Herzogsonate, 22/02/09]Aslinn VS PuCChyko_GiRl

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PuCChyko_GiRl
view post Posted on 7/4/2009, 17:42




Rating: per tutti
Tipologia: oneshot
Lunghezza: 4498 parole, 8 pagine in Times New Roman 12
Avvertimenti: slash
Genere: commedia, romantico
Disclaimer: trama e personaggi mi appartengono, l’ambientazione un po’ meno, considerando che parliamo dell’Austria a cavallo tra ‘700 e ‘800.
Credits:
Mozart - seppur solo citato – è un personaggio storico realmente esistito.
Da citare, poi, la scelta dei nomi, in quanto Hans e Axel sono i due nomi del conte Von Fersen (realmente esistito) e Heinz Schneider e Kruyffort sono una libera citazione a Captain Tsubasa by Yoichi Takahashi ©
Note dell'Autore: come già detto, avendo come ambientazione l’Austria a cavallo tra ‘700 e ‘800 ho cercato di ricalcare i personaggi su un ideale tipicamente romantico - e quando parlo di romanticismo, parlo della corrente artistica – e libertino *ghigna*.
L’uso del “voi” è una cosa voluta oltre che necessaria per rendere la storia più “veritiera” in quanto, al secolo, l’uso del “voi” fosse più comune. L’uso del “tu”, infatti, è una cosa molto recente.
Introduzione alla Storia:
Il Duca Axel Heinz Schneider e il Visconte Ludwig Kruyffort sono amici da anni, quest’ultimo, però, tempo addietro, partì per l’Olanda, tornando cinque anni dopo con un giovane pianista al seguito: Hans Van Loon. Hans, un ragazzo che è come un figlio per Ludwig. Axel, l’amico d’infanzia del Visconte. Le vite di questi due personaggi sono destinata ad intrecciarsi indissolubilmente, nel momento stesso in cui il caro Kruyffort presenta il pianista al Duca…





Le dita correvano sul pianoforte con magistrale abilità, carezzando i tasti come nessuno aveva mai fatto prima.
Axel ne osservava i movimenti, rapito dall’armonia dei gesti. Gli occhi celati dalle lunghe ciglia, le labbra socchiuse e quei riccioli neri che gli ricadevano sulle spalle…
Hans Van Loon – giovane nobile Olandese – suonava al piano una delle sue ultime composizioni originali, già famosa ad Amsterdam ed ora pronta a divenirlo anche nella capitale Austriaca…
Il Duca Axel Heinz Schneider l’osservava, sorseggiando liquore al fianco del Visconte di Eisenstadt[1] e più il pianista proseguiva, più lui ne rimaneva incantato.
Quando il Visconte aveva detto “Quel giovane pare far l’amore col pianoforte!”, il Duca non v’aveva creduto e, anzi, l’aveva presa con ironia, convinto che si trattasse di uno scherzo…
Sentendo quelle note delicate lusingargli le orecchie, però, dovette ricredersi: era così preso da quell’incalzante melodia che si ritrovò costretto a trattenere il fiato per gioire appieno di tutta la sua bellezza.
Socchiuse le palpebre, il Duca Axel, lasciando che quelle note lo cullassero; i sensi inebriati da quel suonare così geniale, così perfetto… Per quanto avesse girato corti e palazzi, per quanto avesse sentito pianisti, violinisti e flautisti, mai s’era deliziato d’una sonata tanto bella.
Essendo il volare solo degli uccelli, il Duca non poteva sapere cosa volesse dire volteggiare nel cielo, ma se l’avesse saputo, avrebbe detto - senz’ombra di dubbi – che la sensazioni di volare, sarebbe stata la stessa che Van Loon stava suscitando in lui, amoreggiando con quel piano come se fosse stata la sua donna!
Così preso dal godere di quella musica, non s’accorse che il pianista s’avviava alla conclusione della sonata e poi… Finì.
Ci fu silenzio a lungo, il tempo che Van Loon lasciasse cadere le braccia lungo i fianchi, e il Visconte s’esibì in un applauso entusiasta.
-Hans!- Fu la sua esclamazione nell’avvicinarsi al giovane. –Voi mi lasciate senza parole ogni volta!
