Indovina chi, [04/09/2010] Jane Doe

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Rowizyx
view post Posted on 27/1/2011, 21:20




Fandom: Bones
Rating: 14 anni
Personaggi/Pairing: Un po’ tutti, nuovo personaggio.
Tipologia:
One-Shot
Lunghezza: 7567 parole, circa tredici pagine e qualcosa

Avvertimenti: Original Character
Spoiler!: nessuno, s’inserisce tra la terza e la quarta stagione.
Genere: Commedia, Introspettivo, Giallo.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Kathy Reichs, della Fox e di quanti ne detengono i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Bones appartengono solo a me. Guai a chi prova a rubarmeli!
Note dell'Autore: La storia si piazza tra la terza stagione e la gita a Londra, Zack è già stato internato e tra Angela e Hodgins splende ancora il sole. Volevo scrivere una storia sul passato di Bones, che poi è finito in secondo piano, ma ne sono soddisfatta. Questa storia è stata scritta per il contest Jane Doe sul forum Writers Arena ed è il mio regalo di Natale per Nonna Minerva, anche se un po' in ritardo. Auguri!
Introduzione alla Fan's Fiction:
Si avvicina il compleanno di Bones e i suoi amici non trovano niente di meglio che regalarle una Jane Doe che ha incontrato in passato ma di cui non è riuscita a svelare l’identità. L’antropologa prima si arrabbia ma decide di approfittare dell’opportunità: il caso la porterà nella sua vecchia università a sciogliere un mistero sull’identità di questa donna…
 
 
 
 
Il Limbo. Un enorme magazzino scarsamente illuminato che ospita più persone del solito, questa mattina: la squadra di antropologia forense dell’istituto di ricerca, infatti, sta facendo gli onori di casa a un gruppetto di studenti che, armato di occhialoni, guanti di lattice e una serie di strumenti utili alla ricerca nel loro campo.
La dottoressa Brennan, in particolar modo, ci tiene all’occasione che sta inaugurando e vuole che tutti i ragazzi che seguono il suo corso s’impegnino in questa attività con tutte le loro capacità. «Benvenuti, si apre oggi la seconda edizione del seminario di antropologia forense organizzato dal Jeffersonian Institute».
«O come lo chiamiamo noi, Dai un nome al tuo Doe. Bentornati al Limbo, ragazzi», esclama a mo’ Angela Montenegro con un sorriso, mandando all’aria quel clima così formale e severo che la dottoressa Brennan è appena riuscita a creare.
«Per rimanere alle cose serie», prosegue la prima con un’occhiataccia per l’amica, «sapete già che in questo magazzino sono contenuti i resti umani degli sconosciuti o, come li chiama la polizia John, Jane o Baby Doe, che nel corso degli anni non è stato possibile identificare. Ogni anno dedichiamo una settimana alla ricerca di nuove tracce o indizi che possano riportare queste ossa alla persona che erano, così da poter dare loro un nome e, se fosse il caso, far riaprire le indagini».
Gli studenti annuiscono: sono una quindicina, i soli a essere sopravvissuti alla tesina di metà corso richiesta dalla dottoressa. Purtroppo, l’esperienza sul campo, anche quella avvenuta nel Limbo per aiutare la squadra della Brennan nel caso di Gormogon, non ha avuto influssi positivi sulla loro carriera accademica, anzi, alcuni dei primi della classe sono stati bocciati per essersi appoggiati sugli allori.
La Brennan scorre i loro volti con uno sguardo di sfida: «La classe dell’anno scorso ha restituito un’identità a un centinaio di corpi. Mi auguro che sappiate fare di meglio».
«Ricordate che ogni corpo ha una scheda nella sua scatola sulle generalità assegnate ai resti, informazioni sul ritrovamento ed eventuali anomalie riscontrate nelle precedenti analisi. Il vostro compito è verificare che tali informazioni siano corrette, eventualmente apportando le giuste correzioni, e ripetere o eseguire qualunque test ed esame che vi sembri pertinente per scoprire qualcosa di nuovo».
Uno dei ragazzi alza la mano: «E come potremmo scoprire qualcosa di nuovo? Insomma, qui vengono svolte ricerche all’avanguardia nel campo dell’antropologia forense, trovo impensabile poter fare di meglio».
«Cercare di adularci non poterà ad alcun risultato, signor Porter», sghignazza dal fondo della stanza il dottor Hodgins, scambiando uno sguardo divertito con Angela e facendo arrossire lo studente che ha posto la domanda.
