Tutto ciò è inconcepibile! Ogni volta è sempre peggio, perché? Perché!?


Ma l’aiuto tanto invocato non si fece attendere. L’Angelo distese le braccia, allungandone uno a destra e l’altro a sinistra: un aggraziato, ma deciso, gesto delle sue mani, rinfrancò l’antico colore delle foglie, spense il brusio delle fronde, e riportò un melodioso canto ad allietare l’aere circostante.


Mentre le statue tornavano nella loro consueta postura, Elizio avvertì, per la prima volta, l’urgenza di ritornare nel suo appartamento; forse temeva che nel frattempo fosse sparito del tutto. O forse, non voleva alzare gli occhi, e vedere l’espressione cupa sui lineamenti di lei. E il suo volto, che non guardava più verso il cielo, ma davanti a sé, verso l’imminente disgrazia.


Al suo ritorno in casa, l’inarrestabile l’avanzata del Vuoto aveva occupato altro spazio; la camera dei suoi genitori, e quella di suo fratello, non esistevano più, e del bagno grande restava veramente poco. Sì! Dissolvi quei dannati rubinetti gocciolanti, quelle tubature scassate, quelle pareti pregne di muffa…!


La cucina non era ancora stata insidiata, e c’era tempo di portare in soggiorno altra roba: il bicchiere di plastica ce l’aveva già, ne aveva preso uno nuovo, dopo aver rammentato che il precedente  lo stava usando da più di un mese, ma stava per dimenticare l’acqua; meglio prenderne una cassetta intera: si sa, il nervosismo porta sete. Delle cibarie, aveva trasferito solo patatine e biscotti al cioccolato, più alcune scatolette di tonno sott’olio, che da un tempo immemore costituivano i suoi pasti quotidiani. Le posate usa e getta, i tovaglioli, un sacchetto di plastica per i rifiuti… C’è tutto. E si fiondò in soggiorno, giusto in tempo per vedere il Nulla lambire l’ingresso della cucina. Trovando lo spettacolo fin troppo angosciante, Elizio preferì far passare il tempo navigando su internet dal desktop posto sullo scrittoio in soggiorno. Di fronte a lui era collocato il vecchio televisore di famiglia, che da anni non accendeva, rifiutandosi di pagare la tassa per le reti pubbliche, ma nessuno era mai venuto a confiscargli l’apparecchio. Quasi pensassero che appartiene ad  un… Morto? Spaziò freneticamente da un sito all’altro, gustandosi gli ultimissimi aggiornamenti in fatto di foto e video esilaranti, nonchè collezioni di frasi assurde proferite nei luoghi più svariati. Nessun nuovo messaggio nella sua e-mail; del resto, tutti i suoi vecchi amici erano stati spostati in ‘Spam’, perché non tollerava più che gli chiedessero ragguagli sulla sua vita, ma soprattutto, odiava quelle catene di allegati colme di inutile retorica o falsi allarmi.


Quando fu sazio d’intrattenimento, gli bastò sollevare la testa, per capire che il soggiorno era ormai circondato da quella nebbia dissolutrice. Per un attimo, fu colto dalla curiosità di uscire in balcone, per verificare se anche il mondo esterno era stato inghiottito dal Vuoto; ma quella coltre s’era sicuramente diffusa tutt’intorno casa sua, e oltre di essa era impossibile vedere. Cosa c’è da svelare… che forse l’obiettivo del Non Essere è solo in questa casa? E il balcone rimase chiuso, e la serranda abbassata.


Accomodatosi sul divano, che ormai aveva la forma del suo corpo, dei suoi lineamenti perfino, prese a sgranocchiare qualcosa delle cibarie ipercaloriche acquistate tramite internet. Maledizione! La forbicina è rimasta nel bagno, e le unghia sono lunghe e colme di sporcizia verdognola!  Forse, usando il coltellino di plastica, viene via… Dimenticati pure i fazzoletti, ma i tovaglioli vanno più che bene per soffiarsi il naso.


Perse la cognizione del tempo. Pasteggiò con del tonno in scatola, senza sapere se fosse più vicina l’ora di pranzo o quella di cena. Tanto più che dalla serranda chiusa non filtrava nè luce solare, né artificiale: il Nulla aveva compiuto una manovra di accerchiamento del locale, e adesso procedeva da destra, smaterializzando la parete esterna, e da sinistra, assorbendo una colonna portante; in breve, Elizio si ritrovò di fronte al Vuoto, con il divano e un metro quadrato di spazio disponibile.   


Spinto dalla curiosità, accartocciò una confezione vuota di patatine e la lanciò contro la nube mortifera di fronte a sé; il rifiuto rimase sospeso a mezz’aria, come incollato sulla sostanza incolore, quindi si raggrinzì in una sfoglia color nero bruciato, e in pochi secondi non ne rimase più nulla, né fumo né cenere, nemmeno odori di sorta. Una distruzione assoluta che si fa beffe del povero Lavoisier…


E mentre il Nulla lo aveva intrappolato sul divano, costringendolo a tirare su i piedi, Elizio comprese che il suo tempo in questo triste mondo era finito. Pare che si stia esaudendo il mirabile desiderio di distruggere la tediosa Realtà, in modo tale che non vi sia altro mondo, al di fuori dell’amato Giardino, dove ogni cosa è immutabile ed eterna. Facile dedurne che la volontà di quel virus si identificasse con la sua.


