Selezione Innaturale, [25/06/09/] Vampires ain't gentle

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Drath
view post Posted on 16/8/2009, 22:55




Rating: 18 anni.
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: 4160 parole, titolo escluso.
Avvertimenti: Character Death, Non per Stomaci Delicati
Genere: Horror, Sovrannaturale,
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.

Note dell'Autore: Ambientata ai nostri tempi.
Introduzione alla Storia:
Come ispirazione ho usato questa parte di Bloodline degli Slayer:

Blame god chosen children
As you die I'm immortal
Faithless no religion
Stalking prey is my confession
Captive blood enslavement
Pain and hunger drives your madness
Drink flesh life itself
Prepare to reign a thousand years


In particolare, il riferimento a "chosen children" riguarda la figura di Zaethlan.

Selezione Innaturale

La vastità! Un’immensa pianura di entità non definibili. Colori mai percepiti dall’occhio umano si mescolavano come un in calderone, mentre sensazioni di diversa natura la raggiungevano come a ondate irregolari. Lo spazio aveva perso ogni suo significato, così come i cinque sensi non sembravano esistere più, o unirsi in uno unico. Se c’erano odori o suoni, lei non era in grado di sentirli. La sensazione di velocità era l’unica cosa che non mutava.
Qualcosa fermò improvvisamente la giostra che sembrava eterna. Si sentì immobile, mentre l’oceano di colori si acquietò, senza che le sue onde cessassero.
Dove sono? Cosa.. Provò a dire qualcosa, ma non aveva labbra per parlare e orecchie per sentire.
Inaspettatamente, ottenne risposta.
Calma. Qualcuno o qualcosa le aveva risposto. Niente era comparso, ma dopotutto, nemmeno lei era in grado di vedersi, costituita da semplice coscienza senza corpo.
Chi sei? Provò a chiedere.
Ti trovi nel Caos, in una porzione di esso. Il mio nome è Zaethlan.
Nel Caos? Cosa significa?
Indagò tra i suoi ultimi ricordi. Era in bicicletta, un’automobile era spuntata di colpo senza guardare..un terribile impatto..
Sono morta? Parlava a con sé stessa, ma quell’entità le rispose.
Non ancora. Ti stanno operando.
Sono qui con la mia ... anima?
In un certo senso sì.
Cosa sarà di me?
Continuò a guardarsi intorno senza vedere Zaethlan.
Ora sta a te scegliere. Se lo vuoi, però, io posso fare sì che tu viva ancora, nel tuo corpo. Ma ti avverto, nulla sarà come prima.
Che intendi?
Lei si era convinta sempre di più che dentro di lei stesse avvenendo una di quelle battaglie mistiche dovute alla vicinanza con la morte. Erano solo visioni, si disse.
Quello che ho detto, né più né meno. So che ora non capisci, ma capirai. Io ti offro una nuova vita, che so per certo che ti piacerà.
E se non accettassi?
Non ce la farai. Hai perso troppo sangue ormai, e ci sono cose che nemmeno il più eroico dei chirurghi può aggiustare. Si.. si, come avrai intuito posso leggere in te, e sento il terrore dell’amarezza della morte che ti pervade. Puoi evitarlo. Puoi vivere.
Cosa vuoi in cambio?
Chiese lei, senza comprendere, spaventata per entrambe le alternative e sentendosi una sorta di Faust immateriale.
Zaethlan rise. La tua stessa esistenza sarà un tributo sufficiente.
Non capisco.
Capirai.
Ho paura.
Ammise.
Saresti sciocca a non ammetterlo.
Deve essere la mia coscienza a lottare..divisa tra la paura e l’accettazione del destino, forse succede a tutti così..ma io voglio vivere...lo desidero tanto. Si aspettava una risposta da parte di Zaethlan, che aveva ormai intuito essere parte della sua coscienza disincarnata, ma non venne.
Era di nuovo sola.
La sua solitudine sembrò non finire mai, e non era in grado di misurare il tempo in quel non-luogo.