Temperance, invece, non sembra neanche toccata dallo scarsamente velato complimento del suo allievo e continua le spiegazioni come se non avesse sentito: «Il nostro programma di ricerca è relativamente recente, inoltre le innovazioni tecnologiche di cui possiamo disporre e che voi studiate nelle aule dell’università sono anch’essi ritrovati in continua modificazione. Ergo, basta tornare indietro di dieci o quindici anni per avere analisi inconcludenti per l’identificazione di uno scheletro umano».
Angela indica le postazioni dotate di computer, oltre che degli strumenti di misurazione ed analisi. «Avrete anche libero accesso alla rete e agli archivi dell’FBI relativi a tutte le denunce di persone scomparse. Il Bureau ha digitalizzato i suoi dossier a cui noi del Jeffersonian possiamo accedere grazie alla collaborazione instaurata da tempo; tuttavia, chiedete alla dottoressa Saroyan di autenticarvi e collaborate con lei per cercare il vostro Doe».
Come ad anticipare la domanda successiva, Booth fa un passo avanti e prende la parola portando le braccia incrociate sul petto. Un chiaro indicatore per affermare la propria supremazia nella stanza, direbbe Sweets se fosse libero di parlare.
«L’FBI ha dato l’accesso al team della dottoressa Brennan, ma non ha certo intenzione che una manica di studentelli faccia un giro nei suoi archivi senza controllo, capito, ragazzini?», domanda con il tono odioso che riserva in genere allo psicologo. «Come ha già detto la signorina Montenegro, chiedete alla dottoressa Saroyan oppure a me, faremo quello che possiamo per verificare i vostri dati».
Angela annuisce ancora, prima di riprendere la parola: «Se invece avete trovato delle schede di persone scomparse compatibili con il vostro Doe e volete fare una ricostruzione facciale, venite da me, capito?»
I ragazzi annuiscono e cominciano ad avvicinarsi ai resti, decisi a dimostrare quanto possono fare bene.
«Se li mandi così allo sbaraglio, combineranno ben poco, Bones», sussurra Booth all’orecchio della sua partner di lavoro, divertito dal modo di muoversi e di guardarsi intorno – molto impaurito, a dir la verità – per capire cosa fare, «dai loro una dimostrazione, su».
Stranamente, la donna non è dello stesso parere. «Hanno già osservato come mi muovo nel corso delle indagini più volte, sia in aula che in laboratorio», commenta fredda, «non potrò sempre esserci io a far vedere come si fa, e se vogliono diventare antropologi forensi è il momento migliore per cominciare a far valere le proprie qualità».
«Ma un incoraggiamento dal maestro serve sempre… Guardali, pendono dalle tue labbra!»
Spaventata, Bones si porta una mano al viso solo per accorgersi che non ha nulla di strano. «Non è vero, che dici?»
Ignorando la sua partner e la sua solita incapacità di afferrare i più comuni modi di dire, Booth sospira e invita ancora una volta la sua collega a dare una dimostrazione pratica agli studenti. «Brava come sei, ci metterai un attimo a identificare una vittima qualunque, avanti», la lusinga con gentilezza, divertito dalla sua reticenza, al punto che la scienziata cede solo per farlo tacere.
Le ossa di uno sconosciuto sono già sul suo tavolo, forse Angela le ha disposte in precedenza per abbellire, come dice lei, il Limbo e dare al contempo un tocco più macabro. Temperance sbuffa, prima di cominciare a esaminarle.
«Sarà totalmente inutile, ad ogni modo, un bravo scienziato non copia il metodo degli altri, lo so già».
Silenzio. Bones si blocca nell’osservare le ossa, solleva una costola, controlla con la punta del pollice guantato di lattice un solco particolare, come se lo avesse già visto.
«Conosco questo scheletro», commenta alla fine, vagamente sorpresa, «non ci incontriamo da tanti anni, eppure lo riconoscerei dovunque…»
Le basta uno sguardo per far capire ai suoi colleghi che vuole parlare con loro: Angela augura buon lavoro ai seminaristi, quindi tutti escono dal Limbo sotto gli occhi stupefatti degli studenti.
«Ma come», domanda debolmente uno di loro, «non dovevano darci una mano con le ricostruzioni facciali e tutto il resto?»
Gli altri lo guardano un attimo e si mettono subito al lavoro, senza rispondere. Con gli esperti a disposizione o no, conoscono abbastanza la dottoressa Brennan per sapere che, se non si daranno da fare, non si creerà scrupoli a bocciarli tutti.
 

