Insieme nell'immortalità, [15/11/08] Twins

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Aslinn
view post Posted on 3/1/2009, 10:09




Rating: 16 anni.
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 2733 parole, un capitolo, circa 5 pagine
Avvertimenti: Non per stomaci delicati.
Genere:Sovrannaturale.
Disclaimer:Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Note dell'Autore:Spero sia chiara attraverso le righe l'ambivalenza di questi due gemelli. Non prendete la storia troppo sul serio.
Introduzione alla storia:Vivere duecento anni, con l'aspettativa dell'immortalità, è una cosa che farebbe gola a molti. E' una condizione discussa e può essere poco gradita, soprattutto se l'immortalità deve essere condivisa con una persona che rappresenta il proprio opposto...

INSIEME NELL'IMMORTALITA'

Alexis barcollava nella notte e le scarpe logore pestavano ogni sorta di rifiuto. Gli girava la testa e le tempie gli pulsavano, come se tanti omini si divertissero a martellargli il cranio. Aveva fame, molta fame, e sentiva il bisogno anche di altro. Sbatté violentemente contro un muro e cercò di sorreggersi ad esso. Finalmente trovò in una sola volta tutto ciò che voleva. Afferrò il collo del vecchio lì accovacciato e con la mano gli bloccò un urlo. Affondò i denti nella carne rugosa e sentì il sangue caldo restituirgli le forze. Quando l’uomo non ebbe più nulla in corpo, Alexis gli frugò le tasche e vi trovò come previsto una siringa già piena. Il sangue dell’uomo era contaminato, ma ad Alexis non bastava. S’ iniettò il liquido in vena e si abbandonò contro il muro con un sorriso soddisfatto. Giacque lì, per un po’. Qualche attimo di riposo e beatitudine, prima di tornare alla realtà.

Alexis entrò nell’appartamento ancora frastornato. Si diresse alla sua stanza, senza rendersi conto della presenza del suo coinquilino, nonché gemello.
“Alexis!” ringhiò l’altro, facendolo voltare.
“Che vuoi, Damian? Qualcosa non va?”
Damian era accigliato e in un attimo Alexis se lo trovò davanti. Il fratello lo annusò e assunse un’espressione schifata. “Che diavolo mangi? Relitti come te?”
Alexis era troppo lontano dalla realtà per assimilare le parole del fratello. Si limitò a sentirne il rumore distrattamente.
“Va all’inferno, Damian” ribatté.
“Come se questa fosse una minaccia” disse il fratello con aria sarcastica. “Hai visto se qualcuno ti ha seguito?” chiese tornando serio.
“Va all’inferno” ripeté Alexis, scandendo meglio le parole.
Il pugno di Damian arrivò inaspettatamente forte, troppo veloce perché Alexis riuscisse a reagire prontamente. Damian osservò il fratello steso a terra, che prendeva a russare rumorosamente, e lo oltrepassò sdegnoso. Lo avrebbe lasciato a dormire sul pavimento, così magari al risveglio avrebbe avuto le idee più chiare.
La luna era già molto bassa e presto sarebbe giunta l’alba. Il sole indeboliva molto Damian, come ogni essere della sua specie, e preferiva non doverlo affrontare. Perciò, decise di dormire anche lui. Si chiuse in camera sua e si sdraiò sul letto, lasciandosi andare ai propri pensieri. Non voleva incursioni alcune durante quelle pause meditative, tantomeno da parte di suo fratello.
Che stupido, Alexis. Non pensi ai cacciatori, agli altri vampiri e ai curiosi? E se qualcuno avesse visto ciò che hai fatto, che fai quando esci? Non hai più diciassette anni! In duecento anni dovresti essere cresciuto!Drogato succhia sangue del cavolo!Forse dovrei fare come te: non fregarmene di nulla, lasciarmi andare a ogni tipo di divertimento, bere il sangue di chi voglio non dando retta alla voce che mi urla che sono un mostro… No! Io sono diverso! Se anch’io mi comportassi come te, cosa accadrebbe? Saremmo un mucchio di polvere in men che non si dica. Invece, devo continuare a preoccuparmi della nostra sopravvivenza, mia e tua. In fondo è solo colpa mia. Io ti ho trascinato nella notte eterna e tocca a me evitare che tu vi cada vittima. Oppure sono solo stato egoista, perché non volevo essere il solo a soffrire. Dovrei lasciarti morire definitivamente, sottraendoti ad un’immortale sofferenza. Siamo soli, insieme, che questo mi piaccia o no.