Per quanto il Visconte – unico figlio della nobile casata dei Kruyffort – fosse uomo che, nonostante il cattivo temperamento e l’esuberanza incontenibile, riusciva a contenersi e a porsi in maniera pacata, il suo entusiasmo esplodeva ogni volta che Hans sedeva al piano!
Ludwig Kruyffort - venticinque anni e poca nobiltà negli atteggiamenti – era ciò che si soleva dire “un nobile giacobino” dell’Austria succube degli influssi rivoluzionari Francesi; biondo, alto, bello e dalla vita libertina, amante degli uomini – dei begl’uomini – e mecenate a tempo pieno.
-Ah, Visconte, non siate esagerato,- Hans scostò lo sguardo imbarazzato, puntando le sue iridi azzurrissime al pavimento. –il mio è solo un umile tentativo d’imitare i più grandi…
Il Visconte rise con quel suo tono un po’ rozzo a cui si lasciava quando quand’era in compagnia “intima” come quella di Axel, suo amico d’infanzia, e del giovane Van Loon.
Il Duca, poi, ch’era rimasto in disparte fino a quel momento, s’avvicinò, ostentando la nonchalance che sfoggiava ai balli a cui era invitato.
-Permettete, Hans,- Ludwig si spostò quel tanto che bastava perché potesse presentargli il Duca. –questo è il mio grande amico, il Duca di Salzburg[2], Axel Heinz Schneider.
Il giovane pianista rialzò lo sguardo, ritrovandosi ad arrossire nell’incontrare quegli occhi che lo fissavano insistenti.
Axel non era bello come il Visconte, i suoi tratti non erano certo delicati come quelli di Ludwig, né i suoi capelli erano biondi e lucenti. Il suo volto aveva tratti marcati, non era certo bellissimo, ma la gente lo definiva charmant.
Aveva corti capelli neri e occhi verdi; un uomo brillante, colto e galante. Le donne cadevano ai suoi piedi - forse anche per il suo considerevole patrimonio – ma lui era sempre costretto a rifiutare ogni loro avances: le donzelle non gli interessavano e sembrava proprio che non gli interessassero neanche gli uomini.
Diciamo ch’era proprio la sua vita sentimentale a non interessargli per nulla.
-Lasciate che rinnovi i miei complimenti, Hans. Se posso chiamarvi per nome…- Parlò con voce pacata Axel, con quel suo timbro caldo e profondo.
-Ah,- Soggiunse il giovanotto, le gote tinte d’un rosso purpureo. –davvero, non merito le vostre lusinghe.
Il Duca sorrise calorosamente e Hans si trovò ad osservare rapito quel volto senza rendersene conto…
Non sapeva che pensare di quell’uomo.
Non lo conosceva abbastanza per poterlo giudicare, ma quella prima volta in cui lo vide gli bastò per cogliere un carisma innato nella sua figura.
Aveva il volto rilassato Axel, il busto ritto, la mancina che giaceva – con sorprendente eleganza – lungo il fianco, le diafani dita della destra che stringevano il bicchiere… Anche se il viso del Duca non era d’una bellezza rara, Hans pensò di non aver mai visto nessuno di più affascinante. Neanche il Visconte.
Forse per il modo in cui lo guardava, forse per il modo in cui gli parlava…
-Quanti anni avete? Sempre che mi sia concesso chiedervelo…- Il pianista sembrò risvegliarsi da un lungo sonno a quella domanda. Si riscosse, sbattendo le palpebre un paio di volte.
-Venti.- Sussurrò. –Venti appena, Duca.- L’altro rise bonariamente, ostentando un certo contegno.
-Ah,- Fu il suo commentato pacato, sorridendo calorosamente. –potete chiamarmi Axel.
Spiegò, mentre i caldi raggi del sole giocavano a delineare strani riflessi tra i suoi capelli.
-Non mi sembrava opportuno…- Ammise Hans, imponendosi di non allungare una mano alla sua lunga chioma corvina come normalmente faceva quand’era imbarazzato. Non era propriamente un “uomo di mondo” il giovane Van Loon, pertanto era assai facile che fosse colto dall’imbarazzo in simili frangenti: alle feste ai gran balli non sapeva mai come comportarsi e mai il buon Visconte – che, se non l’abbiamo ancora detto, era il suo mecenate – gli aveva insegnato particolati regole del galateo, giusto il minimo indispensabile.