*


 
Mentre i ragazzi si mettono al lavoro, Bones, Booth e gli altri scienziati si riuniscono nel laboratorio. Temperance cerca tranquillità nel suo santuario, il luogo che sente più affine a se stessa, prima di porre la fatidica domanda.
«Allora, posso sapere com’è finito questo scheletro nel Limbo?»
«Che intendi, Bones? Credevo che fosse lo scopo di questa esercitazione, dare un nome e un volto alle ossa di quel magazzino».
«Ma questo corpo io l’ho studiato all’università e sono sicura che voi lo sapete già, non sarebbe finito sul mio tavolo, altrimenti».
È strano vedere così accalorata la dottoressa Brennan, che in genere è sempre così razionale e controllata, anche per le persone che la conoscono meglio.
Angela abbassa lo sguardo, colpevole, prima di alzare la mano. «Gliel’ho detto io, volevamo farti una sorpresa».
«Ne abbiamo fatto richiesta legalmente, se è questo che ti preoccupa, solo abbiamo usato il tuo nome», spiega Booth.
Quale modo migliore per avere dei resti umani se non farne domanda per la dottoressa Brennan? Ha fatto lui la telefonata e quelli del college non hanno fatto nemmeno mezza obiezione, pregandolo anzi di porgere i loro saluti a un’ex-studentessa così brillante e riuscita.
Bah, pensa, accademici!
La sua, però, non sembra la risposta migliore, visto che Temperance allarga le braccia ancora più arrabbiata: «Ah, quindi avete mentito! Ancora meglio».
 «Avanti, tesoro, non ti arrabbiare. Volevamo farti un regalo speciale per il tuo compleanno».
«Il mio compleanno cadrà solo la settimana prossima», replica secca la dottoressa.
Accidenti, perché dev’essere sempre tutto così difficile, si chiedono tutti. Per come Angela ha suggerito l’idea, sembrava che la loro trovata dovesse vincere il premio per il miglior regalo di tutti i tempi.
Bones li fissa uno per uno come se non sapesse o volesse spiegare perché la cosa la infastidisce a questo punto, quindi si ritira nel suo studio a passo di furia.
«E adesso che le prende?» si chiede Booth a voce alta.
«Non aveva una spiegazione logica per quello che prova e quindi se n’è andata a riflettere, o a ragionare su come può risolvere il caso», ipotizza Sweets, «Angela, ci hai detto che era un caso dei tempi del college rimasto irrisolto, ma cosa sai davvero?»
La donna si guarda intorno, allunga il collo per fissare un attimo la porta chiusa dell’ufficio di Brennan e sospira. «Accidenti, non so se ve lo posso raccontare… Me l’ha raccontato in confidenza, il motivo, ma forse è un po’ troppo personale per lei».
E tradire la fiducia di Bones può essere letale, Booth si ricorda benissimo la storia dei Puffi: per non aver preso sul serio quell’umiliazione dei tempi del liceo lui e la sua collega hanno affrontato una lite particolarmente strana e difficile da superare.
Dato che nessuno sembra deciso a muoversi tra Cam, Hodgins, Sweets e la stessa Angela, tocca a lui alzare gli occhi al cielo e offrirsi. «Va bene, ho capito, vado a parlarci io. Non proponetevi tutti insieme, la prossima volta».
Mentre si allontana, gli altri si guardano a vicenda ridacchiando e curiosi di sapere cosa succederà in quello studio.
Booth bussa appena, prima di entrare, e cerca subito la sua collega alla scrivania, dove è certo di trovarla.
«Siete riusciti a sorprendermi, con quella donna», dice lei semplicemente, senza neanche guardarlo. Stava guardando il monitor del suo computer, scorrendo una lista interminabile di file. «Avrei dovuto dire qualcosa di carino, forse?»
«Le nostre intenzioni non erano cattive, Bones, non sapevamo che ti avrebbe sconvolta».
«Sconvolta? Oh no, non è così che mi sento», risponde la donna, senza ancora alzare lo sguardo dal computer, «mi avete ricordato una vecchia storia che m’indispettisce molto, sai, e non mi piace ripensarci».
«Sei indispettita. In genere un cadavere…» Booth si ferma, rinunciando perfino a provarci. Perché, in fondo si aspetta una reazione normale dalla signora delle ossa? «Via, Bones, come può quello scheletro indispettirti?»
La dottoressa alza le spalle, con semplicità. «Non lo scheletro, la storia a cui è legato. È una donna, a proposito, una Jane Doe che fu portata al laboratorio forense della Northwestern, nel periodo in cui stavo studiando per il dottorato di ricerca».
Booth si siede ridacchiando. «Oh, avrei voluto vederti: scommetto che eri anche tu come gli scolaretti che lavorano là sotto, sempre in ansia per fare bene e compiacere i tuoi insegnanti».
«Niente affatto, io ero calmissima all’università: sapevo di avere le capacità e l’intelligenza per superare ogni test e ogni prova, quindi mi applicavo per essere la migliore» risponde con tono quasi scandalizzato Temperance, lasciando perdere per un attimo il suo computer. «È per questo che mi piacciono poco gli studenti, sono sempre convinti di poter ovviare alla loro scarsa preparazione con altri mezzi!»
Oh oh, toccarla sul settore accademico è sempre pericoloso, nota Booth. È buffo vedere come si scalda per una sciocchezza simile, ma in fondo la competenza e l’abilità che ha nel suo ambito professionale è quanto Bones va più fiera. Non c’è da sorprendersi, dunque, se la donna continua la sua filippica sui suoi risultati eccellenti ottenuti sia al college che nello svolgimento dei suoi dottorati.
«Ok, scusa, non volevo certo offenderti. Allora, si può sapere perché questa Jane ti ha così indispettito?»
Bones scuote il capo ancora una volta. «Come possono indispettirmi le ossa di una morta? Me la ricordo perché il mio professore di allora, il dottor Preston, si limitò a fare alcuni esami superficiali e a dichiarare che non c’erano elementi rilevanti per ipotizzare la causa della morte, quindi il caso fu archiviato e messo da parte».
Bones ripensa a quel periodo accademico, a quando aveva alzato la mano chiedendo perché non era stato fatto un test più accurato, anche se nuovo e solo da poco approvato, e si era sentita dare della maestrina incompetente, mentre tutta la classe rideva come povere pecore.
«Provai ad argomentare la mia domanda, sostenendo che con quell’esame sarebbe stato molto più semplice cominciare un’analisi approfondita per capire le cause della morte, ma fui tacciata ancora. Ricordo che il dottor Preston disse che avrei potuto comportarmi in quel modo solo quando fossi diventata la miglior antropologa forense del mondo e proseguì con il caso successivo».
Annuendo, Booth inizia a capire. «Ti brucia l’umiliazione?»
«Non mi brucia niente, altrimenti sentiresti l’allarme antincendio. Mi dà fastidio sapere che avremmo potuto fare qualcosa di più per quella donna, sapere come è stata uccisa, scoprire la sua identità, invece che relegarla a un limbo simile al nostro per tutti questi anni».
Semplice, razionale, logica. Nonostante sotto ci sia molto altro di appena percettibile che si agita nel cuore della donna, sempre così controllata e severa con se stessa.
L’agente dell’FBI si alza lentamente decidendo ancora una volta di accontentarsi della spiegazione.
«Allora mettiamoci al lavoro, Bones: il tuo regalo di compleanno di aspetta, non sei ansiosa di scartarlo?»
 