Il dolore fu atroce, come se le strappassero la pelle dalla carne viva, ma cessò presto.
E sentì qualcosa rifluire nei suoi nervi, riacquistò le forze e, soprattutto, il suo corpo. Tese i muscoli, e sentì ogni arto risponderle.
Respirò profondamente.
Tenne gli occhi chiusi per gustarsi con calma ogni sensazione. Attraverso le palpebre abbassate intuì che il locale fosse molto buio, e il silenzio era quasi innaturale. Dev’essere notte. Era distesa in quello che intuiva essere il suo letto d’ospedale, avvertiva un leggero materasso sotto di sé e il contatto tra la propria pelle e la stoffa.
Fece il gesto di tirarsi a sedere, ma andò a sbattere contro una superficie solida e imprecò. Si guardò intorno, ma l’oscurità era assoluta, così si affidò alle mani, che incontravano quello che intuì essere legno da tutti i lati. Era in una bara.

Aveva gridato per molte volte, senza ottenere risposta. Aveva affondato le unghie contro il coperchio pur sapendo di non poter fare nulla.
Poi si era fermata, come per recuperare le forze. I suoi occhi si stavano abituando al buio molto bene, riusciva a distinguere il suo corpo e l’interno della bara con chiarezza nonostante non vi fosse la minima fonte di luce.
Stette in ascolto nella speranza di udire alcune voci, ma niente.
Respirò a fondo, chiedendosi quanto tempo fosse passato dal suo risveglio..quanta aria poteva esserci lì dentro?
Zaethlan, era questa la vita che mi avevi promesso?Una morte del genere sarà ancora più orribile.
Pochi istanti dopo pensato il nome Zaethlan udì delle voci maschili, soffocate ma vicine.
<È qui, che ti dicevo?>
<va bene, va bene..ora inizia a scavare.>
<sono qui!>Gridò lei, sperando di essere udita, e uno dei due le rispose dicendole di tacere.
Non fece in tempo a restare sorpresa da una tale reazione che udì qualcosa di solido sbattere contro il coperchio della bara.
<ecco, ci siamo!>
<oh, meno male che era nella terra..>
<già...>
Passarono alcuni interminabili minuti che la lasciarono a gustarsi la sensazione di salvezza. Per un attimo aveva creduto di dover morire di nuovo... invece era lì, viva e seppellita per errore..come avevano potuto non se lo capacitava, ma non aveva importanza, non più..
La bara fu aperta, e lei si alzò, aiutata da uno dei due soccorritori.
<avanti, siediti.>Sembrava più un ordine che una richiesta gentile, ma non vi fece troppo caso, e sedette su qualcosa di freddo: il marmo di una lapide rivoltata, la sua, immaginò con un brivido.
Era notte, per quello che poteva vedere da alcuni lampioni e delle lucette votive, che facevano sembrare il luogo una sorta di condominio di morti. L’accostamento la fece rabbrividire. Riconobbe dietro di lei gli edifici del cimitero della sua città, dei caseggiati grigi e spenti che non avevano nulla di affascinante come quelli antichi decorati da statue secolari.
<va meglio?>Chiese uno dei due bruscamente.
<sì, grazie...>Nonostante il buio poteva vederlo abbastanza bene, era un ragazzo di età imprecisata, la testa rasata e gli occhi neri. L’altro aveva i capelli color paglia che gli arrivavano alle spalle con un taglio molto vecchio stile e il pizzetto. Entrambi emanavano un indiscutibile fascino.
<come mi avete trovato?> Nessuno dei due aveva l’aria da operai, e anche se l’avessero avuta, era pur sempre tarda notte, a quanto intuiva...
I due si guardarono, come incerti su cosa rispondere, poi uno dei due parlò.
<zaethlan.>
Lei si tirò su in piedi e guardò prima uno poi l’altro senza capire.
<io credevo...credevo...>
<che fosse solo una voce nella tua testa.>
La ragazza indietreggiò, toccando col piede sulla lapide, spaventata.