L’unica perplessità lecita nei riguardi di Hans era il perché non avesse ereditato quella disinvoltura propria del tuo “tutore”.
Van Loon, intento a cercare di capire cosa dovesse leggere su quel volto così criptico ch’era quella del Duca, non s’accorse del sorriso divertito di Ludwig.
Heinz Schneider si congedò circa un’ora dopo, lasciando il caro Hans con l’amaro in bocca per non essere riuscito a comprendere a sufficienza certe sue perplessità sulla figura del Duca.
Quell’uomo aveva un tale charme nei modi che lo disorientava come mai nient’altro aveva fatto nella sua vita… Così, quando Axel si chiuse la porta alle spalle, accompagnato dal suo seguito, Van Loon si portò una mano al petto, potendo constatare l’aumento dei propri battiti cardiaci.
Soli nella stanza, Ludwig si voltò, fronteggiando il giovane: -Sbaglio o l’incontro con il mio amico vi ha un poco turbato?
-Turbato?- Malcelò un rossore alle guance. –Che dite?- Sbuffò appena, stringendo la presa sullo spartito che reggeva nella destra. Kruyffort sorrise mefistofelico: -Hans, Hans…- Cantilenò e in una falcata gli fu faccia a faccia.
-A me non la date a bere!- Ghignò, scoccandogli un’occhiata maliziosa, prendendogli il mento tra pollice e indice… Dal canto suo, Hans non reagiva neanche più a certe finte avances del Visconte, tant’erano le volte che sembrava volerlo sedurre nell’arco di un’intera giornata! Ludwig scherzava con lui, perché si divertiva davvero troppo a vederlo così impacciato, quando arrossiva.
-Vi dico ch’è tutto frutto della vostra immaginazione!- Insistette il pianista con fare piccato. Il Visconte scosse la testa.
-Sapete,- Soggiunse dopo qualche istante di silenzio. –non sarebbe un cattivo partito per voi, ha solo ventisette anni, infondo…
Van Loon era abituato a certi atteggiamenti fastidiosi di Ludwig, ma questo non gli impediva d’infervorarsi ogni volta. –Oh, piantatela!- Fece in tono lamentoso, mentre il colorito già scurito delle sue guance s’accentuava. Il Visconte l’osservò a lungo con un mezzo sorriso sulle labbra. –Va bene,- Disse infine, alzando le spalle. –per questa volta vi crederò.- E bisbigliando ciò, si ritirò nelle sue stanze.
Hans, osservando il piano nella solitudine della stanza, si ritrovò ad accarezzare quei tasti, riflettendo che, forse, il Visconte aveva davvero ragione e lui era rimasto veramente scosso da quell’incontro.

Axel Heinz Schneider sedeva al suo scrittoio, fissando un foglio bianco da parecchi minuti.
Passandosi una mano sulla nuca, allentandosi il colletto della camicia da notte, si decise, finalmente, a prendere in mano la piuma, determinato a scrivere quel maledetto documento che cercava di completare da tutta la sera.
Ligio al dovere e serio nel suo lavoro, non era mai stato colto da simili tentennamenti nello scrivere una pratica, ma il fatto che probabilmente simili reticenze derivassero da ambiti tutt’altro che burocratici non lo sfiorava per nulla.
Rivolse gli occhi al soffitto Axel, carezzandosi il mento con l’estremità della piuma… Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a ricalcare quella melodia alla perfezione.
Le note erano stampate indelebilmente nella sua testa.
Sospirando appena, iniziò a cantare quella sonata inconsciamente… Anche se l’aveva sentita una sola volta, la sua bellezza l’aveva colpito così nel profondo che non riusciva più a togliersela dalla mente.
Le dita che correvano sul pianoforte… Le ricordava così bene che avrebbe potuto mimarne i gesti anche nei più piccoli particolari.
Ricordava come la sua testa, come il suo corpo seguisse il ritmo e la cadenza della musica; ricordava la sua espressione, il volto rilassato, i riccioli neri scompostamente legati in una coda di cavallo.
Quei capelli… Gli davano l’idea d’essere davvero morbidi al tatto… E se avesse affondato le dita in quella cascata di setosi filamenti corvini?
Trasalì, spalancando gli occhi.
Cos’era stato quel pensiero che l’aveva colto?
