L'ora dell'ultimo té, [29/11/08]Fenomeni Paranormali

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Aslinn
view post Posted on 26/12/2008, 18:44




Rating: 14 anni
Tipologia: One-Shot.
Lunghezza: 2805 parole (titolo incluso), un capitolo, 4 pagine circa
Avvertimenti:
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico, Sovrannaturale.
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits:
Note dell'Autore: La storia è nata di getto. Spero vi piaccia^^
Introduzione alla Storia:Le persone sono troppo spaventate dal diverso per provare empatia verso di esso. Questa paura genera odio, che corrode entrambe le parti. Cosa rimane da fare a chi è escluso dalla vita comune per trovare la pace?

L'ORA DELL'ULTIMO TE'
La stanza è così silenziosa che si sente solo il respirare calmo dei suoi cinque occupanti. La Mantide ha finito il suo triste racconto, fatto di tradimenti e inganni che la donna aveva previsto grazie al suo potere. Ognuno ha raccontato la sua storia: la Gazzella ha narrato la tristezza di vivere sapendo tutto ciò che gli altri pensano; il Ghepardo ha raccontato le sue visioni di morte.
Il Corvo ha ascoltato quelle voci a volte tremanti e a volte sicure. Ha osservato quei volti e quei corpi, gli ultimi che vedrà in vita. La Mantide è una donna sui quarant’anni ossuta e nervosa. Il Ghepardo è un colosso di colore, con strane macchie bianche sulla pelle. La più anziana è la Gazzella, che si muove con un eleganza congenita. Gli unici giovani sono il Lupo e il Corvo. Il primo è biondo, sui diciannove anni, il fisico scolpito e abbronzato. Il Corvo ha poco più di sedici anni, ma mostra i segni di una profonda sofferenza. Il volto pallido è incorniciato da capelli neri e ritti, come le piume scompigliate di un corvo; gli occhi scuri sono cerchiati da profonde e livide occhiaie; il corpo è magro, segno di un digiuno forzato. Il Corvo sente lo sguardo freddo del Lupo, che non ha ancora detto nulla. Quello sguardo sembra attendere il racconto del Corvo. La voce ruvida della vecchia Gazzella esprime quell’esortazione.
-Forza, ragazzo, ora tocca a te raccontare. -
Il Corvo si schiarisce le idee, annuendo e sorridendo distratto. Da dove potrebbe cominciare? Capisce che ciò non importa, perché dovrà comunque affrontare la parte più dolorosa della sua storia. Perciò respira a fondo e, sotto lo sguardo dei quattro uditori, comincia a raccontare.
“Quella sera ero a casa, senza far nulla. Suonarono alla porta e quando andai ad aprire mi ritrovai davanti al mio amico Matt. Guardò oltre le mie spalle e quando fu certo che non ci fosse nessuno all’ascolto, mi sorrise.
-Mettiti qualcosa di decente- mi disse.
-Perché?-
-I ragazzi hanno organizzato una festicciola alla capanna abbandonata. -
Non me lo feci ripetere due volte. Mi vestii e, poiché i miei dormivano, uscii silenziosamente da casa. Matt imboccò la stradina che, attraversando il bosco, sbucava nella campagna. Fermò l’auto alla capanna diroccata, tra la boscaglia. Quando entrammo, c’erano almeno trenta ragazzi nel locale principale. La musica era alta e la birra correva di mano in mano. Nessuno mi diede retta, poiché mi consideravano un po’ strano. Cercai di non bere troppo, ma mi fu impossibile rimanere lucido soprattutto quando cominciarono a girare degli spinelli. Una ragazza molto carina mi avvicinò e ballammo, mentre la realtà diventava un buffo puzzle di parole, colori e visi. Non mi ero mai divertito tanto. Dopo aver ballato fino allo stremo, mi accorsi di aver perso di vista la ragazza. Chiesi a Matt se l’avesse vista, ma lui era troppo ubriaco per rispondermi in modo coerente. Uscii all’aria aperta e il venticello fresco mi diede un po’ di lucidità. Il bosco era scuro e silenzioso. Sentii chiaramente delle voci venire dal folto della macchia. Mi diressi ancora un po’ barcollante da quella parte, curioso di sapere cosa stesse rompendo quel silenzio e ormai dimentico della ragazza che ero uscito a cercare. Arrivato a una radura, vidi un fuocherello acceso. Guardai meglio, tenendomi a distanza. Sull’erba fresca, il fuoco illuminava una scena singolare. Tre ragazze erano sedute a occhi chiusi e apparivano estremamente assorte. Una di loro porse qualcosa al fuoco che scintillò violentemente, prima di tornare allo stato normale. Le altre due aprirono gli occhi e interrogarono l’altra.
