All the small things, #17 Canzone

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Lostinsoul27
view post Posted on 31/3/2010, 19:49




- Titolo All the small things
- Autore Lostinsoul27
- Fandom Originale
- Genere Romantico
- Tipologia One-Shot
- Avvertimenti /
- Trama Credo che il titolo parli già da sé e poi è davvero troppo corta per avere una trama ben precisa. E' solo il modo piuttosto originale di chiedere scusa al proprio fidanzato da una ragazza che crede di aver combinato un grosso guaio.
- Note dell'Autore Non so bene da dove sia uscita questa storia abbastanza stramba, forse è un mio semplice flusso di coscienza, come definisco io i miei scleri, ma pensando alla canzone dei Blink182 mi è venuta in mente questa piccola scenette quotidiana e ho deciso di metterla nero su bianco e spero che non faccia troppo ribrezzo xD
- Disclaimers e Crediti
La canzone utilizzata a inizio Ff (All the small things) appartiene ai Blink182 che ne detengono tutti i diritti. I personaggi utilizzati per la storia appartengono a me.

Late night, come home
Works sucks, I know
She left me roses by the stairs
Surprises me let me know she cares.

All the small things-Blink182




Madison si torturò un dito tra i denti: era una sua brutta abitudine. Quando era nervosa, infuriata con il mondo intero e delusa da se stessa e dagli altri, lei si mordeva il dito indice della mano destra con fare insistente, senza la minima intenzione di smettere se prima non aveva verificato che i segni dei canini le fossero rimasti impressi nella carne. Era una sua personale forma di auto punizione per i suoi continui guai.
Aveva litigato di nuovo con Josh quel pomeriggio e per un motivo così futile, poi!
Lo aveva rimproverato di aver lasciato, come suo solito, le carte sparpagliate e terra nello studio e, sì, lo ammetteva che era stata alquanto brusca, ma lui aveva ribattuto che quando creava aveva bisogno del suo spazio e che era per quello che avevano anche uno studio in casa. Madison aveva ribattuto con forza che non per quello doveva farlo assomigliare ad un porcile e lui aveva semplicemente sbattuto la porta di casa con violenza, dopo aver sceso le scale, ed era andato via, lasciandola lì da sola.
Sapeva che non avrebbe dovuto aggredirlo in quel modo.
Josh era la persona più dolce e comprensiva del mondo, ma quando scriveva, quando si immergeva nel suo mondo di fantasia, diventava un altro e aveva bisogno di concentrazione e supporto per portare a termine il suo lavoro, non di qualcuno che lo rimproverava costantemente con fare brusco.
Ma la parte istintiva di lei, come al solito, aveva preso il sopravvento e adesso non sapeva cosa fare per rimediare.
Se ne stava lì, seduta sui gradini di ingresso per la cucina, torturandosi il dito, lo sguardo perso nell'osservazione del pianoforte di cui riusciva ad intravedere solo la coda, della stanza accanto, il salone, i capelli in disordine per le migliaia di volte che se li era torturati, le ginocchia al petto e l'eyeliner sbavato per le lacrime traditrici che le avevano bagnato le guance.
Era tardi, anche se non sapeva con precisione che ore fossero: forse mezzanotte, forse l'una, ma Josh non era ancora tornato e lei cominciava a sentirsi stanca mentalmente e fisicamente per la giornataccia che era stata costretta a vivere.
Avrebbe fatto meglio ad andarsene a letto: aspettarlo in piedi sarebbe stato inutile, così come tentare di chiarire appena lo avesse visto attraversare la porta di casa.
Josh, come se non bastasse, era un orgoglioso cronico: non avrebbe ammesso di avere una parte di torto anche lui e avrebbe continuato a tenere il muso per giorni come un bambino capriccioso a cui la mamma ha detto di no.
Si alzò e si trascinò al piano di sopra, le braccia oscillanti lungo i fianchi snelli, e si gettò a peso morto sul letto matrimoniale che condividevano ormai da quattro mesi, dal giorno esatto in cui lui le aveva proposto di andare a vivere insieme.
Chiuse gli occhi a quel dolcissimo ricordo, ma solo per un attimo. Non poteva rischiare di addormentarsi così, al freddo, se non voleva prendere una bronchite: Josh glielo diceva sempre.
Davanti a lei, sul comodino, la rosa rossa che le aveva regalato lui qualche mattina prima, lo stelo lungo come piaceva a lei, immerso nell'acqua, il colore ancora vivo e il profumo ancora persistente nell'aria.
Si alzò di scatto, come illuminata da un'idea improvvisa, e si avvicinò al fiore, accarezzandone i petali soffici, come di velluto, prima di estrarlo dal vaso colorato dove aveva deciso di lasciarlo appassire, per uscire nuovamente dalla stanza, non prima di aver recuperato un piccolo pezzo di carta e un pennarello nero dallo studio di lui.
Scese quattro dei sette gradini della scala che conduceva ai piani superiori e poggiò la rosa al centro di uno di essi, piegandosi sulle ginocchia, aprendo il pennarello e scarabocchiando qualcosa sul foglietto di carta bianca, un piccolo sorriso sulle labbra.

Quando più tardi Josh rientrò a casa quella sera, sbuffando, poggiò le chiavi sulla mensola dell'ingresso, come sempre, liberandosi della felpa che aveva recuperato dalla macchina e accendendo la luce ad illuminare il salotto.
Madison doveva già essere andata a letto. Non sentiva nessun rumore.
Spense di nuovo la luce e si avviò su per le scale, quando si accorse della rosa al centro esatto del quarto gradino che conduceva alla camera da letto.
Sorrise e si piegò sulle ginocchia, notando anche un biglietto, lì vicino, piegato in due.
Lo aprì e il suo sorriso contagiò anche i suoi meravigliosi occhi verdi.

Mi dispiace. Ti amo.
M.
 
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>Lefty<
view post Posted on 13/6/2010, 18:32




Un racconto breve e dalla trama semplice, ma molto, molto dolce, come piacciono a me ^///^
Il titolo rappresenta benissimo il tema della storia, le piccole cose, intese sia come quelle piccole dannatissime cose da cui può nascere un putiferio, ma anche quei piccoli, semplici gesti che servono per fare pace.
Il testo è ben sviluppato e scorrevole, ma ci sono due errori grammaticali: "Lo aveva rimproverato di aver lasciato" (ci va "gli"), e uno di battitura: "le carte sparpagliate e terra nello studio".
 
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1 replies since 31/3/2010, 19:49   20 views
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