*


 
La squadra si mette dunque al lavoro, mentre al piano di sotto gli accertamenti del seminario procedono positivamente sotto l’occhio attento di Cam, che ovviamente senza tessuti molli ha ben poco da fare per il caso di Bones.
La dottoressa Brennan porta avanti tutte le analisi sulle ossa possibili, raggi X, analisi al microscopio, verifica di anomalie genetiche, per arrivare alla conclusione che la donna sia stata pugnalata in diversi punti della cassa toracica, con discreta violenza visto che le costole sono state scalfite più volte. «I segni mi fanno pensare che l’arma usata non sia un semplice coltello, ma un oggetto affilato diverso, dalla forma più particolare, ma i colpi sono stati inferti in punti letali. Chi colpiva sapeva cosa stava facendo».
«Forse l’assassinio è stato commesso in un momento di furia e il colpevole ha usato un’arma improvvisata; anche la violenza e la brutalità usate indicano che non ci fosse premeditazione».
«Grazie, Sweets, ma non c’è nulla che supporti questa teoria empiricamente», replica secca la scienziata senza neanche degnare di uno sguardo lo psicologo. La sua attenzione, piuttosto, si rivolge verso il suo collega patito di fango e insetti. «Allora, Hodgins? Che ne pensi?»
L’uomo scuote la testa, mettendo da parte le schede recuperate dal pacco con cui è stato mandato il cadavere. «Sono dati vecchi di dieci anni e sintetizzati in maniera molto superficiale, non mi azzarderei ad accampare delle teorie solo su quanto c’è scritto in quest’analisi».
«Come temevo», sospira Bones roteando gli occhi.
Sa già che le toccherà fare una visita alla sua università per avere tutti i dati contenuti in archivio, e magari interrogare tramite Booth i medici legali che si sono occupati del caso, ai tempi.
«Ho terminato la ricostruzione facciale, ma non ho trovato alcuna compatibilità con le donne scomparse nel periodo del ritrovamento del corpo» annuncia mestamente Angela prima di far comparire un volto sullo schermo del computer più vicino.
Bones la guarda.«Nessuno ha denunciato la scomparsa di questa donna, dunque?»
«Pare di no, nel database non corrisponde».
«Potrebbe essere una prostituta, allora?» azzarda Hodgins, allargando le braccia nel notare lo sguardo di rimprovero che gli sta dedicando Angela.
«O più semplicemente una clandestina, senza addentrarci nel torbido? I tratti asiatici potrebbero comprovare questa teoria, a pensarci bene».
Temperance si avvicina allo schermo e guarda il ritratto con più attenzione, come se stesse ricordando qualcosa dimenticato nel tempo. «C’era una ragazza cinese, una studentessa straniera con borsa di studio, nel mio anno. Seguiva i corsi di… non so, arte e letteratura occidentali, ma a volte chiacchieravamo per migliorare il mio mandarino. Si chiamava Sun Xing, se non mi ricordo male».
«E scomparve così, nel nulla?»
«A un certo punto non la vidi più», risponde lei alzando le spalle, «pensai che fosse tornata a casa dopo aver finito il suo percorso di studi in America».
Sembra incredibile, e i compagni chiedono ancora. «Così, senza salutarti?»
«Non eravamo amiche, ma compagne di studio: lei mi dava una mano col cinese e io l’aiutavo a destreggiarsi tra l’inglese e le altre lingue indoeuropee», continua Bones sempre nel solito tono tranquillo, come se non fosse un problema.
La capacità di schivare le relazioni interpersonali profonde di Bones sconvolge sempre, ma questa volta non c’è tempo di stupirsi.
«Ti sembra lei?», domanda Angela mentre guarda il volto che ha disegnato lei stessa. Certo, ci sono delle possibilità di errore, eppure le sue ricostruzioni sono sempre molto accurate.
Bones scuote la testa: «Non al cento per cento, sono passati dieci anni… Un test del DNA e qualche controllo più empirico mi toglierebbero il dubbio».
Anche gli altri osservano il ritratto, e Cam pone un’osservazione più pratica: «Certo che è strano… Voglio dire, una studentessa straniera ha permessi e visti, specie da un paese come la Cina, una trafila burocratica senza fine. Com’è possibile che nessuno si sia accorto della sua sparizione?»
«Di questo posso occuparmi io, chiederò all’immigrazione di scoprire se davvero questa ragazza è tornata a casa o se ci sono state delle irregolarità», le risponde Booth con semplicità. In fondo, è la cosa più facile per capire se davvero questa ragazza possa essere il corpo sul tavolo del laboratorio.
«Non ricordo si fosse parlato di scomparsa», aggiunge Bones, sforzandosi di ricordare, «io stavo più sui miei libri che con i compagni di corso, ma se fosse sparita me ne sarei accorta».
Tutti capiscono cosa intenda, forse anche di più di quello che la donna vorrebbe dire, ma è meglio non esternare il loro sentimento: per Bones, che ha perso i genitori in maniera così misteriosa e straziante per lei, incappare nella scomparsa di un’altra persona a lei vicina sarebbe stato terribile, a così poco tempo di distanza.
«A questo punto, se vogliamo scoprire se si tratta davvero di lei, c’è una sola cosa da fare».
«Scherzi?», domanda la scienziata intuendo a cosa si riferisca il suo collega. «Con il seminario e tutto il resto, non possiamo muoverci da qui».
«Li teniamo noi a bada i tuoi studentelli, per ora da quello che vedo in webcam sembrano a buon punto».
Dalle ultime, terribili novità degli ultimi mesi, infatti, il Limbo è stato dotato di un sistema di controllo video, oltre che di una vasta gamma di sensori che dovrebbero assicurare la sicurezza di quell’ambiente. Dall’esterno spendere tanto in sistemi d’allarme per un magazzino delle ossa potrebbe anche sembrare esagerato, ma dopo aver scoperto che un maniaco dedito al cannibalismo usava il loro ossario come discarica per liberarsi dei resti non commestibili…
«Possiamo chiamare Edison per fornire loro un superiore da consultare, ci tiene sempre a lavorare qui», azzarda Cam con un mezzo sorriso. È anche una questione pratica, non si potrà rinviare per sempre l’assunzione di un nuovo tirocinante, per quanto l’assenza di Zack e il modo sconvolgente in cui è uscito di scena facciano soffrire tutti; una persona in più nel laboratorio è necessaria, specie se la Brennan continuerà a seguire Booth sul campo con la solita frequenza.
Tutti sanno che si tratta di una faccenda che mette in crisi la dottoressa – basta pensare allo strano atteggiamento che ha tenuto per tutto il tempo in cui Zack si trovava in Iraq – eppure questo caso, oltre a fare un piccolo piacere a Bones, potrà sistemare le cose senza turbare ulteriormente gli animi.
«Avanti, per un giorno non succederà niente e noi saremo più vicini a capire la verità».
Bones sospira, incerta se sperare che Angela abbia ragione, che la visita alla Northwestern sia utile, oppure semplicemente che sia rapida e senza scossoni. La sua mente pragmatica la porta a non credere che sia possibile, però. «Forse, oppure dovremo ricominciare da capo».
«È una possibilità anche quella, ma tentar non nuoce».
 

