True strenght, #25, Tema: criminalità

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Lely1441
view post Posted on 14/5/2010, 22:47




- Titolo: True strenght
- Autore: Lely1441
- Fandom: Fullmetal Alchemist
- Genere: Introspettivo
- Tipologia: One-shot, poco più di mille parole.
- Avvertimenti: Nessuno
- Trama: Cosa significava alzarsi ogni mattina con un unico scopo, cosa significava sentire la sua essenza anche ad occhi chiusi, cosa significava porsi ogni giorno la domanda “è giusto ciò che sto facendo, quello che ho fatto”?
Significava che era ancora un essere umano. Significava che era disposta a commettere un omicidio, pur di preservare l’unica cosa a lei rimasta.
- Note dell'Autore: One-shot che fa parte della raccolta RoyAi Thirty, pubblicata in separata sede. Fa riferimento al diciannovesimo theme, ovvero Efficiency/arms (as in, armed conflict)/true strength (ho scelto True strenght). Un ringraziamento va poi alla mami e a Marzolina, che l'hanno letta in anteprima e mi hanno dato una sana tirata di orecchie per tutti gli errori che c'erano :3 XD
- Disclaimers e crediti: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Hiromu Arakawa che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti nella saga di Fullmetal Alchemist, appartengono solo a me.
Le citazioni nella storia sono della canzone 9 crimes, di Damien Rice.





True strength
19/30




Leave me out with the waste
This is not what I do
It’s the wrong kind of place
To be thinking of you
It’s a small crime
And I’ve got no excuse

Lasciami fuori con la spazzatura
Non è quello che faccio
È il posto sbagliato
Per pensare a te
È un piccolo crimine
E non ho scuse




Non le piaceva ciò che faceva. Non le era mai piaciuto.
A volte si ritrovava a pensare che, se non fosse stato per lui, sarebbe stato veramente difficile trovare il coraggio di guardarsi allo specchio, la mattina: fissarsi negli occhi, vedere il pallido riflesso di quel fuoco che lui possedeva dentro di sé. Come se fossero stati complementari, come se con il tempo lei avesse assorbito ciò che l’altro emanava.
Non aveva davvero voglia di osservare la sua ombra, ricordare la sua più grande nemica, l’unica in grado di farla scoprire sotto il sole dei campi di battaglia.
Si sentiva solo parte dell’immensa fanghiglia ai lati della strada. Non aveva voglia nemmeno di pensare a lui, ma non riusciva a farne a meno: come avrebbe potuto, quando la sua vita era da sempre dedita a quell'uomo?
Per lui si era lentamente sviluppata in ciò che era allora. Un soldato, un Tenente inflessibile. Un’assassina.
Aveva commesso crimini su crimini dietro la maschera che chiamavano divisa, dietro l’unica giustificazione che avevano, la più importante. Quella della guerra, della pace.
Cosa significava alzarsi ogni mattina con un unico scopo, cosa significava sentire la sua essenza anche ad occhi chiusi, cosa significava porsi ogni giorno la domanda “è giusto ciò che sto facendo, quello che ho fatto”?
Significava che era ancora un essere umano. Significava che era disposta a commettere un omicidio, pur di preservare l’unica cosa a lei rimasta. Era solo un semplice dato di fatto, non una giustificazione: aveva smesso di cercarne una ad ogni costo, forse non aveva mai nemmeno iniziato.
E ciò che la lasciava senza fiato era l’accorgersi di pensare a lui anche lì, anche in quel momento.
Si sentiva solamente sporca, null’altro. Soprattutto quando si accorgeva della sua presenza, sentendosi sollevata per tale motivo.
E questo la faceva sentire ancora più sporca. Perché lei non poteva meritare certe cose: la felicità l’avrebbe costruita per gli altri, avrebbe fatto in modo che gli altri ne avessero usufruito.
Ma lei… Lei no. Lei non più.