<come...come..come lo sapete?>
<fece la stessa cosa con me, tanti anni fa.>Il ragazzo pelato si sedette sulla lapide con un ghigno e le fece cenno di fare lo stesso. L’altro gironzolò tra le tombe senza allontanarsi troppo, come se fosse di guardia.
Lo guardarono per un po’, poi fu lui a parlare.
<io mi chiamo Urquarth. Ti consiglio di non ridere.>Disse con un sospiro, poi indicò il compagno che vagava tra due grosse croci di marmo.
lui è Thomas.> Lei non rise, troppo sconvolta per farlo.
<io sono Lavinia.> Parlò con una voce che non le sembrava la sua, poi Urquarth, dopo aver riflettuto, iniziò a raccontare: <zaethlan è venuto nella mia mente mentre ero ferito gravemente, e mi promise una nuova vita. Ero spaventato, temevo vi fosse qualcosa di demoniaco, ma accettai. Non sono pentito. I ricordi che ho di ciò che fui sono molto, molto vaghi..>
<quando avvenne?>
<te lo spiegherò.>
<ma.. perchè mi state dicendo queste cose? Perché non posso tornare a casa dalla mia famiglia?>Obiettò con voce rotta dal pianto.
<credevo volessi sapere di Zaethlan.>Ribattè semplicemente lui.
<e non piangere, con me non attacca, io..>
<non avevamo deciso di aspettare?>Lo interruppe bruscamente Thomas, spuntando all’improvviso.
<ah già, scusa. Si, hai ragione, peggiorerei le cose e basta.> Convenne con tono noncurante come se parlasse del tempo.
<chi siete? Cos‘è Zaethlan?> Le lacrime erano causate dal nervoso e dalla paura.
<la cosa più vicina a un dio che io conosca. >
<dèi morti sulla croce, dèi ascesi, dèi su troni, dèi che fanno miracoli..sono solo fantasie di scrittori.>
<grazie dell’intervento, Tom. Ora, come lui ha giustamente puntualizzato, gli dei non esistono. Zaethlan, tuttavia... È qualcosa di simile. È un’entità. Un’entità molto potente che..>
<urquarth...>Thomas gli fece cenno di tacere e lei si guardò intorno senza capire.
<che c’è?>Domandò a bassa voce mentre l’altro gli si avvicinava.
<non siamo soli.>
<ne sei certo?> Thomas annuì seccato, e lui imprecò.
<cosa significa?>Chiese Lavinia, a bassa voce.
<ce ne saremmo dovuti andare subito.>Commentò Thomas ignorandola.
<ma aveva il diritto di sapere...>
<insomma, mi risveglio in una bara, terrorizzata, chiamo per ore, mi salvate e poi mi gettate nella confusione più di prima? E non mi avete ancora detto cosa siete!>
<non gridare, maledizione!>La ammonì Urquarth.
Una voce risuono da lontano, cauta.
<chi è là?> Un fascio di luce proveniente da una torcia elettrica quasi li sfiorò.
Thomas trasse un profondo sospiro di sollievo.
<È solo il guardiano!>Comprese Urquarth.
<non facciamo nulla a meno che non ci noti.>Decise Thomas a bassa voce, e l’altro annuì. Restarono immobili, e sebbene dentro Lavinia il desiderio di farsi notare e fuggire non mancava decise di restare. Doveva sapere di Zaethlan.
I passi del guardiano erano gli unici suoni. Per alcuni istanti pensò che se ne sarebbe andato, invece all’ultimo minuto girò dietro una lapide e puntò la luce proprio verso di loro.>
<ehi! Chi siete? Che ci fate qui?> Ma prima che potesse muoversi o dire altro Thomas, con un salto felino si gettò sull’uomo, che crollò a terra. Lavinia gridò, e Urquarth la trattenne.
<stai tranquilla, ha sbattuto la testa contro quella - indicò una pietra tombale- ma non è morto.> Le disse Thomas, togliendosi la polvere dai vestiti, con tranquillità.
<chi siete?>Ripeté lei.
<sei terrorizzata.>Notò.
<sì beh, lo saresti anche tu, nei miei panni, credo!>
<hai centrato il punto.> Le disse Urquarth.