Le cose non sono mai state più chiare prima d’ora. Una volontà così forte da trascendere lo stesso corpo fisico, sta obbligando la ragione a compiere la scelta di vita decisiva, verso il vero benessere. Incurante che il quesito fondamentale fosse perché, ogni volta, aveva fatto ritorno nel suo appartamento, si preoccupava piuttosto che quel regno di pace avesse smesso di essere perfetto, sopraffatto d’improvviso dal male incurabile della corruzione. No. Sono questi pensieri la vera malattia; finchè v’è l’Angelo a custodire il Giardino, qualsiasi male troverà una cura, qualunque nemico potrà essere vinto…Va bene così. E, comunque, non casca mica il mondo se, per una volta o due -  o per sempre -  dei pennuti canterini perdono la voce…


Elizio passò il varco ad occhi chiusi, mentre il Vuoto lo aveva ormai chiuso in una sfera di Reale, che si restringeva sempre di più intorno a lui. Tenendosi le ginocchia piegate sul petto, lasciava che il Non Essere iniziasse a lambirlo dalla testa.


 


Quando fece il suo ingresso nel Giardino, mantenne gli occhi ostinatamente chiusi, per non doversi poi pentire di ciò che avrebbe potuto scorgere. Tuttavia, alle sue orecchie giunse un dolce suono, una melodia intonata da decine e decine di piccoli volatili. Sì, ci sono tutti: passeri, merli, storni, cardellini… Un vero inno alla gioia! E questa soave fragranza di fiori… le rose rampicanti, che colorano la nuda pietra delle statue!


Rinfrancato, Elizio si risolse ad aprire gli occhi. Il Giardino non gli era mai parso così bello, i colori, i profumi, i suoni, tutto gli sembrava risplendere d’una vitalità nuova; e subito sentì un impagabile senso di pace, germinare dal profondo della sua anima.


Tutto ciò è meraviglioso!  


Ma non fece in tempo a muovere un passo, che un suono conosciuto lo fece sussultare. Le fronde degli alberi avevano preso a stormire, producendo un mormorio assillante che sembrava crescere di tono ogni istante che passava; ogni singola foglia frusciava sempre più forte, sempre più forte, al pari d’un rullo di tamburi poco prima di un’esecuzione capitale.


Numerosi piccoli cadaveri, piovvero al suolo dai rami dei castagni. Ed erano passeri, merli, storni…


Elizio s’irrigidì. Senza aver il tempo di far alcunché, i suoi occhi videro il fogliame degli alberi tingersi di giallo, ma ancor di più d’arancio… Di rosso fuoco.


No! Tutto ciò è un incubo!


I guerrieri marmorei torcevano le membra in un moto di raccapriccio, inginocchiati, piegati, la loro sconfitta portava l’umiliante marchio del terrore. Non più fieri difensori di terra consacrata, ma anime misere condannate allo strazio eterno.


E quando le secche foglie degli alberi si staccarono dalle chiome colorate di morte, un vento impetuoso le trasportò, dal bosco, all’interno del Giardino. Un vento che ululava una cupa anticipazione, come le trombe dello stuolo celeste decretano l’inizio dell’Apocalisse.


Ormai è vicino, molto vicino.


Elizio si volse disperato verso l’Angelo al centro del Giardino, lo sguardo implorante.


Fai qualcosa, ti prego! Qualsiasi cosa!


L’orrore gli spezzò ogni raziocinio. La donna angelo tendeva le braccia ai lati delle spalle, immobile nell’ultimo tentativo di fermare l’inarrestabile, il viso rivolto verso terra, l’espressione mesta, arresa. Una madonna addolorata, intenta ad osservare il tappeto di foglie scarlatte che si erano accumulate alla base del suo piedistallo.


Mentre le rose avvizzivano, s’afflosciavano, le corolle spampanate ricadevano su se stesse, adagiando le loro spoglie sulla nuda roccia.


Elizio cominciò a piangere e ad urlare con impeto, gettandosi ai piedi dell’Angelo e abbracciandole le gambe, mentre tutt’intorno le chiome degli alberi fiammeggiavano sullo sfondo, circondando, minacciose, il Giardino.


Perché? Perché sta accadendo questo!?


Ma forse, quel Virus non era la volontà di Elizio, come questi aveva creduto, ma un virus e basta; un distruttore, così potente da arrivare perfino in quel luogo così perfetto.


Oppure era sì la volontà di Elizio. La volontà di non-vita, che lo aveva condotto a non-esistere, e che adesso si era spinta fin dove egli si sentiva al sicuro. Ingenuamente.


Piangendo tutte le sue lacrime, Elizio attendeva la fine, stretto ad un simulacro di salvezza ormai sconfitto.


L’illusoria Primavera era finita. Per sempre.


L’Autunno era, infine, giunto a riscuotere il suo tributo di morte.



The Garden © Minnhagen
 
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