Orgoglio e perdono, [24/10/08] Legami di sangue

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Aslinn
view post Posted on 17/12/2008, 20:18




Rating: 18 anni.
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 3.992 parole, sei pagine circa, un capitolo.
Avvertimenti: Non per stomaci delicati, Violenza, Linguaggio Colorito
Genere: Sovrannaturale.
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits:
Note dell'Autore: Ho costruito la storia basandomi sul rapporto complicato di due fratelli. Il racconto si basa sul rancore e sulla protezione.
Gli spazi bianchi segnano il passaggio di azione o di punti di vista.
Introduzione alla Storia: Il legame che unisce due fratelli è inimitabile. L’appartenenza l’uno all’altro e la sincerità che si può costruire su questo legame di sangue sono unici. Ma cosa succede se a dividere due fratelli interviene un avvenimento tragico? Si può rinsaldare il legame? Può esserci il perdono? In fondo, provare rancore non serve a nulla, soprattutto tra fratelli. Spesso è meglio mettere da parte l’orgoglio.


ORGOGLIO E PERDONO

Il lupo corre nella foresta. L’erba gli sferza il corpo. La preda cerca di trovare la salvezza tra il labirinto di rami, ma il predatore è più veloce. La raggiunge. Le deboli resistenze della preda sono inutili. Il lupo la tiene ferma con le zampe, pronto a infierire su di lei. Solo per vedere la sua vita scemare, spegnersi, solo per soddisfare il folle turbinio che l’ha trascinato fin lì. Ulula alla luna e cala le feroci zanne sulla preda. Un urlo riecheggia nella foresta.

Markus si svegliò di soprassalto. Era sudato. Il panico gli serrava lo stomaco. Accese la luce e riuscì finalmente a distinguere la realtà dal sogno. Era a quel punto dell’incubo che la sua coscienza non resisteva più e lui si svegliava. Rivisse davvero quegli attimi sciagurati. Il ricordo non lo aveva mai abbandonato e ogni volta era sempre più difficile da superare. Markus scese dal letto e si accorse che la testa gli girava. Si destava spesso con uno strano senso di vuoto. Si lavò e cercò nel cassettone una maglia. Le sue dita incontrarono gli spigoli di un cofanetto di legno, che lui spinse più in fondo al cassetto per evitare di vederlo ancora. Scese in strada, dove una nebbiolina mattutina gli inebriò le narici. Osservò le persone intorno a lui, tutte occupate a fare chissà cosa, ad andare da qualche parte, per svolgere azioni normali, prima di tornare a casa e accarezzare i propri cari. Gli sarebbe piaciuto essere come loro. Invece, lui era solo con quel peso sul cuore. Raggiunse il tabaccaio, che non lo salutò nemmeno. Markus aprì il pacchetto di sigarette. Stava per prenderne una, quando il tabaccaio grassoccio lo chiamò.
“Ehi, ragazzo!” l’uomo lo squadrò, confrontandolo con una foto che aveva in mano. “Sì. Sei proprio tu. Questa è per te.” Markus afferrò una busta da lettere bianca che l’uomo gli porse. “Mi hanno detto di consegnartela.”
“Chi?”
“Dei tizi in giacca grigia. Sembravano ricchi. Spero non riguardi la droga, non mi ci voglio immischiare.” L’uomo si guardò attorno con fare cospiratorio. “Però mi hanno pagato bene.”
Appena fuori dal tabaccaio, Markus non resistette alla curiosità. Aprì in fretta la busta, dispiegando la lettera. Poche righe, in una calligrafia elegante d’altri tempi.

Quando il gallo fa l’uovo sul tetto dell’igloo
Cinque vitellini nascono da una pecorella e
Tu puoi volare come gli struzzi.