<ero terrorizzato anche io quando toccò a me, e so cosa significa. Comunque ti conviene accettare la verità il prima possibile. Tu non sei tornata in vita. Oppure, in un certo senso sì, dato che cammini, parli, pensi.. Ma non hai bisogno di respirare. Oppure saresti già morta nella bara per mancanza d’aria. Puoi fingere di farlo, certo, ma non ti serve. E ci vedi benissimo nel buio.>
<sono un non-morto?> Non capiva.
<temo sia molto più complicato di così. Sei una Spada. Noi tre siamo Spade. Aspetta, fammi finire, ora ti spiego. Le Spade sono persone prossime alla morte, che Zaethlan, in tutte le epoche, ha chiamato a sé. È quella che io chiamo selezione innaturale, perché non c’è nulla di naturale, all’apparenza, in un corpo che continua a vivere. Prima che Thomas mi interrompa con qualche discorso sulla difficoltà di determinare se qualcosa sia naturale o meno solo perché non si palesa ai nostri occhi, e i suoi discorsi filosofici che sicuramente si riveleranno interessanti, c’è un’altra cosa che devi sapere.
Ricordi cosa ti ha detto? Che non voleva nulla in cambio, eccetto la tua esistenza? Bene, perché uno dei compiti delle Spade è di portare il Caos. Noi tutti serviamo il Caos, di cui Zaethlan è una...>
<rappresentazione. Entità. Legge. Trasposizione.>Gli venne in aiuto Thomas.
<sì beh, Zaethlan è parte di esso.>
<non capisco...>
<conosci la forza di gravità, giusto? Se fai cadere un oggetto esso non cadrà mai verso il cielo, ma verso la terra, perché la massa della Terra esercita un’attrazione nei suoi confronti.> Thomas era intervenuto. Prese una manciata della terra che avevano scavato per liberarla e la fece cadere. Ondeggiò un po’ a causa del leggero vento estivo ma raggiunse il suolo in ogni suo frammento.
<bene. Immagina che esista un’altra forza, una che dica che invece un oggetto quando cade va dove preferisce, che galleggi, ad esempio. Diresti che non può essere, che la natura non può ospitare due leggi che siano in contrasto tra loro. Ovviamente il conflitto tra Caos e Legge non è di questo tipo, ma si tratta di forze in contrasto, come se ci fossero molti aspetti di entrambi. È molto più complicato di un semplice dualismo.>
<quindi Zaethlan sarebbe la forza di gravità?>
<ai fini del nostro paragone sì.>
<e.. Come portiamo il Caos?>
I due tacquero e si guardarono.
<esistendo. Vivendo, nutrendoci..>
<ma se non abbiamo bisogno di respirare, allora nemmeno di mangiare, no?>Tentò lei.
<no, vedi...>Urquarth aveva iniziato a spiegare, ma vennero interrotti da un lamento. Il guardiano si stava risvegliando.
Urquarth si alzò e lo afferrò per il bavero come se fosse leggerissimo.
<dannati giovinastri! Mettimi subito giù, o chiamo la polizia!>
La risata della Spada destò una strana sensazione in Lavinia, in parte inquietudine, ma anche un senso di rivalsa, come se approvasse.
<taci, vecchio. Io ho partecipato al Sacco di Roma nel 1527 quando i tuoi antenati non erano ancora nati, non venire a dire a me “giovinastro“!> Lo gettò a terra e questi cercò di alzarsi terrorizzato. Thomas osservava la scena compiaciuto.
Lavinia era ammutolita. Allora erano davvero immortali. E ora lo sono anche io..
Urquarth lo riafferrò come se fosse un giocattolo e lo fece sbattere contro una grossa croce di marmo.
<piantala di giocare col cibo, Ur...>Mormorò Thomas annoiato.
<va bene, va bene..> Così dicendo si avventò sul vecchio.
Lavinia lo vide bene, vide due affilati canini scintillare per un istante alla pallida luce lunare prima di affondare nella gola del vecchio che emise un grido strozzato.
Stava bevendo il suo sangue, stando attento a non sprecarne una sola goccia.
<vieni.> Si staccò dal vecchio tenendo le dita sulla ferita per impedire che il sangue uscisse, ma alcune gocce colorarono le sue dita di un rosso vivo.