I pensieri divennero man mano sempre meno coerenti e disarticolati, finché il sonno calò sulla mente di Damian.

Nel primo pomeriggio, Damian si svegliò e trovò il fratello abbandonato sul divano. Guardava la TV e non sembrava particolarmente risentito per il pugno della notte prima, ammesso che lo ricordasse. Damian si sedette all’altro capo del divano e prese il telecomando. Cambiò canale e si soffermò su un notiziario. Alzò il volume e guardò di sottecchi il fratello. Il giornalista, con aria grave da grande attore, annunciava l’ennesima morte sospetta in quella zona di Boston. Un barbone si aggiungeva alla lista dei morti, tutti dissanguati e la maggior parte dipendenti da qualche droga. Sette vittime di un presunto efferato serial killer. Prima di passare a un’altra notizia, il giornalista diede il caldo consiglio di evitare le uscite notturne e di non aprire a nessuno durante la notte. Come se servisse a qualcosa, pensò Damian. Poi guardò il fratello, che fissava, con gli occhi cerchiati di nero, lo schermo guardando ben oltre quelle immagini.
“Devi darci un taglio, Alexis” disse Damian con tono severo. “Non devi più uccidere.”
Alexis scoppiò in una risata ironica. “E come pensi lo possa fare?” Puntò gli occhi lucidi sul fratello.
“Come faccio io. Bevi sangue animale e, quando proprio non riesci a trattenerti dall’attaccare un umano, prendi un po’ di sangue e poi ti fermi prima di ucciderlo.”
“Non so controllarmi come te” rispose Alexis con aria di sfida.
“Smettila di fare l’idiota. Potresti farlo anche tu. E sarebbe un’ottima cosa se la smettessi di farti.”
Alexis gli fece le mosse.
“Non è uno scherzo! Non hai il diritto di prendere la vita altrui.”
“Senti da che pulpito.”
“Cosa? Quello che ho fatto è stato per te. Saresti morto se non ti avessi trasformato.” Damian sentiva di non essere del tutto sincero. “Uccidi delle persone, Alexis. Gente che non avrà una seconda opportunità e che vedrà per ultimo il volto del loro assassino.”
“Pensi che non lo sappia?” disse Alexis, guardando Damian con improvvisa serietà. Gli sottrasse il telecomando e riprese a sfogliare i canali.
Damian sospirò. “D’accordo.” Si alzò e aggiunse: “Vedi di dare una pulita alla tua camera, sembra un porcile.”
“E tu non entrarci.”
“Be’, almeno metti a posto la tua roba. Sono stufo di trovare le tue mutande ovunque.”
Passando dietro il divano, sentì Alexis imitare i suoi ordini con voce stridula. Gli diede un sonoro scappellotto ed entrò nel cucinino, sentendo le imitazioni di piagnucolii del fratello. Prese dal frigo una sacca di sangue e la bevve avidamente. Si ripulì la bocca con la lingua e tornò nell’altra stanza con ancora in bocca quel sapore metallico.
“Ah, Damian - fratello - perfetto!” chiamò Alexis.
“Sì” rispose Damian stando al gioco.
“E’ arrivata posta per te.” Alexis, senza staccare gli occhi dalla TV, indicò una busta bianca sul tavolo.
Damian la prese e mentre la apriva chiese: “Quando è arrivata?”
“Boh. Stamattina, credo. Era sul pavimento, perciò puoi immaginare che quando mi sono svegliato la vedevo benissimo.”
“E non me lo potevi dire prima.” Damian estrasse delicatamente il foglio.
“Perché avrei dovuto farlo?”
“Non ti sembra strano che un vampiro ricevi posta?” Dispiegò il foglio bianco.
“No.”
La lettera era breve, scritta a mano con inchiostro nero. Era enigmatica e Damian non sapeva cosa pensare.
“Be’, qualche pupa che hai conquistato?” lo incalzò Alexis, guardandolo dal divano.
“Non so se una pupa scriverebbe questo.”
“Dai, leggi.” Aveva decisamente attirato l’attenzione di Alexis, che si ritrovò alle spalle, intento a leggere la lettera. “Con il sangue c’è la vita. Senza la morte. Nel mezzo ci siete voi.” Alexis mosse la testa di lato, riflettendo. “Ma che diavolo significa?”
Damian lo guardò furente. “Stupido zuccone! Significa che ti hanno seguito!”
“E se invece avessero seguito te?”
“Come? Se non esco da tre notti!”
“Be’, non chiederlo a me. La lettera è per te.”
“E’ in bianco, potrebbe essere anche per te.”
Alexis rispose con quel silenzio caparbio di quando non riusciva ad averla vinta. Si diresse alla porta e l’aprì.
“Dove vai?” chiese con tono accusatorio Damian.
“A fare un giro.”
“Dopo questo?” Damian sventolò la lettera. Alexis la guardò e fece spallucce. Uscì, richiudendosi la porta alle spalle.