Per poco il foglio non gli cadde dalle mani tremanti. Quella canzoncina era uno stupido gioco che facevano da piccoli lui e la sorella. Solo loro la conoscevano.“Come può essere?” pensò. “Alice non è viva, lei è…” Dopo anni, non riusciva ancora a pronunciare quella parola, che tuttavia gli aleggiava continuamente attorno. Si sentì sopraffare da quel senso di vuoto, come un baratro scavato per bene dentro di lui. Gli mancava tanto, Alice. Markus sentiva che una parte di sé era morta con lei e con tutte le parti che aveva perso, ormai non gli rimaneva molto. Ora, però, stringeva tra le mani la prova concreta che poteva cambiare tutto, insinuando un dubbio gradevole e pungente nella sua mente. Si aggrappò a quella speranza con tutte le sue forze e sentì il peso dentro di lui alleggerirsi sempre di più. Aveva mille domande: dov’è Alice? Come sta? Ricorda quella maledetta notte? Markus sarebbe potuto restare tutto il giorno lì, ad arrovellarsi il cervello, ma qualcosa lo distolse dai suoi ragionamenti. Un vago senso di pericolo. Si voltò, guardandosi attorno. Lasciò scivolare la lettera nella tasca interna della giacca. Incrociò lo sguardo indagatore di un uomo, che fece trasparire una certa sorpresa. L’uomo si voltò verso altri due. A quel segnale, Markus cominciò a correre tra la gente. “Cacciatori” pensò automaticamente. S’infilò in un vicolo, assicurandosi di averli seminati. “Non c’è pace per quelli come me” si disse amaro.
Era pronto a saltare la rete che divideva il vicolo, ma qualcuno gli afferrò un braccio, tirandoglielo dietro la schiena. In un attimo, si ritrovò con il volto schiacciato contro la rete. Due poderose braccia lo voltarono, con le spalle in trappola. Markus riconobbe dagli abiti i tre uomini che l’avevano inseguito, e un quarto più alto e possente, con un sorriso arrogante a curvargli le labbra rosee. L’uomo si avvicinò e alzò con una mano il mento di Markus, esaminandolo.
“Guarda tu che faccia. Non assomigli a un lupo. Sembri più un cane bastardo.”
Markus tentò un calcio, ma l’uomo lo evitò abilmente. Un pugno gli arrivò da destra a ricordargli che era meglio stare fermo.
“Sei proprio un animale, che quando è braccato si difende pateticamente.”
Stavolta Markus gli sputò contro, colpendolo sulla giacca firmata. L’uomo puntò su di lui occhi neri come pozzi, nei quali Markus sentì di sprofondare. Non riusciva a distogliere lo sguardo, per quanto ci provasse. Prima che se ne rendesse conto, l’uomo lo aveva gettato a terra. Lo colpì con forza disumana: calci, pugni, schiaffi, in una pioggia dolorosa. Nemmeno le capacità sovrannaturali di Markus lo aiutarono. L’uomo lo afferrò alla gola. Markus sentì unghia affilate come artigli penetrargli la carne. Il dolore gli bloccò in gola un urlo disperato. L’uomo lo guardò con disprezzo, a pochi centimetri dal suo volto.
“Pochi più in là e ora saresti morto” disse, lasciandolo andare. “Ricorda bene il mio nome, lupo. Io sono Andrej. Ci rivedremo presto. Mi diverte molto giocare con te, ma farò in modo di rendere il tutto più entusiasmante.” Markus aveva la vista annebbiata e la pelle del collo in fiamme, ma quelle parole lo fecero rabbrividire. Vide l’ombra avvicinarsi ancora più e sussurragli all’orecchio parole taglienti.
“Stavo dimenticando: la tua sorellina è proprio una dolcezza.”
Poi non si sentì più nulla. Ora Markus era solo. Allungò una mano tremante nella giacca. Toccò con le dita lo spigolo del foglio. La lettera era lì, la sua ancora di salvezza.