-Allora, hai visto qualcosa?-
-Si, ho visto- la ragazza mi sembrò turbata.
-Cosa hai visto?-
-Vuoi dire cosa la dea mi ha fatto vedere-
-Si, certo. Adesso diccelo-
La ragazza bionda, che fino a quel momento non aveva detto nulla, le fermò.
-Non penso sia prudente. Qualcuno ci sta ascoltando-
Sussultai sentendo quelle parole. Mentre loro si guardavano attorno, io fuggii. Tornai alla capanna, dove la festa ormai era finita. Presi Matt e lo riportai a casa, mentre russava pesantemente. Che cosa avevo visto? Streghe o semplicemente ragazze che si divertivano con poteri troppo grandi per loro? E poi c’era quella ragazza bionda: davvero mi aveva sentito con la mente? Non lo sapevo, ma fui in un certo senso sollevato di sapere che non ero l’unico ad avere capacità particolari.”
Tutti guardano il Corvo che si ferma. Sembra incerto se continuare la storia o no. Alza lo sguardo e incontra gli occhi blu del Lupo, che lo scrutano inespressivi. Il Lupo fa un piccolo accenno con il capo, come a esortare il ragazzo. La Gazzella gli porge con le mani tremanti una tazza di tè. Il Corvo la prende e incrocia lo sguardo della vecchia donna. E’ pieno di pena e il Corvo intuisce che la donna abbia già letto nel suo pensiero la ragione di quell’esitazione. Il Corvo evita di pensare alla fine della sua storia.
-Continua, ragazzo. Parlare fa bene- gracchia la Gazzella.
-D’accordo-
“La mattina seguente avevo la testa pesante e pian piano ricordai tutto: la festa, il bosco, la ragazza bionda… Mentre mi preparavo per la scuola, non feci altro che ripensarci. Presi l’auto di Matt, con l’intenzione di passarlo a prendere, ma la curiosità mi fece imboccare la stradina per il bosco. Avevo bisogno di sapere se quella della sera prima era stata un’allucinazione o qualcosa di reale. Quando mia madre mi chiamò, ritornai alla realtà e mi preparai per la scuola. Giunto alla capanna, scesi e percorsi a piedi il tratto fino alla radura, che trovai con mia grande sorpresa. Al centro dello spiazzo, era seduta solo una ragazza bionda, che si rese conto della mia presenza e si voltò. La riconobbi: era quella che aveva sentito la mia presenza. Sobbalzai, ma a quel punto girarmi e correre via era stupido. Invece, mi avvicinai e lei si alzò. Guardai la macchia scura tra l’erba, dove la sera prima il fuoco ardeva.
-Cosa fai qui a quest’ora- mi chiese la ragazza.
-E tu?- risposi.
Lei sorrise mostrando due file di denti bianchissimi.
-Eri tu che ci spiavi ieri?-
Fui colto di sorpresa.
-Non serve che rispondi. Il tuo silenzio dice tutto.-
-Io non volevo spiarvi, passavo di qui e…-
-Non serve nemmeno che ti scusi-
Pensai a cosa dire, mentre quei due occhi blu mi osservavano ridenti.