Qualcuno bussò alla porta, due tocchi leggeri. Quando Damian aprì, sorpreso che qualcuno stesse bussando, si ritrovò davanti un’anziana signora. Il ragazzo stava per dire qualcosa, ma l’altra fu più veloce.
“Mi chiamo Anne Stevens.”
“Salve, signora. Cerca qualcosa?”
“Non mi invita ad entrare, giovanotto.”
Damian le fece spazio, controllando velocemente che nell’appartamento non ci fosse qualcosa che lo tradisse. Tutto era normale, tranne il disordine lasciato da Alexis. La signora Stevens entrò, ma rimase in piedi. Era magra e puntò un dito ossuto contro Damian, scrutandolo con gli occhi azzurri, vispi nonostante l’età. C’era qualcosa in lei che dava a Damian uno strano senso di inquietudine, ma era troppo avvilito dalla discussione con Alexis per indagare.
“Come ti chiami?”
“Damian…Devis” mentì.
“E tuo fratello?”
“Alexis. Ma lei come sa che…”
“Ho sentito che siete in due qui, entrambi ragazzi. O siete fratelli oppure amanti.”
“No, siamo fratelli ed è già tanto questo.”
Damian si chiedeva quando la signora sarebbe arrivata al dunque e gli avesse detto cosa voleva. Lei parve intuirlo dal suo sguardo e disse: “Tu e tuo fratello fate molto rumore. Porte che si aprono nel cuore della notte, strani rumori che vengono proprio da qui…sono certa di aver sentito qualcosa di pesante cadere sul pavimento, all’alba.” La signora aveva lo sguardo di chi la sa lunga, ma non vuole svelare subito le sue carte.
Damian ripensò al pugno dato al fratello.
“Vi chiedo di fare un po’ più di silenzio. Sono anziana e ho bisogno di dormire e vivere in pace. Non voglio guai nei dintorni né fastidi. Non dico niente ai miei figli, loro dormono beati tutta la notte, ma se continuate potrebbero svegliarsi anche loro e i miei cari non sono quieti come me.”
Quelle parole risuonarono come una minaccia alle orecchie di Damian. Avrebbe proprio voluto vederli questi figli. Non ne aveva paura e tantomeno di quella vecchietta dagli occhi vispi, ma non voleva alzare un polverone, perciò si limitò a dire: “D’accordo, signora. Ci scusi per averla disturbata, non accadrà più. Ne parlerò con mio fratello.”
La signora annuì, ma non parve soddisfatta. Uscì silenziosamente.
Poco dopo, Alexis rientrò e sbuffò scrollandosi la pioggia di dosso come un cane. Damian lo affrontò che era ancora zuppo.
“Oh, scusa tesoro. E’ già ora di cena?” disse Alexis ridacchiando.
“Dove sei stato?”
“Non ho bevuto sangue. Senti.” Alexis alitò sul volto del fratello, che lo scansò spingendolo.
“Okay, ti credo. Accidenti, hai un alito micidiale.” Damian si ricompose e continuò: “Stasera ho ricevuto una visita strana. Una donna qui vicino mi ha pregato di fare più silenzio perché la notte non riesce a dormire.”
“Ah, interessante” disse Alexis, togliendosi la maglia e buttandosi sul divano.
“Mi ha fatto capire che ci scatenerà contro i suoi figli” continuò Damian raccogliendo la maglia fradicia che stava già bagnando il pavimento.
“Uhm. Figli tosti, immagino. Accidenti, sto tremando dalla paura.”
“Dobbiamo davvero smetterla, potremmo sollevare dei sospetti facendo rumori strani.”
“Strani? Tipo pugni in faccia?”