<muoviti, dai.>Thomas quasi la spinse verso l’altra Spada, che la afferrò con la stessa malagrazia con cui aveva trattato il vecchio.
Prima che potesse iniziare a lamentarsi, le disse: <ascoltami bene, perché sto perdendo la pazienza. E non iniziare a piagnucolare, perché dopo tutto ciò che ho fatto, tra violenze, saccheggi, stupri, guerre e altre amenità non mi farò certo muovere dalle lacrime di una ragazzina. Noi Spade dobbiamo bere sangue umano per restare in vita. Non possiamo bere sangue animale, ma possiamo bere quello dei cadaveri, finché non si è seccato. La letteratura ci ha chiamato vampiri, qualche volta. E tu sei una di noi, non puoi più tornare indietro, puoi solo andare avanti.>
Si vedeva che non vedeva l’ora di dire queste parole, che si era trattenuto già a lungo.
Lavinia era terrorizzata, e non si mosse.
<va bene, facciamo così, allora.>Urquarth fece un cenno a Thomas che si avvicinò e lo aiutò a reggere il vecchio, ormai troppo debole per fuggire o anche solo per parlare.
Poi riprese a nutrirsi, e Lavinia per un istante si illuse che avrebbe lasciato perdere... Ma ecco che si staccò dall’uomo. Thomas prese il suo posto, mentre Urquarth la prese per le spalle.
C’era un bagliore sinistro nei suoi occhi, e sangue colava dalle sue labbra. La fissò per un istante, poi la baciò.
Completamente spiazzata da quel gesto, lei restò a labbra serrate, ma qualche goccia di sangue riuscì a farsi strada e ne sentì il sapore.
Non riusciva a credere che fosse davvero sangue, perché il suo sapore le giunse diverso, e delizioso nonostante con quelle poche gocce aveva appena avuto solo un misero indizio del suo sapore pieno. Aprì la bocca e si abbandonò al bacio di Urquarth, e il sapore del sangue la inondò. La scaldò, come un liquore. Ma invece che limitarsi ad attraversarle lo stomaco sembrò diradarsi in ogni parte del suo corpo, come se corresse lungo i suoi nervi. Era una sensazione incredibile, inebriante.
Quando la Spada si staccò da Lavinia fu come la rottura di un incantesimo per lei, e restò immobile a fissarlo.
Lui non disse nulla e continuò a guardarla con un’espressione indecifrabile, e quando Thomas le mise una mano sulla spalla sussultò.
<puoi finirlo tu, se vuoi. Dopo andremo comunque a caccia, ce ne sarà per tutti.> Aggiunse in fretta.
Lavinia era ancora senza parole, e il suo corpo la guidò verso il collo del vecchio, come se la sua mente fosse annebbiata. Le parve di non avere fatto altro nella sua vita quando affondò i canini nella ferita provocata da quelli di Urquarth e iniziò a bere avidamente. Dopo alcuni interminabili minuti lasciò andare il guardiano, il cui cadavere cadde a terra.
Le altre due Spade la guardarono soddisfatte.
<oggi hai versato sangue per Zaethlan, e per te stessa. Ora sei una Spada a pieno titolo. Ti senti ripulita, non è così?>
Una parte di Lavinia trovava sgradevole il fatto che qualcuno sapesse come si sentiva meglio di lei, ma annuì.
<non avrei saputo trovare termine migliore.> Ammise. <È come se.. Tutto quello che sono stata... È svanito...che strano...non mi sento male per questo.>
<non ricordi più nulla della tua vita precedente, della tua famiglia, e via dicendo, non è così?> Chiese Thomas iniziando a spostare il corpo.
<nulla. Ma non mi sento vuota..cioè, in parte sì, ma in senso positivo...>
Si accarezzò il viso e i capelli come se si aspettasse di essere cambiata molto anche esteriormente. Thomas e Urquarth stavano nascondendo il corpo in quella che era stata la sua bara, e mentre il vento le scompigliava i capelli sentì nuovi profumi nell’aria, incluso quello della sua nuova, promettente esistenza.