Poi chiesi: -Tu, ieri, mi hai sentito…?-
-Ti stai chiedendo come ho fatto.- Non era una domanda, ma rispondeva perfettamente alla mia.
-Tu leggi nel pensiero?-
-Ti sembra tanto incredibile? Anche tu sei speciale. Perché non mi mostri cosa sai fare. -
-Vuoi vederlo?-
Lei annuì e prese una foglia da terra. Se la adagiò sulle palme delle mani a coppa e me la mostrò. Io la guardai perplesso, ma lei continuava a esortarmi con lo sguardo. Allora mi concentrai e sentii la foglia come parte di me, un braccio o una gamba. La foglia si alzò dalle palme delle sue mani e fluttuò nell’aria. Lei scoppiò in una breve risatina, facendomi perdere il controllo della foglia, che ricadde sulle sue mani. Ci sedemmo a terra e parlammo a lungo. Fu liberatorio. Io le parlai delle mie capacità, di quanto mi spaventassero e come d’altra parte mi facesse sentire bene usarle. Lei parlò delle sue e di come avesse scelto di allontanarsi dagli uomini che non la comprendevano. Mi spiegò che le due ragazze della sera prima erano wiccan, ma lei no. Mentre parlavamo e il sole avanzava tra gli alberi, mi dimenticai di tutto: Matt, l’auto, la scuola… Stavo per andarmene e poi ricordai di non sapere il suo nome. Glielo chiesi e lei rispose:
-Andrea-
Me ne andai, senza averle detto il mio, ma non ce ne fu bisogno. Lei lo sapeva già.
Quella non fu l’ultima volta che ci vedemmo. Quando ne avevo tempo, andavo nel bosco e la trovavo lì, seduta ad attendermi. Probabilmente lei sentiva quando io avevo intenzione di incontrarla e mi anticipava. Sorridevo sempre a quel gioco. M’insegnò che i miei poteri erano belli se io li ritenevo tali, buoni se li usavo per far del bene, sicuri se io ero certo di saperli usare. Ci esercitavamo insieme ed era così bello passare il tempo con lei. Ben presto capii che la amavo e sentivo che lei ricambiava. Un giorno, convinto di dirle ciò che provavo, mi diressi nel bosco. Tutte le mie sicurezze si sciolsero alla sua vista. Per tutto il tempo feci finta di niente, ma quando stavo per andarmene, lei mi trattenne e sorrise maliziosa.
-Non volevi dirmi qualcosa?-
Poi mi resi conto di quanto ero stato sciocco: lei poteva leggermi nel pensiero, perciò che senso aveva nascondere ciò che volevo dirle? Tutti i discorsi che mi ero preparato si fermarono in gola senza riuscire a uscirne. Non servirono, comunque. Lei si avvicinò a me e le nostre labbra si unirono. Aveva un profumo stupendo e da quel bacio, da come intrecciò le dita affusolate ai miei capelli, da come chiuse delicatamente gli occhi e poi mi prese la mano, capii che lei mi desiderava da tempo.”
Il Corvo si ferma di nuovo. La tazza da tè gli trema tra le mani e lui si perde nel movimento leggero del liquido scuro. Non riesce a sopportare quei dolci ricordi. Sono troppo dolorosi perché lui abbia la forza di esprimerli a parole. Ma è questo il senso di quel narrare. Deve riuscire a dire tutto, a confessare ciò che ha fatto, a descrivere quello che ha provato. Il Lupo continua a fissarlo senza dire nulla e il Corvo si chiede se quel ragazzo sappia parlare. Preferisce che non lo faccia, perché teme quello che potrebbe dire. Nulla traspare da quello sguardo blu, nessuna emozione né un minimo accenno d’impazienza. Sembra una statua greca, bianca e immobile per l’eternità. Finalmente la statua parla e la sua voce è sorprendentemente affascinante, e fredda:
-E poi, cosa è successo?-
-Non posso raccontarlo. -
-Devi farlo. Prima che l’ora arrivi, dovrai averlo fatto. Questa è la tua ultima opportunità.- Il Lupo sembra sapere esattamente quanto tempo manchi alle cinque, malgrado nella stanza e nell’intero castello nessuno abbia notato tracce di orologi.