*


 
Qualche ora dopo, il campus di Evanston risplende come un gioiello incastonato nel verde, agli occhi dei due visitatori.
«Accidenti, Bones, certo che in questo posto non vi facevate mancare nulla», commenta fischiando Booth. Appena arrivati alla Northwestern University, infatti, l’agente ha subito notato come gli ambienti siano enormi, gli edifici antichi e splendidi… Il paradiso dei cervelloni!
Sembra un posto davvero da ricchi, osserva a bocca aperta, un’università costosa per i figli di papà. Eppure c’è stata anche Bones, ammette, che non rientra davvero nella categoria: abbandonata dalla famiglia a quindici anni, sballottata da una famiglia all’altra dai servizi sociali… Chissà che media alta aveva al liceo, se è riuscita a entrare in un posto del genere con una borsa di studio.
«Non per niente è una delle università più rinomate del paese», commenta la donna con noncuranza, mentre si lascia avvolgere dai ricordi, «e non hai visto i laboratori di scienze, sono la parte migliore».
C’era da scommetterci, pensa Booth con un sorriso. «Andiamo, sarà meglio dividerci: tu vai a trattare con il tuo professore e io andrò a cercare i dati nei registri della sezione di Antropologia Forense».
«Cosa? No, non se ne parla: verrò io con te, faremo prima, e poi interrogheremo Preston».
«Come sarebbe a dire?»
«Questo non è il tuo ambiente, avanti. Io non farei tante storie, se dovessimo svolgere un’indagine nell’FBI».
«L’hai già fatto, mi pare, mandando anche fuori dai gangheri un mio stimato e onorato collega, più volte».
«Questo perché faceva commenti sessisti e tirava conclusioni campate sul pregiudizio e su trent’anni di ossessioni!»
E continuando a discutere in questo modo, i due arrivano ai laboratori forensi: recuperare ogni informazione sul ritrovamento del corpo che potrebbe essere Sun Xing è fin troppo semplice, ma davanti alla dottoressa Brennan nessuno riesce a opporsi, vista la fama e la sua posizione stimata nel settore. Il fato che si porti dietro un agente speciale dell’FBI è giusto un di più per confermare il su diritto a porre certe domande.
Con un dossier più corposo dei dati inviati col cadavere, i due ripartono, dritti all’ufficio di Preston, quando Booth pone un’osservazione interessante.
«Dovremmo anche passare dalla segreteria che si occupa delle relazioni internazionali per porre alcune domande sul caso».
«Se è sempre dove si trovava quando studiavo qui, dovresti scendere quelle scale e girare a destra, poi in fondo il corridoio a destra. Io vado da Preston», risponde con calma la Brennan indicandogli la strada. Neanche a dirlo, sembra più incline ad affrontare il suo ex-insegnante da sola.
Potrebbe anche essere a lezione, vista l’ora, eppure ha la certezza di trovarlo nel suo studio: ricorda benissimo come raggiungerlo, visti tutti gli appuntamenti che aveva richiesto per discutere dei suoi voti. Preston era stata una spina nel fianco, e lei non trovava accettabile la sua inclinazione a fare di una vittima un Doe senza spingersi oltre gli esami standard.
Il caso della Jane orientale a cui lei si era così attaccata l’aveva colpita perché il professore era stato troppo sbrigativo, anche per i suoi soliti standard, eppure non era il solo corpo per cui forse si sarebbe potuto fare di più. È un pensiero suo da sempre, ma negli ultimi anni si è diventato anche più radicato nella sua mente, da quando ha ripreso contatti con la sua famiglia partendo da quella ricostruzione facciale creata da Angela… quella che le ha fatto ritrovare sua madre.
Da parte sua, adesso, può solo impegnarsi per evitare che cose del genere accadano sempre con meno frequenza.
Quando arriva sulla porta, sebbene lo trovi totalmente irrazionale, Temperance non riesce a fare a meno di sistemarsi i vestiti, eliminando le pieghe, e darsi una ravviata ai capelli. Infine, bussa.
«Avanti».
Quando apre la porta, il professore è seduto in poltrona a leggere un saggio: ha i capelli più brizzolati di quanto ricordava e negli anni in cui sono stati lontani ha messo gli occhiali – una montatura orribile, che forse dovrebbe dagli un’aria più giovanile – eppure l’espressione saccente non è cambiata.
Quando la vede, Preston non sembra particolarmente sorpreso. «Temperance Brennan, quale onore! A che devo la visita?»
«Un’indagine per omicidio, a dire la verità, ma ci tenevo a farle sapere che ora ho le competenze per occuparmene, prima di farle qualche domanda».
«Le competenze?»
«Immagino che non se ne ricordi, ma quando studiavo qui abbiamo avuto un piccolo diverbio su una Jane Doe, che lei quasi si rifiutò di analizzare in maniera empirica. Se la ricorda?»
«Insomma, dottoressa, non pretenderà che mi ricordi di tutti gli sconosciuti che passano tra le mie mani».
«Beh, se si dedicasse al lato pratico del lavoro con maggiore cura, probabilmente buona parte di quegli sconosciuti sarebbero stati identificati».
Ora non solo è una sua pari, ma è anche più famosa di lui: antropologicamente ricopre un ruolo più alto nella scala, quindi se lo può permettere. E se a Preston dà fastidio, non lo lascia intendere.
«Era orientale, in ogni caso, e l’ha messa nelle schede degli sconosciuti con la rapidità di un fulmine».
«Non c’erano dati che potessero aiutare a identificarla, probabilmente una clandestina senza passato e senza futuro, forse una prostituta, perché perdere tempo?», domanda il professore come se la cosa non gli desse il minimo fastidio.
«Vedo che non è cambiato in questi anni», risponde Bones tra i denti, prima di andarsene. Da un tipo del genere non si può ottenere niente, pensa, dovrebbero togliergli il titolo di dottore vista la sua inettitudine.
Uscendo, quasi si scontra con una donna della sua età. I loro sguardi s’incrociano quel tanto che le basta per individuare tratti asiatici e anche caucasici nei suoi lineamenti, ma Bones non vi presta attenzione e riprende il corridoio, decisa ad allontanarsi il più in fretta possibile per non lasciarsi andare alle sue emozioni.
È molto strano, pensa a un tratto: Preston ha detto di non ricordarsi del caso, eppure non appena ha detto che era orientale ha saputo identificarla subito, salvo liquidarla con la stessa velocità della prima volta. Cosa vuol dire?
Questo è lavoro per Booth.
 