Scosse la testa, riscoprendosi a non essere attratto solo dalla musica del giovane Hans…
Axel Heinz Schneider non era certo un tipo da farsi problemi di sorte per queste cose ed il merito era anche dell’influsso negativo di certi modi maliziosi e volutamente ambigui da parte del Visconte.
Se n’era andato dall’Austria, Ludwig, quando aveva solo vent’anni ed era tornato dall’Olanda cinque anni dopo – ora, per capirci – con un giovane musicista al seguito.
Pensò il Duca, che fosse decisamente l’ora di assopirsi e, senza che quelle meditazioni gli dessero pace, si stese sul proprio materasso.
In realtà, Axel era un amante della filosofia, della poesia e dell’arte in genere; un maestro di retorica e una persona ancora indissolubilmente legata ai sogni d’una vita. Un uomo che pensava prima con il cuore che con la testa, insomma!
Col tempo, però, aveva imparato ad adattare questo suo “esser sognatore” e, in pubblico e per ciò che concerneva il suo lavoro, aveva appreso ad imporsi un certo self-control che lo faceva sembrare l’uomo serio che non si poteva dire non fosse.
La notte passò seppur con qualche risveglio inaspettato ogni ora circa…
Mai gli era capitato di pensare a qualcuno con tale intensità e questo lo disorientava parecchio. Un uomo per di più… Un ragazzo.
Se la società del tempo non era aperta verso certe cose, lui lo era molto, invece. Forse per la mentalità sviluppata negli anni, forse un po’ per quell’indole indomabile e un po’ ribelle che aveva sempre celato…
Non essendosi mai interessato di certe cose, riscoprirsi interessato ad un uomo non lo turbava affatto. Per quanto fosse normalmente dominato da un impeto romantico[3], col tempo aveva appreso ad imporsi un certo autocontrollo, ma nonostante tutto, non riusciva a confondersi con la maggior parte di quei nobili corrotti che popolavano le corti Austriache.
Sbuffò, tirandosi il lenzuolo fino al collo, prima d’assopirsi definitivamente.

-Smettetela di fare certe supposizioni! Non so nemmeno da dove le abbiate tirate fuori.- E sorseggiò il proprio tè con meno grazia del solito.
Kruyffort rise, deliziandosi della reazione suscitata nel suo giovane commensale.
Come già detto in precedenza, il buon Ludwig si dilettava nel mettere in imbarazzo il povero Hans con frasi fuori luogo e atteggiamenti sconvenienti, ma Van Loon – pur non evitando d’arrabbiarsi o di arrossire – soprassedeva su questi “divertimenti” del suo mecenate.
-Avanti, Hans,- Lo incitò nuovamente il Visconte, mostrando un sorriso sibillino su quelle labbra perfette. –non mentite a voi stesso.- E si sporse quel tanto che bastava per essergli a distanza d’una manciata di centimetri.
-Siete assillante, lo sapete?!- Van Loon s’alzò di scatto ad occhi serrati… Altro che assillante! Ludwig, quando ci si metteva, diveniva una fonte infinita di stress per il povero pianista.
-Ne sono conscio,- Quell’aria luciferina e da “poco di buono” che aveva il Visconte sembrava un’esplicita sfida nei confronti dell’altro. –ma tormentarvi è uno sfizio a cui non posso rinunciare!
Esasperato, Hans s’alzò, prendendo i propri spartiti sottobraccio: non aveva intenzione di ascoltarlo un minuto di più!
Si voltò, scoccando un’ultima occhiata d’avvertimento a Kruyffort che, in risposta, sorrise innocentemente. Alzando gli occhi al cielo, Van Loon uscì definitivamente dalla stanza.
-Non negate…- S’udì l’eco della voce di Ludwig. –Lo so che i vostri sogni proibiti hanno come protagonista il caro Duca!- E seguì un sonoro “CRASH” meglio riconducibile all’incespicare di Hans a quell’ultima uscita del Visconte.
Kruyffort sorseggiò la tisana con aria compiaciuta…
Era passata una settimana – e forse qualche giorno in più – da quando Axel aveva fatto la conoscenza del giovane pianista ed era da una settimana buona che il Duca non mancava di fare visita all’amico Visconte.
-Ditemi la verità, Axel,- Aveva sussurrato Ludwig un giorno. –Voi non venite qui solo per farmi visita, nevvero?
Schneider tossicchiò, portandosi una mano alla bocca.