Il Corvo si lascia ammaliare da quello sguardo, ma poi scuote il capo.
-Racconta- lo esorta ancora il Lupo, come un comando a voce tranquilla. –Cosa è accaduto alla ragazza?-
Il Corvo si stupisce. Sembra che il Lupo abbia intuito qualcosa. Chissà qual è la sua capacità e quale la sua storia.
-Cosa le è accaduto?- insiste ancora il Lupo fissandolo.
-L’ho uccisa.-
Quelle parole, solitarie e crude, destano l’attenzione degli ascoltatori.
“Una notte non riuscivo a dormire. Non facevo altro che pensare a lei e sentivo di avere un bisogno imminente di vederla, così guidai fino al bosco. La radura era uguale a quella del nostro primo incontro, la luce del fuoco illuminava il suo viso come allora e lei aveva la stessa bellezza. Era sola e guardava il fuoco assorta. Mi avvicinai lentamente e lei non si voltò, ma immaginai che avesse percepito la mia presenza. Mi sedei al suo fianco e attesi impaziente che si voltasse a guardarmi. Le mie aspettative furono presto esaudite. I suoi occhi blu erano lucidi e il viso lievemente arrossato dalle fiamme. Mi sorrise dolce.
-Scusa, ti ho disturbata?- chiesi imbarazzato.
-No. Ti ho chiamato io-
-Come?-
Lei non rispose, ma mi regalò la sua risata cristallina.
-Okay. Allora, perché mi hai chiamato?-
-Per parlarti. -
-Bene. Parliamo- dissi, anche se desideravo solo baciare quelle labbra che si mossero lentamente.
-Hai mai desiderato fare del male?-
Rimasi shoccato a quelle parole. Cosa mi stava realmente chiedendo? Non risposi, perché non sapevo cosa dire.
-Certo che sì. Tutti lo desiderano, almeno una volta nella vita. C’è chi ci pensa una volta ogni tanto, chi sempre e poi c’è chi non pensa ad altro. Diventa un pensiero fisso – La sua voce era fredda e calcolata.
-Non capisco…Sai ciò che penso e sai che non farei mai del male. Non serve che te lo dica. -
-Non lo devi dire a me, ma a te stesso. - Lei si voltò e mi carezzò il viso. –Non hai idea di cosa puoi fare con le tue capacità.-
-Non lo voglio sapere.-
-Potresti uccidere un uomo senza alcuna difficoltà. Pensa a quanti muscoli ci sono nel corpo umano, quante ossa. Puoi uccidere velocemente fermando un cuore pulsante…-.
-Smettila! Mi stai spaventando, Andrea- le dissi, ma lei non distolse nemmeno lo sguardo. Continuò a parlare.
-…oppure potresti bloccare i muscoli degli arti e annullare le difese della vittima…-
-Ti prego, smettila! Basta!-
-…oppure ancora, il mio preferito, potresti chiudere la gola della vittima, costringendola a una morte lenta e dolorosa. -
-Basta!- Mi sottrassi al suo sguardo e scattai in piedi.
Andrea si alzò lentamente e mi guardò ancora, mostrandomi un sorriso che ora mi sembrava minaccioso e fissandomi con occhi che ora apparivano folli. Avevo paura, non di lei, ma di ciò che rivelava di essere. Quella scoperta era sconvolgente e non ci volli credere.
-Perché mi stai dicendo questo?- chiesi balbettando.