It’s the wrong time
She’s pulling me through
It’s a small crime
And I’ve got no excuse

È il momento sbagliato
Lei mi sta aiutando a rialzarmi
È un piccolo crimine
E non ho scuse




Più di una volta Roy Mustang si era sentito in balia degli eventi, ma era sempre riuscito ad ancorarsi alla realtà, ad afferrarla con una presa tanto salda da far credere che quella divenisse veramente concreta sotto la sua volontà. Era un uomo del genere, sì.
Più di una volta Roy Mustang si era sentito sul punto di impazzire, e casualmente si era sempre trovato davanti a lei. Le aveva domandato di seguirlo, di divenire i suoi occhi. Di proteggerlo, anche da sé stesso.
Eppure si sentiva sempre in colpa quando scorgeva nei minimi dettagli la sua cieca dedizione, la sua volontà di ferro, la sua determinazione ad andare avanti, sempre. Aveva più volte temuto che se fosse scivolato, lei sarebbe venuta giù con lui. Fino in fondo, fino a toccarlo, il fondo. Fino al punto di non-ritorno.
Si era sentito un assassino, un ladro di futuri, una volta di più.
Capitava che sentisse il bisogno di odiare ciò che li univa. Sperava che così facendo si sarebbe sentito meno in colpa, perché tutto ciò che provava quando la guardava negli occhi era questo: colpa. Colpa e un bruciante desiderio, che aumentava il suo odio verso sé stesso.
«Colonnello, andiamo. Non è più ora di stare qui».
E si odiava, di nuovo, ancora. Perché si rendeva conto di non riuscire a fare a meno di lei. Lei che ci sarebbe stata sempre, che l’avrebbe aiutato a rialzarsi anche quando non avrebbe voluto farlo, che lo avrebbe costretto a farlo.
«Ancora un momento… Voglio vedere ciò che ho provocato».
Ed era con una sorta di crudeltà che rimaneva a fissare ciò che aveva distrutto. Crudeltà nei suoi confronti costringerla a guardare davvero ciò che aveva provocato, schiaffarle in faccia ciò che quella distruzione comportava. Uccidere innocenti per altri innocenti, uno dei peggiori crimini al mondo. Eppure, quante volte l’aveva fatto?
Quante volte l’avrebbe fatto ancora?
Lei non se ne sarebbe andata, mai. E questo lo faceva sentire ancora peggio, perché non avrebbe saputo davvero come fare se non fosse stato così, se quella non fosse stata l’unica certezza rimastagli.
«Colonnello…»
E il cimitero militare ancora fresco delle vittime di Ishbar non gli era mai sembrato così pieno.
Non aveva scusanti. Non avevano scusanti.


And is that alright, yeah?
I give my gun away when it’s loaded
Is that alright, yeah?
If you don’t shoot it, how am I supposed to hold it?
Is that alright, yeah?
I give my gun away when it’s loaded
Is that alright with you?

Va tutto bene, sì?
Metto via la mia pistola quando è carica
Va tutto bene, sì?
Se tu non spari, come potrei tenerla io?
Va tutto bene, sì?
Metto via la pistola quando è carica
Va bene questo per te?




«Tenente, non ti sei mai chiesta come sarebbe la tua vita se non mi avessi seguito?»
Questo è quello che le avrebbe voluto chiedere, ogni giorno. Questo è quello che non le chiese mai. Perché certe cose non possono essere dette, anche se la realtà è visibile sotto agli occhi di tutti.
Le parole hanno il potere di graffiare a fondo, di penetrare nell’anima e rimanere lì. No, era meglio così.
Perché Roy non avrebbe mai voluto vedere nei suoi occhi il senso di vuoto che era sicuro vi avrebbe trovato davanti a questo quesito.
Non poteva abbandonare il suo proposito, e non lo fece mai, anche se a volte la tentazione era forte. Se non avesse combattuto lui, chi l’avrebbe fatto?
Mentre la donna non avrebbe mai abbandonato lui, e non lo fece mai: il pensiero non le sfiorò la mente nemmeno una volta. Se non avesse combattuto lei, al suo fianco, come avrebbe potuto pretendere di raggiungerlo lì, nel fondo dove stava da tempo - da quando l’aveva visto partire di nuovo da casa Hawkeye per un destino che già puzzava di morte -?
Mustang si sbagliava. Erano entrambi sul fondo, non vi era solamente lui, e questo anche da molto tempo. Ma quello che lui non voleva accettare era che a lei andasse bene così.
Era questa la vera, grande forza di Riza. Lui.


Is that alright?
Is that alright?
Is that alright with you?

No...

Va bene questo?
Va bene questo?
Va bene questo, per te?

No...


 
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