Selene non avrebbe mai pensato di incontrare Markus lì, a Boston. Inizialmente pensava di essersi sbagliata, ma poi si era convinta. Lui, perso nei suoi pensieri, non l’aveva riconosciuta. Il ragazzo teneva tra le mani un foglio e il mare di sentimenti che ne attraversava il volto l’aveva fatta rabbrividire. Markus era cambiato. Quegli occhioni una volta curiosi e aperti sul mondo, ora erano cerchiati dal nero di notti insonni e lei vi aveva letto un dolore così profondo da scuoterla dentro. Selene non aveva mai smesso di volergli bene, in fondo era cresciuta con lui. E nemmeno aveva smesso di chiedersi perché la sorella lo odiasse tanto, cosa li aveva allontanati. Quando si era voltato a guardarsi attorno, lei era fuggita via. Era tornata al nascondiglio che casa sua era diventata per Alice. Selene ricordava la notte di due anni prima, quando l’amica aveva bussato alla sua porta, piena di graffi e sotto choc. Da allora l’aveva ospitata, sopportando il suo muto modo di affrontare o no il mondo. Quando Selene entrò nell’appartamento, Alice era seduta davanti alla TV. “Come si somigliano” pensò Selene. Gli occhi scuri, i capelli castani e i lineamenti dolci ma decisi; i due fratelli erano sempre stati molto simili. Guardandola così intenta a cullarsi nel suo mondo di sicurezze, Selene non poté non rivedere l’espressione dolente di Markus. Forse era davvero l’ora di affrontarla. Le si parò dinanzi e spense la TV, ignorando il brontolio di disapprovazione dell’amica.
“Dobbiamo parlare.”
“Di cosa?”
“Markus.”
Alice s’irrigidì. “No!”
“Oggi l’ho visto. Soffre molto, troppo.”
Alice fece una risatina sarcastica, ma gli occhi erano duri e testardi.
“Qualunque cosa sia successa, devi perdonarlo. Non credi sia passato troppo tempo per provare ancora rancore?”
“Pensavo avessimo un accordo: niente domande.”
“Io l’ho rispettato. Ma ora basta starsene chiusa qui a rimuginarci. Markus è pur sempre tuo fratello. Non sai che fortuna hai! Lui ti vuole bene come a nessun altro e ora è solo e soffre.” Selene sentì la propria voce rotta dall’emozione e dalla rabbia, lei che non aveva mai avuto fratelli o sorelle.
“Non m’importa” disse Alice, ma lo stomaco le si rivoltò contro chiudendosi.
“Certo che no!” le urlò contro Selene, facendola sobbalzare. “A te non importa di nessuno! Al diavolo Markus, che sta da cani! Al diavolo la tua amica Selene, che vuole anche aiutarti! Sai cosa sei? Un’egoista!”
Alice rimase di stucco, come se le avessero dato un pugno nello stomaco.
“Credevo di poter cambiare le cose, ma è inutile. Tutto il tuo odio è così tossico che non riesco più a starti vicina, a respirare la tua aria. E’ meglio per tutte e due se te ne vai. La cosa migliore è lasciarti sola, così dovrai affrontare la realtà.”
“Cosa…”
“Hai capito bene. Domani stesso torno in Florida. Hai ancora i tuoi soldi, sopravvivrai.”

Nell’oblio della mente e nel torpore dei sensi, solo una cosa dava a Markus la forza di resistere. Alice. Doveva trovarla. L’impellenza di quel pensiero lo tenne sveglio, nonostante la copiosa quantità di sangue che stava perdendo. Rimase lì, sull’asfalto all’ombra del vicolo, a fremere di dolore e rabbia, per un tempo indefinito. Alla fine raccolse le energie e si alzò. Barcollò, strusciando un fianco contro il muro. L’odore del proprio sangue gli pungeva le narici. Vedeva solo nebbia davanti a sé e ondate di vertigini rischiavano di farlo cadere al suolo ad ogni passo. Una voce lo chiamò. Forse è un’allucinazione, pensò. Ma qualcuno davvero lo stava chiamando per nome, una voce così famigliare da serrargli lo stomaco. Vide a malapena una figura davanti a sé. Era una ragazza. Alzò di scatto la testa per mettere a fuoco chi fosse, ma il corpo non sopportò lo sforzo e il buio divenne fitto.

