| Complimentoni a tutt'e tre!
Prima qualificata Mo co parlot tì? di PuCChyko_GiRl Punteggio: 9,04 GRAMMATICA E SINTASSI: 7,7 CAPACITA' ESPRESSIVA: 8,5 CAPACITA' ARGOMENTATIVA: 9,5 CAPACITA' CRITICA E RIELABORATIVA: 10 ORIGINALITA' E CREATIVITA': 9,5 Recensione: un racconto spiritoso, allegro e originale che rende omaggio alla città di Parma con una descrizione molto suggestiva e particolare dei suoi luoghi più importanti e di quelli cui la protagonista (l'autrice stessa) è più legata. Si parte dal liceo, e la scelta, seppur ovvia per il lettore, è giustificata: la scuola è il perno su cui gira l'esistenza di un adolescente, e giustamente, nel descrivere la propria città, si parte dall'edificio scolastico. Ma la storia non si limita solamente a portare il lettore in una visita guidata della città: ogni monumento ha una storia, è impregnato di ricordi e sensazioni e la protagonista ha la particolare capacità di poter parlare con loro. Viene tutto presentato come un fatto normale e, se all'inizio il lettore si chiede “ma con chi sta parlando?”, poi non si trova affatto spiazzato nel leggere una conversazione tra Chyko e Manzoni, anzi, la reazione che viene più spontanea è sorridere quando lei confessa con imbarazzo di non aver superato un compito in classe sui Promessi Sposi. Mi ha colpito moltissimo la descrizione dettagliata, quasi maniacale (intesa positivamente), di ogni edificio e monumento: questo era ciò che richiedeva il bando ed è stato preso alla lettera, risultando positivo per lo sviluppo del racconto che, già di per sé, risalta per l'originalità della trama e il tono giocoso della narrazione. Lievi gli errori grammaticali e di ortografia, ho solo una precisazione: in un racconto, è preferibile scrivere “sei per sei metri quadrati” e “due terzi” piuttosto che i simboli matematici.
Seconda qualificata Son âme m'appelle di Alaide Punteggio: 8,4 GRAMMATICA E SINTASSI: 8 CAPACITA' ESPRESSIVA: 8,5 CAPACITA' ARGOMENTATIVA: 8 CAPACITA' CRITICA E RIELABORATIVA: 9,5 ORIGINALITA' E CREATIVITA': 8 Recensione: il racconto narra la tragica vicenda avvenuta in un paesino della campagna parmigiana, nella seconda metà dell'Ottocento, e per la quale l'autrice si è ispirata ad una leggenda locale sulla fata Bema. Una giovane arrivata dalla città per ritrovare la salute e la serenità presso l'abitazione di campagna della zia Egilda, personaggio conosciuto e ammirato da tutti a Basilicanova, troverà forse la causa del suo male, al quale porrà fine in modo drammatico e sconvolgente. La vicenda è narrata dal punto di vista di tre personaggi: Erminia, la giovane tormentata da un male sconosciuto, Normanno, il fratello che la ama più di ogni altra cosa ma che, nel tentativo di proteggerla e farla guarire, non fa che creare intorno a lei una barriera sempre più soffocante; e infine Adalgisa, la paesana che viene a contatto con questi due giovani e, pur non intromettendosi nelle loro faccende (al contrario degli altri abitanti del villaggio), diventa la spettatrice principale ed è grazie al suo punto di vista che possiamo il lato più oggettivo del racconto. Erminia sente che la sua vita si sta a poco a poco spegnendo, privata ormai da qualsiasi cosa la potesse rendere felice, in particolare il canto, che le è stato vietato da medici e parenti troppo apprensivi. Disperata, arriva alla soglia della follia quando le voci che sente nella sua mente diventano sempre più insistenti, tanto che arriva persino a credere di essere la strega della leggenda, anche se la reale causa del suo male rimane fino alla fine sconosciuta e può essere interpretata sia da un punto di vista oggettivo, che da quello irrazionale. Anche questo racconto è incorniciato dalla suggestiva descrizione del paesaggio, e le frequenti passeggiate dei personaggi appaiono come delle “pause” in mezzo ai pensieri sempre più irrazionali e tormentati di Erminia. La punteggiatura sarebbe da rivedere, soprattutto nella parte iniziale, ma non ci sono errori grammaticali e il livello stilistico del linguaggio è ben dosato per ogni personaggio. Ho trovato che, verso la fine, il racconto si fa un po' lento e certi passaggi sembrano superflui, ma questo è un mio parere molto soggettivo.
Terza qualificata 18 ottobre 1943 di cassiana Punteggio: 8,1 GRAMMATICA E SINTASSI: 8 CAPACITA' ESPRESSIVA: 8 CAPACITA' ARGOMENTATIVA: 8 CAPACITA' CRITICA E RIELABORATIVA: 8,5 ORIGINALITA' E CREATIVITA': 8 Recensione: un salto nel tempo che ci riporta ad un evento drammatico visto, o meglio forse solo intuito con inquietudine da una ragazza romana. Guardando la capitale con gli occhi di Biancamaria, inizialmente non si percepisce l'atmosfera cupa e terrificante portata dal conflitto mondiale: la sua famiglia soffre la fame, il fidanzato in guerra non le scrive da lungo tempo (non viene detto, ma si può ipotizzare che sia morto in combattimento, o giustiziato dagli ex alleati), la minaccia dei tedeschi, tuttavia la ragazza può considerarsi relativamente fortunata se il primo pensiero che la turba la mattina è il rossetto quasi finito. Eppure, mentre cammina per la città, in piena estate, si accorge che qualcosa è cambiato, improvvisamente le strade sembrano percorse da un vento sempre più gelido e anche il lettore può sentirsi attraversato da questa sensazione inquietante e terribile. Tutti gli ebrei romani sono scomparsi e, anche se Biancamaria non è al corrente di ciò che è accaduto, sa per certo che qualcosa di spaventoso li ha portati via per sempre. La scrittura è curata e anche in questo racconto non manca una descrizione particolareggiata dei luoghi. Sarebbe meglio mettere tra virgolette i titoli delle canzoni e, per quanto riguarda “fruttarolo” e la citazione [8], mi sono sorti dei dubbi: la prima parola è un termine dialettale? Se lo è, consiglio di scriverlo in corsivo, e ciò vale per tutti gli altri termini e frasi in dialetto romano (OT: dialetto romano = romanaccio, oppure hanno connotazioni diverse? Me lo sono sempre chiesta). Per la frase in tedesco, è riportata come suona a Biancamaria (che non parla il tedesco)? Se sì, anche questa va in corsivo; se non lo è, ci sono degli errori grammaticali, in ogni caso non l'ho contato.
|