-Ma che dite?- Chiese, distogliendo lo sguardo. –Vi vengo a trovare perché siete un mio grande amico, ecco…- Per quanto la sua faccia celasse perfettamente un certo nervosismo, la sua voce pareva più insicura del solito.
Doveva ammettere in cuor suo il Duca, d’aver sperato in più di un’occasione d’incontrare il giovane Van Loon.
Purtroppo, però, a detta del Visconte, il pianista era chiuso nella sala a comporre da qualche giorno, così gli era stato impossibile vederlo.
Axel non capiva se volesse rivederlo per ascoltare nuovamente la sua musica o se per ammirare ancora il suo volto… -Oh, non ne dubito…- Nel dirlo, Ludwig sventolò una mano con aria civettuola. –Ma sapete,- Puntò gli occhi al soffitto, fintamente disinteressato. –Hans mi ha chiesto di voi.
Heinz Schneider posò il bicchiere da cui stava bevendo, spalancando le palpebre: -Di me? E perché mai?- Occhieggiò il proprio interlocutore per qualche istante, perplesso da quell’affermazione…
Ma si sa che quando si parla del diavolo… Spuntano le corna!
Così s’udì la voce trafelata di Van Loon e il suono dei suoi passi affrettati. –Ludwig! Ludwig!- Comparve dal fondo del corridoio, correndo. –L’ho finito, Ludwig!- E per un istante rischiò di cadere sulle ginocchia.
-L’ho fin… Ah?!- si bloccò all’istante, il fiato corto, le guance arrossate; fronteggiava il Duca che lo fissava sbigottito.
-Ah!- Fu la constatazione del Visconte. –L’avete finito?
Hans annuì convinto, mostrando il foglio con fierezza. –L’ho composto!
-Composto cosa?- Azzardò Axel, passando velocemente lo sguardo dal pianista all’amico. –Una nuova sonata…- Rispose in modo vago Kruyffort.
Van Loon si passò una mano sulla fronte, potendo constatare d’essere decisamente accaldato e Schneider non mancò di squadrarlo con una lieve nota di preoccupazione.
Ludwig si passò due dita sul labbro inferiore con aria divertita. Ah, lo diceva lui! Era inutile negarlo: Hans era rimasto affascinato dall’incontro con il Duca e quegli sguardi fugaci con cui lo ammirava ne erano la prova concreta; dall’altra parte, Axel – che non aveva mai dimostrato interesse per nessuno – si preoccupava del giovane olandese…
Se fosse stato per quel carattere caparbio, riservato e pudico proprio del pianista, non lo sapeva, ma era certo che quel bel faccino che si ritrovava Hans avesse giocato la sua parte.
-Una nuova sonata?- Soggiunse, poi, il Duca con cipiglio curioso. –Sì,- Spiegò il Visconte con nonchalance. –ha iniziato a comporla il giorno dopo che ve l’ho presentato, sapete?- Lo sguardo malizioso che scoccò ad Axel fu tutto dire… Van Loon si limitò a malcelare una certa tensione ed un certo imbarazzo.
-Oh…- Commentò Axel senza sapere esattamente cosa dire.
-Posso vederla?- Domandò infine, porgendo la mano all’indirizzo del più giovane che in risposta si strinse lo spartito al petto.
-No!- Sbottò senza neanche rendersene conto, lasciando Axel attonito. Fissò a lungo il Duca, assopendosi nel delineare alla perfezione il profilo del suo volto con il proprio sguardo. Ora che lo guardava meglio, notava il segno evidente di un paio di occhiaie… Che non avesse dormito per comporre?
Si riscosse da quell’intorpidimento causato dato dall’essersi perso nei propri pensieri.
-Intendo dire…- Il pianista s’affrettò a trovare una scusa per quella sua uscita di prima. –non è ancora perfetta.- Sussurrò la prima cosa che gli venne in mente.
Axel inarcò le sopracciglia perplesso: non aveva appena detto d’averlo finito? –Lo sistemo subito… Davvero.- Disse Hans, sorridendo solare, nonostante un certo rossore seguitasse a colorargli le guance.
Schneider non fece in tempo a dire nulla che il giovane Van Loon s’era già ritirato, salutando sia lui che il Visconte.
In cuor suo, il caro Duca dovette ammettere d’essere rimasto in un certo modo contrariato… Aveva sperato che Hans si trattenesse un attimo ancora.