Alice si chiedeva cosa l’aveva spinta a cercare il fratello. Selene le aveva detto dove lo aveva incontrato e lei aveva sentito il bisogno di controllare. Vederlo ridotto in quello stato, dopo anni, era stato doloroso. Alice osservava il corpo addormentato di Markus steso sul letto. Era riuscito a bofonchiare il suo indirizzo, ma poi non aveva retto e si era lasciato andare all’incoscienza. Lei sapeva per esperienza che presto lui sarebbe guarito, ma provava un senso di angoscia crescente davanti a quelle ferite. Allo stesso tempo non riusciva a spegnere quel fuoco che per due anni le era bruciato dentro, racchiuso su se stesso e che rischiava di esploderle nel corpo. Si rese conto che Selene aveva ragione, che Markus era cambiato tanto, i tratti del volto induriti da una sofferenza profonda. Alice si disse che non doveva provare pena per suo fratello, che era solo sua la colpa di quello che era successo e che lui si era attirato quel dolore. Era sempre stata testarda e non riusciva a cedere a quella parte di sé che lo avrebbe perdonato anche per il peggiore dei mali.

Per la prima volta da molto tempo, Markus fece un sogno diverso dal suo solito incubo. Anche questo era un ricordo, meno cruento, ma altrettanto doloroso.
Tutto è immerso in un verde dolce e nel giallo forte dell’estate. Un ragazzo e una ragazza sono seduti dietro una quercia e parlano. Lui sente di doverle rivelare la verità, non può più andare avanti da solo e ha bisogno di confidarsi con qualcuno. Così parla a lungo, senza fermarsi né guardarla. Dopo un silenzio spaventoso, lei scherza dicendo “Ti devo aiutare per forza! Tu da solo non sapresti fare nulla!”, ma i suoi occhi esprimono preoccupazione e rassegnazione, quella che solo la prova di un sospetto da qualche tempo latente può provocare.
Markus si svegliò e per un attimo credette di trovarsi di nuovo dietro quella quercia, a parlare con Alice. Ricordava le notti di luna piena, quando lei lo chiudeva nel rifugio antiatomico poco più in là di casa loro. Il dolore lo strappò ai ricordi, quando rivide quella notte in cui la trasformazione avvenne tanto velocemente da non dare ad Alice il tempo di richiudere la botola e…
Markus si alzò ritto a sedere, ansimando. Una mano dolce gli sfiorò il braccio, ritirandosi subito. Si era dimenticato che Alice fosse lì con lui e vederla fu un misto di gioia e vergogna. Markus si affrettò ad alzarsi e mettersi una maglia per nasconderle le cicatrici. Alice gli aveva pulito via il sangue e la sua maglia sporca e strappata spuntava da un cestino nell’angolo.
“Grazie” disse. “Ora sto molto meglio.”
Markus si ricordò della lettera. La cercò e la porse ad Alice.
“Dove l’hai presa?” chiese la ragazza corrugando la fronte.
“Me l’hanno data” a un tratto si ricordò di quegli uomini. “Pensavo che loro ti avessero rapita.”
“Loro chi? Chi l’ha scritta questa? Non è la mia scrittura.”
Markus non ci aveva pensato. “A chi l’hai cantata quella canzoncina?”
“A nessuno” rispose sulla difensiva Alice. Piegò il suo orgoglio, colpita dallo sguardo seriamente preoccupato di Markus. “Credo di averla cantata l’altro giorno, in camera mia, per sbaglio”pose l’accento quest’ultima parola. “Aspetta! Vuoi dire che mi spiano?”
“E’ probabile.”
“Chi? Perché?”
“Gli stessi che mi hanno conciato così, immagino. Il perché vorrei saperlo.”