*


 
Nel frattempo, al laboratorio il lavoro continua nel solito ritmo incalzante, per quanto tutti si sforzino di procedere nella maniera più accurata e attenta possibile.
«È interessante vedere come la dottoressa Brennan tenga a questo seminario, non trovate? È difficile vederla così coinvolta in qualcosa, sebbene questo impegno rientri nelle formalità lavorative…»
«Non davanti ai ragazzi, Sweets», si limita a commentare Angela prima di squadrare storto una studentessa perché ritorni al suo lavoro senza origliare. «Bene, e con la signora Avis Kruger siamo a venti Doe identificati, stiamo procedendo sulla strada giusta».
«Perché? Notavo soltanto quanto sia interessante vederla così impegnata a restituire un nome e un volto a dei perfetti estranei è un atto molto compassionevole».
«Tesoro, tu non ti sentiresti obbligato a svolgere questo lavoro, dopo aver scoperto che tra tutti questi corpi si trovavano le ossa di tua madre?»
La faccia di Sweets cambia drasticamente espressione, a sentire le parole di Angela. «Cosa?»
«Non lo sai? Dovrebbe esserci nel suo fascicolo, o forse non è stato inserito perché in quell’occasione il contatto con suo padre è stato minimo, una telefonata per sconsigliarle».
Lo psicologo sembra ancora poco convinto, così la collega gli riassume la vicenda, spiegando che evidentemente quegli avvenimenti sono stati ritenuti privati e non rilevanti nell’indagine successiva che ha visto suo padre incriminato come omicida.
Sweets sembra ancora abbastanza sorpreso, mentre analizza le nuove informazioni. «No che non lo sapevo, non ne ha mai parlato in nessuna seduta».
Sorridendo, Angela gira intorno al tavolo e si assicura che nessuno ascolti la conversazione, visto che si tratta di fatti più che privati. «Mi pare normale, scoprire che la madre sparita da quindici anni sia stata infilata in una scatola come Jane Doe e dimenticata in questo ripostiglio… Tu lo racconteresti? Suppongo di no».
E aggiunge che farà meglio a tenere per sé questa storia, senza farne parola nemmeno con Temperance. «Se ne vorrà parlare lo farà lei, capito? Noi non ci dobbiamo immischiare».
Ancora una volta, Sweets si confronta con la lealtà che gli scienziati del Jeffersonian hanno per i colleghi, come una sorta di piccolo nucleo familiare. E ancora una volta, nonostante ormai lavori con loro da parecchio tempo, si sente un esterno che può solo osservare.
«Signorina Montenegro», li interrompe uno studente, «questo cranio, stavo osservando le schede nel registro dell’FBI e si parlava di un uomo con una deformazione che potrebbe corrispondere a questa protuberanza ossea sul naso… Sarebbe così gentile da ricostruire il volto, così da vedere se corrisponde».
«Oh, e aveva anche la gobba? Potrebbe essere un degno erede del Gobbo di Notre Dame», commenta lei ridacchiando.
Nel laboratorio c’è un’aria un poco più distesa, sebbene la dottoressa Saroyan non sia certo molto più morbida della dottoressa Brennan eppure, ora che non devono impegnarsi a sbalordire la loro mentore, i giovani ospiti sono un poco più distesi e sembrano quasi divertirsi, nel loro lavoro.
Sono ancora ragazzi, pensa Angela, e non si rendono conto di cosa si stanno preparando ad affrontare. Chissà se hanno già intuito che nessuno di loro potrà mai prendere davvero il posto di Zack.
Ha sentito che il candidato più probabile a rimpiazzarlo è Clark Edison, che ha già lavorato più volte con loro: un ragazzo simpatico, molto capace, eppure ha la sensazione che non durerà a lungo. Lui è così ostinato nel voler tenere separati lavoro e vita privata!
Se non si ricorda male, il tirocinante ha già espresso in passato il suo fastidio su come invece l’equipe del Jeffersonian si perda in discussioni che non hanno niente a che vedere con le indagini, perciò… Sarà solo una questione di tempo.
Con il cranio sistemato sul giusto supporto e i marcatori posizionati per mettere in evidenza i tratti somatici più importanti, Angela si siede e comincia a disegnare con la sua tablet un volto, quando lo schermo del computer le indica una chiamata da parte della Brennan.
«Ciao tesoro, tutto bene?»
Basta premere un tasto e il viso della sua amica compare ingigantito sul monitor.
«Alla Northwestern sembra essere tutto in regola: stando a quello che ha trovato Booth pare che Sun Xing sia effettivamente tornata in Cina, anche se in anticipo rispetto al termine del suo periodo in America pattuito col programma di studio. Pare che le sia capitato un incidente sgradevole che l’ha portata a ritornare a casa, come se non volesse più rimanere nel nostro Paese».
«Eppure a te non torna».
«Era una studentessa dotata e s’impegnava molto nella preparazione dei suoi esami, tornare in Cina così avrebbe significato buttare via tutti gli sforzi fatti per arrivare qui».
«In effetti è strano, dovrebbe essere capitato qualcosa di davvero enorme per convincerla a scappare via in questo modo».
«Lo so», replica Brennan, che probabilmente non avrebbe abbandonato l’università neanche avessero cercato di portarla via di peso. «Ora ti lascio, Booth sta contattando l’immigrazione, vediamo cosa ne dicono loro. Ah, dì a Cam che le faxerò i documenti e le analisi che abbiamo avuto dal laboratorio universitario non appena troverò un apparecchio sicuro».
Quest’ultima frase fa tanto Matrix, pensa Angela, ma è inutile dirlo: Temperance non la capirebbe e non ha senso perdere tempo a discutere sul cinema d’avanguardia. Meglio limitarsi a salutare e riprendere il lavoro così, quando Bones tornerà al laboratorio, non avrà di che lamentarsi.
«Va bene, a presto».
 