<per prima cosa ti serviranno degli altri vestiti. In tuo onore, i soldi che ruberemo stasera dalle le nostre vittime saranno tutti tuoi.>
Propose Thomas mentre si metteva alla guida della propria auto.
<sì beh, quelli di Ingmar ti starebbero troppo larghi.> Convenne Urquarth, seduto di fianco all’amico.
<ggrazie mille...chi è Ingmar?>Si sporse tra i due sedili con viva curiosità.
<era un nostro compagno. Era un tipo davvero speciale, non capita spesso di vedere uno come lui, confesso che mi manca. >
<come è morto? Possiamo morire, dunque?>
<oh sì, la luce del sole ci è fatale. E non solo, abbiamo dei..nemici. Una cosa alla volta, ti spiegherò tutto con più calma in seguito. Le Spade devono girare sempre in gruppi di tre, per questo Zaethlan ci ha mandato ad aiutarti. Per questo il simbolo di Zaethlan sono tre Spade incrociate. Simbolo che si trova nel corpo di tutti noi, tra parentesi. Un po’ come un tatuaggio. Il mio è in fondo alla schiena, quello di Thomas dietro al collo. Da qualche parte dovresti averlo anche tu.>
<sì, ho rischiato il rogo a causa di quello, oltretutto. Credevano che fosse un marchio diabolico. Lo avrei rischiato comunque, tanto.>
<era un alchimista nell’Inghilterra del Seicento. Io un mercenario tedesco di un secolo prima. È anche grazie ai suoi poteri che percepisce la presenza di estranei o.. Ehi, ma tu guarda quello come guida! Finirà per ammazzare qualcuno!>Protestò Urquarth dopo che Thomas fu costretto a una manovra brusca per permettere a un’auto molto veloce con della musica a tutto volume che usciva dai finestrini aperti di sorpassarli.
<se non lo ammazziamo prima noi.>Ribatté, e spinse sul pedale dell’acceleratore.
<È la zona delle discoteche, dev’essere qualche cretino che fa il figo con le ragazze.>
Dedusse Urquarth.
<intendete schiantarvi?>
<tanto questa è una macchina rubata. E così sembrerà un incidente.> Thomas alzò le spalle mentre già li stavano raggiungendo.
<così attireremo troppo l’attenzione, dai, lascia perdere..>
<posso almeno seguirlo?>
Lo fece, e arrivarono al parcheggio di un locale. Musica da discoteca era ben udibile anche da fuori, e Thomas fece una smorfia.
<e questo è il concetto di divertimento di quest’epoca? Non sarà mai divertente quanto il Moulin Rouge.>Sbottò parcheggiando.
<ci sei stato?>Domandò Lavinia.
<eccome se ci siamo stati! Oh, era fantastico. Giuro che un giorno ti racconto. Ora però...>Urquarth le indicò i tre ragazzi che uscivano dalla macchina che avevano inseguito.
Il parcheggio era buio.
Non c’era nessun altro.
<ora guarda.>Le sussurrò Urquarth e si diresse verso i tre.
<cosa vuole fare?>Domandò Lavinia a Thomas sempre a bassa voce, ma lui si limitò a incrociare le braccia e a farle un cenno con la testa di guardare.
<si può sapere che vuoi?Togliti di ....oh.> Sarebbe stata quasi una scena comica, se non avesse significato che i tre erano condannati. La Spada si era limitata a fissarli, ed ora ecco che si guardavano intorno con sguardi vuoti e vacui.