La notte scese molto velocemente. Quando Alice si era addormentata sulla sedia, Markus l’aveva sollevata delicatamente e stesa sul suo letto. Rimase quasi tutto il tempo a guardarla dormire, seduto sulla sedia vicina al letto. Si assicurava stupidamente che il petto di lei continuasse con regolarità ad alzarsi e abbassarsi. Ricordò che aveva fatto lo stesso quando lei era piccola e soffriva d’asma. Lui rimaneva spesso sveglio fino a tardi, a sentirla respirare nel letto accanto al suo, e trovava in quel rumore regolare la tranquillità. Ora fu tentato di accarezzarle la testa posata sul cuscino, ma sapeva che era meglio evitarlo. Aveva paura della sua fragilità. Non avrebbe mai creduto di rivederla, ma ora era lì davanti a lui…e lei lo odiava. Lui lo aveva visto nei suoi occhi, così duri, lo aveva avvertito dalla voce e lo sentiva anche adesso che lei dormiva. In fondo, non meritava perdono, ma lo desiderava tanto.
A metà della nottata, cominciò a ripensare ai fatti fino ad allora accaduti. Non riusciva a ricostruire i pezzi di quella storia, ma una cosa gli era certa: chiunque fossero le persone che avevano spiato Alice e poi lo avevano aggredito nel vicolo, non erano certo umani. Come se ciò non bastasse, erano molto più forti di lui e sembravano divertirsi con le loro vite. Non poteva togliersi dalla mente lo sguardo tremendo di quell’uomo e l’effetto che aveva avuto su di lui.
L’alba stava cominciando a tingere il cielo di riflessi rosei, quando Markus prese la sua decisione. Si alzò senza far rumore e aprì il cassettone. Cercò con la mano lo scrigno di legno e lo aprì. Adagiata su un panno viola, c’era un’ampolla con del liquido rosso sangue. Lo aveva acquistato l’anno prima da un commerciante dell’occulto, in un breve viaggio in California. Era l’ultima riserva e si era ripromesso di usarla senza indugi in caso di necessità. Quel liquido tanto letale e insieme miracoloso, aveva la capacità di ingigantire le forze e i poteri di chi lo assumeva. Solo per un periodo breve, appena tre ore, ma Markus sperò sarebbero bastate. Nascose l’ampolla e una siringa nella giacca, pronto a iniettarsi il liquido al momento giusto. Sentì che Alice stava lentamente svegliandosi. L’avrebbe protetta, a qualunque costo, anche se avesse voluto dire perdere la vita.

Alice guardava Markus andare avanti e indietro per la stanza, con la giacca indosso.
“Non perdi mai questo vizio, eh?”
“Scusa?” disse lui fermandosi di botto.
“Quando pensi o sei agitato, ti metti a camminare avanti e indietro senza accorgertene.”
Quando Markus sorrise, Alice si accorse che quello non era cambiato. Quando alzò gli occhi, il sorriso era scomparso e lo sguardo che incrociò le diede un brivido freddo. Markus fissava la finestra con occhi scuri e il viso rabbuiato. Tirò bruscamente giù dal letto Alice e cominciò a frugare nella giacca. Se la tolse e preparò una siringa con del liquido rosso.
“Che succede? Cos’è quello?” chiese la ragazza confusa.
“Stanno arrivando.” Markus s’iniettò il liquido e Alice vide la sua schiena essere percorsa da un tremore che lui cercò di controllare.
Tutto il resto accadde con velocità sorprendente. La finestra andò in frantumi e due figure si catapultarono nella stanza. Markus fece scudo ad Alice con il suo corpo e dalla sua gola uscì un ringhio agghiacciante, mentre i muscoli si contraevano. Il ragazzo si scagliò contro i due uomini. Spinse contro il cassettone uno e costrinse contro il muro l’altro. Lo colpì con forza, annientando le sue resistenze. Markus sbatté contro il muro la testa bionda dell’avversario, che si accasciò a terra con un rantolio. Alice rimase immobile e urlò quando Markus si voltò verso di lei, con il volto trasformato da una rabbia incontenibile. Quell’urlo attirò lo sguardo del secondo uomo, che distrasse Markus sfoderando un coltello. La porta dietro di lei si aprì, i cardini andarono in frantumi e schegge di legno volarono sul pavimento. Delle mani muscolose la afferrarono e la trascinarono via, tenendole la bocca coperta da un panno. Il mondo divenne offuscato e le pareti del corridoio si richiusero su di lei, mentre Alice sprofondava nel sonno.