Damian non rispose, per non dare corda al fratello. “Poi c’è questa lettera.”
“Magari è solo qualcuno che vuole farci uno scherzo.”
“Sei proprio stupido! Lì si dice chiaramente che siamo vampiri!”
“E allora? Ti preoccupi troppo” disse Alexis guardando la TV.
Damian non poteva non pensarci, poiché di certo non lo avrebbe fatto suo fratello, quindi toccava a lui usare il cervello.
“Sicuro di non essere stato seguito?” chiese Damian al fratello, ma quello sembrò non dargli retta. “Ehi, Alexis! Mi rispondi?” All’ennesima mancata risposta del fratello, Damian si parò davanti alla TV, mentre l’altro grugniva in disaccordo. “Sto parlando seriamente!”
“Lasciami in pace, Damian! Ti preoccupi troppo. Ora spostati, sto guardando la TV.” Alexis non attese risposta e spinse di lato il fratello. Damian sferrò un potente calcio alla TV, che cadde a terra frantumandosi con leggere scosse elettriche. Alexis ringhiò furente: “Ma che fai? Quella mi serviva!” Scattò in piedi e spinse Damian, che crollò sul tavolo, il quale cedette sotto la spinta. Il ragazzo si rialzò e si catapultò sul fratello. Finirono entrambi a terra, afferrandosi i capelli e graffiandosi, ringhiando l’uno contro l’altro. Alla fine vinse Alexis, che si ritrovò cavalcioni sul fratello, spingendo il gomito sotto il suo mento. Si rialzò ridendo e aiutò il fratello a fare lo stesso.
“Visto? Vinco sempre io!”
“Stupido! Sei stato solo fortunato” rispose Damian dandogli uno spintone.
“Però la TV me la ricompri” aggiunse Alexis fissando accigliato il relitto a terra.
Le risate dei due fratelli furono interrotte da un bussare leggero. Damian riconobbe quei due colpi e ingiunse al fratello di star fermo e in silenzio. Bussarono di nuovo, poi si udì un breve comando stridulo e la porta si aprì, con uno scatto brusco della maniglia. Anne Stevens entrò nella stanza, seguita da due colossi che superavano le sue spalle di parecchio. I due fratelli si scambiarono occhiate incredule e interrogative.
“Vi avevo pregato di fare silenzio” disse la donna con voce tranquilla. “Ora avete svegliato i miei piccoli.”
“Be’, signora, mi dispiace deluderla ma i suoi piccoli non ci spaventano per niente” disse Alexis, beccandosi una gomitata nel fianco da parte del fratello.
“Signora, sono certo che possiamo sistemare tutto civilmente” cercò di riparare Damian, chiedendosi ancora come avessero fatto ad aprire la porta.
“Non più, ragazzi” rispose la donna scuotendo la testa. “Vi ho lasciato anche una lettera una settimana fa’, come avvertimento. Ma voi avete preferito ignorarla.”
“La lettera” rimuginò Damian, poi guardò con ammonimento il fratello. “Stamattina è arrivata, eh?”
Alexis fece spallucce, come a non sapere a cosa alludesse.
“Ora basta!” sancì la donna. “Questo appartamento mi piace, la zona è gradevole e non intendo andarmene. Un solo appartamento è troppo piccolo per due famiglie di vampiri, perciò dovrete andarvene voi.”
Avevano sentito bene? Quella vecchietta e i suoi figli erano vampiri! I due fratelli erano più che sbigottiti.
Alexis non esitò a sfoderare il suo sorriso superbo.
“Si sbaglia, vecchia. Noi non ce ne andiamo.”