-Io penso che siate voi la sua fonte d’imbarazzo.- Axel – che fino a quel momento era rimasto a fissare il punto del corridoio dov’era sparito il pianista – si voltò verso Ludwig nel sentire quella frase. –Prego?- Incitò, non avendo capito cosa l’amico intendesse.
-Credo che abbiate fatto breccia nel suo cuore.- Il Duca dilatò così tanto le palpebre che gli occhi sembrarono uscirgli dalle orbite: -Ma che dite?- Rispose con una certa ironia nello sguardo… Il Visconte stava sicuramente scherzando.
-Non mi conosce, come fate a dire che s’è invaghito di me?- Rise nel dirlo Axel. Kruyffort stette ad osservarlo con un sopracciglio alzato.
-Voi non lo sapete,- E sventolò una mano come se stesse brandendo un ventaglio. –ma gli ho parlato tanto di voi…- Gli diede le spalle, soffermandosi dinnanzi alla finestra, puntando lo sguardo al cielo limpido.
-Quando ero in Olanda, dico…- Proseguì.
Axel non seppe che pensare. Si limitò a respirare con calma e in quell’istante, l’idea di poter essere il motivo di tante palpitazioni da parte di Van Loon gli fece piacere.
-Voi siete il mio migliore amico, infondo,- Il Visconte sospirò appena. –e Hans è come un figlio per me…
Fu così che Axel seppe quanto il giovane pianista conosceva di lui e quanto poco, invece, sapesse lui di Van Loon. –Voi però, Hans non lo conoscete ancora…- Ludwig, socchiuse le palpebre, annusando l’aroma della propria tazza e Schneider inarcò un sopracciglio in risposta.
E così, il Duca e Kruyffort si ritrovarono a bere tè nella sala da pranzo del Visconte come non facevano da tanto tempo… Negli anni della sua permanenza ad Amsterdam, Ludwig aveva narrato ad Hans tutte le avventure in gioventù che lui e il bell’Axel avevano affrontato; dell’accesa militanza in sostegno della neonata borghesia, delle strenui lotte burocratiche del Duca in difesa del popolo e del loro contatto con l’illuminismo Francese.
Chiunque avrebbe visto in Axel un eroe all’udire quei racconti e Hans non era stato da meno a suo tempo.
Quando giunse il pomeriggio, Schneider si rese conto d’aver passato un’intera giornata ad ascoltare di aneddoti e racconti sul pianista Olandese…

Era da una considerevole manciata di minuti che Hans seguitava a fissare lo spartito seduto al piano. Non aveva esattamente mentito quando aveva detto che la sonata non era del tutto completa…
Ammetteva di averla composta pensando al Duca, quello sì, ma ora che l’aveva rivisto, sentiva d’aver sbagliato qualcosa. L’aveva composta ripensando ad Axel… Ma ora che l’aveva incontrato nuovamente, temeva di non aver colto tutte le sfaccettature del suo carattere e, sì, anche di non aver reso tutto il suo fascino.
Arrossì nel pensarlo.
Poggiò lo spartito con aria rassegnata; ma che stava facendo?
Lui che, quando componeva, osservava il cielo. Lui che si faceva ispirare dalla bellezza della natura… Ora stava scrivendo una sonata per un uomo. Un uomo!
Quando Hans creava nuove composizioni, il tutto gli veniva “per caso”: osservava il vento tra le foglie e segnava le note sullo spartito… Nulla di più semplice.
Non si fermava mai a riflettere troppo, scriveva di getto, lui!
E soprattutto, scriveva solo quando qualcosa lo stimolava davvero perché Hans era anche un tipo dannatamente volubile.
Il Duca Schneider l’aveva scosso nel profondo ed ora era perfettamente conscio di ciò. A ben pensarci, però, si ritrovò a riflettere sul fatto che, forse, Axel gli era sempre piaciuto da quando Ludwig aveva preso a raccontarne le gesta.
Scosse la testa; qual era il problema? Perché non riusciva a completare quel pezzo?
Ogni nota che provava a scrivere, continuava a sembrargli sbagliata.
Nessun passaggio, nessun cambio di tono, nulla sembrava essere all’altezza del Duca.
Si lasciò andare contro la sedia, reclinando la testa all’indietro.