*


 
«Non posso chiamare in Cina a quest’ora, Bones! Smettila di chiederlo, sarebbe irrispettoso svegliare…»
«Se sono le tre di pomeriggio qui, a Beijing è già domani», gli risponde lei. «Avanti, senza la versione cinese siamo a un punto morto».
Le informazioni ricevute dall’ufficio immigrazione di Chicago, infatti, non collimano con quelle dell’università: se la ragazza avesse rinunciato al visto da studente prima del tempo, avrebbe dovuto invalidarlo passando per tutta la procedura burocratica, invece si era semplicemente imbarcata su un aereo quando previsto.
«È un po’ strano, no? Se aveva così fretta di tornare a casa, perché poi fermarsi qui per più di due mesi?»
Booth lancia qualche pezzo di mollica dal suo panino ai passerotti. Si stanno godendo il sole nel parco dell’università, mentre riordinano le idee. Ci sono pochissimi studenti in giro per il campus, ma con le vacanze di primavera alle porte la cosa non sorprende: chissà quanti ragazzi si sono messi in viaggio per la Florida, così da onorare le tradizioni!
«Forse voleva vedere qualcosa di più di questo grande Paese…»
«Guarda che la Cina non ha niente da invidiare, è un luogo fantastico con tante culture diverse, alcune vecchie di diversi millenni. Per un antropologo è un paradiso».
Booth vorrebbe lanciarsi in un discorso molto patriottico, ma lascia perdere e prende il telefono. «Spera che il mio amico non stia dormendo, o difficilmente ci aiuterà», ammonisce la collega prima di comporre il numero.
«Non sta dormendo, il fuso orario…»
«Zitta!»
La conversazione, però, comincia male e continua pure peggio di quanto Booth si aspettasse: una voce sconosciuta lo apostrofa in cinese e non lo lascia parlare, con un tono molto aspro e alto, come se non fosse ben gradito. Dopo un paio di minuti di tentennamenti e balbettii, Brennan gli prende il telefono e risponde a tono nella stessa lingua, cominciando una discussione abbastanza accesa.
«È la moglie», dice poi, «a quanto pare non stavano dormendo, ma li abbiamo comunque disturbati».
Booth gongola e le dice di farsi passare il marito, così che possa parlargli. «Dille che è della massima importanza».
La donna sembra reticente, ma alla fine acconsente e lascia la cornetta. Temperance restituisce il telefono al partner, che sta ancora ridendo sotto i baffi.
Pochi minuti e il suo vecchio amico sembra aver trovato il file in archivio.
«Ma come, Li, vi stavate dando da fare in ufficio? E la grande macchina della burocrazia?»
«Queste battute sui comunisti sono vecchie come il mondo, dovresti aggiornarti, Booth» lo rimbecca lei. «E comunque hai visto, avevo ragione io!»
Lui agita una mano verso di lei, come per scacciare una mosca, e continua a parlare senza darle peso. «Oh, questo è molto strano», commenta Booth sentendo la spiegazione del suo vecchio amico. «D’accordo, ti faremo sapere al più presto».
Bones sembra molto curiosa. «Che ha detto?»
«Che, a quanto pare, Sun Xing è salita su quell’aereo ma non ne è mai scesa» risponde l’uomo alzando lo sguardo da terra. «La ragazza non è mai tornata in Cina, ma un’altra giovane originaria di Shangai che studiava da queste parti ha contattato la famiglia per comunicare che la figlia non aveva intenzione di ritornare indietro, che le piaceva lo stile di vita occidentale e che vi sarebbe rimasta».
«Ed è bastato che un’estranea mai vista dicesse loro questa sciocchezza per adeguarsi e fingere che non fosse scomparsa?»
«A quanto pare l’hanno diseredata non appena ricevuta la notizia e hanno rifiutato di avere qualunque contatto successivo con lei, i genitori di Sun Xing erano molto conservatori. La ragazza aveva lottato per proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo, e anche per venire qui. Era stata raccomandata caldamente dalla sua università, per questo non le avevano impedito di partire».
Che tristezza, pensa la donna, e che arretratezza culturale. Non dovrebbe sorprendersi, visto il modo in cui vengono accolte le neonate nella maggior parte delle famiglie cinesi, o il numero delle bambine che ogni anno vengono date in adozione in attesa dell’agognato figlio maschio…
Se pensa all’entusiasmo che aveva quando studiava, ogni volta che riusciva a tradurre un brano dal francese o dal tedesco senza errori… Che spreco!
«Il punto dunque è capire cos’è successo… Se lei è salita sull’aereo, come è possibile che non sia scesa?»
«Dici che l’hanno uccisa in volo? Non è possibile, non avrebbe senso portare qui le ossa. E un cadavere su un aereo avrebbe fatto scalpore».
Booth si toglie gli occhiali da sola e cerca di ragionare sulle possibilità. «E se la ragazza che ha fatto visita alla famiglia si fosse imbarcata sul volo col passaporto di Sun Xing e allo sbarco avesse mostrato il proprio?»
«E con le carte d’imbarco? Come avrebbe fatto?», domanda molto scettica Bones.
«Supponiamo che qualcuno faccia due biglietti, uno a nome di Sun Xing e uno con quello della ragazza misteriosa: questa va a banchi diversi per il check-in e si fa registrare due volte. Usa un biglietto diverso per imbarcarsi e uno per uscire dall’aeroporto».
Plausibile, se non si trattasse delle due più grandi potenze del mondo. «Dici che i sistemi di controllo di dieci anni fa hanno permesso questa anomalia?»
«Devi tenere conto che dieci anni fa i controlli erano diversi… Ognuno si occupava di quello che entrava e quello che usciva, l’allarme internazionale era ben minore, oppure avranno pensato che gli stupidi americani avessero trascritto male il nome».
E le giovani e diligenti studentesse in ogni caso difficilmente sono prese per terroriste. Bones beve un sorso della sua bibita, riflettendo. «Se quel che dici è vero, doveva avere i documenti giusti per entrare senza problemi sia in Cina che in America».
«Il doppio passaporto!», esclama Booth, colpito. «Sei un genio, Bones: basterà trovare quante giovani cinesi con la doppia cittadinanza abbiano studiato alla Northwestern nel tuo stesso periodo».
La donna annuisce, pensierosa: «Credo che sarà anche più facile di quello che pensi».
 