Quelle parole furono seguite da ringhi profondi. I due piccoli si scagliarono contro Alexis e Damian, finendo in una zuffa che distrusse tutti i mobili sulla sua strada. Capelli, denti, unghia, piedi e gambe che volteggiavano in una danza grottesca. Damian si ritrovò uno dei due colossi addosso. Era molto forte, di certo più del suo avversario. Il colosso colpì violentemente il corpo dell’altro vampiro e lo stritolò in un abbraccio micidiale. Damian affondò i denti nella carne abbronzata del nemico, che mollò solo quando l’osso del braccio era prossimo a frantumarsi. Schiantò Damian contro il muro, aprendo un buco in esso. Quando l’uomo tornò all’attacco, Damian si spostò di lato e si alzò di scatto, spingendo l’altro contro lo stesso muro. Gli diede una pesante ginocchiata nel fianco e gli afferrò la testa, scagliandola con più forza possibile contro l’intonaco già sgretolato. All’impatto, il colosso crollò a terra, privo di sensi. Damian aveva la testa bombardata dal suo stesso sangue che spingeva nelle vene con prepotenza. Sentì un urlo disperato, che avrebbe riconosciuto ovunque. Seppe subito che suo fratello era nei guai. Lo vide schiacciato contro il pavimento, con un braccio torto dietro la schiena e l’altro colosso che si apprestava a morderlo sul collo. Damian recuperò un frammento di tavolo e lo conficcò nella schiena del vampiro, che cadde al suolo, tornando alla polvere. Damian porse il braccio pieno di graffi al fratello e lo aiutò ad alzarsi.
“Allora, chi è il più forte?” ansimò.
Alexis lo spinse, con quella poca forza che gli era rimasta. I due sentirono un piagnucolio, misto ad un ringhio prolungato e sordo. Si voltarono contemporaneamente e videro la vecchia donna ancora ferma al suo posto, gli occhi furenti, che balzavano dai resti dei suoi piccoli ai due vampiri fratelli.
“Che cosa avete fatto ai miei piccoli tesori?” la donna ringhiò a denti scoperti, con i canini appuntiti. “Ora me la pagherete. Il rancore di una madre non ha fine. Vi farò bruciare nelle fiamme…”
“E sta zitta, vecchia!” si lamentò Alexis, prendendo un paletto e conficcandolo nel cuore della vampira, che si raccolse in un mucchietto di polvere.
Damian osservò il disastro compiuto, calcolando che presto sarebbe arrivata la polizia o qualche curioso con molto coraggio. Esaminò sé e il fratello: feriti, sanguinanti e con gli abiti stracciati. Gli venne stranamente da ridere. Il fratello barcollò e Damian lo sorresse. Alexis lo guardò sorridendo e, prima di svenire, disse: “Sai, in fondo preferisco la California.”
Damian rise e si caricò sulle spalle il fratello. E California sia, pensò. Avrebbero continuato a sopravvivere, a scherzare e a soffrire, a combattere contro vampiri ed esseri psicopatici, contro vecchiette amanti della pace con figli forzuti come guardie del corpo. In fondo, potevano farlo. Lui avrebbe continuato a riparare ai danni del fratello, ad evitare che si distruggesse, a sopportarlo, a litigare con lui, a ripetere tutto ciò che avevano fatto in duecento anni. L’importante, si rese conto, era che rimanessero insieme.
 
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