-State bene?- Hans balzò sull’attenti nel sentire quella voce e per poco non ebbe un infarto! –Che? Cosa?- Ululò e nel voltarsi, colto di sorpresa, non calcolò bene lo slancio e cadde rovinosamente a terra, seguito dalla seggiola.
S’udì un sonoro tonfo, mentre Van Loon riapriva gli occhi, ritrovandosi a fissare il soffitto.
-Hans!- Lo chiamò Axel – ch’era l’uomo appena entrato e colui che aveva contribuito a far crollare il pianista sul pavimento – avvicinandoglisi preoccupato.
-Vi siete fatto male?- Sussurrò, prendendogli una mano.
Hans respirò piano, restando inebetito nel fissarlo. Che occhi profondi che aveva Schneider… -Hans! State bene?!- Lo chiamò più forte, vedendo che il ragazzo non rispondeva.
Van Loon si riscosse, muovendo la nuca impercettibilmente… -Sì,- Fu la sua prima risposta, ancora un po’ scosso ed intontito. –Sì!- Urlò di nuovo. Le guance si tinsero improvvisamente di rosso, quando si rese conto della “fin troppo ristretta” vicinanza tra loro e della mano del Duca a stringerli il fianco.
-Tutto a posto!- Esclamò di nuovo con fin troppa fretta nella voce, sgusciando via dall’abbraccio di Axel.
Schneider sbatté le palpebre un paio di volte, dopodiché alzò le spalle, dicendosi che – evidentemente – stava bene sul serio.
Si spolverò i pantaloni Van Loon, tossicchiando e rialzandosi e imponendosi di riacquistare il suo solito riserbo, si sedette nuovamente al piano sotto gli occhi attenti del Duca… Doveva ammettere di essere abbastanza a disagio nel sentirsi osservato e ancora più in imbarazzo nel sapere che Axel lo stava fissando con insistenza.
-Ehm,- Hans pensò a qualcosa da dire, ma non gli sovvenne nulla, così tacque. Schneider sorrise, quasi intenerito dai gesti di quel ragazzo: gli ricordava un po’ se stesso al tempo in cui – pudico e timido – aveva incontrato quello scapestrato dell’altro giovane Visconte.
Sospirando e passandosi una mano al mento, Axel si ritrovò a pensare a quanto fosse bello ai suoi occhi il giovane pianista…
Ammetteva d’aver ponderato su quel “nuovo pensiero” per parecchi giorni, ma allo stesso tempo riusciva a razionalizzarlo concretamente solo in quel momento. Era affascinante Hans.
Gli piacevano i suoi riccioli neri, il suo viso ovale dalla carnagione più ambrata della sua, gli occhi azzurrissimi, le dita affusolate, il corpo magro e slanciato… E la sua musica. Oh, la sua musica l’amava.
Si sedette al fianco di Van Loon e quello trasalì, rischiando di balzare contro il soffitto, neanche avesse avuto due molle pronte a scattare sotto il sedere. Si portò una mano al collo, sospirando rumorosamente. Socchiuse le palpebre… E iniziò a suonare.
Schneider ne rimase incantato come la prima volta, non riuscendo a staccare lo sguardo dalla sua figura, mentre suonava la sua composizione.
Lui, Axel, quello sempre controllato e posato, si ritrovò ad arrossire inconsciamente. Hans era bello, bellissimo.
Rapito dal susseguirsi delle note, rimase immobile, finché Van Loon non si bloccò, stonando di proposito: -Maledizione!- Sussurrò. –Non… Non riesco ad andare avanti.- Proseguì, abbassando lo sguardo e stringendo il pugno.
Schneider nascose un risolino divertito: era proprio un ragazzino. Un giovane pianista dannatamente bravo.
E mentre Van Loon ancora si dannava, Axel diede una breve scorta allo spartito, ritrovando gli ultimi tasti accarezzati dall’altro.
-Penso che questo passaggio andrebbe meglio così.- Fece, senza spostare lo sguardo dalla tastiera; Van Loon lo fissò: -Suonate il piano?- Chiese, prima che il Duca cominciasse.
-Più che un pianista,- Ride, portandosi una mano alla nuca. –mi definirei un esteta della musica.- Sorrise calorosamente.
Hans strinse le labbra, attendendo che suonasse e Axel suonò… E Van Loon trattenne il fiato. Mozart? Chi era costui?