-Ho letto le menti di tanti uomini e ho capito che sono tutti uguali: meschini, avidi, superbi. Noi siamo superiori e possiamo fare ciò che vogliamo con le loro vite. Voglio che tu sia il mio compagno. Insieme nessuno potrà fermarci. -
Scossi il capo, sotto shock. Non riuscivo a muovermi, ero come inebetito. Lei allungò una mano a carezzarmi i capelli e l’altra la poggiò sul mio petto, che si alzava e abbassava convulsamente, come se l’aria e lo spazio non fossero sufficienti. Alla delusione e allo shock, seguì qualcosa di molto più tremendo: la rabbia. Solo allora capii cosa significasse l’espressione rabbia cieca. Respinsi con forza la ragazza, che mi guardò prima confusa poi determinata. Sentii la sua voce nella testa, che mi ripeteva parole tremende, e i suoi occhi penetrarmi nell’anima e scavare per portare alla luce ciò che di più buio vi fosse. Era come se fosse dentro di me, come un fango nero che mi invadeva il corpo e rischiava di farmi scoppiare. Come avevo potuto farmi ingannare così? Come non vedere ciò che lei nascondeva? I suoi baci, le sue carezze, i suoi sorrisi, mi avevano ingannato con false promesse di felicità. Ora vedevo cos’era in realtà: una folle e crudele ammaliatrice.
Pagò la sua cruda follia con la propria vita. Ascoltai il suo suggerimento e mi concentrai sulla sua gola. La voce nella mia testa si affievolì fino a svanire, per lasciare un doloroso silenzio. Gli occhi azzurri si spalancarono vuoti, lasciando la mia anima con quel buco mai ricucito. Cadde in ginocchio, contorcendosi in cerca dell’aria, tenendosi le mani sulla gola come ad allargare un nodo invisibile che la imprigionava. Con un ultimo fremito cercò di aggrapparsi alla vita. Poi le forza la abbandonarono e il suo corpo scivolò molle sul tappeto di foglie. Rimasi lì non so per quanto tempo, a fissare quel fantoccio bianco senza vita. E’ così che l’ho uccisa, che ho annientato l’unico amore della mia vita.”
Il silenzio segue quelle parole roche. Ognuno fissa la sua tazza, guardando ben oltre il liquido che ormai è freddo e appiccicoso. Solo il Lupo non distacca gli occhi dal Corvo, che aggiunge:
-Ora mi rendo conto che Andrea su qualcosa aveva ragione: noi siamo pericolosi e nel mondo non c’è posto per persone speciali -
Il Lupo si alza e guarda a una a una le persone lì presenti, soffermandosi sul Corvo.
-E’ per questo che siete qui. Vi ho chiamato per darvi la pace. Io ho scelto un modo molto meno facile di espiare le mie colpe. Aiuto quelli come noi, per cercare di trovare la mia pace- Detto ciò, il Lupo si volta ed esce, richiudendosi la porta a doppia anta dietro di se. Il suo sguardo freddo è l’ultima cosa al di fuori della stanza che i presenti vedono. I quattro rimasti si lanciano sguardi decisi, come ad accordarsi sui tempi e sulla giustizia di ciò che stanno per fare. Quasi contemporaneamente, avvicinano le tazze alle labbra. Un’idea stupida per l’occasione passa per la mente del Corvo: non saprà mai la storia del Lupo. Il ragazzo sente il veleno pizzicargli appena la gola, mentre gli scende giù. Un ultimo lampo gli guizza nella mente: forse bastava un po’ più di volontà per evitare quella tragica fine, forse potevo davvero fare del bene con i miei poteri, forse un buona dose di coraggio mi avrebbe avviato sulla strada della redenzione. Invece, il Corvo e gli altri tre speciali hanno scelto la strada più semplice. In fondo, si dice il Corvo, lui è sempre stato un vigliacco. In poco tempo il veleno si diffonde in tutto il corpo.
Il mondo diventa buio.
Il corpo e la mente si annientano.
Pace, finalmente.
 
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