*


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La donna che ha incrociato Bones si chiama Amy Reynolds, ma a cercare bene nel database dell’università ha anche un nome cinese: solo il padre è americano, infatti, e le sue origini le hanno fatto avere con tutti i diritti il doppio passaporto.
«Era una mia compagna di corso», commenta Temperance scorrendo il file. Non se la ricorda minimamente, ma in fondo non si era mai interessata molto ai suoi colleghi. «Guarda, voti appena sopra la sufficienza… E ha avuto il posto da tirocinante con la cattedra di Preston, ora gli fa da assistente».
Interessante questa particolare carriera, fa notare a Booth. «E il professore ha finto di non ricordarsi del caso, quando sapeva benissimo di cosa parlavo».
L’agente ci pensa un attimo: un posto del genere è molto ambito, ma perché scegliere una persona così scarsa, quando ci sono molti altri candidati molto più adatti? Potrebbe essere il risultato di un favore personale…
«Deve essere un bugiardo davvero negato, se anche tu ti sei resa conto dell’incongruenza».
Temperance sembra non aver sentito, mentre gli fa notare come si stiano basando su un mucchio di ipotesi su scarso fondamento. «Non abbiamo ancora nemmeno confermato che il corpo che abbiamo per le mani sia quello di Sun Xing, o che sia stata uccisa».
«Una ragazza si spaccia per lei viaggiando per mezzo mondo e dando una scusa perché qualunque contatto di Sun Xing smetta di cercarla e qualche giorno dopo un cadavere viene trovato e subito catalogato come Jane Doe: ti sembra normale? È una coincidenza esagerata per essere tale».
«No, ma si tratta solo di supposizioni, non abbiamo prove che ci diano ragione».
«Ci sono motivi per cui la tua amica avrebbe potuto essere uccisa?» le domanda Booth, un po’ seccato da quella logica stringente. I due rientrano nell’edificio principale e attraversano il grande atrio, quando a metà Bones si ferma.
«Non era mia amica, però… Chiedo a Cam di controllare una cosa che non mi era venuta in mente», dice sbrigativamente la donna cercando il proprio cellulare.
«Che cosa, un possibile movente? Magari era incinta…»
«Non è questo: Cam, Sun Xing camminava male a causa di una brutta frattura scomposta della tibia e del perone alla gamba sinistra che aveva subito da bambina. Il medico che l’aveva curata era un ciarlatano e le ossa si erano saldate male, quindi la gamba si era accorciata di qualche centimetro».
Chissà perché non le è venuto in mente prima… Solo attraversando quel salone il ricordo è riaffiorato, una netta immagine di un pomeriggio in cui la ragazza cinese le gridava dietro nella sua lingua di aspettarla, insieme a qualche epiteto colorito.
«Non mi ricordo il punto esatto in cui l’aveva», spiega alla collega in ascolto, «ma le probabilità che quel corpo sia Sun Xing aumenterebbero in maniera esponenziale».
«Avete detto che la donna che fa da assistente a Preston è mezza cinese, vero?», domanda Sweets intromettendosi nella conversazione.
La Brennan annuisce. «Sì, ti mando per mail tutto il suo profilo».
«Non è un po’ strano rimanere dieci anni a fare da assistente alla stessa persona? Insomma, un’antropologa forense dovrebbe avere aspirazioni più alte…»
«Con il voto con cui si è diplomata non credo possa ambire a grandi posizioni, Sweets», dice senza mezzi termini la scienziata.
«Però avrebbe potuto fare di meglio. Ora, quali sono i motivi per una fedeltà così assoluta a un insegnante? O è il maestro migliore del mondo…»
«E posso assicurarti che non è così».
«O c’è un diverso legame che impedisce il distacco».
«Come una relazione sentimentale?»
«Esattamente», risponde al posto di Sweets una voce sconosciuta: Booth e Brennan si voltano giusto in tempo per vedere Amy che li minaccia con una pistola, prima di gettarsi a terra per schivare il primo colpo. «L’ho uccisa io, aveva scoperto la nostra relazione e ho dovuto impedirle di parlare. Avrebbe rovinato tutto».
«Io non credo proprio», esclama Booth da dietro lo spigolo del corridoio. «Sun Xing aveva ricevuto un’educazione molto tradizionalista, non è vero? Di certo per lei un simile rapporto era molto sconveniente. Ha scoperto la verità e ha cercato di farla ragionare».
Un altro colpo parte nella sua direzione, ma fortunatamente la mira della donna è molto scarsa e manca l’obiettivo di parecchio. Dietro di lui, Bones commenta: «La stai provocando?»
«Ha affrontato il professore al posto suo, non è vero?», continua Booth, imperterrito. «Gli ha detto di lasciarla in pace, o altrimenti vi avrebbe denunciati».
Bones sembra molto colpita dal ragionamento. «Ah, vuoi dire che è stato il dottor Preston?»
«I colpi sono stati inferti con molta precisione, si voleva uccidere: l’ha mandata in Cina a fare avanti e indietro così da eliminare ogni possibile legame che poteva far scoppiare un enorme incidente diplomatico, approfittando del fatto che per un occidentale i volti asiatici sono tutti uguali».
«E quando il corpo è stato portato alla sua attenzione il professore ha insabbiato le indagini: bastava dichiararla una Jane Doe, e nessuno vi avrebbe più fatto caso», aggiunge la dottoressa, capendo finalmente perché Preston avesse così tanta fretta di passare al caso successivo.
«E ora scommetto che l’ha mandata qui a liberarsi di noi, non è vero, Amy?»
La donna sta tremando, il viso segnato dalle lacrime: «Volevo bene a Sun Xing, mi sono sempre sentita più cinese che americana, e lei voleva solo che mi tenessi fuori dai guai», singhiozza. «Diceva che questa storia avrebbe potuto distruggermi, e aveva ragione».
«Ha collaborato a farla diventare un fantasma, ma ora può dire la verità», commenta ancora Booth, con voce calma ma senza lasciarsi impietosire. «Mi dia la pistola e collabori con noi: se ci aiuterà a incastrare il dottor Preston sarà fatta giustizia».
Amy tentenna, come se non sapesse cosa fare, poi alla fine getta la pistola lontano e si accascia a terra. In fondo al corridoio, si vede la figura di un uomo che tenta di fuggire.
«Vado a prenderlo, tu resta con lei, Bones!»
 

*


 
«Accidenti, e tutto per coprire una tresca tra docente e studentessa».
Tornati a Washington, gli amici si riuniscono al solito Diner per concludere la giornata.
Temperance annuisce, prima di bere un goccio di birra.
«Era andata a letto con lui per riuscire a superare l’esame di metà corso, e tutto le si è rivoltato contro. Questo dimostra che ho ragione: se la gente studiasse, invece di perdere tempo a trovare scorciatoie, sarebbe tutto più semplice».
«E gli insegnanti non dovrebbero approfittare della fragilità delle loro studentesse. Spero che quel bastardo stia al fresco per un po’», commenta Camille ricordando che anche tra i suoi professori c’erano carogne del genere. Fortuna che lei non ha mai dovuto abbassarsi a tanto.
«Di lui si occuperà Caroline, quindi penso che sarà un successo».
«Basta pensieri tristi, adesso, dobbiamo brindare!», esclama Hodgins avvicinandosi alla compagnia.
Angela gli passa un braccio intorno alle spalle e sorride. «Non ci hai ancora detto se ti è piaciuto il tuo regalo di compleanno, tesoro» dice rivolta alla sua migliore amica. «Cosa ne pensi?»
Bones sembra arrabbiata. «Penso che se trafugherete ancora dei resti umani a nome mio per una sciocchezza come un compleanno vi farò licenziare tutti, inclusa te, Cam, anche se sei il mio superiore» risponde con voce un po’ burbera la festeggiata, prima di addolcirsi. «Ma penso che sia stato un grande regalo, e che tutti voi siate stati fantastici. Solo, che non diventi un’abitudine, abbiamo già i nostri Doe di cui occuparci… A proposito, come andiamo?»
Camille sospira ignorando la minaccia di licenziamento. «Edison tiene d’occhio tutti i tuoi pupilli perché si diano da fare, penso che faremo anche meglio dell’anno scorso».
«Oh… È fantastico!»
«Comunque da domani torni tu a tenerli d’occhio, io non sopporto i ragazzini».
Tutti scoppiano in una sonora risata, al pensiero degli studenti che saranno presto vessati perché diano il massimo sul loro lavoro.
Booth alza il suo boccale di birra e propone un brindisi: «Basta parlare di lavoro, questa dovrebbe essere una festa: buon compleanno, Bones!»
 
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