<cosa hai fatto?>Lavinia non riuscì a trattenersi e si affiancò alle due Spade mentre i tre umani li precedevano camminando come marionette, scendendo lungo un sentierino nei campi avvolti dall’oscurità notturna intorno al locale.
<ipnosi. Potresti farlo anche tu, volendo.>Urquarth pareva davvero compiaciuto di sé stesso.
Si fermarono nei pressi di un vecchio capannone industriale vuoto e in rovina ormai. A Thomas bastò un colpo ben assestato per aprire la porta bloccata da un cartello che ne impediva l’accesso.
<non avverto pericoli di sorta.>Comunicò.
Lavinia osservò i tre ragazzi restare immobili dove la Spada li aveva lasciati, come se anche lei fosse ipnotizzata.
Poi si avvicinò a uno di essi, e spostò il colletto della maglietta. Scoprì i canini. Anche le altre due Spade stavano facendo la stessa cosa. Nessuna reazione da parte degli umani; quello di Lavinia emise un semplice <oh..> mentre lei lo azzannava alla gola. Ben presto il sangue iniziò a fluire e lei ne accolse il nutrimento come un lattante al seno della madre. Il sapore, notò, era leggermente diverso, più fresco ma comunque squisito per lei, che non si staccò dal corpo finché non l’ebbe letteralmente prosciugato. Il ragazzo cadde a terra morto sulla polvere con un tonfo soffocato. Lavinia si sentì come ubriaca e si appoggiò a un vecchio, grande tavolo a pochi passi da lei, con aria trasognata. Anche Urquarth aveva lasciato cadere i resti del suo pasto, e le si avvicinò.
Aveva ancora qualche goccia di sangue che gli colava dalle labbra, e se la pulì con la lingua, poi si mise davanti a Lavinia, con le mani che toccavano il bordo del tavolo come se volesse impedirle la fuga.
Lei avrebbe voluto replicare che non intendeva certo andarsene, e lui parve averlo capito in qualche modo, ma non smise di guardarla con desiderio.
Con i proprio artigli si aprì una ferita sul polso, e portò il braccio davanti a lei. Alcune gocce scarlatte iniziarono a scendere sempre più velocemente, e Lavinia gli afferrò il braccio e iniziò a bere.
Se il sangue degli altri umani che aveva assaggiato finora era stato come acqua, deliziosa e necessaria, ora quello era come vino, come assenzio.
Sangue che in sé conteneva il sangue di altri cento, mille morti che ora fluiva in lei.
La riscaldava in un modo completamente diverso da quello del primo sangue bevuto, sentiva che avrebbe potuto berne in eterno nonostante si fosse già saziata con quello umano.
Fu lui a fermarla, e si leccò la ferita che si cicatrizzò all’istante.
Lei fece per afferrarlo, per trarlo a sé, e ben presto si trovò stesa sul tavolo con Urquarth sopra di lei che la baciava. Sentì le sue mani insinuarsi sotto il suo leggero vestito a fiori con cui era stata seppellita e accarezzarle i fianchi.
Sulle labbra di lei iniziò a colare altro sangue, e capì che era quello di Thomas, che stava facendo come aveva fatto Urquarth poco fa. Lo bevve, sentendo che aveva un sapore simile a quello dell’altro, e sempre così inebriante.
Sapeva di non essere del tutto conscia delle proprie azioni, e scoprì che le andava bene così... Porse il proprio braccio alla Spada che stava sopra di lei, che smise di baciarle il seno solo per bere anche lui avidamente.
Lavinia scoprì di non provare dolore, al contrario delle precedenti vittime che aveva prosciugato della vita, ma piacere. Dedusse che il tavolo fosse abbastanza grande, perché il corpo di Thomas prese il posto di quello di Urquarth. La morse ad una spalla, senza troppi complimenti, e assaggiò il nuovo sangue di lei.
<hai un buon sapore.>Le disse, mentre lei gli accarezzava i capelli.
<concordo. E ora il rituale è finalmente completo.>
<rituale?>Domandò lei.
<era necessario, lo scambio del sangue. Ora siamo veramente la Triade di Spade. Guarda.> Urquarth le indicò un punto sotto al seno, e lei si guardò perplessa. Poi capì, era la sagoma stilizzata di tre spade incrociate.

La sera dopo, Lavinia si svegliò. Dalle serrande dell’appartamento si intravedevano solo le promettenti luci della notte. Di fianco a lei dormiva Thomas, ancora avvolto nelle lenzuola, e dall’altro lato invece Urquarth, abbracciato al cuscino, le aveva spostate.
Decisamente, mi servono dei vestiti nuovi. Pensò. Era andata a dormire con il vestito della propria sepoltura, e non vedeva l’ora di liberarsene.
<vantaggi della vita moderna, non avere bisogno delle bare, vero?>Commentò Urquarth, appena sveglio.
<scusa, ti ho svegliato?>
<no, è normale svegliarsi quando cala il sole. Vedrai che anche Tom si sveglierà tra poco. Scusami per il mio eccesso d’ira ieri, tendo a essere un po’ troppo impulsivo.
<non preoccuparti.>Gli sorrise.
<dove vai?>
<sorpresa..>
Si infilò le scarpe e uscì dalla porta. Attraversò il vialetto e stette per un po’ sul marciapiede, ad osservare i passanti.
Ma non vedeva delle persone, bensì dei deliziosi pasti che sfilavano davanti a lei, e pensò di fare una sorpresa ai due, procurando la cena.

Edited by Drath - 24/8/2009, 19:52
 
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