Si sentì così terribilmente inferiore, quando udì il Duca suonare che non seppe davvero che dire. Era… Era bravo! No, non era “solo bravo”, era… Era… Non lo sapeva neanche lui.
Poi, evidentemente, sbagliò una nota, poiché s’interruppe bruscamente: -Ah, scusate!- Fece il Duca, stringendo le mani tra loro. –Volevo suonare un mi bemolle, ma temo di aver sbagliato…- Axel non era mai stato così in imbarazzo come in quel momento.
Hans tacque a lungo, fissando l’altro e Schneider, dal canto suo, non seppe che fare. –Mh?- Sussurrò il Duca, sperando in una reazione da parte del pianista… Era ammutolito? Con quello strafalcione musicale l’aveva traumatizzato?
-Voi…- Fu il lugubre sussurro di Van Loon ed un brivido corse lungo la schiena di Axel.
-Siete geniale!- Ed esplose in un’esclamazione quanto più prorompente, tuffandosi con tutto il suo peso addosso al bel Duca. –Siete un genio!- Fece di nuovo, atterrandolo e abbracciandolo. –Ah…- Schneider ne rimase sorpreso e al contempo divertito, non capendo tutta quella repentina disinibizione che aveva colto l’olandese.
-Hans! Hans!- Lo chiamò Axel, ridendo. –Ma che vi prende?!- Domandò, mentre l’altro non riusciva a smettere di sorridere.
-Era questo!- Rispose. –Era il pezzo che mancava!- Continuò con fare concitato con un che di quasi nevrotico. –E… Era questo!- E gesticolava convulsamente, tanto era l’entusiasmo.
-Non riuscivo a comporre e… E… Era questo il pezzo mancante!- Fece nuovamente, senza neanche essersi reso conto dell’improponibile posizione in cui era finito: seduto – anzi, stravaccato – sul Duca.
-E voi…- Lo fissò negli occhi con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. –Voi…- Bisbigliò, il sorriso che s’affievoliva, lasciando spazio ad uno sguardo sorpreso. –Voi…- Ripeté una terza volta, ora l’imbarazzo gli colorava le gote e la sua voce era così flebile da essere a malapena udibile. Vicini. Dannatamente vicini.
Axel respirò lentamente, puntando le proprie iridi in quelle dell’altro: -Perché non riuscivate a concludere quel pezzo?- Bisbigliò con tono involontariamente arrochito, senza staccare il proprio sguardo da Hans.
Il pianista si morse un labbro, non riuscendo ad abbassare gli occhi. –L’avevo composto,- Sospirò sommessamente, prendendo una considerevole manciata di coraggio. –Pensando a voi.- Lo disse con uno sforzo immane.
-Pensando a me…- Fu l’eco di Axel.
Hans non era riuscito a cogliere l’imperfetta perfezione del Duca, ma in quel momento, quando lo baciò, quando gli avvolse un braccio al collo, quando le loro labbra si trovarono e i loro respiri divennero tutt’uno, gli sovvenne una sola ed unica frase: -Ho completato la mia opera.



Il teatro di Vienna era pieno come non lo era mai stato prima, mentre gente ancora s’accalcava alle porte per poter entrare.
-Hans vi piace,- Commentò il Visconte, da uno dei loggioni, mentre Axel agitava una mano in risposta. –e forse lo amate anche.- Aggiunse Ludwig, passandosi una mano sul mento.
-Sì, forse lo amo…- Ripeté Schneider con aria disinteressata. Kruyffort inarcò un sopracciglio. –Prego?- Da quando gliela dava vinta così facilmente?!
-Oh, state zitto!- Soffiò Axel, un lieve rossore ad imporporargli il viso. –Comincia lo spettacolo!- Liquidò in fretta, mentre Ludwig sogghignava ed il pianista faceva la sua entrata.
-Sta davvero bene così in tiro, vero?- A quella domanda, Schneider sorrise, mentre una voce prendeva a parlare…
-Hans Van Loon,- Si sedette al piano. –suonerà ora la sua ultima composizione: Herzogsonate.[4]






Note:
[1] Eisenstadt: città nel centro dell’Austria.
[2] Salzburg: città nel Nord dell’Austria.
[3] romantico: il movimento artistico del 18° secolo.
[4] Herzogsonate: letteralmente “Sonata del Duca”, da cui prende titolo la storia.
 
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