Cieco abbandono, #9, Ambientazione: nave

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Lely1441
view post Posted on 6/2/2010, 14:08




- Titolo: Cieco abbandono
- Autore : Lely1441
- Fandom: Originale
- Genere: Drammatico
- Tipologia: Oneshot
- Trama: Doveva tradire tutto ciò che sapeva essere vero per qualcosa di così effimero come la vita? Non vi è nessuna sicurezza nella speranza.
- Note dell’Autore: Vabbé, qualcosa di più banale proprio non potevo trovarlo, bah ._.
- Disclaimers: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.

“Lasciati andare... Lasciati andare”.
Quelle parole le martellavano in testa, mentre osservava il mare cupo sotto di sé. Iniziare a fidarsi, cominciare a vivere... Era come lasciare l’unica certezza che aveva. La certezza della morte.
Doveva tradire tutto ciò che sapeva essere vero per qualcosa di così effimero come la vita?
Non vi è nessuna sicurezza nella speranza. Vi è solo la fiducia, il cieco abbandono a qualcosa di indefinito, ad un’incognita nell’enorme equazione che è la vita.
E lei non era pronta a farlo, aveva paura. Preferiva la morte, preferiva il nulla a quell’orrenda sensazione di inadeguatezza. Il dubbio non faceva per lei. Prediligeva quella nave sicura, con la sua prua di mogano e le vele di tela cerata e i suoi pontili lisci ed il suo timone sicuro, a quella massa di acqua scura ed agitata, a quella spuma bianca che, infrangendosi contro il veliero, le arrivava agli occhi e li faceva bruciare.
Strinse più forte il corrimano del parapetto, incurante del vento freddo che ormai le faceva sanguinare le dita e frustava la liscia e candida pelle del viso.
“Non posso lasciarmi andare!”, rispose, il terrore nella voce.
“La nave sta affondando: lasciati andare, ti dico!”
Si udì un forte schiocco, mentre l’albero di mezzana si spezzava e cadeva. Ma non vi erano rumori nelle sue orecchie, non vi era nient’altro se non il rombo assordante della tempesta. Il suo corpo venne scosso da un brivido, e un altro scossone, ancora più forte dei precedenti, quasi la fece rovinare a terra.
Con le dita tremanti, sciolse la corda di canapa con cui aveva assicurato il proprio bacino alla nave, l’unica cosa che le permetteva di non scivolare da una parte all’altra del ponte di comando. Lo tenne saldamente in mano, ancora riluttante a mollarlo, a staccarsi dall’unico legame che le rimaneva.
“Lasciati andare!”, e questa volta la voce urlò; non era più un dolce sussurro, il tono di urgenza non poteva essere frainteso.
Sentendo il contrasto tra le sue lacrime bollenti e gli aghi di pioggia gelida che le graffiavano il volto, salì sulla balaustra, osservando ancora le onde per niente rassicuranti della Vita.
“Buttati!”
Chiuse gli occhi ed fece un passo nel vuoto; un istante, e la forza di gravità la fece piombare verso il basso. Infranse con forza la superficie dell’acqua ghiacciata, affondò finché con una spinta non riuscì a riemergere, annaspando e guardandosi intorno talmente atterrita da non avere più un singolo pensiero in testa, ma solo una sensazione di sconfinato terrore.
Fu allora che urlò e che pianse, lo fece fino a che i suoi polmoni gliene diedero la possibilità, fino a che le forze non l’abbandonarono del tutto e si sentì avvolgere da una piacevole sensazione di calore...

Le urla ed il pianto del neonato ancora le infiammavano le orecchie, quando l’infermiera le accostò il minuscolo esserino al volto. Lo prese in braccio titubante, guardando negli occhi la donna.
“Sì, signora, è una femmina e sta bene, anche se ci ha fatto penare parecchio per uscire”, rispose l’altra alla sua muta domanda, con un sorriso.
La puerpera strinse a sé la neonata e sentì le lacrime sgorgare dai suoi occhi, senza saperne il perché... Come si riesce a piangere, come si può trovare la forza per farlo quando si è troppo felici persino per respirare?
 
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