Markus era fuori di sé. Liberatosi del secondo uomo, si era accorto che Alice era sparita. Scese in strada e si mise sulla pista del suo odore. Cercava di rimanere lucido, ma ogni volta che ripensava alla scena, sentiva l’odio montargli dentro. Lo avevano abbindolato, stavano giocando con lui, ma Markus non aveva voglia di stare al gioco. Gli rimanevano ancora meno di due ore. Doveva sbrigarsi. Lì fuori, Alice era sola con Andrej. Fiutò l’aria e percepì la debole scia di Alice. Cominciò a correre più veloce possibile, mentre il giorno avanzava. Percorse diversi isolati, perdendo le tracce e ritrovandole. Alla fine l’odore divenne più intenso e capì di essere arrivato. Si trovò davanti ad un edificio scuro, con una saracinesca grande e malandata. Entrò da una porta socchiusa. L’ambiente interno era immerso nella penombra ed era poca la luce che le piccole e alte finestre proiettavano. L’acciaio di arredamenti spigolosi rivelava che era un’officina, ormai abbandonata. Delle carcasse di auto e pezzi vari erano stati lì dimenticati, come se a nessuno importasse più di loro. Un suono metallico fece voltare Markus alla sua destra, poi di nuovo alla sua sinistra. Una risata esplose dall’altra parte e lui si voltò.
“Ora basta! Vieni fuori!” ringhiò. Una figura nera emerse da quel mare di ferro. Markus lo riconobbe subito da quel sorriso e dagli occhi neri: Andrej.
“Eccolo qui il nostro lupo. Iniziavo a dubitare che t’importasse davvero della tua sorellina.”
“Dov’è Alice? Dimmelo!”
“Non ti agitare” gli rise in faccia. “E’ in un posto sicuro. Prima di trovarla, Markus, devi superarmi.” Un’altra risata.
“Te la farò pagare!” disse Markus a denti stretti.
“Come hai cercato di fare con Alice? Non mi guardare così stupito. Io so tutto di te. Ho fatto qualche ricerca e non hai idea di quanto sia semplice per me leggere la mente di una ragazzina. Tu ti definisci un eroe, vuoi salvarla. Sbaglio, o hai cercato di ucciderla anni prima?”
“Smettila! Tu non hai il diritto di…”
“E tu? Tu hai il diritto di fare questo? Guarda, hai messo in pericolo tua sorella. Uccidendoti, farò un favore a te e a lei.”
Markus non riusciva a parlare dalla rabbia, come se un blocco in gola fermasse ogni sua parola. Si calmò e riuscì a fare la domanda che gli galleggiava in mente, seppur con voce rotta.
“Cosa vuoi da noi?”
“Noi? Da te, piuttosto. La risposta è semplice: voglio solo quello che tutti desiderano, compreso te, ma tu sei troppo debole perché riesca a ottenerla. Io voglio il potere. L’energia vitale degli umani non mi sazia più. Ho scoperto che quella degli essere non umani, come te, mi da una forza mai conosciuta. Il vostro sangue è il migliore che io abbia mai assaggiato.”
Allora Markus capì: Andrej era un vampiro, folle e pericoloso.
“E quando avrò finito con te, mi concederò un dessert. Giovane e fresco sangue fanciullesco” aggiunse Andrej con quel sorriso perfetto, in cui si vedevano chiari e scintillanti i canini appuntiti.
Markus sentì di non poter più trattenere la rabbia. La realtà cominciò a diventare una dimensione relativa e il mondo un caleidoscopio. Il fremito che lo scosse fu incontrollabile e Markus si piegò in due esplodendo in un urlo bestiale. Non era più uomo. Si stava trasformando, malgrado non ci fosse la luna piena. Era grazie a quell’ampolla miracolosa.
“Oh, questo è mooolto interessante” sibilò compiaciuto Andrej.
Markus gli saltò addosso, ma Andrej si scostò velocemente, afferrandolo per un braccio e usando la sua stessa spinta per lanciarlo contro il muro. L’intonaco si sgretolò e Markus si staccò subito, ritornando alla carica. Andrej era scomparso. Lui avanzò con le possenti zampe tra i rottami, fiutando con il muso da lupo l’aria polverosa. Ne percepì l’odore e si voltò mentre il vampiro gli saltava contro. Lo fermò colpendolo all’addome e facendolo piegare su di sé. Lo afferrò per il collo e lo sollevò da terra. Il vampiro gli morse la zampa, facendolo urlare e lasciare la presa. Colpì il lupo con le unghie simili ad artigli, graffiando il pelo rossiccio fino alla carne. Trattenersi fu impossibile e i due finirono per ingaggiare uno scontro brutale, come due animali senza leggi. Si colpirono a vicenda, bagnandosi ognuno del sangue dell’altro. Il vampiro afferrò un’asta di ferro e colpì violentemente Markus alla testa. Lui si ritrovò a terra, con la vista annebbiata dal suo stesso sangue. Il vampiro, cavalcioni su di lui, avvicinò i canini aguzzi al suo collo. Markus raccolse le ultime forze e azzannò il collo massiccio di Andrej. Il vampiro prese a colpirlo furioso, ma Markus resistette e non mollò la presa. Il sangue cominciò a colare copioso e Markus strinse più forte. Dopo un ultimo convulso tentativo di resistenza, il corpo del vampiro si afflosciò e Markus sentì il collo rompersi sotto le sue zanne. Solo allora lasciò la presa.
Si tolse di dosso quel corpo ormai senza vita. Il dolore gli intorpidiva le membra e la mente. Qualcosa gli diceva che doveva alzarsi, fare uno sforzo. Sentì la rabbia scemare e il suo corpo riprendere sembianze umane. Trovò i pantaloni abbandonati lì affianco. Si alzò tremante e se li infilò. Le forze lo abbandonavano e ormai non gli restava molto tempo. Sentì un lamento provenire dall’altra parte del muro, un piagnucolio sordo. Individuò una porta. Era Alice, ne era certo. Tolse il catenaccio alla porta di ferro e la aprì. Immersa nell’ombra c’era la ragazza, che lo interrogò con gli occhi. Il sollievo di vederlo vivo le riempì lo sguardo. Corse verso di lui e lo abbracciò. Lui ricambiò l’abbraccio, beandosi per l’ultima volta di quel senso di appartenenza che gli era tanto mancato.
Alice lo strinse forte, dimentica del suo rancore, mentre quel fuoco si spegneva dentro di lei. A un tratto l’abbraccio vigoroso del fratello cominciò a diventare sempre più debole, come se quel semplice atto gli costasse troppo. Markus scivolò tra le sue braccia e nel tentativo di sorreggerlo, anche Alice si ritrovò a terra. Scostò una ciocca bruna dal volto del fratello, cercando una risposta nei suoi occhi. Markus accennò un sorriso.
“Mi dispiace” riuscì a dire, prima che il liquido rosso che lo aveva reso invincibile cominciasse a fermare il suo cuore. Markus lasciò la realtà felice. Aveva protetto e salvato l’unica persona che amasse, l’unica che in fondo lo amava, con la quale aveva un legame speciale, impareggiabile, un legame di sangue.
Alice scosse il corpo di Markus e lo chiamò con tutto il fiato che aveva. Fu tutto inutile. Il cuore del ragazzo sussultò nell’ultimo battito. Una lacrima cadde su quel volto cereo, dal quale il sorriso era scomparso sulle labbra, rimanendo ancora un attimo negli occhi.
Le labbra di Markus erano sbiancate, il petto fermo, la testa abbandonata.
Alice lo strinse forte.
Lo aveva perdonato.
In realtà, lo aveva sempre fatto.
 
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